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Autore: SatoSerelover    22/12/2022    0 recensioni
Anche il più piccolo cambiamento può portare a grandi conseguenze.
Il più piccolo battito d'ali di una farfalla...
L'onda più innocua del mare...
Emma che ascolta la confessione di Norman...
Una discussione un po' movimentata e una scoperta che lascia grandi dubbi nel cuore di Emma e Norman.
Su quale sponda viaggeranno i loro sentimenti durante la fuga da Grace Field?
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma, La Mamma (Isabella), Norman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota d'autrice:
In questa one-shot del 2021, sistema appena e tradotta dall'inglese, lingua in cui l'ho scritta, trovere degli schizzi che ho abbozzato velocemente sempre intorno al 2021.
Questa fic è un altro studio che ho fatto per provare a immaginare il legame tra Norman ed Emma nel caso in cui lei avesse sentito la confessione del capitolo 4.
Se Emma fosse tornata prima e avesse sentito dire "la amo/mi piace" cosa potrebbe essere cambiato? Cosa avrebbe pensato e sentito? Quante cose potrebbero essere cambiate?
I più grandi cambiamenti sono mostrati in questa fic.
Ovviamente ho deciso di concentrarmi maggiormente sulla relazione tra Emma e Norman, quindi ho tralasciato di proposito molte altre cose che avrebbero potuto essere affrontate, principalmente perché il mio piano non è quello di fare un'au completa e completa. Alcune informazioni (tipo che il trio sfidava a scacchi la mamma e perdeva ogni volta, oppure altre piccole chicche che sono date per scontate, sono tutti elementi canonici provenienti da interviste, extra, fanbook ecc....)






 







Non sarebbe dovuto succedere.

Ok, forse non era una situazione così drammatica, almeno non per lei.

Sicuramente non per Ray.

Per Norman invece... il suo volto esprimeva un ottovolante di emozioni. Stava grondando di sudore e sicuramente anche il tono della sua pelle non era molto naturale, passando inizialmente dal rosso intenso come i capelli di Nat al blu puffo.

...

Non aveva avuto intenzione davvero di origliare, stava solo tornando da Ray e Norman dopo il suo capriccio e il suo momento di riflessione di fronte al muro.

Pensando di aver impiegato troppo tempo, aveva semplicemente deciso di tornare indietro.

"Dovrei parlare di nuovo con loro, forse Ray sarà meno contrario a fuggire con tutti gli altri, se convinto da Norman!" Pensò Emma, camminando verso la vegetazione. I suoi passi erano lenti, ma sereni e convinti.

Non avrebbe abbandonato la sua famiglia per nulla al mondo, era qualcosa a cui non si sarebbe arresa. Gilda, Don, Anna, Phil... non avrebbe permesso loro di andare dritti incontro alla morte.

Anche Ray l'avrebbe capito, proprio come ci era riuscito Norman.

E proprio quando i suoi pensieri si rivolsero verso i suoi due amici, le loro voci raggiunsero le sue orecchie.

"Ma… ma cosa dici?!"

Trasalì per un momento alla voce forte di Ray. Stavano litigando?

Emma fece qualche altro passo, cercando di avvicinarsi a dove aveva lasciato i due ragazzi e, speranzosa, augurandosi di non trovarli a litigare.

Lei stessa era pronta a discutere per realizzare i suoi obiettivi, ma vedere Norman e Ray litigare non era qualcosa di ordinario e non era sicura che l'avrebbe apprezzato.

“Tu non sei così, giusto!”

La voce di Ray era forte ed esprimeva frustrazione, allertando i sensi di Emma. Doveva sbrigarsi.

“Sei più calmo e opti sempre per la scelta più logica!”

I suoi occhi finalmente li catturarono, anche se a distanza. Le foglie degli alberi e dei cespugli le coprivano un po' la vista e solo le loro teste erano chiaramente visibili. Probabilmente non l'avevano vista neanche loro, troppo presi dalla loro discussione.

Il suo cervello stava cercando di comprendere la situazione. Ray era furioso con Norman, mentre quest’ultimo sembrava rilassato, come la maggior parte delle volte.

Per come stava andando la discussione, poteva intuire che Norman si fosse semplicemente schierato dalla sua parte, cosa di cui era già consapevole, ma che comunque la sollevava. Sapere che Norman era lì per sostenerla e aiutarla, la faceva sentire più forte e in qualche modo più sicura.

Insieme avrebbero potuto fare qualsiasi cosa. Con qualcuno come lui al suo fianco, sapeva di poter trasformare tutto in realtà.

Ciò che invece la faceva sentire meno sicura era vedere Ray avvicinarsi pericolosamente a Norman, con furioso impeto.

La sua voce sparì quando vide la mano di Ray attorcigliarsi intorno alla camicia di Norman, stringendola forte vicino alla clavicola e sollevandolo un po'.

Il suo piede accelerò. "Ray non farlo!!"

"ALLORA PERCHÉ STAI-...!?"

"Fermati-"

"Perché la amo."

Eh?

Il corpo di Emma finì per bloccarsi impalato. La sua corsa si fermò; per qualche motivo, non riusciva a fare un ulteriore passo avanti. Il suo cervello sembrò smettere di funzionare per un istante.

Il suo petto sembrava sul punto di svuotarsi o esplodere.

Amare? Norman amava qualcuno? Sicuramente l’aveva detto, ma in che modo?

Per quanto qualcuno, soprattutto lei, potesse pensare che stesse parlando di amore familiare, il cuore le diceva che non era così. Non poteva esserne sicura, ma metterlo in discussione in qualche modo sembrava... sciocco.

“La amo”? Chi era lei?

La risposta a quella domanda sembrava ovvia come la precedente, proprio come la domanda stessa sembrava priva di ogni senso.

Parlavano di lei: Emma. E stavano parlando del suo piano.

A chi altro poteva riferirsi?

Tutte quelle domande e risposte, per il cervello di Emma, erano solo sfocati frammenti che passavano veloci. Tutto il mondo intorno a lei sembrò fermarsi, anche il soffiare del vento e lo strusciare delle foglie scomparvero.

I suoi occhi caddero sul viso di Norman, sul suo sorriso.
Così puro... così innocente e spontaneo.

Aveva visto molti dei suoi sorrisi e tutti le piacevano molto. Ma questo... era la prima volta che sorrideva così. A volte lo sorprendeva a sorridere in modo simile ed era spesso in situazioni casuali, sempre quando erano insieme o quando lui la guardava...

Ma questa era davvero la prima volta che il suo sorriso era così aperto e puro ai suoi occhi.

