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Autore: Alexander33    12/11/2022    2 recensioni
Una ragazza poco raccomandabile dispersa tra le pieghe del tempo, un sos misterioso, una soluzione da trovare, un cuore spezzato da guarire.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Tadashi Daiwa, Yattaran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cuore galoppava, mentre correva lungo il viicolo sul retro del teatro, con alle calcagna almeno 3 agenti.

Quella stronza della commessa doveva aver azionato l’allarme subito dopo che era uscita dal negozio, eppure era certa di non essersi fatta beccare!

 

«Dannazione!»

Le orecchie tese a raccogliere lo scalpiccío degli anfibi sull’asfalto bagnato dalla recente pioggia, lo sguardo piantato avanti a sè.

Scartó a sinistra, in un viicolo ancora più angusto

 

“Ma c’era sempre stata quella stradina?” Un fugace pensiero passato nel retrobottega della mente, concentrata sulla fuga.

 

A poco a poco gli edifici su ambo i lati andavano via via diradandosi, fino a ridursi a rare casupole fatiscenti; ma si fermó solo quando sentì sabbia sotto i piedi e avanti a se, ad occupare tutto il campo visivo.

 

Il silenzio era completo.

Deserto. Era finita nel deserto.

 

«andiamo!!! Non posso aver corso tanto!» ridacchió nervosamente.

 

Il cervello non riusciva a realizzare: che diavolo stava succedendo? Aveva lasciato un mondo ad autunno inoltrato, ora era l’estate più calda che avesse mai sperimentato: la tshirt di cotone che indossava a contatto con la pelle le si era già incollata addosso. Gettó a terra il chiodo di pelle e il corto maglioncino grigio.

 

Giró due volte a 360°, cercando di trovare la via per la quale era arrivata, ma c’era solo il deserto: sabbia e deserto ovunque per chilometri.

Non fece in tempo ad articolare un pensiero coerente che il rombo assordante la colse di sorpresa.

Si portó entrambe le mani a coprire le orecchie, quando lo spostamento d’aria alzó nubi di polvere e sabbia.

Si inginocchió su se stessa, cercando di ripararsi ed evitare di respirare quella coltre soffocante.

 

Il rombo era assordante, il terrore l’aveva paralizzata.

Dopo minuti che sembrarono eterni lo spostamento d’aria si placó e il rombo si era tramutato in un sibilo sommesso profondo.

 

Istintivamente la mano andó alla tasca posteriore dei jeans, il coltello a serramanico era ancora lì: le diede sicurezza.

La lama lunga 20 centimetri le aveva salvato le chiappe in più di un’occasione: un’amica su cui contare nei momenti critici.

 

Quando si azzardó a riaprire gli occhi e tornare in posizione eretta, per poco non rovinó a terra dalla sorpresa.

 

Di fronte a lei c’era una sorta di astronave dalle dimensioni mastodontiche: come quelle che si vedono nei film di fantascienza. Le venne in mente il tizio di guerre stellari, come si chiamava? Ah sì! Darth Fener… anche lui viaggiava in astronavi grandi come città intere…

 

E quando il portellone cominció ad aprirsi non potè fare a meno di scuotere la testa e ridere istericamente 

 

«no, non puó essere! Chi è stato quel coglione che ieri sera mi ha messo l’allucinogeno nel bicchiere?! Sto per conoscere ET?!»

 

La lama del coltello scattó, i sensi all’erta, l’adrenalina sparata come un proiettile nelle vene.

 

Pronta a tutto, il sapore metallico della paura le impregnava la bocca.

 

Delle figurine si stagliarono nel rettangolo nero di quella sorta di hangar. Non sembravano mostri tentacolati, da quella distanza erano persone come lei.

Il panico rientró, lasciando il posto a una vigile allerta.

Non c’era comunque da abbassare la guardia.

 

Una bionda vestita completamente di lycra rossa (o qualcosa di simile), e un panciuto occhialuto le stavano venendo in contro.

 

«Hei! Sei tu ad aver lanciato l’SOS?»

Era il ciccione che stava gridando, mentre camminava verso di lei.

 

A tiro di voce rispose «SOS????»

 

«allora? Sei stata tu? Ci hai fatti lasciare di tutta fretta un inseguimento a quelle dannate mazoniane…»

 

«mazoniane?» riusciva solo a ripetere l’ultima parola delle frasi, perché non capiva assolutamente nulla di quello che le veniva detto.

 

«dì ragazza… non sarai un po’ tarda?» il ciccione si stava spazientendo.

 

«piantala vicecomandante! Non vedi che è sotto shock?!» la biondina aveva dato una gomitata alla voluminosa pancia dell’uomo.

 

Dietro la strampalata coppia li stava raggiungendo un giovane belloccio. Il suo sguardo venne attirato come una calamita: aveva il viso di un attore del cinema e il fisico di un atleta. 

Fischió ammirata.

 

«Tadashi, vedi se riesci a cavare qualcosa di bocca a questa matta…»

 

«Yattaran!!!! Non essere maleducato, non ti sei nemmeno presentato…» la biondina lo riprese.

 

«hei, si crepa di caldo qui fuori: mi si sono appannate le lenti degli occhiali. Vogliamo tornare a bordo? Già mi mancano i mei adorati 22 gradi… sbrighiamoci!»

 

Il ragazzo belloccio sorrideva

«togliamoci di qui, il vicecomandante ha ragione. A bordo ragioneremo meglio.»

 

«Tadashi, ci fidiamo a far salire questa tizia? Potrebbe essere una trappola di quelle maledette piante…»

Parlava come se lei non fosse presente. O forse la credeva talmente idiota da non meritare nessun riguardo.

Senza fare rumore richiuse con un abile movimento del polso la lama del coltello e la ripose nei jeans. Raccattó gli indumenti abbandonati a terra e si decise a seguire il terzetto che si era incamminato.

 

Se fosse rimasta lì sarebbe morta di fame e di caldo, non aveva molta scelta.

 

«coraggio, leviamo il culo da questo deserto infernale…»

 

Il portellone si chiuse alle loro spalle, il rombo dei motori fremeva sotto i loro piedi.

 

«dove stiamo andando, di grazia?»

 

«tra le stelle bambina! E dove sennó?»

   
 
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