Challenge: #writeptember2022 #Giorno22 del gruppo “Facebook Hurt/Comfort
Italia, Fanart e Fanfiction Gruppo Nuovo”
Prompt: 1 “Ma lei chi è?” - 3 X rimane chiuso dentro
qualcosa
Fandom: Yuri on
ice
Genere: romantico, Hurt/Comfort
Tipo: one shot
Coppia: yaoi
Personaggi: Yuuri Katsuki, Victor
Nikiforov
Rating: PG-17 - giallo
Disclaimers: i personaggi non sono
miei, ma del rispettivo autore. I personaggi e gli eventi in questo racconto
sono utilizzati senza scopo di lucro.
Ascensore
Finalmente poteva
andarsene in camera era stanco e frastornato. Desiderava solo il silenzio e il
calore del piumone e le coccole di Victor, anche se quella sera il suo compagno
era stato davvero distante.
Salì sull’ascensore
stringendo al petto la bottiglia d’acqua.
Yuri Plisetsky si
infilò nell’ascensore seguito a ruota da Altin e permette il piano della stanza
di quest’ultimo, il pattinatore giapponese sorrise nel vedere la dolce espressione
e il volto rilassato e felice del giovane russo fece ad entrambi un cenno di
saluto.
L’ascensore si fermò
due piani sotto rispetto alle loro stanze, il biondo gli lanciò un’occhiata
eloquente e Yuuri fece il gesto di chiudere le labbra con la cerniera. Rimasto
solo nell’abitacolo sospirò mentre l’ascensore ripartiva, ma pochi istanti
dopo, con uno scossone si bloccò.
Il giovane fece
appena in tempo a realizzare che l’ascensore non era arrivato al piano che
anche la luce si spense.
Imprecò a denti
stretti. Avvolto nell’oscurità densa e pesante. Lui non amava i luoghi chiusi,
bui e stretti. No, proprio no.
Tirò fuori il
telefono e fece luce sulla pulsantiera, premette l’allarme, ma non accadde
nulla, cercò di non farsi cogliere dal panico, inoltrò una chiamata.
Pochi istanti dopo la
voce di Victor giunse al suo orecchio, morbida e calda.
“Dove sei?” gli
chiese in un sussurro.
“Stavo per prendere l’ascensore,
ma è saltata la corrente in tutto lo stabile a quanto vedo. Non si sono
attivate nemmeno le luci di emergenza. Tu dove sei? –
“Dentro l’ascensore”
ansimò lasciandosi andare contro la paratia sentendo il respiro venirgli meno.
- A che piano? –
“Non lo so ero quasi
arrivato al nostro credo” rispose sedendosi a terra.
- Tutto bene? –
“No, tirami fuori da
qui” lo pregò sull’orlo delle lacrime.
- Ehi, sei al sicuro,
non può succederti nulla - tentò di rassicurarlo.
“Sono a un sacco di
metri d’altezza, sospeso nel vuoto, dentro uno spazio, buio e angusto” gemette aprendosi
la giacca allentando la cravatta.
- Yuuri, soffri di
claustrofobia? - chiese, il giovane giapponese deglutì un paio di volte.
“Sì” ammise, provando
un enorme senso di vergogna.
- Perché non me lo hai detto? -
“No ce n’è mai stata
l’occasione e non è una cosa che amo raccontare”
Un lungo silenzio che
a Yuuri parve eterno.
“Victor? Sei ancora lì?”
- Sì -
Yuuri sentì battere
dei colpi sopra la sua testa.
- Sono qui fuori. Sono
vicino a te – gli disse con dolcezza, sperando che questo lo rasserenasse
almeno un po’.
Provarono ad aprire
le porte, ma non ci riuscirono, erano abbastanza vicini da parlare senza usare
i telefoni, il cellulare di Yuuri era al cinque per cento, presto si sarebbe
spento e la poca luminescenza lo avrebbe abbandonato.
Victor gli parlava
del più e del meno, cercando di distrarlo.
“Posso farti una
domanda?” disse il giapponese dopo un breve silenzio.
“Certamente”
“Ma lei chi è?”
chiese, era tutta la sera che ci pensava. Usciti dallo stadio del ghiaccio, una
donna alta e bella, non giovanissima che sembrava una modella, si era
avvicinata a Victor, parlando in russo fluente lo aveva abbracciato e baciato
sulla fronte e lui era rimasto parecchio scosso da tutta quella familiarità.
Si era ripromesso di
chiederlo al compagno, ma non c’erano state occasioni, le interviste, la cena
di gala, li avevano completamente assorbiti.
La risata di Victor
gli raggiunse le orecchie “Sei geloso?” chiese con voce ilare.
“Si” ammise, non ci
trovava niente da ridere.
“Volevo presentatela,
ma non ce n’è stato il tempo eri troppo preso con i giornalisti e lei è andata
via subito, era passata solo a salutarmi”
“Mi dici chi è?”
sbottò non gli piaceva quando Victor lo teneva così sulle spine.
“È mia madre”
“Cosa?”
“Mia madre”
Yuuri rimase
interdetto ora che ci pensava si assomigliavano “Oh”
Victor sghignazzava
ancora, e Yuuri ringraziò di non essere davanti a lui, perché era rosso per l’imbarazzo
e la vergogna.
“Tu chi pensavi che
fosse?”
“Niente, lascia stare”
“Dai! Dimmelo!!”
In quel momento il
telefono del giapponese si spense, facendolo ripiombare nell’oscurità.
“Continua a parlarmi”
mormorò, non riusciva a controllare l’ansia, il buio lo avvolgeva e lo
opprimeva. Sentiva il panico montargli nel petto mozzandogli il fiato, gli
girava la testa, stava per perdere i sensi.
“Yuuri!” la voce di Victor
gli giunse vicinissima al suo orecchio, aprì gli occhi alla tenue luce azzurra
delle luci di emergenza, era fuori dall’ascensore, tra le braccia di Victor.
Si aggrappò a lui ad
occhi chiusi, sentì le lacrime scivolare sulle guance e perdersi sul tessuto
della giacca di Victor.
“Va tutto bene” lo
rassicurò cullandolo avanti ed indietro, c’erano altre persone sul piano con
loro, ma a Yuuri poco importava.
“Riesci ad alzarti”
Annuì piano
mettendosi in piedi le gambe gli tremavano un poco, ma Victor gli cinse la vita
con un braccio, tenendolo saldamente si avviarono verso la camera.
“Vuoi dirmi chi pensavi
che fosse” domandò quando furono dentro la stanza
“Non riesci a
immaginarlo?”
La risata di Victor
lo avvolse “Sei uno sciocco” mormorò spingendolo verso il letto “Meglio ribadire
quali sono le mie preferenze”