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Autore: Ragazzamagica    29/09/2022    2 recensioni
[Questa storia partecipa alla Challenge “Puoi scriverlo, ma a queste condizioni” indetta dal forum Siate Curiosi Sempre.]
La nostra identità potrebbe trovarsi in posti davvero insoliti.
Per alcuni è particolarmente difficile da rintracciare.
E altri, malgrado tutti i loro sforzi, non riusciranno mai ad avere le risposte.
Continueranno a sentirsi spaesati: individui che vagano in un mondo che non riescono a comprendere, a decifrare...
In un mondo che non riesce a comprenderli.
È per persone come loro che la storia di Will vuole essere di conforto e ispirazione.
Nei giorni di maltempo, lacrime e gocce di pioggia diventano pressoché indistinguibili.
Ma non per chi piange.
Chi piange sa quanto brucino le lacrime e le sente tutte. E riesce a captare l'effetto rigenerativo della pioggia.
Le lacrime bruciano, la pioggia rinfresca.
Anche voi: rinfrescatevi.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era mattino e l’aria sapeva di umidità, levatacce e chiacchiere indolenti. Il vento spazzava le strade con energia crescente, raccogliendo nelle correnti nugoli di foglie volteggianti. Will temeva di esserne investito - a dire il vero lo avrebbe trovato divertente, ma non se era insieme ai suoi compagni di classe. Stava per raggiungerli.
Silenziosamente, si insinuò nella folla di ragazzetti che attorniavano il pullman. Col suo solito fare assente, si faceva notare fin dal principio. Non poteva passare inosservato il suo sguardo tagliente e al tempo stesso indifferente, di chi non lascia che altri possano fargli male, perché ha eretto altissime barriere difronte a sé.
”Will” tentò qualcuno, con scarsa vivacità.
Il menzionato insufflò il suo saluto in un sospiro.
Raccolse i loro sguardi, li soppesò, se li scrollò di dosso. Guardò a lato, verso l’insegnante che li avrebbe accompagnati quella mattina.
La destinazione era un’area archeologica che distava un buon centinaio di chilometri dal loro liceo. Negli ultimi tempi, pareva che vi fosse avvenuto un misterioso ritrovamento. Così, studenti e professori avevano colto l’occasione per un’escursione: i primi spinti da interessi meno nobili dell’arricchimento culturale, eccitati all’idea di cancellare un’intera giornata di lezioni, e i secondi speranzosi di piantare un seme di curiosità nei giovani scalamanti.
Will sapeva che i loro sforzi andavano sprecati, ma era d’accordo sul fatto che la giornata potesse offrire un’occasione insperata per dedicarsi a passatempi utili. Si era già assicurato di portare con sé le sue amate cuffie, pronte a stabilire una connessione tra lui e la musica non appena avesse voluto. Era confortante.
”Ragazzi, ma avete visto che tempo?”
”Che palle, proprio oggi, ceh…”
”Va be’ ma che te frega… mo’ andiamo in pullman…”
”Magari lì non piove…”
Will alzò lo sguardo alle nubi, come per riflesso. In effetti, notò con piacere che la luce del cielo non era abbagliante come in una limpida giornata di sole, e questo gli permetteva di guardare dritto negli occhi l’abisso che lo sovrastava.
'Immagina se le prospettive fossero capovolte, e avessimo il cielo sotto i nostri piedi. Sarebbe come cadere all’infinito nel vuoto’ furono i suoi pensieri. Il grigio delle nuvole si riversava nell’azzurro delle sue iridi e ne accentuava l’opacità, enfatizzando i toni foschi del suo sentire.
Ogni volta che rivolgeva lo sguardo così in alto, attraversando distanze interminabili e perdendosi lontano, si sentiva come se stesse pronunciando una muta supplica ad un essere ultraterreno. Ed era più facile farlo, quando una barriera di nubi poteva riflettere il suo stato interiore ed amplificarlo.
Il vento gli seccava gli occhi. Abbassò lo sguardo, limitando la perdita di sensibilità del collo.
Non aveva le parole per descriverlo a se stesso, ma si sentiva come se un alito di vento freddo fosse rimasto intrappolato nel suo corpo. Aveva i muscoli addormentati, e un moto di rassegnazione ad infiacchire le sue energie. Sapeva che sarebbe stata una lunga giornata.
Ben presto, le lente formalità scolastiche cedettero il posto alla frenesia degli adulti di avviare il viaggio e recuperare i ritardi. Il bus ingoiò frotte di adolescenti e si mise in moto.
In un reticolo di strade e cambi di direzione, sembrava che il vento avesse finalmente trovato il modo per scuotere lo scheletro meccanico del mezzo, e il suo sibilo al finestrino divenne un monito costante.
Will si accasciò sul sedile, dopo aver depositato la propria roba su quello a destra. Sapeva che nessuno si sarebbe seduto lì. Andava bene così: più spazio.
Rivolse gli occhi al finestrino e si distrasse dai mormorii che pervadevano l’abitacolo, osservando il percorso delle gocce.