“Amo Emma…-”

Il suo battito cardiaco riprese a correre.

“-...quindi voglio che il suo sorriso non si spenga.” continuò con la stessa dolcezza e sincerità.

Il suo cuore si buttò al galoppo.

Le faceva male il petto, ma non in modo negativo. Sentiva il respiro irregolare e una sensazione di calore le invase il corpo, dalla punta delle dita dei piedi a quella delle orecchie.

Non c'era spazio per fraintendimenti, per quanto potesse passare un tempo infinito a pensarci e arrovellarsi su cosa significassero davvero le sue parole. Non ce n'era bisogno. Aveva percepito subito la risposta corretta, anche se probabilmente avrebbe pensato alle conseguenze più avanti, per dare tempo al suo sistema di metabolizzare il tutto.

Norman l'amava…

Ancora non fece passi avanti, ma non ne fece nemmeno indietro. Rimase lì, scivolando lentamente verso gli alberi più vicini e appoggiandosi addosso ad uno di essi, ancora nascosta dalla vegetazione.

Non erano in grado di vederla con certezza, ma lei ci vedeva abbastanza bene ed era molto concentrata, anche se dubitava che a quel punto il suo corpo funzionasse e rispondesse in maniera consapevole.

In quel momento, non aveva molta importanza capire i come. Le parole di Norman le facevano sobbalzare il cuore, senza una vera causa.

Perché l'amava.
Sapeva che Norman tenesse a lei, ma non l'aveva mai detto così ad alta voce. E sentirlo la faceva sentire in qualche modo emozionata.

Ray abbandonò la presa su Norman e si tirò indietro di scatto, come bruciato da quell'aura d'amore travolgente. “Tu sei fuori di testa!"

Oh, tutto questo era davvero pazzesco.

"E ti sta bene anche se Emma morirà!?"

Lei? Morire? Come potevano tali sentimenti ucciderla? Non riusciva davvero a pensare a una risposta ad una domanda del genere, era così assurdo.

Oh, forse intendeva il suo piano e il fatto che Norman lo sostenesse, questo aveva molto più senso. Tuttavia, sapeva che non avrebbe fallito così facilmente, avrebbe combattuto fino alla fine, c’era troppo in gioco per permettersi una sconfitta.

Ray non stava solo insinuando che avrebbe fallito, o che Norman avrebbe fatto lo stesso. Stava insinuando che avrebbero fallito insieme.

E questo, per lei, era impossibile.
Non c’era un limite a ciò che avrebbero potuto fare assieme, ne era certa. E con Ray al loro fianco? Il fallimento era semplicemente impossibile.

“Non permetterò che accada.” Norman parlava con un tono così fiducioso, ma il suo cambiamento in espressione e tono fece sì che il calore dentro di lei si trasformasse lentamente in qualcos'altro.

Prima, aveva ancora una sorta di eccitazione che le ribolliva dentro, ma sicuramente poté dire fosse svanita alle sue parole successive.

“A costo di sacrificare me stesso..."

"Che cosa…?"

Da un lato, le sue parole, prese in un altro contesto tipo un gioco, le avrebbe gradite molto. La sua devozione, la sua amicizia, il suo... amore... erano al di là di ogni espressione.

Tuttavia, nella loro situazione reale, la linea sottile tra la vita e la morte era davvero fragile.

Quel discorso poteva assumere un significato completamente nuovo, che le faceva crollare il cuore e la faceva tremare per la paura.

“A costo di sacrificare me stesso…”

Sacrificare se stesso…

Per lei...

Sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa... tutto...
Per sacrificare se stesso...
Sacrificarsi per lei.

Una visione balenò nella sua mente, nella quale il corpo dell’amico cadeva freddo in una pozza del suo stesso sangue.
La vista del suo viso pallido e senza vita.
La vista di un fiore diabolico conficcato nel suo cuore, quello che era pronto a donarle.

"No…"

Lei non voleva questo. Non voleva perderlo, tanto meno per il proprio interesse. Norman faceva parte di tutti quelli che voleva al suo fianco. Era una parte molto importante.

Indispensabile.

E ora... probabilmente aveva assunto un valore del tutto nuovo.

Motivo in più per cui rifiutava le implicazioni delle sue parole..

"Stai dic-"

"NON LO VOGLIO!" La sua voce urlò, irrigidendo come pietre i due ragazzi. In parte per la sorpresa, in parte per la sensazione fatale di essere stati sentiti in tutto e per tutto.

Le loro teste si voltarono lentamente verso gli alberi, da dove eruttò Emma, saltando con decisione in direzione dei suoi amici, Norman in primis.

La testa di Ray si voltò alcune volte da Emma a Norman e viceversa, sentendosi improvvisamente in una situazione molto scomoda. “Accidenti…”
Non sapeva se sorridere per l'assurdità di quanto stava accadendo o sospirare esasperato.

Optò quindi per un mix dei due, facendo qualche passo indietro e lasciando spazio a Emma, cercando di sottrarsi alla sua mira.

Provava simpatia per Norman, davvero. Probabilmente era stato il record assoluto nel confessare a qualcuno una cotta segreta e di venire scoperto per colpa della cosa.

Non era proprio il momento migliore per discutere di una cosa del genere, ma doveva ammettere che la curiosità stava avendo la meglio su di lui.

“E-Em-” balbettò Norman, colto alla sprovvista, mentre la ragazza si avvicinava con un luccichio intenso negli occhi, cercando di nascondere la propria esitazione.

Anche lui si era deciso a fare qualche passo indietro ma il passo di Emma era chiaramente più veloce e più lungo. Norman non sarebbe riuscito a scappare, a meno che non avesse iniziato a correre. Anche in quel caso però, Emma lo avrebbe probabilmente raggiunto in poco tempo.

"Non lo voglio!" La ragazzina ripeté di fronte a lui.

Norman non sembrava più fiducioso e sicuro, quasi temeva quell’energia così impetuosa.

"C-Cosa intendi-" Provò a chiedere, allontanandosi un po'.

Le mani della rossa si protesero verso le sue, afferrando quella più vicina e impedendogli di tentare qualsiasi fuga. Fu abbastanza sfiorarle per immobilizzare il corpo del ragazzo.

"Norman, non voglio questo..." Disse con convinzione ma con un tocco di disperazione che non lo raggiunse del tutto.

"Tu... non lo vuoi?" Ripeté non cogliendo totalmente il significato delle sue parole, ma associandole a quanto aveva detto poco prima.

