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Autore: arashinosora5927    27/11/2022    1 recensioni
Tsuna dà voce a quei pensieri che sappiamo tutti che ha avuto aka l'inizio di KHR, ma con un po' di mafia in più e con un pizzico di autostima ;)
Canon divergence.
Genere: Demenziale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Camminare sulle uova era stato il suo destino da che aveva memoria, ma, in quasi tredici anni di vita, Sawada Tsunayoshi, non aveva mai pensato a un risvolto simile. La sua vita era cambiata con una velocità spaventosa dall'oggi al domani e lo aveva fatto così tanto che stentava a riconoscerla. Quasi rimpiangeva la sua routine solitaria e vuota, solitaria e vuota, ma confortevole, senza dover dare conto a nessuno se non a sua madre, nascondendole l'ennesimo voto basso.

Forse se fosse andato un po' meglio a scuola sua madre non avrebbe sentito il bisogno di convocare un tutor privato affinché gli facesse ripetizioni. Tsuna scosse la testa, non era quello il motivo per cui Reborn lo aveva raggiunto a Namimori, quella era solo una copertura, anche se fosse stato il primo della classe Reborn sarebbe comunque giunto a informarlo della successione.

"È chiaro che non mi conosce" ricordava di aver detto a seguito dell'informazione di Reborn "il Nono ritiene che tu sia il candidato ideale per il posto di Decimo dei Vongola."

La loro conversazione non era andata avanti per molto, ma Tsuna aveva sottolineato più volte di non volersi immischiare con la malavita.

"Posso ritirare la mia candidatura da parte di chiunque mi abbia presentato?" aveva domandato fiducioso.

"Non è possibile." Reborn non aveva lasciato spazio per ribattere.

Comunque una cosa positiva nell'arrivo di Reborn c'era: Kyoko Sasagawa gli aveva finalmente rivolto la parola di nuovo. Il cuore ancora gli batteva forte se ripensava al suono melodioso della sua voce e al sorriso che non era rivolto a lui, ma che Tsuna si era ugualmente indirizzato.
Erano progressi, si disse, considerando che l'ultima volta che avevano parlato era successo all'asilo e Kyoko si era semplicemente limitata a chiedergli un pastello. Era stata gentile e gli aveva sorriso a differenza di tutti gli altri compagni che non facevano altro che prenderlo in giro. Insieme avevano colorato un arcobaleno e poi Tsuna aveva firmato il disegno con uno scarabocchio e glielo aveva donato. Dopo quel momento non c'erano state interazioni degne di nota, almeno finché non era giunto Reborn, regalandogli l'opportunità del secolo, oppure la condanna della vita.

Aveva trovato il coraggio di dirle qualcosa, qualcosa di più di un semplice "ciao" frettoloso e timido davanti al cancello della scuola, ma Reborn aveva deciso di rovinare tutto esponendolo, in tutti i sensi, costringendolo a esternare i suoi sentimenti e a correre in mutande. Chiunque avrebbe reagito come Kyoko, anzi, pensò, molte ragazze avrebbero direttamente alzato le mani per difendersi.

In un certo senso quindi condivideva il fatto che Mochida si fosse eletto protettore di Kyoko, magari vedendola in difficoltà, pensando che Tsuna volesse molestarla o peggio, ma d'altra parte quel gesto gli era costato parecchio per una reputazione patetica ulteriormente aggravata.

Aveva però, si disse, conosciuto Yamamoto Takeshi, trovato finalmente il modo di parlargli e magari di stargli almeno simpatico e poi era successo che Kyoko lo aveva informato dell'arrivo di un nuovo studente, dopo aver interpretato il suo gesto al limite della denuncia come uno scherzo, parole di suo fratello.

Era stato più o meno allora, mentre alcuni compagni lo appellavano "capitan mutanda", che la sua vita aveva preso una piega ancora più strana.

Hayato Gokudera, questo il nome che aveva fatto sollevare non poco rumore: le ragazze sembravano già tutte pazze di lui e Tsuna sentì il bisogno di verificare che Kyoko non rientrasse nella lista, i ragazzi invece sembravano un po' tutti voler fare a botte con lui.

"Questo ci frega tutte le ragazze" aveva detto qualcuno di cui a stento ricordava il nome.