“Siamo arrivati!” annunciarono a turno i più pimpanti della sua classe, sottolineando l’ovvio. Pochi condivisero il loro entusiasmo, visto che il tempo era peggiorato. La pioggia si schiantava dall’alto con irruenza, ruscellando fra i loro giubbotti ed insidiando gli angoli di calore.
Cupamente, la folla di ragazzetti si avviò in direzione delll’itinerario tracciato.
Will li seguiva, tenendosi in disparte.
Non aveva l’ombrello e si finse indifferente verso la pioggia che gli inzuppava il cappuccio del cappotto, punzecchiandogli il capo stilla dopo stilla. Nonostante questo, si divertiva nell’osservare gli altri rumoreggiare in risposta agli imprevisti del maltempo, disseminando l’atmosfera di lamentele e critiche all’organizzazione della scuola.
E poi: erano all’aperto. Tutti avevano troppo da fare nell’evitare che scarpe e stivali si abbattessero tra i monticelli di fango umidiccio, perciò poteva starsene in pace, senza dover ascoltare malelingue o sopportare sguardi.
Portandosi all’inizio del percorso, i ragazzi furono affiancati da una guida incaricata di snocciolare informazioni. Will aveva abbastanza capacità di analisi per rendersi conto che la guida era troppo abituata ad orde di liceali per poter sperare che la metà di loro si sarebbe interessata al tema.
Difatti, ignorò caparbiamente buona parte degli schiamazzi che da quel momento li avrebbero accompagnati, alzando la voce lo stretto necessario per poter dire, se non altro, di aver espletato la sua funzione.

Il sentiero si srotolava attraverso tutta l’area archeologica seguendo uno schema ordinato, per quanto grossolano. Da vari piccoli dettagli dispersi lungo la strada s’intendeva quanto fossero recenti gli scavi e i ritrovamenti: masse di terra erano smosse accanto a buche. I dintorni erano punteggiati di recinzioni e cartelli. I muretti li separavano da spiazzi che si erano voluti lasciare in disparte, al riparo dall’irruenza dei visitatori.
Solo una punta di rispetto verso la guida - in fondo la compativa - frenava Will dal recuperare le cuffie e calcarsele sul capo, ma si trattenne, se non altro perché l’acqua avrebbe creato loro problemi. L’interesse che avrebbe potuto provare per l’esposizione era soffocato da tutto il rumore prodotto dagli altri.
Non era facile passare oltre la loro stolta spudoratezza. In cuor suo, ne approfittò per ricordarsi una volta di più di quanto fosse differente da loro. Impossibile averci a che fare.
Si accontentò di indirizzare occhiate svogliate alle rovine sotto i loro occhi, immaginando quanto sarebbe stato meglio essere avvolti dal silenzio di una contemplazione intelligente.