Non voleva che si prendesse cura di lei? Oppure... che provasse qualcosa per lei? Non significava ovviamente che lei non lo ricambiava…? Poteva aspettarselo, ma fino al punto di non volere che lui provasse quello che che aveva nutrito il suo cuore per anni…

Per quanto cercasse di mantenere la sua espressione stabile, un accenno di dolore dipingeva i suoi lineamenti.

Gli occhi di Ray se ne accorsero ed egli si schiarì la voce, anche se con discrezione “Potresti essere più specifica, Emma…”

La testa della ragazzina non si girò ma le sue orecchie udirono chiaramente le parole dell'amico e forse aveva ragione. Un sorriso goffo apparve sul suo volto per un attimo, per poi trasformarsi in un'espressione più calma e dolce.

Emma non voleva ferire Norman, né fargli pensare che non lo appresse. Lui e la sua... dedizione. Era davvero felice. Ma non poteva nemmeno fargli credere che avrebbe dovuto fare tutto per lei a proprie spese.

"Quello che non desidero è che tu faccia qualcosa che ti costi la vita o ti metta in pericolo" chiarì lei, stringendo fermamente la sua mano.

Si aspettava che la sua mano fosse più calda, ma per qualche motivo non fu così. La sua espressione pallida corrispondeva a questa mancanza di calore.

Lui tirò un respiro profondo, anche se cercando di non essere troppo teatrale. Dopodiché, sul suo volto comparve un sorriso, dolce e comprensivo, anche se non del tutto convincente per lei “Emma, non ho detto che morirò…”

"Lo implicavi!"

"No, non è così" Scosse la testa "Ma comunque, come amico, voglio aiutarti e ovviamente sarei disposto a correre dei rischi. Ci tengo a te"

Per un secondo il cervello di Emma rallentò confuso da quelle parole. Il suo uso della parola amico sembrava così... fuori luogo. Stava cercando di ritrattare o lei aveva capito male fin dall'inizio?

No, il suo cuore ignorò ogni dubbio. Sapeva cosa aveva sentito e come l’aveva raggiunta. Forse avrebbe dovuto pensare di più a cosa dire per evitare questo probabile imbarazzo, ma non le era passato proprio nella mente.

I suoi lineamenti si trasformarono in una chiara preoccupazione, apparendo molto più frenetica "Hai detto amo Emma, quindi voglio che il suo sorriso non si spenga." e che non mi lasceresti morire, a costo di sacrificare te stesso”

"Beh, non ha tutti i torti" pensò Ray.

Anche se non si sentiva affatto intimorito dall’intervenire, decise di tacere e lasciarli discutere, quasi divertito da tutta la situazione.
L'unica piccola preoccupazione era che questo avrebbe portato ad una grande distrazione nei momenti cruciali... ma conoscendo i suoi amici sapeva che avrebbero risolto tutto.

Erano troppo uniti.
Inoltre, era davvero più interessato del dovuto.
Si mise da parte il più possibile per non far sentire la sua presenza, pur essendo chiaramente lì con loro.

Il viso di Norman divenne bianco come le lenzuola dei loro candidi letti, più bianco della loro uniforme, a parte alcune parti del suo viso che assumevano una sfumatura blu, rappresentazione dei suoi sentimenti di disagio.

Aveva davvero sentito tutto. Non solo l'ultima parte, aveva sentito ogni singola parola della sua confessione.

"Ciò significa che se succedesse qualcosa ti sacrificheresti per me, giusto?" Emma chiese con un leggero panico rintracciabile nel tono di voce. "Non voglio che tu lo faccia..." La sua voce si spense vedendo l’espressione di disagio e dolore di Norman.

Gli occhi di lei osservavano i movimenti del migliore amico, percependo la tensione. Non riuscì a trovare il suo sguardo, visto il viso leggermente girato di lato.

Anche questo la lasciò senza parole. Non si era mai comportato così, così titubante e dubbioso. Stava chiaramente combattendo molti sentimenti che danzavano violentemente dentro di lui.

Si era spiegata male? Stava fraintendendo le sue parole?

Stava pensando che-

"Non voglio che tu lo faccia, ma solo perché-" Cercò di continuare e spiegare, ma un rumore improvviso raggiunse le orecchie del trio.

*Drinnnnnnggggg* Un suono di campanello, proveniente dalla loro fattoria.

Erano stati richiamati a raccolta.

Per un attimo nessuno dei tre parlò. Le mani di Emma non lasciarono quelle di Norman, né lui cercò di sgattaiolare via. Tuttavia, il suo corpo non era più così rigido, semmai un po' accasciato. La sua testa non si girò nemmeno verso la Casa, a differenza di quella di Emma e Ray.

“Dovremmo sbrigarci, se la lasciamo aspettare la mamma probabilmente si insospettirà”

Sentendo la sua mano del ragazzo abbassarsi un po', Emma si voltò di nuovo verso di lui, con viso sorpreso e agitato. “No, no, no, no…”

Doveva finire per spiegare. "A-Ah aspetta Nor-"

 "Va bene. Possiamo finire di parlare più tardi” disse con un sorriso sereno e una voce confortante, cercando di tranquillizzarla.

E anche se non rispose, si sentiva ancora più turbata da quel sorriso. Lo leggeva chiaramente, Norman stava cercando di placare le sue ansie e farla sentire a suo agio, con i suoi classici gesti rassicuranti.

Diavolo, no. Perché sorrideva per lei? Di nuovo?

Si stava comportando come quando avevano scoperto la verità sulla fattoria.
Stava commettendo lo stesso errore... costringendolo a sorridere per il suo bene soffocando dentro di sé i propri sentimenti negativi.
Sentimenti che non aveva colto fino a che non era diventato troppo tardi. Non importava ormai quanto potesse provare a fingere per sentirsi bene, non era così.

E lei ne era responsabile...

Emma si voleva prendere a pugni in testa, perché non aveva espresso correttamente i propri sentimenti?

Non poteva lasciare tutto così in sospeso in quel modo "Ma-"

"Tranquilla, ti continuerò ad aiutare, ma ora dobbiamo davvero andare." non la lasciò finire, ponendo fine alla loro discussione, almeno temporaneamente.

Si voltò leggermente in un'altra direzione, senza necessariamente tirare via la mano. Naturalmente la loro presa svanì e le loro mani si ritrovarono nel vuoto.

"Non voglio che tu lo faccia perché... per essere felice ho bisogno di te al mio fianco." Il suo cuore urlava, ma la sua voce non parlò.

Norman riprese a camminare in direzione di Grace Field House, lasciandosi alle spalle i suoi amici ma senza dubitare che alla fine si sarebbero lo avrebbero raggiunto.

