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Autore: musa07    15/12/2022    4 recensioni
[MiyaTwins][Time!Skip][XMas fic]
"- Samu? -
- Hm? -
- Ti ricordi di quando ci svegliavamo la mattina di Natale da piccoli? -
- Sì. - rispose sorridendo lieve[...]
L’atmosfera di Natale faceva insorgere ricordi anche se non avessero voluto[...]
- Samu, stavo pensando… -
Ecco! Lo sapeva che qualcosa in quel cervellino si stava mettendo in moto. Ma prima però…
- Come scusa, pensavi? -
- Ah-ha, è vecchia ‘sta battuta Samu. -
- Ma con te sempre così attuale. Dimmi dai. - lo spronò, mettendosi in allerta[...]"
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atsumu Miya, Osamu Miya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci si libera di una paura soltanto attraversandola



- Samu? -
- Hm? -
- Ti ricordi di quando ci svegliavamo la mattina di Natale da piccoli? -
- Sì. - rispose sorridendo lieve e infossandosi ancora di più sul petto del fratello. Inevitabile che, essendo tornati entrambi a casa dei loro genitori per il Natale, quando si erano svegliati poco prima fossero finiti a condividere lo stesso letto a raccontarsi cose e a rivivere ricordi. Con il silenzio nel quale era intrisa la casa. E con l’atmosfera di Natale che, c’era poco da fare, faceva insorgere ricordi anche se non avessero voluto.
Tuttavia, sarebbe stato più corretto dire che Osamu si era sentito svegliare da un pachiderma di cinquecento tonnellate che lo spingeva con poca grazia nel lato del letto a fianco della parete, per poi infilarsi – sempre con poca grazia – sotto al piumone e piantargli sulle gambe i piedi ghiacciati.
Proprio come le mattine di Natale di quando erano piccoli e che ora stavano rimembrando. Di quando Atsumu svegliava nello stesso identico modo Osamu, troppo elettrizzato per potersene stare fermo.

- Avevamo quel senso di felicità ingenua e genuina. E tu alla notte dormivi malissimo perché eri terrorizzato dall’idea di svegliarti e vedere Babbo Natale. - ricordò ridendo Osamu – Che coglione! -
- Ehy! Era stata la mamma a convincermi che se avessi visto Babbo Natale lui poi l’anno dopo non sarebbe più venuto a portarci i regali. -
- Sì, perché tu dovevi sempre spiare tutto e quello era l’unico modo per non farti, e farmi, stare sveglio tutta la notte per cercare di vederlo. - sbuffò ancora esasperato al ricordo.
- E siccome poi dormivo male, venivo a dormire sul tuo letto ma facevo tutto ad occhi rigorosamente chiusi e quindi finiva che ti salivo sopra malamente e tu ti svegliavi puntualmente. - ridacchiò, cercando di non far troppa confusione dato che i loro genitori stavano ancora dormendo.
- Sì, appunto… - ma Osamu scoppiò a ridere al ricordo. E con questo tanti altri ricordi ritornarono alla mente dei due fratelli. Di tutti quegli anni nei quali, fino alla fine del Liceo, avevano vissuto letteralmente in simbiosi.
Osamu pensò che per lui era sempre stato normale avere Atsumu come completamento di sé, era suo fratello dopo tutto. Gemello oltretutto. Pensava che tra fratelli funzionasse così, che fosse qualcosa di normale, come il respirare. Invece aveva scoperto, e se n’era parecchio meravigliato anche, che per esempio per Rintaro non era per niente così. Sapeva che con i suoi fratelli restava anche settimane intere senza sentirsi, senza neanche mandarsi un messaggio. Che tra di loro c’era sempre stato un mero rapporto di cortesia e di convivenza educata quando vivevano sotto allo stesso tetto, cosa impensabile per lui. Per quanto Atsumu gli urticasse il sistema nervoso con le sue manie di protagonismo, il suo egocentrismo e nove volte su dieci finissero inevitabilmente per litigare, gli era impensabile stare senza sentirlo o vederlo.

