Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PerseoeAndromeda    13/11/2022    0 recensioni
Il piccolo Eren lo sa che quella voce dentro di lui, che lo chiama e gli chiede di tornare, è reale.
Quella voce viene dal mare ed è vicino al mare che il suo 'Min lo aspetta, per essere di nuovo insieme.
Reincarnation-AU
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger
Note: Kidfic, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpau
Prompt: Soulmate
Titolo: Occhi di cielo e di mare
Fandom: Attack on titan
Personaggi e ship: Eren e Armin
Rating: Verde
Genere: Reincarnation AU, introspettivo, soulmates, sentimentale
 

 
OCCHI DI CIELO E DI MARE


 
Il rumore del mare era un richiamo, fin da quando aveva aperto i suoi occhi sul mondo.
In realtà non aveva mai visto il mare dal vivo fino a quel giorno, ma ogni volta che lo ammirava sulle pagine di un libro o in televisione, il suo cuore batteva forte e si sentiva anche triste, come se gli mancasse profondamente qualcosa, un senso di nostalgia che la sua mente di bambino non poteva riconoscere e capire.
I suoi pensieri sul mare, le sue fantasticherie su quell’immensa distesa salata di cui aveva sentito solo parlare, si accompagnavano alla supplica di quella voce, che lo chiamava, lo implorava:
“Ti aspetto… ti aspetto da sempre. Torna da me!”.
Quando papà e mamma gli avevano annunciato il trasferimento in quella grande città portuale, perché un importante ospedale aveva richiesto la collaborazione del papà, Eren aveva gioito, in un modo che aveva stupito i suoi genitori: avevano temuto che non l’avrebbe presa bene, avrebbe dovuto lasciare tutto ciò che conosceva, e invece Eren era felice come se, proprio grazie a quel viaggio, potesse finalmente tornare a casa.
Gli avevano chiesto come mai si sentisse così, ma lui non poteva rispondere, non ne era ancora in grado la sua mente di bambino, si era limitato a dire:
“Il mare è bello, voglio il mare!”.
Voleva il mare e voleva andare incontro a quella voce che lo chiamava, a quel qualcuno che viveva dentro di lui.
“Chi è che ti parla?” gli chiedevano ogni tanto mamma e papà quando lui raccontava di quella voce, di quella creaturina della quale sapeva descrivere solo grandi occhi azzurri e, intorno al capo, una luce che sembrava fatta di sole.
“Min” rispondeva lui.
Min…
Rispondeva d’istinto e loro non capivano se si trattasse di un nome o del semplice vocalizzo di un bambino: dal loro punto di vista di adulti, Min era diventato l’amico immaginario del loro piccolo, solitario Eren, che faticava a legare e che non riusciva a farsi alcun amico neanche alla scuola materna, dalla quale desiderava sempre e solo scappare.
Eren, però, sapeva davvero chi era Min?
Sapeva perché lo chiamava così?
Sì e no…
Però, di qualunque cosa si trattasse, di chiunque si trattasse, Eren era certo: non c’era niente di immaginario in quella voce, che era stata la prima a parlargli, la prima che ricordava, ancor prima di quelle di mamma e papà.
Sì…
In qualche modo, Min era arrivato anche prima di loro.
E aveva una voce piccola e delicata.
Quando udì il canto del mare, dal vivo, non quella del mare che vedeva in tivù, gli parve che qualcosa di quella voce si trovasse in esso.
Il giorno stesso in cui giunsero in quella città, sfuggì ben presto al controllo dei genitori.
Doveva andare, subito, non poteva aspettare il loro permesso e non voleva che loro andassero insieme a lui.
Al mare, la prima volta, doveva andarci da solo e assecondare quella preghiera che era diventata sempre più pressante:
“Ti aspetto, ti aspetto da sempre, mi manchi da morire, torna da me!”.
Arrivò di corsa sulla spiaggia e la voce si fece più alta, più concreta e chiara, quasi lo spaventò.
Era strano, perché non gli aveva mai fatto paura, ma qualcosa di così importante stava per accadere che, in qualche modo, lo inquietava.
Si tolse le scarpe e le abbandono da qualche parte, senza chiedersi dove, non gli importava.
I piedi nudi affondarono nella sabbia tiepida, morbida, i granelli cedevano sotto le sue dita e gli davano la sensazione di sprofondare.
Man mano che il mare si avvicinava, la sabbia si faceva umida e l’acqua la compattava e la rendeva più dura.
Si fermò nel momento in cui l’andirivieni delle onde cominciò a lambirgli i piedi e i suoi occhi si persero sull’orizzonte, dove mare e cielo si fondevano e il loro azzurro diventava uno, acquistando una perfezione che gli fece balzare il cuore in gola.
Era l’azzurro che compariva nei suoi sogni, l’azzurro di quegli occhi.
“Min…” sussurrò, rapito da quella visione.
Non era mai stato così vicino.
“Sei laggiù?”.
Era in quell’orizzonte che prendevano vita gli occhi dei suoi sogni?
Rimase così, immobile, non seppe per quanto, in attesa: il sale delle sue lacrime si confuse con quello della spuma che il mare gli spruzzava sul viso.
Quando aveva cominciato a piangere?
E perché?
Il mare avrebbe dovuto renderlo solo felice e invece il suo cuore, improvvisamente, si strinse, come in una morsa.
La paura si fece intensa.
Dall’altra parte c’era la guerra…
L’azzurro poteva tingersi di rosso…
E il rosso era quello del sangue.
Sussultò, barcollò perché la testa aveva preso a vorticare, faceva male.
Si portò una mano alla fronte e abbassò lo sguardo sull’onda scarlatta che si avvolgeva intorno alle sue caviglie.
Fece per arretrare.
Poi il rosso tornò azzurro, l’universo intorno a lui di nuovo luminoso.
Lasciò ricadere le braccia, confuso.
Cosa aveva visto?
Sentì il bisogno di voltarsi, perché alle sue spalle c’era qualcosa, c’era calore, c’era la salvezza.
Fu così che incontrò gli occhi azzurri di Min.
La luce che circondava il suo viso era quella che sempre aveva conosciuto, erano capelli a caschetto, nati dal sole, come quegli occhi prendevano la loro esistenza dal cielo e dal mare.
Lo guardava, i loro sguardi dovevano essere simili, lo stesso stupore, la stessa consapevolezza, la medesima attesa.
“Min…” sussurrarono le sue labbra.
“Eren…” fece eco la voce dolce che conosceva così bene.
Eren fece un passo.
Il bambino fece altrettanto, specchio l’uno dell’altro.
Eren fu il primo a mettersi a correre, ma Min gli andò incontro e le mani si intrecciarono.
Un pensiero si formò nella mente di Eren:
“Tutto ricomincia… ma questa volta non sbaglierò, questa volta lo terrò con me fino alla fine”.
 
   
 
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