Di nuovo un po' di silenzio si stabilì nell'aria, Ray e Emma fermi ad osservare il loro amico allontanarsi.

“Farai meglio a chiarire le cose il prima possibile...” suggerì Ray, facendo un passo avanti.

“Abbiamo chiaramente capito che si schiererà con te qualunque cosa accada e ovviamente dovrò aiutare voi due teste di rapa. E poiché dovrò già seguire le vostre stupide idee, non voglio essere coinvolto nella vostra altrettanto stupida danza l'uno intorno all'altra. Le diede una pacca sulla schiena, chiaramente non parlando con cattiveria.

Questo era quanto poteva fare mescolando serietà e battute.

Non intendeva dire che era infastidito dalla loro relazione, li voleva sapere felici. Ma non desiderava nemmeno che questo ostacolasse la loro missione. Avrebbero potuto risolvere tutti i loro imbrogli romantici una volta fuori da quella prigione...

Anche se era ovvio che non sarebbe stato in grado di vedere con i propri occhi la loro felicità, quindi in un certo senso desiderava anche che trovassero un po' di chiarezza il prima possibile.
Finché avrebbe avuto modo di vivere e sapere che sarebbe andato tutto bene da lì in poi, quando non sarebbe stato più al loro fianco per esserne certo.

Gli occhi di Emma passarono da addolorati a determinati, mentre la sua mano si alzò e si posò sul petto "Lo farò, sicuramente"

Ray sorrise leggermente, anche se non le fece vedere "Perfetto".


...
 

Stava perdendo lucidità.

E non per via di Sorella Krone, che si era unita alla Casa e il livello di pericolo aumentato di conseguenza.

Oh no, si trattava di qualcos'altro completamente.

Sapeva che si stava distraendo in maniera sciocca, lasciando che quei sentimenti nel profondo del suo cuore lo disorientassero. Non poteva dire di essere infastidito da essi, ma faceva male.

Faceva più male di quanto pensasse e stava lasciando che avesse la meglio su di lui, qualcosa di imperdonabile al momento... in una situazione del genere.

Avrebbe voluto spegnere i suoi sentimenti e lasciare che la sua mente lo guidasse. Ma anche se così fosse riuscito a fare, tutto sarebbe diventato privo di significato.

Norman non si era mai aspettato che Emma ricambiasse i suoi sentimenti, qualunque fosse il giorno in cui glielo avrebbe detto. Sicuramente non aveva cancellato ogni chance di un finale diverso dalla sua mente, ma era più una flebile speranza di quel suo cuore che una probabilità concreta.

A volte, il pensiero che lui ed Emma sarebbero potuti stare insieme in quel modo sembrava una mera illusione, troppo bella per essere vera. Emma lo avrebbe mai visto così?

Non voleva essere ingrato ovviamente, a lui sarebbe bastato starle a fianco, non importava come.
Sarebbe stato più che sufficiente, purché fosse felice.

E sapeva che in qualche modo, anche se non nella maniera sua, Emma lo amava. Ed era più di quanto potesse anche solo desiderare.
Allora perché gli faceva male il petto? Dov'era il problema?

Stavano combattendo per le loro vite! Non poteva vacillare adesso!

Lanciò uno sguardo al cielo; le stelle brillavano più luminose che mai, ma la loro luce appariva più debole nei suoi occhi.

Non poteva proprio...

Il suo corpo cadde lentamente sull'erba.

Non avrebbe dovuto...

Ma lo stava facendo...

"Norman?" una voce calma lo chiamò.

Troppo matura per essere di amici e fratelli. Non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscerla.

"Mamma…"

 "È quasi ora di andare a dormire... e sai che non dovresti essere fuori così tardi la sera" disse con rimprovero ma tono gentile.

“Scusa…” mormorò, non sapendo davvero come comportarsi.

Qualcosa dentro di lui gli diceva di stare attento, in allerta, pur comportandosi in modo naturale. Lei era il nemico, erano soli...
Aveva il controllo di sé, non aveva bisogno di preoccuparsi.

Ma un’altra parte dentro di sé invece, forse più istintiva, lo stava dominando. Una nata da un sentimento che non riusciva a controllare bene...

“...” Isabella non rientrò in casa, guardando il ragazzino con un'espressione indecifrabile. Si avvicinò silenziosamente a lui, vedendo che il suo corpo non si alzava ancora. Si era chiaramente accorta che qualcosa non andava.

"Qual è il problema ?" Disse abbassandosi al suo livello, posandogli una mano sulla spalla. Per un attimo, Norman sentì un brivido percorrergli la schiena. Quel gesto, così gentile e pieno d'amore, a lui ormai non sembrava altro che quello di un allevatore che controlla il proprio bestiame.

"Non fingere che ti importi..."
Sperava ancora che lo facesse, anche minimamente. Ma presto questo pensiero fu spazzato via.

"Sto-... va tutto bene..." disse non con la stessa certezza che sperava di esprimere.

"Hmm... ti senti male?" Chiese la madre, la sua mano passava in modo confortante sulla sua schiena. Come avrebbe fatto una mamma amorevole con il suo bambino turbato.

Anche se lei era una nemica... anche se forse non li amava del tutto... lui poteva... forse...?

Scosse la testa “Solo qui…” si puntò appena il dito sul petto. Per un attimo Isabella sembrò preoccupata, ma dopo aver controllato attentamente l'esatta direzione in cui era diretto il suo dito, si sentì più confusa che preoccupata.

Tuttavia, il suo atteggiamento era cauto. Ancora di più dopo le successive parole del ragazzino.

“Emma oggi ha scoperto qualcosa...”

I lineamenti della donna si affilarono. La sua mano rallentò con il massaggio, ma non si fermò ancora del tutto. Era chiaramente incuriosita da quello che voleva dire.

Norman sapeva che Isabella era sull’attenti, pronta ad una confessione riguardo al fatto che lui e Emma sapevano la verità. Aspettava il minimo elemento che potesse tradirli.

Ma pur nel suo momento di fragilità, non le avrebbe concesso questo lusso. Represse la rabbia, sentendosi uno stupido per aver pensato di poter esprimerle del suo dilemma.
Si stava davvero rendendo troppo vulnerabile... persino debole…

Ormai però sapeva di non aver molta scelta. Aveva lasciato l’esca, non poteva più tirarsi indietro. Tanto valeva essere onesto sul da farsi e sperare che Isabella potesse suggerire qualcosa di sincero e offrirgli qualche frase fatta che urlava tra le righe: "Voi due verrete comunque spediti, quindi non avrete un futuro in cui vivere insieme"

“...Ha scoperto che provo dei sentimenti per lei…”

Isabella si irrigidì.