Tsuna invece aveva solo pensato al fatto che Gokudera era venuto dall'Italia, esattamente come Reborn e le operazioni matematiche basilari le sapeva ancora fare. Poteva trattarsi di una coincidenza certo, ma quei due potevano tranquillamente essere collegati.

E poi di colpo si era ritrovato giù dal banco, con un calcio ben assestato che lo aveva travolto assieme alla sedia ed era stato il ringhio di Gokudera a mostrarsi davanti i suoi occhi spaventati quando aveva trovato il coraggio di alzarsi da terra.

Le lezioni erano continuate tranquillamente, ma Tsuna non si era mai sentito più osservato in vita sua, aveva i brividi al solo pensiero, gli occhi di Gokudera erano attaccati al sua schiena.

Dopo i primi venti minuti di lezione pensò che avesse smesso anche se si sentiva ancora inquieto, si impose quindi di controllare e incrociò lo sguardo di Gokudera, ancora arrabbiato, ancora... Tsuna non sapeva davvero descriverlo, gli sembrava quasi disgustato.

Si chiese per tutte le ore successive che cosa avesse da fissarlo tanto e soprattutto come fosse possibile che continuasse a farlo ininterrottamente. Ogni volta che si girava per controllare Gokudera era lì, stessa espressione, gli occhi puntati addosso, quasi fosse una paralisi facciale.

Quando la campanella annunciò la fine delle lezioni mattutine Tsuna decise che c'era qualcosa di troppo strano in come Gokudera lo guardava. Era abituato al bullismo, ma di solito dopo un po' lo lasciavano in pace, invece Gokudera sembrava volerlo atterrire.

Tsuna non poté non notare che nell'istante in cui si alzò dal banco Gokudera fece la stessa cosa e allora quell'ossessione prese per lui tutt'altra sfumatura.

Tsuna si voltò di scatto e nonostante avesse timore le parole gli uscirono naturalmente. "Che c'è? Ti sei innamorato di me?"

Quelle che alle orecchie dei compagni suonarono come un modo per attaccare briga nei pensieri di Tsuna si figurarono invece come una logica conclusione.

Gokudera arrossì leggermente, le mani che utilizzava per gesticolare parvero a Tsuna un po' troppo tremolanti mentre il ragazzo gli rispondeva "Ti piacerebbe!".

Si levarono delle risate nella classe e la tensione si percepiva sotto la pelle, ma Tsuna era fiero di sé perché per la prima volta aveva reagito e ora sapeva anche esattamente come continuare.

"Allora che hai da fissarmi? Se vuoi prendermi in giro mettiti in fila, sei solo l'ultimo arrivato."

Quella risposta non sapeva davvero da dove fosse uscita, forse era perché quando corri in mutande a dichiararti alla ragazza che ti piace l'impatto è talmente traumatico che sviluppi di colpo il coraggio di fare molte altre cose che al confronto sembrano nulla.

Gokudera parve esitare, poi si avvicinò un passo che si fingeva sicuro verso di lui. Stava per parlare quando Tsuna lo interruppe volutamente. "Ci siamo appena conosciuti" disse. "Anzi, neanche ci conosciamo e tu non sei assolutamente nessuno per trattarmi in questo modo. Seriamente, quale è il tuo problema?"

Gokudera stavolta si avvicinò davvero e anche tanto e sembrò certo di cosa volesse dire. "Hai un viso così carino che mi fai venire voglia di rovinartelo" disse prendendogli il mento tra due dita e costringendolo a guardare verso l'alto, cioè verso di lui.

Tsuna sentì le gambe molli, ma sostenne il suo sguardo fieramente. "Non è quello che direi per smentire ciò che ho detto" gli disse. "Stai peggiorando la tua posizione."

Attorno a loro c'erano urla e schiamazzi, scommesse nell'attesa di una rissa, stupore per la prima volta che Dame-Tsuna cacciava le palle, ma nessuno dei due sembrava sentire niente se non l'altro, le sue parole, quello che comunicavano gli occhi e quei pochi punti in cui i loro corpi erano a contatto.

"Fanculo Sawada, devi impegnarti molto di più se vuoi che io accetti la tua posizione."