- Sei felice ora, Samu? - gli chiese l’alzatore a bruciapelo.
- Che succede, cos’è questa domanda profonda ed intelligente? Sei stato posseduto? -
- Dai coglione, serio. Sei felice? -
- Sì, sono felice. - rispose dopo averci riflettuto un attimo, perché non era mica facile rispondere ad una domanda apparentemente così semplice. Perché bisognava rispondersi sinceramente, capendo in pochi istanti quali fossero i parametri che indicavano il fatto di essere felici o meno – Sono sereno e in pace ed equilibrio con me stesso. -
Si aspettava che Atsumu se ne uscisse con qualche frecciatina delle sue, del tipo “ohhh, ma l’hai trovata in un sacchetto di patatine fritte questa frase?” o “ma quanta profondità, sei diventato un santone buddhista?”. E invece Atsumu tacque e per un istante Osamu pensò che si fosse addormentato. Capacissimo guarda, conoscendo l’elemento, ma… 
Ma Atsumu in quegli anni in cui non vivevano più insieme a casa dei loro genitori era in qualche modo cambiato. Soprattutto ultimamente. Intendiamoci, era sempre un minchione strafottente e sbruffone ma qualcosa in lui era leggermente cambiato, aveva iniziato a farsi più riflessivo. 
Il respiro più profondo che emise fece capire ad Osamu che era ancora sveglio.
- Che succede, stai già tirando le somme di fine anno? - ma nella domanda questa volta non c’era nessuna punzecchiatura, solo Osamu stava cercando di carpire cosa ci fosse di stonato.
- Nahhh. Sai che io non rimpiango o non disconosco nulla di quello che ho fatto. -
- Solito modesto… -
- Samu, stavo pensando… -
Ecco! Lo sapeva che qualcosa in quel cervellino si stava mettendo in moto. Ma prima però…
- Come scusa, pensavi? -
- Ah-ha, è vecchia ‘sta battuta Samu. -
- Ma con te sempre così attuale. Dimmi dai. - lo spronò, mettendosi in allerta.
Lo rendeva comunque pieno di orgoglio il fatto che nonostante ora vivessero separati, Atsumu si rivolgesse sempre e comunque a lui. Per quanto l’altro, quando aveva l’inevitabile momento down, non si facesse remora che fossero le tre di notte o le cinque della mattina e quindi sì: un po' le palle gliele scartavetrava, Osamu si sarebbe sentito offeso e risentito se Atsumu fosse andato a cercar consolazione o supporto in qualcun altro prima che da lui. Nonché si sarebbe in qualche modo sentito inutile e in difetto.