E con questo Norman sapeva di averla sorpresa sul serio.

Era sicuro che se avesse detto qualcosa che potesse sembrare una scusa per coprire qualsiasi collegamento con la verità sulle fattorie, lei non avrebbe reagito così. Era completamente immersa nel suo ruolo di allevatrice, nascondere qualsiasi sorpresa al riguardo non sarebbe stato difficile.

Invece, questo era molto diverso da qualsiasi cosa si aspettasse. Era stata messa su un palcoscenico dove avrebbe dovuto rivestire nuovamente il ruolo di una madre.

Lei non parlò, facendogli segno di proseguire.

“E… lei non sembrava contenta di ciò” disse un po' più chiaramente, cercando di mantenere la voce ferma, mentre un sorriso rassegnato si formò sulle sue labbra.

Isabella si avvicinò un po' di più a lui, prestando ascolto “Caro... sei sicuro? Forse era solo sorpresa"

"Hmm, mi ha detto chiaramente che non lo voleva, anche se le sue parole erano un po' confuse" commentò piano. Non sembrava nervoso o altro, né sul punto di piangere. 
Si sentiva... vuoto.

Isabella sorrise calorosamente, ma nel suo sorriso erano visibili alcuni accenni di dolore ed esitazione. Aveva difficoltà a dare consigli materni? Così all'improvviso, quando era sempre in grado di farlo?

Certo, era cambiata totalmente ogni sua aspettativa, ma l'intera figura materna che si era costruita non sarebbe dovuta crollare così facilmente. Anche guardando indietro nel passato, il modo in cui si era comportata come madre non sembrava mai esprimere esitazione o difetti.

O era forse un argomento delicato per lei?
Ciò portò la mente di Norman a vagare attraverso varie possibilità.

"Ti ha detto che non ti amava in quel modo?"

“No… non ha davvero specificato”
Era consapevole che le parole di Emma non fossero un vero e proprio rifiuto, così come sapeva che Emma parlava sempre guidata dalle sue emozioni.
Sapeva che stava parlando del fatto che si sarebbe sacrificato per lei...

Sì, il suo cervello lo sapeva. Ma il suo cuore si sentiva ancora turbato per qualche motivo. Pungeva ancora.
Perché nel profondo, non aveva mai davvero creduto che il suo amore l’avrebbe raggiunta.

Isabella sorrise di nuovo, lasciandosi sfuggire una piccola risatina “Non pensi che forse Emma fosse solo un po ' sopraffatta dalla confusione? Sappiamo come è, forse l'ha solo sorpresa, o non è nemmeno sicura di cosa significhi” lo rassicurò con voce gentile.

Aveva già dovuto affrontare alcune situazioni di cotte tra i suoi bambini all’orfanotrofio. Non aveva mai funzionato nulla per nessuno di loro. In primo luogo, per ovvie ragioni.
Un’altro motivo era per la natura di quei sentimenti; erano solamente cotte. A volte non ricambiate, a volte semplicemente dimenticate… fino al momento del capolinea, dove non potevano fare alcuna differenza.

Ma sapeva che non era il caso di Norman. Fin da giovanissimo aveva dimostrato nei confronti dell'amica una dedizione e una cura che erano al di fuori di ogni aspettativa. In tutti i suoi anni da mamma, non aveva mai visto un sentimento così genuino e intenso, eppure tenuto perfettamente sotto controllo.

"È possibile"

“Allora forse dovresti provare a parlarle quando sembra più rilassata. Ci tiene a te, sono sicura che questo non ostacolerà la vostra amicizia. Emma non è il tipo di persona che ignorerebbe un caro amico solo per tutto questo”

“Sì, davvero non sarebbe da lei. Ma finché c'è questo dolore nel mio cuore ho paura di come potrei reagire" si appoggiò inconsciamente al petto di sua madre "Penso sempre in modo logico, provo ad essere preparato per ogni situazione... ma ora mi sento solo perso, quasi come se non sapessi come agirò e se riuscirò a controllarmi”

Anche Isabella si appoggiò leggermente a lui “Hmm… questo è solo uno dei tanti modi divertenti in cui l'amore decide di agire. Non c'è da meravigliarsi se a volte quello che stai provando te è definito mal d'amore"

"Il mio sistema immunitario era destinato a perdere questa battaglia" ridacchiò Norman, seguito dalla risata di Isabella. Si era ammalato così tante volte, ma probabilmente quella era la malattia più significativa in cui era incappato.

Sembrava sbagliato definirlo una malattia, perché sebbene potesse far veramente male a volte, essere in grado di amare Emma in quel modo... era la cosa migliore che gli fosse mai capitata.

"Mamma…"

"Hm?"

“Ti sei mai innamorata?”

Silenzio.

Ancora una volta, probabilmente aveva centrato il punto.

Il corpo di Isabella si era bloccato come il ghiaccio, la sua risposta che tardava ad arrivare.

Nessuno le aveva mai fatto una domanda del genere. Per quanto i suoi figli l'amassero, non si erano mai incuriositi abbastanza da farle domande troppo importanti e personali. E anche se lo avessero fatto, avrebbe avuto le risposte pronte e fabbricate. 

“No” avrebbe voluto rispondere al ragazzino, sentendo il bisogno di mentire al riguardo.
Non erano affari suoi e non voleva toccare così da vicino quei capitoli passati della sua vita.

Certo, quella melodia l'aveva tenuta in vita, il ricordo del suo autore l'aveva fatta andare avanti per tutto quel tempo. Ma pensare troppo ai sentimenti che provava per lui, a quello che lui avrebbe potuto provare per lei...
Era sia un ricordo a cui si aggrappava disperatamente sia uno da cui voleva scappare il più lontano possibile.

“Sì” invece il suo cuore parlò per lei.

“Capisco…” Non aveva bisogno di ulteriori risposte su come fosse andata a finire. Chiunque amasse, ora era morto. Spedito al macello.

Probabilmente, proprio come tutti i loro fratelli, se la madre avesse avuto la stessa infanzia ed era cresciuta nello stesso sistema.
Era qualcosa che sospettava e di cui poteva esserne quasi certo.

Faceva un po' tristezza pensare a come quel tipo di amore fosse destinato a non sbocciare mai in quel giardino di fiori rossi mortali.