Gokudera aveva parlato in maniera criptica, gli aveva lasciato il viso con un gesto infelice probabilmente volto a fargli male e Tsuna era rimasto con la sua paura e una serie di emozioni a cui non sapeva dare un nome che però sfociavano nell'orgoglio.

Ne ebbe la conferma quando vide alcuni compagni dargli delle pacche sulle spalle dicendo cose tipo "Oh Dame-Tsuna finalmente è diventato un uomo" e frasi su quella stessa riga. Non ci fece particolare attenzione, pensò solo che quelli erano gli stessi che lo avevano chiamato "capitan mutanda" appena qualche ora prima e che avevano sempre riso di lui, dall'asilo alle medie.

Gokudera se ne era andato, sbattendo i piedi come se volesse dimostrare a tutti quanto fosse incazzato. Si premurò anche di sbattere la porta della classe, nel caso non fosse chiaro, Tsuna ringraziò ogni divinità esistente e non che Hibari-san non fosse nei paraggi o l'avrebbe fatta pagare a tutti per principio.

Dopo quel breve, intenso scontro, Yamamoto si avvicinò col sorriso più lucente che Tsuna avesse mai visto. Automaticamente pensò che anche lui volesse complimentarsi per come aveva messo al suo posto uno studente trasferito con tutta l'aria del teppista, invece Yamamoto ridacchiò e dopo averlo informato di averlo inserito nel torneo di pallavolo disse "Che carino dai, si è preso una cotta per te."

Tsuna sospirò profondamente, desiderava davvero tanto che le persone la smettessero di prendere decisioni senza consultarlo e che di qualunque cosa provasse Gokudera Hayato per lui non se ne parlasse mai più.

Se pensava di essersene liberato dopo quella scenata in classe si sbagliava di grosso, erano in squadra insieme al torneo di pallavolo e Gokudera continuava a fissarlo in cagnesco. Quello che era certo però era il fatto che Tsuna si fosse garantito qualcosa, non sapeva ancora bene cosa, sapeva solo che Gokudera non era più così spaventoso e che anche i suoi compagni di classe pensavano la stessa cosa. Forse con l'idea che avesse una cotta per uno come Dame-Tsuna tutta la sua aura oscura si era trasformata in insicurezza esponendolo e ritraendolo così come era, debole.

Tsuna si fermò a pensare per un istante: forse il discorso che stava ponendo in essere con Gokudera valeva anche per tutti gli altri che gli avevano dato il tormento in quegli anni. Forse era davvero solo carino e le persone non sapevano come comportarsi... Nah... Tsuna ne dubitava.

Alla fine del torneo Gokudera si avvicinò a lui con quella stessa espressione che aveva avuto tutto il giorno e che se Tsuna non avesse visto mutare, avrebbe davvero pensato che fosse la sua faccia di default.

"Dobbiamo parlare, in privato, adesso" gli disse. Stavolta non era stato criptico era stato molto chiaro e sinceramente Tsuna aveva molta paura di rispondere a quegli occhi che sembravano volerlo incenerire.

Gokudera lo condusse in un luogo isolato e Tsuna pensò davvero che gli si sarebbe dichiarato, tutto del suo atteggiamento lasciava presagire questo. Invece dopo un sospiro profondo disse "Mi hai umiliato e pagherai per questo."

Tsuna si sentì stranamente calmo e fu tentato di rispondergli "okay", ma non lo fece.

"Metterò fine alla tua dinastia" disse Gokudera con un tono che lo faceva assomigliare più a un chihuahua rabbioso che altro.

A Tsuna venne da ridere, normalmente i cani anche quelli di taglia piccola lo terrorizzavano, invece Gokudera sembrava innocuo, il genere di cane che abbaia tanto, ma non morde, forse perché non lo sa fare o forse perché non vuole.

"Pensavo che la mia dinastia fosse stata stroncata pochi minuti fa" rispose ripensando a quando aveva parato una schiacciata con i gioielli di famiglia.

Non gli sfuggì la leggera risata celermente dissimulata di Gokudera, né il suo sguardo che per un attimo sembrò davvero assente come se stesse richiamando alla mente un momento simile nella sua vita, ma che, Tsuna poteva dirlo, era completamente diverso.

"E comunque chi parla ancora di "dinastia" nel ventunesimo secolo?"

Anche questa uscita strappò una risata a Gokudera che però provvide immediatamente a inglobarla in quell'espressione furiosa col mondo.

