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Autore: New Moon Black    21/09/2022    1 recensioni
{Tratto dal testo}
"Sebbene Percy avesse vissuto poco nella nuova casa a Manhattan, con sua madre e Paul,
complice la sua vita semidivina, era sicuro al 100% che non avesse mai visto quella porta, fino ad ora.
L'aveva sentita borbottare tra sé e sé, mentre armeggiava un po' goffamente un piccolo mazzo di chiavi.
Gli era parso di aver compreso una parola, qualcosa come "nascondiglio",
ma il corvino non era del tutto convinto.
Forse aveva sentito male, d'altronde non era la prima volta che sbagliasse a scovare le tracce,
su questo Annabeth era più brava del sottoscritto.
Tuttavia, quell'aura di mistero lo fece incuriosire, ancora di più.
Cosa si celava, esattamente, dietro quella porta?"
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Storia partecipante al "Writeptember H/C Edition" a cura del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction su Facebook.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Percy Jackson, Sally Jackson
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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•Questa storia partecipa al "Writeptember H/C Edition" a cura del gruppo
Hurt/Comfort Italia -Fanart and Fanfiction su Facebook.

•Fandom: Percy Jackson.
•Rating: verde.
•Numero Parole: 2240.
•Personaggi: Sally Jackson, Perseus "Percy" Jackson.
•Prompts: 2. Nascondiglio + 4. Quella vecchia (cosa)
+ 5. Immagine Bonus: stanza con culla.

•Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Fluff.
•Note: Otherverse, Missing moments.
•Avvertenze: possibili, piccoli, spoiler tra la saga Eroi dell'Olimpo e Le sfide di Apollo.
#Writeptember
#FuoriChallenge #GiornoX
•Credits: @vithcytries dalla piattaforma Tumbrl (pescata però da Pinterest).

 




 
Safe Harbour
Memories




 
 
La prima reazione che ebbe Sally Jackson, alla vista delle ferite lungo il corpo di suo figlio Percy,
fu sentire il proprio cuore perdere un battito.
Il semidio, d'altro canto, aveva perso il conto di quante cicatrici avesse collezionato
sulla sua pelle in questi anni, tanto da diventare lui stesso una mappa.
Dopo la battaglia contro Gea e i suoi tirapiedi, il semidio sentiva la necessità di ritornare a casa,
a staccare la spina dalle profezie post-apocalittiche, dalle imprese rischiose
e tanti altri pericoli di cui temeva per la propria vita.
No, aveva già sopportato abbastanza.
Aveva ancora gli incubi legati al Tartaro e, al momento,
non si sentiva ancora pronto ad affrontare quell'argomento, non voleva farla preoccupare ulteriormente,
però sentiva la mancanza dei suoi caldi abbracci.
Desiderava allontanarsi da tutto ciò che riguardava gli Dei dell'Olimpo,
per rimanere finalmente con sua madre, che non la sentiva più dalla famosa chiamata in Alaska,
avvenuta vari mesi fa.
Tuttavia, Percy era abbastanza certo di poter fare qualche eccezione alla Signora O'Leary,
Bessy, Blackjack e le altre creature a cui voleva tanto bene.
Voleva ritrovare, in parte, la sua “normalità” come un comune adolescente,
a preoccuparsi di cose comuni, come prendere il diploma delle superiori, lavorare e non pensare più a niente.
Già, nulla.
Ecco perché, dopo all'incirca due settimane dalla “Grande Guerra”,
Percy Jackson si era ritirato dal Campo Mezzosangue salutando bene o male tutti e la sua ragazza,
Annabeth, con quest'ultima si teneva quasi sempre in contatto, per aggiornamenti più importanti.
 
Doveva ammetterlo, all'inizio non fu facile prendere le chiavi e aprire la porta di casa,
ma rivederla dopo tutto quel tempo, si dimenticò per un attimo tutti i suoi dubbi e dilemmi esistenziali.
Aveva incespicato con le parole, qualcosa come “sono a casa”, abbozzando un sorriso stanco.
Venendola che gli veniva incontro, notò che aveva sottobraccio il kit di pronto soccorso,
e dopo che gli aveva posato lo zaino nel bancone della cucina,
lo accompagnò al bagno adiacente alla camera padronale.
Il corvino aveva raccontato, brevemente, che tornando a casa dal supermercato
era stato aggredito da alcuni mostri mitologici, come i Lestrigonti per dirne uno.
La donna rise appena alla battuta di suo figlio, al fatto che nessuno di quelle creature orripilanti
ha osato mettere le zampe ai suoi amati cupcakes al cioccolato, rigorosamente glassati di blu,
che non vedeva l'ora di condividere insieme.
 