Avrebbe dovuto fingersi innocente, chiedere che fine avesse fatto la persona che amava, qualcosa di cui conosceva già la risposta. Ma decise di non insistere, evitando di andare contro la sua natura e contro ogni traccia di simpatia rimasta verso l'unica figura materna della sua vita.

Avrebbe potuto dubitare della sua risposta, ma sembrava troppo sincera.
Perché quando aveva pronunciato quella parola, il sorriso sul suo volto aveva chiaramente mostrato tracce di dolore e nostalgia, uno che non si può nascondere.
E anche tracce di vera felicità...

Lo sapeva perché lo provava anche lui. Ogni volta che pensava a Emma, vedeva il suo sorriso, sentiva la sua presenza, sapeva che era felice...
Era riuscito a immedesimarsi facilmente in Isabella in quel momento, non aveva motivo di pensare che non fosse sincera su tutto questo. Forse... era la prima volta che davvero non mentiva su qualcosa.

“Ma sai… nonostante tutto, sono contenta di quello che ho provato. Di quello che sento ancora” Alzò gli occhi al cielo, con sorriso assente “La sua presenza da sola per me era più che sufficiente… e anche quando è stato adottato e ho deciso di restare qui sapevo di poter essere ancora felice”

"Lo eri? Non ha fatto male?”

“Certo caro, le separazioni possono ferire così come non avere mai una risposta da chi amiamo. A volte le persone decidono di andare avanti, a volte no. Nel mio caso avevo già una risposta dentro di me, il ricordo di lui, del nostro tempo insieme… era tutto ciò di cui avevo bisogno”.

Non aveva mai visto Isabella così... umana prima d'ora. Anche prima di scoprire la verità.

“Un giorno lo incontrerò sicuramente di nuovo. Probabilmente, come adesso, non avrò più bisogno di una risposta, ma sicuramente anche tu ed Emma vi incontrerete di nuovo un giorno… e magari avrete la vostra, se non la riceverete prima di essere adottati”

Quelle parole erano chiaramente più losche.

"O forse, anche tu non avrai più bisogno di una risposta per allora"

Vista poetica, ma oscura...

“Penso che manterrò sempre la speranza che un giorno Emma mi dia una risposta positiva… però sono già sicuro del mio posto al suo fianco”

"Ah?"

“I miei sentimenti non cambieranno, è qualcosa di cui sono sicuro, qualunque cosa accada. Mi rendono felice e mi aggrapperò a quella felicità per sempre. E lavorerò per fare lo stesso per lei, in un modo o nell'altro” sorrise alla madre, abbastanza convinto delle sue parole.

Nella situazione che stavano vivendo e nei rispettivi ruoli, questa discussione avrebbe normalmente spaventato qualcuno. C'erano molte chiavi più oscure nascoste dietro le loro parole.

Eppure, Norman si sentiva ancora... confortato, in qualche modo. Isabella non aveva detto qualcosa di estremamente sorprendente o che lui non sapesse già dentro al cuore, ma se le sue parole erano anche solo a malapena oneste, amava davvero quel suo amico e quell'amore l'aveva fatta andare avanti.

Non importava quanto lei lo interpretasse moralmente sbagliato e quanto diversamente vedessero la forza di questo amore.
Faceva per entrambi da carburante, e doveva ammettere che forse aveva preso qualcosa da lei.
Ma se dovesse essere spedito via ed Emma dovesse continuare da sola, non avrebbe mai desiderato che lei si arrendesse. 

Doveva combattere, sopravvivere, continuare a cercare di raggiungere il futuro che desideravano. E se disgraziatamente le fosse mai successo qualcosa... lui avrebbe provato a fare lo stesso.

Doveva farlo, quello che aveva appena imparato era una lezione importante. Non sarebbe finito come Isabella, non avrebbe rinunciato a lottare. Lottare per se stesso, per la sua famiglia... per Emma.

Non che avrebbe permesso che le accadesse qualcosa di brutto.

"Allora... immagino che ti senti meglio?" chiese la donna, sorridendogli.

Norman ridacchiò "Un po', fa ancora male, ho ancora delle paure dentro"

Isabella annuì "È naturale"

I sentimenti di Isabella erano contrastanti. Mettendo da parte i suoi sospetti su Norman ed Emma per quanto riguardava la verità su Grace Field, desiderava sinceramente che fossero felici.

Non sapeva se desiderare che i sentimenti di Norman fossero ricambiati o meno.

Se lo fossero stati, naturalmente i suoi figli avrebbero vissuto felici fino al momento della loro spedizione, questo se non avesse offerto ad Emma la possibilità di diventare Madre come lei.
Sarebbe stato davvero fantastico.

Ma allo stesso tempo, quanto li avrebbe feriti allora la separazione? Certo, la morte sarebbe venuta subito dopo, ma più si ha e più si perde. Voleva che i loro ultimi momenti fossero felici, non tristi.

Sarebbe stato ancora più triste per Emma se avesse scelto di accettare di diventare una candidata Madre. Non solo sarebbe diventato difficile emotivamente per Emma voltare pagina, ma avrebbe anche causato alcune complicazioni…

C'era anche gelosia che cresceva nel suo petto. Lei e Leslie non avevano mai avuto la possibilità di dichiararsi, anche se i loro ultimi giorni sono stati i migliori della sua vita.
Mentre Norman ed Emma potevano essere più fortunati...

Per quanto fosse composta, le sue emozioni erano un dualismo confuso.
Era davvero stata la prima volta in cui aveva posto il ruolo di mamma davanti a quello di allevatrice? Seppur non necessario?

“Grazie mamma” disse Norman con quella che sembrava sincera gratitudine. La sua mano lasciò la propria gamba e arrivò a toccare la mano di Isabella, posata sulla sua spalla.

Le labbra della donna sbocciarono in un sorriso "Certo caro, finché tu ed Emma siete felici, è tutto ciò che conta"

Non menzionò l'essere al sicuro, né in piena salute, che avrebbe potuto aggiungere alla lista in base al loro ruolo di cibo.
Stava cercando di parlare sinceramente.

Norman impiegò alcuni secondi prima di rispondere "Spero che anche tu sia felice, mamma" per quanto possibile, anche se avevano tutta l'intenzione di sconfiggerla.

L'espressione di Isabella mostrò tutto il suo shock, ma non ci mise molto a ricomporsi subito, sorridendo e tirandolo in un abbraccio laterale "Certo che lo sono... dopotutto, ho potuto incontrare una persona come te"

"Qualcuno che me lo ricorda così tanto, nonostante le differenze..."

...

 "Norman?" fu chiamato dalla voce di Emma.