"Non accetterò mai che uno come te diventi il Decimo boss dei Vongola, io sono molto più adatto a quel ruolo" disse.

Tsuna annuì. "Ne sono certo, se vuoi il posto è tuo, puoi tenertelo, torni in Italia e non ci siamo mai incontrati" disse tranquillamente.

Gokudera parve ribollire di rabbia. "Stai insinuando che non sono neanche degno di uno scontro?" ruggì.

Tsuna rabbrividì, ma si tenne fermo e diede semplicemente voce ai suoi pensieri. "Tu la comprensione del testo non l'hai fatta a scuola, vero? Ti ho appena detto che te lo cedo volentieri, non mi interessa fare il mafioso nella vita. Preferisco vivere una vita mediocre, ma comunque avere una mezza certezza di tornare a casa da mia madre ogni giorno."

Gokudera tacque e Tsuna pensò davvero che gli avrebbe stretto la mano, lo avrebbe ringraziato e avrebbero messo fine a questo strazio totalmente inutile.

"Col cazzo!" disse invece Gokudera. "Cosa pensi? Che sei tu a decidere? Stronzate, nella mafia è il sangue a stabilire chi è chi e tu non sei speciale."

Tsuna sapeva che avrebbe dovuto essere spaventato, addirittura farsela sotto dalla paura, ma in quel tono aggressivo riusciva a vedere solo tanta sofferenza e questo lo rendeva ai suoi occhi quasi innocuo.

"Chi ti ha fatto così tanto male?" gli domandò istintivamente.

Gokudera vacillò, a Tsuna sembrò di tenerne in mano i pezzetti piccolissimi mal tenuti insieme con del nastro adesivo e fu quasi tentato di abbracciarlo, poi però il ragazzo estrasse da, solo gli dei sanno dove, una serie di candelotti di dinamite che provvide ad accendere con una serie di sigarette e Tsuna era un pacifista, ma di certo non avrebbe cercato di dialogare con della dinamite.

"Gokudera, aspetta, non potremmo parlarne?!" urlò Tsuna mentre scappava terrorizzato. Esplosione dopo esplosione la cosa che più lo mandava nel panico era l'idea che Hibari gli avrebbe dato la colpa di come era stato ridotto il cortile.

"Nella mafia, Tsunayoshi, il posto te lo devi guadagnare" disse Gokudera lanciandogli addosso un'altra batteria di candelotti, Tsuna contò a occhio e croce dieci pezzi e si soprese di averli schivati tutti.

"Ma io non lo voglio un posto nella mafia!!!" cercò di ribattere Tsuna.

Gokudera era sempre più accanito e Tsuna sempre più convinto che la scorta di dinamite fosse infinita. "Non me ne frega un cazzo di cosa vuoi tu, sono io che mi devo guadagnare il diritto di essere vivo" urlò Gokudera.

Per un lungo attimo il tempo parve fermarsi, i candelotti caddero tra loro ed esplosero lontani abbastanza da non ferire nessuno dei due.

Tsuna rimase in silenzio, Gokudera gli mostrò una crepa profonda dentro di sé. "Per farlo devo ucciderti, Tsunayoshi. La tua vita vale la mia" disse.

Tsuna tremò, vide delle lacrime che non avevano il coraggio di uscire e ancora una volta pensò che non aveva così paura, non se guardava in quegli occhi che raccontavano muti di aver visto l'inferno.

"Tu neanche vuoi uccidermi, Gokudera" lo colpì all'improvviso quella consapevolezza.

"Eppure ho un debito da saldare e i morti non pagano debiti" gli disse Gokudera ammettendo così che aveva effettivamente ragione.

"Sayonara Sawada, in un'altra vita forse saremmo stati amici" con quelle parole lo intrappolò in una rete composta dalla sua stessa dinamite e attese la sua fine, senza guardare, chiudendo gli occhi.

Tsuna urlò, un candelotto gli colpì la spalla bruciandogli il gilet della divisa scolastica e un "No!" disperato si levò nell'aria assieme a un gemito di dolore.

Gokudera lasciò andare le lacrime e Tsuna si rese conto che quella situazione continuava a non fargli così paura, non abbastanza da bloccarlo e impedirgli di superare quella rete, voltarsi indietro e spegnere a mani nude i candelotti uno a uno.