D'altronde, Percy Jackson aveva ereditato la sua stessa passione e devozione per quel colore “freddo”,
legato a profondi simbolismi.
 
Come l'armonia, la pace interiore, il rapporto infinito con la serenità, la fedeltà e la verità;
e per non parlare, poi, delle sue straordinarie proprietà curative sulla psiche.
Aiutava a combattere l'agitazione, sia fisica che mentale,
portando l’individuo a rilassare i muscoli e provare un gran senso di benessere e tranquillità.
E non solo: dava anche un senso di equilibrio, quiete e stabilità.
Lo aveva trovato anche nel mare che, riflettendo il cielo azzurro sullo specchio dell'acqua,
il blu aveva solo confermato il suo principale significato d'infinito, il senso di protezione e di accoglienza.
Ok, forse prendeva qualche sfumatura salmastra, verdognola,
eppure gli ricordavano non ironicamente gli occhi di suo padre, Poseidone.
Dio greco del mare, delle onde, dei terremoti, dei cavalli, delle tempeste oceaniche,
anche conosciuto come “Scuotitore della Terra”.
Ma, prima di ogni altra cosa, Poseidone è stato colui che era rimasto incantato,
ed affascinato, dalla bellezza e semplicità di Sally Jackson, sua madre.
Per certi versi, il corvino doveva ringraziarlo per essere ancora vivo e, dato fine,
a una lunga serie di sfortunati eventi alla sua esistenza.
Quando ella finì di fasciargli le dita delle mani,
il ragazzo si diede una breve occhiata all'immagine riflessa dello specchio.
Sentiva percettibilmente il leggero formicolio del disinfettante sulla pelle ambrata,
i vari cerotti sulle guance e da una parte nel petto, coperta da un cambio nuovo di vestiti che profumavano di lavanda,
e le bende che gli fasciavano ermeticamente braccia e gambe.
Vide di sfuggita il sorriso morbido e sereno di sua madre,
accompagnato dalle adorabili fossette che si erano formate sul suo viso roseo,
le iridi azzurre che lo guardavano con profondo amore e i lunghi capelli castani, spesso lasciati liberi,
erano legati da una coda laterale, riccia, facendo intravedere appena, varie ciocche grige sottili.
Nonostante avesse una quarantina d'anni, doveva ammettere che era una donna incantevole.
Aveva sempre avuto un certo carisma.
 
«Va meglio, ora?»
 
«Sì, grazie mamma...» rispose lui piano, guardandosi distrattamente le mani
«Ehm, senti, volevo chiedertelo... ma lui dov'è?»
 
«Intendi Paul?
È All'Università, lo hanno convocato per una riunione di lavoro.» disse Sally,
sistemandosi una ciocca castana e ribelle dietro l'orecchio «Non ritornerà prima delle sei del pomeriggio.»
 
Dopo che la castana aveva riposto nella scatola tutte le pomate, le garze e vari strumenti medici,
il figlio di Poseidone si occupò di buttare via i fazzoletti, i guanti e i dischetti di cotone,
bagnati nell'alcool misto a sangue, nella pattumiera; e facendo attenzione a non fare movimenti bruschi,
mise i vestiti dentro la vasca, aprì il rubinetto dell'acqua e sfruttò i suoi poteri semidivini per far sparire le tracce dell'ennesima battaglia eroica.
Il tempo di riprenderseli sottobraccio e stendendoli nel bagnasciuga,
alzò di scatto la testa al richiamo della madre, sull'uscio della porta.
Osservò attentamente la sua figura, insolitamente armoniosa del normale,
e sentiva che c'era qualcosa di diverso in lei.
Qualcosa di nuovo.
Ma non capiva cosa glielo facesse credere.
Aveva un nuovo taglio di capelli?
Indossava qualche gioiello particolare?
O erano i vestiti?
 
«Vorrei mostrarti una cosa.»
 
Curioso, uscì fuori e la seguì lungo il corridoio.
Dopo qualche minuto di attesa, arrivarono davanti a una porta, verniciata di bianco,
con una piccola incisione di una conchiglia.
E questa, pensò lui, da dove saltava fuori?
Sebbene Percy avesse vissuto poco nella nuova casa a Manhattan, con sua madre e Paul,
complice la sua vita semidivina, era sicuro al 100% che non avesse mai visto quella porta, fino ad ora.
L'aveva sentita borbottare tra sé e sé, mentre armeggiava un po' goffamente un piccolo mazzo di chiavi.
Gli era parso di aver compreso una parola, qualcosa come “nascondiglio”,
ma il corvino non era del tutto convinto.
Forse aveva sentito male, d'altronde non era la prima volta che sbagliasse a scovare le tracce,
su questo Annabeth era più brava del sottoscritto.
Tuttavia, quell'aura di mistero lo fece incuriosire, ancora di più.
 