Era passato un giorno dalla loro... particolare conversazione. Non avevano davvero avuto il tempo di parlare, solo loro due da soli.

Era mattina presto ed entrambi non erano riusciti a dormire fino all'ora della loro veglia.

Forse non era stato un caso che si fossero incontrati mentre andavano a prendere un bicchiere d'acqua ciascuno. Entrambi avevano sentito il bisogno di vedersi e non era la prima volta che si trovavano in sincronia.
Così andarono insieme in sala da pranzo, preparandosi a parlare.

"Ehi"

"Ehi…"

"Non riesci a dormire?" chiese Emma, inclinando un po' la testa.

Norman annuì "Sì"

"Immagino che entrambi dobbiamo digerire il fatto che abbiamo un nemico bonus da affrontare" tentò Emma, anche se entrambi sapevano che il motivo che li teneva svegli non era proprio quello.

Era inutile girarci intorno più del necessario, dopotutto entrambi volevano parlarsi.

"Allora... non abbiamo finito di parlare l'ultima volta"

"Sì, non abbiamo finito…" sospirò, mostrando ancora un sorriso incoraggiante. Se avrebbe voluto parlare prima lei, l'avrebbe ascoltata.

Emma ricambiò il sorriso "Mi dispiace, non mi sono spiegata bene perché ero un po'... sopraffatta dalle emozioni"

“Va tutto bene,” Scosse la testa e le mise una mano sulla spalla “Non volevo metterti a disagio o in una posizione difficile. Questo è anche il motivo per cui non avevo intenzione di dirti dei miei sentimenti"

"Eh?" Emma inclinò di nuovo la testa come un cucciolo smarrito.

Norman ridacchiò un po', ma dovette ammettere che lei non gli stava rendendo le cose più facili. "Riguardo ai miei sentimenti per te. Non volevo buttarteli addosso in quel modo"

Gli occhi di Emma si spalancarono e il suo cuore sussultò un po'.
Quindi stava parlando di quello.
E non si stava nascondendo, parlava in modo chiaro e onesto. Aveva avuto ragione fin dal principio! "Oh, oh! Ma non devi essere dispiaciuto per questo!"

“Non saprei, probabilmente è stato molto da digerire, soprattutto con la situazione in cui ci troviamo” Abbassò un po' la testa “Speravo anche di aspettare quando saremmo stati un po' più grandi, non sapevo se fossi già pronta"

"Norman, stai sbagliando!" Mise le mani davanti a sé e le scosse in una risata nervosa “La ragione per cui ero così frastornata non eri tu che dicevi che mi amavi...” Disse controllando il rossore sul viso “Ero agitata perché mi hai detto che saresti disposto a sacrificarti per me!”

"Si ma-"

“E non perché non apprezzo il fatto che tu mi voglia proteggere! O il fatto che tu faresti così tanto per me... semmai lo apprezzo molto e sono anche... sorpresa. Sapevo che ti importasse di me, ma non pensavo che mi avresti considerato così degna dei tuoi sforzi. Avrei detto che tu mi abbia seguito per la nostra amicizia o perché ti ho preso di sfinimento”

“Non mi sfiniresti mai, se ti aiuto è perché lo voglio” la corresse con gentilezza, ma la lasciò poi andare avanti.

“Ciò che mi metteva a disagio era il pensiero di perderti. So che non hai intenzione di morire qui... ma quando hai detto quelle parole ho sentito che era qualcosa che avresti fatto."

Le sue mani si chiusero in pugni "E questa è una cosa che non mi piace... non voglio che tu ti addossi un tale peso per me, perché ci tengo" disse con convinzione.

“Emma…” l'espressione di Norman si addolcì.

“Per essere felice... ho bisogno di te al mio fianco. Non voglio perderti mai, voglio che scappi con noi e pensi anche a te stesso. Non sei una seconda priorità, non per me almeno. Quindi, se vuoi rendermi felice, devi essere al sicuro e felice anche tu!" Disse la ragazza, prendendogli le mani tra le sue. 

Il sorriso di Norman rimase dolce e comprensivo, il suo cuore era caldo, anche se quello che stava facendo Emma era anche una specie di rimprovero "Capisco... cercherò di non fare niente di estremo, se posso" disse con voce gentile, abbastanza sincera.

"Cercherai…?" alzò lei il sopracciglio, con un tono di avvertimento.

"Sì. Scusa, ma non posso promettere di non dare la precedenza alla tua vita rispetto la mia se si verificasse una situazione disperata. È una promessa che non potrei mantenere” ammise onestamente, con un tono più serio “Non pretendo che tu lo capisca o lo accetti, e non sto dicendo che non proverò a salvare entrambi, ma fosse necessario scegliere, sceglierei te”

Emma gonfiò le guance come un criceto pieno di semini in bocca, sotto l'occhio perplesso ma comprensivo di Norman. Sapeva che non le sarebbe piaciuta quella risposta, ma era solo la verità. Provava troppa considerazione per lei per provarne verso se stesso nella stessa quantità. Mai avrebbe dato priorità alla propria vita in caso fosse a repentaglio quella della cara amica.

"Va bene" concesse lei espirando. La risposta lo sorprese parecchio.

"Ti va bene?"

"No, per nulla. Ma posso capire il tuo punto di vista, quindi ti avverto: aspettati lo stesso in cambio" 

"Eh?" Le sue palpebre si aprirono e si chiusero varie volte, mentre registrava le sue parole.

Emma annuì incrociando le braccia “Certo. Metterai la mia vita davanti alla tua se la situazione lo richiede, giusto? Bene, io farò lo stesso per te." 

"Ehi, ehi, ehi-..." non sembrava contento delle sue parole ma lei non accettò lamentele.

"Ben ti sta. Proprio come io devo sopportare la tua decisione, perché non sarò mai d'accordo, dovresti fare lo stesso con la mia” Girò la testa di lato, comportandosi da bambina testarda, ma era più che ferma sulla sua opinione.

Il ragazzo si accigliò ma rimase in silenzio, mentre osservava la sua espressione. I due si incrociarono lentamente negli occhi e alla fine i loro volti persero la loro serietà, lasciando che Norman ed Emma ridessero apertamente.

Erano due svampiti testardi e ne erano ben consapevoli. Ma sapevano anche che nessuno dei due avrebbe vinto in tale dibattito, finché il loro desiderio di proteggersi e prendersi cura l'uno dell'altra fosse così intenso e sincero.

Entrambi ci tenevano troppo, questo era tutto ciò che contava.