Passò del tempo e i mormorii del suo gruppo s’ingrossarono stupidamente, poiché il malcontento e la voglia di una pausa sobillavano gli animi. La pioggia rendeva tutti più intolleranti. L’insegnante si rivolse alla guida con un’espressione contrita, chiedendo se fosse prevista una sosta. L’altra le assicurò “presto”.
”Sta per arrivare il pezzo forte” fu la garanzia del cicerone. “Dopo di che, andremo a mangiare”.
”Sentito, raga’? Mo’ se magna”. Grasse risate.
“Alleluja! Ma poi dai, stiamo nella pioggia!”
Lo sciame si avviò verso la parte centrale dell’area, facendosi largo tra muretti, fanghiglia e grossolane strutture di pietra.
”Un altro po’ di pazienza, amatissimi!
Will rilevò un cambiamento negli occhi del responsabile: un luccichio, un lampo di passione che mutò la sua espressione, cancellandone l’indifferenza e l’apatia.
Lui stesso sentì guizzare in sé un nuovo interesse, nel notare il suo trasporto.
Seguirono diverse decine di passi, e poi le prime file si arrestarono sotto un’indicazione infervorata. Le voci vennero messe a tacere con un richiamo più duro degli altri.
”Ragazzi, avrete sentito dire dai vostri professori che in quest’area è stato compiuto un miracoloso ritrovamento, di recente. Si tratta della lastra di pietra che vedete qui accanto a me… qualcosa di realmente sbalorditivo e che da sola meriterebbe tutta la vostra visita. Come vedete, vi è raffigurata una donna, una donna bellissima, giunonica…”
Con le pupille dilatate, Will sollevò lo sguardo, tentando di guardare oltre il mare di teste e corpi che gli davano le spalle.
Quelle parole avevano acceso qualcosa in lui. Non riusciva a spiegarsi perché, ma nella sua mente era appena avvenuto un collegamento misterioso tra quella descrizione e un sentimento rimasto a lungo sepolto.
”Ancora non ci spieghiamo come una reliquia del genere sia stata rinvenuta proprio in questo territorio. La cosa certa è che non avrebbe dovuto trovarsi qui… e che le ipotesi di un’importazione ad opera della civiltà che risiedeva in questo luogo sono da escludere. Questo pezzo di storia avrebbe dovuto trovarsi a migliaia di miglia da qui… e i locali di allora non avevano i mezzi per trasportare la lastra su così lunghe distanze, senza contare ovviamente l’assenza di contatto accertato storicamente tra le due civiltà.”
Will ingollò un doloroso groppo di saliva. Una stranissima sensazione si era impadronita di lui, traducendosi in palpitazioni e sussulti che scacciarono il freddo e la consapevolezza del luogo in cui si trovava. A galleggiare appena al di sotto della superficie della sua coscienza, una stupefacente percezione di familiarità con quel racconto.
”Professore, ma allora queste due civiltà sono venute in contatto, no?” intervenne una ragazza davanti.
Un sorriso modellò il volto dell’uomo. “Non sono un professore, ma la ringrazio, signorina! Ebbene, malgrado sia l’unica possibilità rimasta, non possiamo che escludere anche questa, perché come detto la civiltà sita qui era sprovvista dei mezzi per raggiungere l’altra e viceversa. Anche sul piano temporale sono inavvicinabili. Questa era antica, certo, ma quello rappresentato da questa lastra è un tempo più lontano ancora…”
Mormorii di stupore scossero l’uditorio.
”… per cui rimane un mistero ancora tutto da risolvere”. Un tono definitivo, di chi esorta a passare oltre, e la piccola folla virò altrove, liberando il campo visivo di Will.
Nessuno notò che stava piangendo.
Il suo sguardo poté finalmente abbracciare la lastra e la splendida donna ivi raffigurata. Il sorriso che aveva… gli ispirò una gioia incontenibile, che si mischiò a un dolore dagli echi potentissimi, sotterranei al punto da toccare le radici più profonde di lui.
Un amalgama caotico di emozioni abbracciò il suo cuore.
”Mamma…”
Rimase indietro. Curiosamente, nessuno fece caso alla perdita di un membro del gruppo.
Calò una densa atmosfera su di lui e il blocco di pietra che, nella sua inumanità, sembrava prestargli un’attenzione devota. “La Giunonica” così la chiamava il suo popolo. Il loro popolo.
Eccola realizzarsi, la sua supplica rivolta al cielo… La commozione si aggrappò agli occhi di Will e ne trasse lunghe colate di lacrime.
Finalmente aveva capito perché si sentiva sempre così alienato, solo in mezzo a tante persone.
Aveva rintracciato, per uno scherzo del Caso, la presenza di sua madre e le origini della sua identità.
Tutto stava lì, in quel fazzoletto di terra smossa.
”Figlio mio” si sentì rispondere.
E poi la gravità dell’aria si dissolse, e il peso lasciò le sue spalle.
Quel complesso intreccio di anime lontane, ora tagliuzzato in frammenti troppo piccoli per essere recuperati, depositò sul suo cuore un sentimento di solitudine più abissale che mai.
E quel maledetto cielo seguitava a piovere.