Gokudera sentì le urla di dolore e pensò che Tsuna stesse tirando le cuoia, istintivamente aprì gli occhi e quello che vide lo lasciò senza parole.

Negli occhi di Tsuna brillava la fiamma della sua stessa dinamite e sembrava molto più simile a qualcos'altro, qualcosa di cui aveva solo sentito parlare, ma abbastanza da poterlo figurare con precisione.

Tsuna sospirò sollevato e sorrise fiero e forse addirittura felice di aver spento tutti i candelotti.

Gokudera sospirò a sua volta, ma non di sollievo, affranto, distrutto al pensiero che avrebbe dovuto provarci di nuovo.

"Perché mi fai questo? Non puoi morire e basta? Devi proprio costringermi a ripetere questo strazio?" gli urlò contro, era chiaro che fosse disperato.

Ricorse a tutta l'artiglieria di cui disponeva e iniziò a lanciarla senza neanche guardare esattamente dove stesse mirando, quasi non volesse davvero colpirlo.

Tsuna schivò buona parte dei candelotti e ne spense altri sempre più sorpreso di quei riflessi che non si erano mai palesati prima e che sarebbero stati utili al torneo di pallavolo poco prima.

Continuarono con un ritmo estenuante finché Gokudera non si fece cadere di mano un candelotto o forse decise di lasciarlo cadere e dare un taglio netto a quella esistenza sofferta. Fu allora che Tsuna urlò il suo nome e noncurante di tutto lo spinse all'indietro evitando che tutti quei candelotti si prendessero la vita di entrambi.

Nel cortile della scuola media Namimori Tsuna sentì il fumo invadergli le vie aeree e poi qualcosa di morbido sotto di sé, qualcosa che aveva attutito il colpo, qualcuno che aveva attutito il colpo.

"Decimo..." mormorò Gokudera, le lacrime agli occhi e il viso rosso. "Voi mi avete salvato la vita?" disse incredulo.

Tsuna lo guardò per un istante e gli parve di non aver mai visto niente di più fragile e indifeso. "Gokudera... Tu stavi davvero cercando di farti saltare in aria?" domandò come se quella consapevolezza fosse appena giunta con appena una manciata abbondante di secondi di ritardo.

Gokudera non rispose, si sciolse invece in un sorriso luminoso che Tsuna non credeva possibile vedere su quel viso e disse "Decimo, la mia vita vi appartiene, vi seguirò fino alla fine del mondo."

Tsuna sentì uno strano groppo in gola, ma si mantenne in silenzio perché Gokudera non aveva finito.

"In verità io neanche ci tengo a diventare boss, stavo solo cercando qualcuno che valesse la pena seguire e l'ho trovato, Decimo. Quando ho saputo che un ragazzo della mia età era stato candidato al ruolo ho desiderato davvero poterlo incontrare."

Tsuna accennò un sorriso, non ne era certo, ma forse Gokudera gli aveva appena fatto un complimento.

"Gokudera, io davvero non so niente della mafia e-" Tsuna venne interrotto da una voce a cui recentemente si era fin troppo abituato.

"Ottimo lavoro, Dame-Tsuna. Hai acquisito il tuo primo subordinato, anche se stargli sopra nel vero senso della parola mi sembra un po' eccessivo. Dai, vi siete appena conosciuti" disse Reborn fingendosi una giovane che assiste a uno scandalo.

"Reborn!" lo riprese immediatamente Tsuna scendendo da Gokudera che, come lui, fino a pochi secondi prima aveva a malapena realizzato in che posizione compromettente fossero.

"Reborn-san!" squittì Gokudera. "Sawada è il candidato ideale e sono pronto a uccidere chiunque sostenga il contrario" disse mentre il viso si tingeva di rosso.

Reborn rise davanti ai tentativi di Tsuna che, anch'egli rosso, cercava di tenere buono Gokudera e spiegargli che non era realmente necessario fare niente. Poi Tsuna notò un dettaglio importante che gli era sfuggito.

"Voi due vi conoscete?" chiese.

Gokudera annuì colpevole. "Solo di vista e di fama" disse. "Fama nel vostro caso, Reborn-san. Non oserei tanto" aggiunse.

