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Autore: Alis_Weasley    15/12/2022    3 recensioni
[BokuAka]
Dal testo: Doveva solo tendergli la mano un’altra volta e tirarlo su. Ma se era vero che Akaashi in quegli anni aveva imparato a memoria tutte le debolezze di Bokuto arrivando addirittura a numerarle e a pensare una strategia per ciascuna di esse, era altrettanto vero che Bokuto era la debolezza numero 1 di Akaashi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Si può sapere cosa stai facendo Bokuto-san?” domandò Akaashi col solito tono di voce misto di rassegnazione e apprensione. Aveva appena varcato la porta scorrevole che dava accesso al balcone e un brivido di freddo lo aveva percorso da capo a piedi.
Una fitta neve aveva cominciato a cadere ormai da un paio d’ore e nessuno dei ragazzi si sognava di starsene fuori al freddo e al gelo; erano tutti dentro a chiacchierare, rivedere qualche azione o semplicemente rigenerarsi dopo la giornata di partite estenuante che avevano sostenuto. Tutti, tranne lui. L’asso della Fukurodani non doveva essere in un buon momento, Akaashi ne era certo. Prima di tutto perché era da solo e Bokuto in genere ricercava sempre la compagnia, eccezion fatta per i momenti in cui era giù di morale e, da vero masochista, decideva di isolarsi per amplificare la propria tristezza in attesa che qualcuno, quasi sempre Akaashi, lo andasse a recuperare. Non ricevendo alcuna risposta si avvicinò alla figura ricurva appoggiata al balcone. Gli veniva quasi da ridere nell’osservare come gli stessi capelli di Bokuto riuscissero a comunicare le sue emozioni. In quel momento erano tutti flosci e lo facevano sembrare un gufo strapazzato.
“Ti prenderai un malanno se resti qui… e come faremmo ad affrontare la terza giornata del torneo nazionale senza il nostro asso?” continuò Akaashi. In tutta risposta Bokuto emise un lamento quasi impercettibile facendogli levare gli occhi al cielo. Era proprio un bambinone.
Akaashi sollevò le braccia e avvolse le spalle di Bokuto nel plaid che si era portato dietro, già prevedendo che convincerlo a rientrare non sarebbe stata un’impresa facile. Fu un gesto così spontaneo, semplice e intimo. Da quando aveva iniziato a prendersi cura di Bokuto in questo modo? Era quasi imbarazzante…
Stava per ritrarre le mani quando delle dita fredde sfiorarono la sua sinistra.
“Grazie…” disse Bokuto “per esserci sempre”.
Akaashi rimase spiazzato da quel gesto e da quelle parole e non sapendo cosa dire lo invitò nuovamente a rientrare.
“Akaashi” lo chiamò noncurante Bokuto, ancora di spalle.
“Si?”
“Tu pensi sempre a un sacco di cose vero?”
“Eh?”
“Beh…si, in partita dico. Cerchi di stare sempre attento a tutto, soprattutto a me e ai miei sbalzi d’umore, me ne sono accorto” borbottò il ragazzo dai capelli argentei.
Akaashi sollevò scettico un sopracciglio, pensando tra sé e sé che non era poi una scoperta così eccezionale ma preferì tacere per capire dove volesse andare a parare l’altro.
“Tu sai sempre come prendermi e farmi stare meglio perché capisci cosa mi passa per la testa. Allora dimmi, Akaashi…”
E detto questo si voltò verso di lui con due occhi che il moro non gli aveva mai visto.
“… dimmi perché nonostante stiamo giocando ai nazionali invece di riguardare le mie spettacolari schiacciate di oggi, riesco solo a pensare che tra poco tempo non giocheremo più insieme?”.