Più avanti, la docente stava parlando fittamente con la guida.
“Ma signor Ruff, se il ritrovamento è così significativo, perché non prova ad affidarsi ad organizzazioni di studiosi e centri di ricerca più importanti, piuttosto che coinvolgere apatiche scolaresche?”
Un profondo sospiro abbandonò la bocca dell’uomo.
”Al di là dell’enorme valore artistico, e del suggestivo mistero rappresentato da questa scoperta, si tratta comunque di un gioiello da collocare ad un livello di importanza locale, e perciò destinato a passare in sordina per la gran parte degli studiosi e storici”.
”Ma il suo mistero potrebbe smuovere in profondità le basi su cui abbiamo inserito queste due civiltà!” insisté ancora la donna, toccata.
”Mi piacerebbe molto che lo facesse. Noi siamo molto orgogliosi di aver disseppellito una simile possibilità, ma ci vorranno ancora molti studi e ricerche prima di poter sbandierare al mondo che abbiamo effettivamente ragione. Lei mi capisce, se per caso il nostro fosse un abbaglio, conosceremmo una profonda umiliazione da parte di tutti...”
”Già… Ha ragione, lei…”
”Eh… e così per ora ci accontentiamo di invitare qui qualche studioso, dei gruppi, scolaresche e associazioni varie in modo da scuotere l’interesse nazionale… Qualsiasi stilla di interesse in più può far traboccare il nostro vaso di Pandora!”
Un paio di teste delle ultime file ebbero un fremito, che si sparse velocemente alle file adiacenti.
“Raga’, ma dov’è Will?”
”Cosa? Will? Ma non era dietro di noi?”
”Cavolo, no… Ehi, Will, stai qui?”
Le loro preoccupazioni vennero presto riferite all’insegnante.
”Ragazzi, vi avevo fatto una sola raccomandazione, e cioè di controllare tra di voi che non vi perdeste!” sbuffò l’insegnante.
”Non si preoccupi, prof, vado io!” si offrì una ragazza dai folti capelli castani, raccolti in una treccia.
"Vai, Lisa… Dio santo, ‘sti ragazzi, sa…”
”Eh, quanto la capisco…”

Lisa seguì il percorso a ritroso, portando un ombrello con sé.
“Ma quanto è rimasto indietro! Va be’… Almeno mi scampo le chiacchiere della prof… Allora, Will, dove cavolo sei?” Se non l’avesse trovato, se la sarebbero presa con lei...
Ma sospirò di sollievo, quando si accorse di una sagoma umana collocata proprio difronte al lastrone di pietra.
”Ma è lì!” cinguettò, dirigendosi verso di lui.
Man mano che si avvicinava, il suo passo si fece più lento e sospettoso.
Will se ne stava come raccolto in preghiera, il viso reclinato e le ginocchia nel fango.
Lisa esitò, avvicinandosi al suo compagno a piccoli passi.
”Hey, Will!” mormorò, senza riuscire a leggere la situazione. Azzardò un tocco sulla spalla di lui. “Ma tutto bene? Stai male, per caso?” aggiunse, l’ansia che intensificava la sua voce stridula.
”Lei… mia madre…” rantolò il ragazzo a terra.
Lisa cercò il suo sguardo. Il suo capo era ancora prostrato, gli occhi invisibili.
”Tua madre? Cosa ha fatto?”
”Mia madre…” singhiozzò Will. Lisa ebbe una fitta al cuore, mentre un’ipotesi cupa spianava le sue incertezze. Gli diede tempo. ”Mia madre è morta… tanto, tanto tempo fa…”
Seguì il silenzio. Il ruggito del vento sconvolse entrambi, lei per il freddo che scaricava sulle loro figure inermi, lui per il richiamo alla realtà.
”Mi dispiace tanto… Non lo sapevo… Allora è per questo…” incespicò Lisa, goffamente. “Senti… vuoi alzarti? Il fango è bagnato, ti sarai sporcato tutti i pantaloni…”
Seguirono dei singhiozzi. Pigolii straziati.
Lisa si guardò attorno, storcendo le labbra in un’espressione piena di pietà. Non c’era nessuno nei paraggi.
”Mi dispiace tanto, Will” ripeté, e nell’abbassarsi sulle ginocchia gli circondò le spalle con un braccio. “Io… sono sicura che da qualche parte tua madre può osservarti… lei sarebbe fiera di suo figlio” tentò, rifugiandosi nelle formule più gentili che conoscesse.
Un nuovo silenzio calò su di loro. Lisa era mossa a compassione, ma il peso di quel lutto era troppo grande perché lei potesse gestirlo a lungo. Da sola… non riusciva proprio a maneggiare il dolore di quel ragazzo.
Voleva evadere dalla sua sofferenza, non condividerla. Desiderò tornare con gli altri e riprendere a scherzare, piuttosto che abbracciare il suo dolore.
”Ascolta, Will… vogliamo riunirci agli altri? La professoressa… abbiamo notato che non ci sei e… hanno mandato me a cercarti… per favore…”
”Sì…” fece Will. Emise un sospiro molto lento, profondo. Man mano che l’aria abbandonava i suoi polmoni, il suo corpo si ammorbidiva. Le linee rigide delle spalle s’adagiarono verso il basso. “Andiamo…” Sollevò il capo, incontrando lo sguardo di lei. “E scusami” disse con un certo sforzo.
Gli angoli delle labbra di Lisa si alzarono a fatica. “Ma niente, Will. Mi spiace un sacco, veramente. Mica mi pensavo che eri triste…”