Reborn si sistemò il fedora e saltò sulla testa di Tsuna che si piegò in avanti per il contraccolpo e gemette di dolore.

"Anche tu sei un nome ormai, Smoking bomb" disse Reborn.

Tsuna rimase un attimo in silenzio a osservare quello scambio di battute che per lui non avevano alcun senso, avrebbe gradito moltissimo delle note esplicative a bordo pagina.

"Mi lusingate, Reborn-san. Non merito un tale onore" disse Gokudera.

Tsuna cercò di ricavare un significato, poi si rese conto che se si conoscevano allora questo poteva voler dire solo una cosa. Si voltò di scatto verso Reborn e disse "tu hai ordinato il mio omicidio."

Reborn gli mostrò un sorriso sadico. "Sarebbe controproducente per la mia causa" disse con un tono che a Tsuna parve quasi gentile. Forse di quello strano bambino poteva fidarsi veramente dopotutto.
"Cosa intendi fare adesso, Gokudera?" chiese Reborn assumendo un tono molto serio.

Gokudera si schiarì la voce e assunse la posa di uno schiavo che chiede pietà al suo signore, prostrandosi ai piedi di Tsuna.

"Domando umilmente perdono, Decimo. Spero mi darete l'onore di diventare il vostro braccio destro" disse.

Tsuna fu quasi tentato di accarezzargli la testa, gli sembrava un cucciolo abituato al maltrattamento che finalmente ha trovato un padrone gentile.

"Alzati, Gokudera" gli ordinò con una voce che non gli sembrò la sua. "Non mi serve un braccio destro" proseguì.

Il tono si ammorbidì davanti alle iridi liquide di Gokudera che minacciavano un'inondazione, ma non osavano guardare in alto.

Tsuna ignorò volutamente Reborn che gli diceva "questo lo pensi tu" e gli sorrise abbassandosi alla sua altezza. "Non mi serve un braccio destro, ma pagherei per avere un amico..." mormorò.

Gli occhi di Gokudera brillarono di speranza e il suo viso si tinse nuovamente di rosso. "Essere amico del Decimo... Non potrei aspirare a tanto, ma ne sarei felice" disse con un sussurro flebile.

Reborn osservò quello scambio con un certo orgoglio e pensò che quei due avrebbero dato parecchie soddisfazioni. Frutti ancora acerbi, ma con tutto il potenziale per maturare e Tsuna avrebbe cambiato la mafia, l'avrebbe rivoluzionata dall'interno quando sarebbe giunto il tempo e questo lo aveva intuito anche Gokudera, per questo non aveva esitato a inginocchiarsi e giurargli fedeltà.


Bonus:

"Reborn, mi faresti il favore di farmi capire qualcosa? Perché Gokudera dice che gli ho salvato la vita e perché si ostina a seguirmi come se fosse la mia ombra? Sta diventando inquietante" chiese Tsuna.

Reborn ridacchiò, poi assunse un'espressione rilassata. "Potremmo dire che è il modo in cui ti dimostra la sua gratitudine" disse. "Era praticamente un condannato a morte, tu lo hai tolto dal patibolo e gli hai dato addirittura una casa."

Tsuna continuava a non capire, c'era un punto che non gli tornava proprio. "Che avrà mai fatto di così terribile un ragazzo d'oro come lui?" domandò indispettito.

Reborn sorrise compiaciuto, ma non lo diede a vedere. "Non sono io a doverti raccontare questa storia e non penso che lui sia pronto, ma sono certo che un giorno ti dirà tutto. Tu sei la sua famiglia, adesso."

Tsuna rimase in silenzio, non sapeva bene come interpretare quelle parole, ma ne sentì la pesantezza, non come un macigno, ma come una piuma, che per il solo fatto di essersi posata addosso ora si percepisce. Una cosa però era certa: avrebbe protetto Gokudera, lo avrebbe aiutato a rimettersi insieme finché non gli sarebbe parso di non essere mai andato in pezzi. Tsuna stesso da quando lo aveva incontrato si era sentito più intero.

Reborn osservò lo sguardo fiero e determinato di Tsuna e annuì come se potesse leggere i suoi pensieri. "Timoteo" sussurrò a se stesso. "Hai proprio ragione, è nato per essere il nostro boss."
   
 
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