Akaashi sapeva come avrebbe dovuto rispondere e sapeva anche che lo avrebbe dovuto fare in fretta per impedire a Bokuto di perdersi ancora di più nel loop di pensieri negativi. Gli sarebbe bastato uscirsene con una frase del tipo perché parli così? Siamo solo al secondo giorno. Dobbiamo ancora giocare tante altre partite per arrivare alla finale per riaccendere la fiamma dello spirito competitivo di Bokuto e risolvere il problema. Doveva solo tendergli la mano un’altra volta e tirarlo su. Ma se era vero che Akaashi in quegli anni aveva imparato a memoria tutte le debolezze di Bokuto arrivando addirittura a numerarle e a pensare una strategia per ciascuna di esse, era altrettanto vero che Bokuto era la debolezza numero 1 di Akaashi.
E quelle parole, gli occhi luccicanti di Bokuto, stavolta non per l’auto-compiacimento ma per la tristezza, avevano aperto in lui il vaso di Pandora che cercava ostinatamente di tenere chiuso. Avevano risvegliato prepotentemente la sua paura di perderlo, quella di non poterlo più guardare schiacciare a piena potenza per poi sentirlo dire “Ehi, ehi, ehi…!”, quella di non potersi più prendere cura di lui, proteggendolo con una coperta o a mani nude dal freddo, dai pensieri negativi, da lui stesso. Sentì chiaramente un nodo formarglisi in gola. Non ora, dannazione. Resisti! si disse mentalmente. Doveva solo resistere finchè non avesse rimesso a posto i pezzi di Bokuto e non fosse rimasto solo, allora si sarebbe potuto sfogare, d’altronde lo aveva già fatto.
Bokuto era ancora lì, nella stessa identica posizione di prima, con gli occhi fissi dentro i suoi e quella domanda riecheggiava nell’aria. Ma si aspetta davvero una risposta? Akaashi non era mica il suo psicologo, nonostante avesse ricoperto anche quel ruolo nel loro strano rapporto, ma soprattutto comprese con orrore di non essere in grado di ostentare una leggerezza e una sicurezza che lui per primo non possedeva.
“Bokuto-san…” provò a dire, ma gli uscì fuori una voce che non sembrava neppure la sua.
Provò a distogliere lo sguardo, fissandolo sui propri piedi mentre cercava di riacquisire autocontrollo.
“Akaashi?” lo chiamò allora Bokuto.
Ma non riusciva a guardarlo, non voleva… sentiva gli occhi bruciare e le lacrime spingere prepotenti per uscire. Non si sarebbe fatto vedere debole davanti a Bokuto, doveva essere lui a dargli forza, come aveva sempre fatto!
Venne però strappato a quei pensieri quando sentì qualcosa di caldo attorno a sé e comprese di essere stato avvolto nella coperta da Bokuto, che adesso lo stava tenendo stretto tra le braccia con decisione.
“Akaashi…” sussurrò Bokuto da sopra i capelli del moro per poi appoggiarci una guancia “non mi aspetto una soluzione, in questo caso. Mi basta sapere che condividiamo entrambi la stessa debolezza”.
Fu allora che, inspirando a pieni polmoni il profumo di Bokuto, stretto tra le sue braccia, col viso appoggiato al suo petto, Akaashi si permise per la prima volta di crollare, certo che l’altro lo avrebbe sorretto.
Qualche minuto dopo Bokuto pronunciò la sua classica battuta “Ehi…ehi…ehi” ma con un tono decisamente più morbido e basso del solito “ti prenderai un malanno se restiamo qui…” -Ma è quello che ti ho detto io venti minuti fa pensò Akaashi- “…che ne dici se continuiamo in camera?” concluse lo schiacciatore con una certa punta di malizia che fece arrossire all’istante il moro.
Era incredibile come Bokuto passasse dall’essere un bambino egocentrico, capriccioso e narcisista all’uomo più sexy, dolce e affidabile del mondo. Persino i suoi capelli sembravano stare meglio.
Akaashi sorrise. La paura era scomparsa, rimpiazzata da un piacevolissimo calore nel petto e tra le gambe.
   
 
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