Si incamminarono per tornare dagli altri.
Will non ricordava neanche il nome della sua compagna. Il suo dispiacere affrettato si dava il cambio con silenzi troppo ampi e privi di significato. Non sentiva il suo supporto.
La mente era rimasta lì, al lastrone. E nuove lacrime gli germogliarono sulle ciglia.

I sospiri di dolori tremendi e quelli provenienti da epoche remote… avevano qualcosa in comune.
I toni definitivi, lo strazio di un obiettivo irraggiungibile.
Quel giorno, Will lasciò alla pioggia il compito di insinuarsi nel suo dolore per purificarlo un po’.
Da squillante e vivo, si rintanò nel suo cuore con toni appena appena smorzati.




Note dell'autrice e spiegazioni
Ciao a tutti!
Considerando la mia scarsa capacità di motivarmi a fare le cose, sono molto contenta di aver avuto l’opportunità di scrivere anche un secondo racconto in pochi giorni. Come sempre ringrazio quelli del forum “Siate Curiosi Sempre” per aver riacceso in me la creatività e l’ispirazione!
Riconosco che in questo caso l’idea del racconto sia particolarmente astratta, sfuggente. Non è ben chiaro cosa abbia scoperto il protagonista. Ha ritrovato sua madre nella pietra? WTF? “Mi stai prendendo in giro, autrice da strapazzo?”
Ci sono elementi mistici e fantasy in questa storia, ma quello che mi è piaciuto di più è stato esplorare l’emozionalità di un personaggio alienato, apatico, che rintraccia la sua identità tra le pieghe del tempo. Come se fosse davvero stato trasferito in un’altra epoca, lontano dalla civiltà a cui apparteneva. E dalla sua famiglia.
E si ritrova a realizzarlo lì, sotto la pioggia, difronte a una fredda lastra di pietra. Nel giro di un unico, sconvolgente momento le emozioni e il dolore straripano tutti assieme.
E finalmente riesce a capire perché si è sempre sentito così isolato dal resto.
Ce l’ha scritto lì, nelle carni.
E nella storia di un passato a cui non potrà mai più avere accesso.
Perché la civiltà da cui proviene aveva i mezzi per fargli compiere un viaggio nel tempo (perché lo hanno fatto? E perché hanno indebolito la sua memoria?), ma lui non li ha per tornare indietro, da loro.
Rimarrà in quel presente che non gli appartiene, per sempre.
Al posto di esplorare gli sviluppi che possono derivare da una storia del genere, e al posto di descrivere un ipotetico viaggio alla ricerca dell’identità perduta e di certezze, ho scelto di comprimere il tutto in una one-shot con più dubbi che risposte certe. Senza alcun seguito, senza alcun lieto fine, solo con una marea di dubbi…
Questa storia vuole indurre ad interrogarsi sulla portata sopraffacente di una rivelazione del genere: quella che ci coglie, attoniti, quando realizziamo perché abbiamo vissuto in uno stato di torpore per tutto questo tempo.
Ogni giorno, come Will, noi cerchiamo risposte che non necessariamente otterremo. Oppure semplicemente non potremo farci nulla, anche dopo aver scoperto la verità. Dovremo solo cercare di digerirla, nella speranza di non vomitarla tra bile e sangue.
Io mi sono davvero divertita.
Ditemi cosa ne pensate, se credete che sia stato bello/stimolante o anche se il tutto vi ha lasciato profondamente delusi! Data la fragilità di una trama malamente accennata, non mi sorprenderebbe, quindi confido nei vostri pareri! ^^

  
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