- Perché per te è così importante sentirti dire che sei bravo a comportarti così con Atsumu? - gli aveva chiesto una volta Suna, dal niente, mentre erano nel suo locale e lui stava finendo di sistemare le ultime cose in frigo e Rintaro seduto al bancone a gustarsi uno dei suoi onigiri preferiti.
Aveva detto quella frase con il suo solito tono monocorde e mentre stava scrollando le notifiche su IG, quindi pareva una frase uscita dalle sue labbra ma senza nessun valore o detta così, tanto per… Ma Rintaro non era uno che diceva le cose a caso e Osamu si era fermato e si era voltato lentamente verso l’altro, riflettendo.
Era vero? Se Atsumu fosse andato per una volta a chiedere aiuto, consiglio, una spalla su cui piangere o sfogarsi a qualcuno che non era lui, lui si sarebbe sentito non solo surclassato ma anche avrebbe sentito come se parte del suo valore come fratello, come persona, fosse andato perduto? 
- Ma non è per questo che lo faccio. È mio fratello. - aveva risposto quasi infastidito. E Suna si era limitato a far spallucce.
- Non è che i nostri comportamenti o le nostri azioni si muovo solo ed esclusivamente mossi da una sola motivazione. Non è che ciò che muove il nostro agire sia solo sulla base di o nero o bianco, c’è tutta una gamma di sfumature di grigio in mezzo. -
- Non ti seguo, Rin. - aveva replicato, ancora seccato per esser stato in qualche modo colpito su un nervo che aveva scoperto in quel preciso istante essere scoperto.
Accoglieva sempre Atsumu perché in qualche modo si voleva sentire dire “che bravo fratello premuroso”? Perché in definitiva era Atsumu il gemello che agli occhi di tutti aveva raggiunto il successo, che ce l’aveva fatta. Era Atsumu quello che si vedeva in televisione, sui giornali e su millemila post in giro per i vari social.
Quella sera Osamu aveva riflettuto molto su questo aspetto, sentendosi in qualche modo arrabbiato con suo fratello, anche se in questo caso suo fratello non aveva alcuna colpa.
Non era invidioso del successo di suo fratello, anzi: era veramente felice di dove fossero arrivato, era orgoglioso di lui e felice per lui. Aveva pensato che sono rari i casi in cui una persona gioiosce dei successi di chi conosce. Per assurdo è molto più semplice sentirci empatici anche nei confronti di estranei quando questi si trovano a dover affrontare o hanno affrontato momenti difficili, che gioire ed essere felici dei successi delle persone alle quali si vuole bene. Come funziona male l’animo umano, si era trovato a riflettere mentre non gli riusciva proprio di prendere sonno. E allora in quel caso era stato lui a chiamare Atsumu. Alle quattro della mattina. E Atsumu era stato subito pronto a rispondere, allarmato.
- Samu, che succede? - aveva risposto allarmato.
- Tsumu io sono un buon fratello per te? -
- … - c’era stato un lunghissimo momento di silenzio.
- Tsumu non è così difficile come domanda, ho messo pochi complementi. -
- Sta zitto coglione! Mi stavo chiedendo perché mi avessi chiamato alle quattro della mattina per farmi una domanda così stupida. -
- Ohy! -
- Stupida perché la risposta è scontata. Certo che sei un buon fratello per me.-
- Ma perché sono l’unico che hai, non hai altri metri di paragone. - ma l’altro lo aveva interrotto, proprio come aveva fatto lui un istante prima.
- Lasciami parlare. Non so quali paranoie tu ti sia messo in testa comunque, sei il miglior fratello che mai potessi desiderare. E non perché sei perfetto, scordatelo questo, ma perché ci sei sempre e riesce sempre a farmi ragionare. E a consolarmi. Anche solo sapere che tu ci sei, che posso prendere il telefono e chiamarti o venire da te a farmi due chiacchiere, anche di puttanate, tu non hai idea di quale sollievo sia per me nei momenti no. -
E Osamu si era sentito felice. E non (solo) perché Atsumu aveva bisogno di lui e non lo avrebbe mai abbandonato o lasciato indietro, ma perché lo rendeva felice sapere che suo fratello aveva in lui il suo sollievo, che gli fosse di aiuto.