Cosa si celava, esattamente, dietro quella porta?
 
Lanciò uno sguardo interrogativo a sua madre, non capendo a cosa si riferisse con quella parola enigmatica,
ma rimase in stato di allerta, la mano infilata nella tasca dei suoi pantaloni,
pronto a sfoderare Vortice nel momento del bisogno.
Ella afferrò la maniglia, girando in senso orario, e quando udì lo scricchiolio della porta,
lasciò che il ragazzo fosse il primo a varcare la soglia.
Il tempo di entrare dentro e dare una breve occhiata intorno, si bloccò seduta stante,
sgranando man mano le iridi color mare in due fessure.
 
Quello che vide, al suo interno, aveva dell'incredibile.
 
Al centro di quella piccola stanza, circondata dalle pareti bianche, azzurre e blu,
vide in lontananza una culla.
Si avvicinò cauto.
Era di legno bianco, molto semplice e dalla forma quadrata, e superate le sbarre,
Percy poté notare le lenzuola pulite, il cuscino, alcuni peluche a forma di delfino, ippocampi e qualche orsetto,
tutti rigorosamente di colore blu.
Si avvicinò cautamente a quella modesta costruzione di legno, per osservarla meglio,
e notò un piccolissimo dettaglio che prima aveva dato poco peso.
C'erano delle piccole incisioni, da una delle stecche centrali, più precisamente la prima a destra,
poco più alta della metà e sembravano i segni di un morso.
Ma non animale, bensì quelli di un bambino, nella fase in cui crescono i primi denti da latte.
 
«Aspetta, questa culla... Credo di averla già vista.»
 
Accarezzò piano con le dita la sua superfice, liscia, e senza che se ne accorgesse,
un sorriso malinconico gli arcuò le labbra del figlio di Poseidone.
Sua madre gli fu a fianco, facendo saettare di tanto in tanto le iridi chiari tra il ragazzo
e il lenzuolino con stampati sopra varie creature marine, quali delfini, pesci e vari coralli variopinti.
 
«La riconosci?
Quella era... la tua vecchia culla.» rispose Sally, con un tenero sorriso e nel fare ciò,
si formarono piccole ed adorabili rughe dalle palpebre «Era il tuo nascondiglio preferito da bambino...
come dimenticare, poi, che avevi la brutta abitudine di comportarti come un castoro.»
 
Al ragazzo gli scappò un sorriso furbo, complice del misfatto,
seguito anche da una risata cristallina tanto da fargli lacrimare gli occhi.
Successivamente, ritornò a prestare attenzione alla struttura di legno,
facendogli venire in mente tutti i ricordi di quando era, solo, un bambino.
Lui che dormiva beato nel mondo dei sogni, con il suo immancabile pigiama di Nemo, il pesce pagliaccio.
Lui che giocava con i vari pupazzi e, molte volte, li portava anche durante l'ora del bagnetto.
Lui che si rifugiava sotto le lenzuola, con una piccola torcia, e insieme a Marvin,
il suo peluche preferito a forma di delfino, guardavano un libro illustrativo
di cosa ci fosse nell'oceano e quali meraviglie si nascondevano sott'acqua.
All'inizio, non voleva lasciare il suo “porto sicuro”, proprio perché come aveva detto sua madre,
era il suo prezioso nascondiglio.
Tuttavia, quando iniziò a crescere e vedere, con i propri occhi,
i suoi tratti infantili sparire davanti allo specchio,
dovette dire addio alla sua amata base segreta, con profondo dispiacere.
 
Mi sembra che siano passati secoli da allora, pensò Percy.
 
Alzò la testa, scontrandosi nuovamente con le iridi azzurre di sua madre,
con un quesito che gli stuzzicava non poco la sua curiosità.
 
«Mamma, potrei farti una domanda?»
 
«Si, dimmi tutto tesoro.»
 
«Perché la culla è qui?»
 