Ecco perché anche in quel preciso istante, alla mattina di Natale, stretti- stretti nel suo letto mentre attendevano che anche i loro genitori si svegliassero per poter aprire i regali proprio come quando erano piccoli, Osamu aspettava che suo fratello si aprisse e confidasse con lui. 
- Samu pensi mai che se deludi gli altri comunque deludi un po' te stesso perché vuol dire che hai fallito nel tuo proposito? -
Kami Sama, e questa da dove gli veniva fuori? Cioè, era veramente quel megalomane di suo fratello che stava parlando? Suo fratello davvero si stava ponendo l’interrogativo, il dubbio, di deludere gli altri? Voglio dire, si stava preoccupando non solo di quello che potevano pensare ma anche prendeva in considerazione gli altri.
E Atsumu attendeva. Da Osamu accettava sempre tutto, critiche, complimenti, suggerimenti, perché erano sinceri.
E Osamu si sentì in pena per lui in qualche modo, perché aveva pochi elementi per muoversi in merito a quale fosse la risposta migliore da dare. 
- Beh prendi noi due, quando in terza liceo ti ho detto che non avrei continuato con la pallavolo, ecco lì so di averti deluso quella volta ma non per questo io mi sentivo deluso da me stesso. -
- Non mi hai deluso, ero solo arrabbiato. - ci tenne a precisare, confortato dal calore del corpo dell’altro – Forse un po' ti invidiavo anche…-
Osamu la sentì la sospensione in quella frase, Atsumu voleva che fosse lui a continuare a parlare ma Osamu sapeva giocar perfettamente bene a quel gioco. L’uno stava in silenzio per far parlar l’altro, ma questa volta Osamu non avrebbe ceduto per primo. E lo sentì sbuffare quando si decise a continuare a parlare.
- Tu avevi un obiettivo nuovo, diverso. Io non sapevo, non so, fare altro che giocare a pallavolo, non mi sono mai messo in gioco con niente altro. -
- È quello che sai fare meglio. E lo sai fare bene. - cercò di aiutarlo ora Osamu.
- Appunto, quello che so fare meglio perché è l’unica cosa che so fare. A volte mi chiedo quanto il mio aver continuato a livello professionale con la pallavolo non derivi anche dal fatto di esser comunque sotto agli occhi di tutti. È inutile che mi nasconda dietro un dito e non ammetta di quanto mi appaghino gli applausi della gente, di quanto sentir acclamare il mio nome dagli spalti non mi riempia di orgoglio. Così come quando i miei compagni mi fanno i complimenti per una buona alzata o un buon ace. E allora mi fermo a pensare, è come se mi vedessi da fuori e mi chiedo quanto e perché queste cose siano importanti… e a volte ho paura di vedere in realtà un enorme vuoto dentro di me. Questo enorme vuoto del quale mi nutro e che mi fa dimenticare me stesso. -
- Tsumu mi vuoi dire che cosa è successo. - e non era una domanda la sua.
- La Nazionale… -
Ahh, ecco: tutto tornava ora. Kageyama era l’alzatore ufficiale.
- Non essere scelto per primo è come se mi dicessero che non valgo. Perché Samu ormai è come una droga… l’intervallo di tempo che passa tra un complimento e un altro perché questo continui ad appagarmi si sta assottigliando, ne ho bisogno a ciclo continuo ed ho paura di smarrire me stesso, le mie passioni, i miei obiettivi. Mi arrivo a chiedere perché lo faccio veramente. Ho questo senso di insoddisfazione cronica di voler far di più, di più, di più… - e le parole si spensero in un mormorio frustrato.
- Tsumu se Babbo Natale esistesse che cosa gli chiederesti? -
- Hah…? Mi stai prendendo per il culo? - chiese l’altro incredulo, mettendosi nella stessa posizione del fratello, disteso di fianco, con il busto sollevato in appoggio sul gomito.
- No. - rispose Osamu, dandogli un piccolo calcio sulla caviglia. E allora Atsumu si impegnò a pensarci.