Rimasero così a guardarsi negli occhi, in silenzio, circondati dalle pareti bianche a strisce blu della cameretta;
con i piccoli quadri di legno ove rappresentavano un faro,
una bussola e un'ancora a rendere l'ambiente più accogliente.
Da un paio di settimane, Sally Jackson aveva saputo di essere in dolce attesa
e non aveva fatto parola con nessuno del suo stato “interessante”, nemmeno a Paul Blofis, suo marito.
Da quando suo figlio Percy era tornato a casa e dopo che aveva affrontato una lunghissima odissea,
dall'altra parte del mondo, voleva evitare di sconvolgerlo ulteriormente;
nonostante, fosse consapevole che, prima o poi, la pancia sarebbe cresciuta e avrebbe dovuto dirgli la verità.
Ma sperava, davvero, che lui fosse il primo a sentire la grande notizia.
Subito dopo, si presentò un dilemma di cui, persino la stessa Sally,
faticava a trovare la risposta.
Come glielo avrebbe detto?
Sapeva bene che fosse diventato un giovane uomo e, magari,
lui per prima aveva già intuito qualcosa.
Percy poteva essere ingenuo, ma non stupido.
Eppure, ai suoi occhi, rimaneva ancora il suo amato bambino che giocava con i peluche a forma di delfino,
collezionava conchiglie per fare delle collane preziose e regalargliele; e, ovviamente, si sporcava, sempre,
di glassa blu con un sorriso sulle labbra.
Perseus, questa era il suo nome per intero, era la sua ragione di vita e il suo più grande orgoglio,
non avrebbe smesso di amarlo e mai lo farà.
Nemmeno con un bebè in arrivo.
 
Con ciò, le venne l'idea di portare “alla luce” quella vecchia culla e risistemarla come la prima volta.
 
Aveva chiuso per un attimo le sue iridi azzurre, immaginando di ritrovare il suo Percy, a quattro anni,
che stringeva la sua maglia con le manine paffute ed ambrate, la sua risata allegra e contagiosa
e quegli occhi grandi color mare, che la guardavano con profonda ammirazione.
Ora, quello stesso bambino, era diventato un bellissimo ragazzo,
assomigliava moltissimo al suo padre biologico, il grande Dio del Mare, Poseidone,
e nonostante i vari trascorsi con la sua vita da semidio, lui era uno dei più forti della sua generazione.
Per di più, aveva salvato il mondo per ben due volte.
Forse, pensò ella, può gestire anche l'annuncio di una gravidanza.
Prese delicatamente il suo viso ambrato, dandogli un leggero bacio sulla fronte,
vedendo di sfuggita la sua piccola fede nuziale alla mano sinistra.
 
«Mi hai dato innumerevoli ragioni per essere fiera di te, nonostante le incomprensioni...
Ma sai, qual'è, la cosa che mi rende ancora più orgogliosa?»
 
Il diretto interessato rimase fermo come una statua, non capendo cosa stesse succedendo,
e per un po' di tempo rimase con il fiato sospeso.
Mentre gli accarezzava dolcemente i capelli corvini, come solo una madre poteva fare,
subito dopo glieli arruffò energicamente, facendo ridere il più giovane sotto di sé;
e nel fare ciò, arricciò appena il naso, risentendo l'inconfondibile odore della salsedine.
 
«Sapere che tu, sì proprio tu, sei mio figlio.
Ricorda bene: l'amore per un figlio, è come l'acqua, dentro il mare...
non può finire mai.» con un sorriso sulle labbra,
la donna strinse a sé il giovane accarezzandogli piano la nuca «Nemmeno se ci fosse un secondo in arrivo!»
 
«Un momento... Cosa?» domandò il semidio,
con gli occhi che gli uscivano dalle orbite per poi allontanarsi piano da lei,
scioccato quanto euforico «Non stai scherzando, vero?»
 
«Hai capito bene, tesoro.» esclamò ella, ridendo di gusto alla reazione genuina del suo primogenito e,
volendo dare un ulteriore conferma, mise la mano sinistra sul suo ventre
«Sono incinta.
Presto avrai un fratellino... o una sorellina.»
 
Inutile dire che, il giovane Percy Jackson, abbracciò più vigorosamente sua madre,
anche se quest'ultima aveva notato impercettibilmente alcune lacrime di gioia bagnargli il volto.
 



 

Angolo dell'autor*:

Sono molto indietro, troppo indietro per la mia tabella di marcia
e sono aumentate parecchie anche le ff che sono destinate per il Writeptember
del gruppo Hurt/Comfort Italia... ovviamente, tutto in fuori challenge.

Aiutatemi plis-

Ahem, ciancio alle bande, volevo davvero creare un momento madre e figlio
tra Sally e Perseus, che giustamente non la vede da eoni,
e finalmente potrà godersi una bella vita adolescenziale...
ce lo vedete il nostro Testa D'alghe come babysitter?
Io sì, e sarebbe un sacco carino!
Non ho molto da dire, se non che questa challenge, con il lavoro mio dietro,
mi ha rovinato un po' i piani e, ora, ho parecchi arretrati lmao
Spero che questa piccola chicca a tema PJO vi sia piaciuta, sul serio,
mi ci è voluto del tempo per trovare un finale carino hahhahaha
Al prossimo aggiornamento per il Writeptember, semidei/dee/whatever!

Saluti,
Artemìs
 
   
 
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