- Non lo so… - dovette ammettere la sua sconfitta. Non desiderava niente. E non perché pensasse di aver tutto, anzi: aveva dentro di sé un vuoto pazzesco, l’aveva detto poco prima - È come se non riuscissi a riconoscere e ad esprimere le mie emozioni, come se mi perdessi in queste sfumature di sentimenti. Dove continuo ad altalenare tra il dirmi “sei il migliore, sono gli altri che non capiscono un cazzo” a “forse non sei poi così bravo come credi di essere e questa ne è la prova”. -
- Io credo che tu debba accettare di provare sensazioni altalenanti, fino a quando non affronterai le tue zone d’ombra, le emozioni e le sensazioni più oscure di te, che in questo caso significano l’invidia, la gelosia, la frustrazione. E poi… -
- E poi… ? - chiese Atsumu con uno sguardo da cucciolo smarrito, bisognoso che qualcuno gli indicasse la via.
- Affidati alle persone a cui vuoi bene. E che ti vogliono bene. -
E qui Atsumu abbassò per un istante lo sguardo.
- Qualcuno mi ha detto che se teniamo dentro di noi le sensazioni e le emozioni brutte, non ci sarà mai spazio per quelle belle. -
- “Qualcuno”, eh? - ghignò Osamu, vedendo come le guance del fratello si fossero fatte deliziosamente rosse.
- E piantala! - lo redarguì Atsumu, che era bravissimo a togliere l’attenzione da sé quando non la voleva e che quindi pensò bene di iniziare ad infierire contro il fratello – Quanta saggezza Samu, dovresti aprire una rubrica su qualche social. -
- Ma quanto sei coglione e ingrato, oh! - disse, mentre cercava di spingerlo giù dal letto, mentre Atsumu lo agguantava per la maglia del pigiama.
- Se cado io, tu cadrai con me, fratellino. Insieme per la vita. - gli ricordò con quel suo solito ghignetto strafottente. Segno che ora, dopo essersi tolto quel peso enorme peso, indubbiamente era un po' più sereno.
- Dai, andiamo a preparare la colazione per mamma e papà. -
- Samu, sei serio? Ti ricordo che l’ultima volta che ho cercato di cucinar qualcosa ho rischiato di dar fuoco alla casa intera. - gli ricordò Atsumu, mentre scendeva dal letto a sua volta, rabbrividendo per l’inevitabile sbalzo termico.
- Lo so. Ed è proprio per questo, perché non vedo l’ora di rinfacciartelo di nuovo. - fu la risposta mentre apriva piano la porta della loro camera per far meno rumore possibile.
Ed entrambi un po' si rividero bambini, quando non ce la facevano proprio più ad aspettare che i loro genitori si svegliassero e allora sgattaiolavano giù in salotto e si mettevano a guardare con occhi spalancati i regali, i loro regali!, che si erano sommati a quelli presenti la sera precedente. E allora cercavano di zittire i gridolini di giubilo ed eccitazione l’uno dell’altro. 
- Eravamo felici e sapevamo di esserlo. - disse Osamu al ricordo.
- Già… - confermò Atsumu con un piccolo, quanto dolce, sorriso.
E fu quando stava recuperando le uova dal frigo, mentre gli dava le spalle, che Osamu parlò di nuovo.
- Io sono orgoglioso di te, Tsumu. E anche mamma e papà lo sono. E lo saremmo stati qualsiasi strada tu avresti intrapreso. -
Fu solo grazie ai suoi riflessi prontissimi che Atsumu non lasciò cadere a terra le loro tazze.
- Coglione ti sembrano cose da dire, così: a tradimento? - disse, cercando di darsi un tono, ma si sentiva perfettamente che stava tirando su con il naso.

Quello che Osamu desiderò per il fratello in quella mattina di Natale è che potesse tornar a rivedere la vita con quegli stessi occhi entusiasti di quando era bambino. Conosceva suo fratello, sapeva che ce l’avrebbe fatta.
Quello che Osamu non poteva sapere in quel momento è che Atsumu stava pensando la stessa cosa, solo che lui era convinto di potercela fare a superare quel momento grazie all’affetto dei suoi cari. E grazie a lui.

- Buon Natale, Samu. -
- Buon Natale, Tsumu. - rispose, dopo essersi sentito abbracciare da dietro.


FINE




E niente, è andata così^^ Santo Cielo, dovevo far la pseudoseria e non l’imbecille come al mio solito proprio con i gemelli? No dico, con tutti i personaggi, io boh^////^


 

   
 
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