Quando le loro risate si calmarono, i giovani ragazzi si fissarono di nuovo, come se fossero sotto un incantesimo speciale. Non riuscivano a staccarsi gli occhi l'uno dall'altro, i loro tratti morbidi come sempre quando interagivano.

Alla fine, entrambi si avvicinarono e si abbracciarono dolcemente, trovando conforto nella loro presa. A pensarci bene, era passato un bel po' da quando si erano abbracciati così. Anche quando Conny era stata trovata morta, si era trattato di un diverso tipo di abbraccio, più disperato e di conforto. Questa volta le loro azioni erano guidate più dal desiderio, da un bisogno naturale di stare vicini.

E non avendo alcuna fretta, alcun bisogno di separarsi… non lo fecero. Rimasero così finché lo sentirono necessario.

“Grazie, ne avevo davvero bisogno” disse Emma, accoccolandosi un po' nell'incavo del suo collo. Si era sempre sentita a suo agio nell'abbracciare Norman e lui non le aveva mai negato questo bisogno, per fortuna, a differenza della maggior parte dei ragazzi comuni.

“Ad essere onesti anch'io” ammise l'amico, un po' fuori dal suo carattere, ma lasciando che i suoi muri crollassero un po' a causa della situazione.

Emma ridacchiò. Non voleva davvero staccarsi, quindi sfruttò la situazione a suo vantaggio, lasciando che un sorrisetto si formasse sulle sue labbra "Quiiiindi..."

"Uhhhh..." Il suo tono lo allarmò.

“Riguardo al motivo principale di tutto questo…”

Anche se avesse provato a scappare, non ci sarebbe mai riuscito. Era intrappolato nell'abbraccio della ragazzina e anche se lei non si stesse imponendo su di lui, era sicuro che avesse la presa abbastanza sicura e che potesse rompergli le ossa in qualsiasi momento, se solo lo avesse desiderato "S-Sì…"

"Lo intendevi davvero?" Lei chiese. Si fidava delle sue parole e si fidava del proprio istinto, ma voleva una risposta chiara, pensava che fosse importante trovare la propria.

"Certo. Non direi mai una cosa del genere se non lo dicessi sul serio” rispose senza alcuna esitazione ma con estrema dolcezza "È qualcosa di importante…”

Lei sobbalzò un po', lasciando che la sua presa si allentasse. Ormai non sarebbe scappato e lei voleva guardarlo negli occhi mentre parlava. "Sì 

“Come ho detto prima... lo intendevo davvero, ogni parola. Quello che non intendevo era che tu lo scoprissi così presto. Ho sempre pensato di farlo in futuro, tipo dopo che fossimo stati adottati e ci saremmo rivisti” si massaggiò un po' il braccio, più all'idea che quell'ultima fantasia fosse stata totalmente distrutta.

E anche il viso di Emma diceva tutto. Un bel cambio di programma... con la questione dell'adozione.

“Lo so... e dopo, non ci ho pensato molto. Dopotutto, avremmo avuto ben altre cose nella nostra mente, come fuggire e sopravvivere. Solo perché sappiamo dei rischi che ci aspettano, non significava che dovrei affrettare la cosa con te" spiegò.

Anche se lo desiderava ancora, realizzare quel futuro felice, tutto dipendeva da come sarebbe andata la loro vita fuori dalle fattorie una volta fuggiti. Avrebbero avuto tempo per qualcosa del genere? Beh, forse sì, non nel modo classico, ma era possibile.

Ma era comunque qualcosa per il futuro.

“Allora... se non avessimo mai scoperto la verità e fossimo stati spediti, non l'avrei mai saputo...” mormorò la rossa “Non è meglio così allora? Preferirei sapere questo genere di cose prima di morire"

"Avrei preferito il contrario invece" Scosse la testa lui, con un sorriso triste sul volto.

Lei rimase confusa da quell'affermazione "Perché?"

"Perché se dovesse succedermi qualcosa, scommetto che ti farebbe più male, sapere a quale futuro avrebbe potuto portare" Quella era una delle sue più grandi paure; che lei scoprisse e si facesse del male a causa dei loro sentimenti

"Questo non ha senso" rispose Emma con estrema sicurezza “Davvero no”

Fu il turno di Norman di essere confuso "Non ha senso?"

“Sì, non ne ha. Vorrei lo stesso davvero sapere qualcosa del genere, perché mi aiuterebbe a essere più forte. Avrei più motivi per lottare e vincere” disse semplicemente, alzando un po' le spalle, con tanta onestà e semplicità ma anche tono caldo.

“Certo, forse sarebbe la mia più grande debolezza e mi sentirei molto addolorata, ma potrebbe anche essere la mia più grande forza. Combattere per qualcuno che tieni così tanto a cuore e che ti ricambia... non è un motivo per non arrendersi di fronte a nulla?"

"Sì... lo sarebbe" Lui sorrise a quella visione così positiva "Non vorrei mai che tu ti arrendessi"

"Idem." annuì lei.

Finalmente però il cervello di Norman si ricollegò alle parole precedentemente ascoltate, cambiando improvvisamente atteggiamento "Aspetta, ma cosa intendi con..." Non finì la frase, perdendo le parole per strada, mentre osservava il dolce sorriso della sua amica.

“In realtà non so molto su questo tipo di amore. So che ancora amo la mamma in un certo senso, amo Gilda, Ray, Phil e gli altri in un altro... e so che amo anche te. Ma mentre so come amo tutte quelle persone, ammetto di non sapere ancora come amo te." Le sue mani si unirono dietro la schiena, trovando difficoltà a rimanere ferma. 

Probabilmente il suo stato d'animo energico era un modo come sltri per esprimere il proprio imbarazzo e la propria eccitazione.

"Capisco..." annuì lui. Poteva prevederlo, non si aspettava davvero che lei lo capisse fin da subito.

“Ho letto alcuni libri sull'argomento e penso che potrei già arrivare ad alcune conclusioni, magari seguendo il mio istinto e buttandomici come faccio per la maggior parte delle cose ma... sento che non è giusto darti una risposta basata su questo''

Sì, leggendo libri quando era più giovane sentiva spesso parlare di principesse e cavalieri, mamme e papà, matrimoni e storie d'amore. Non ne era mai stata veramente ossessionata come alcune sue sorelle, ma se avesse dovuto mai giocare al matrimonio da piccola, la sua mente avrebbe sempre scelto Norman per il ruolo del marito.

Anche se si sentiva più un cavaliere che una principessa, se fosse stata lei ad avere un ruolo regale sapeva che il ruolo del principe sarebbe stato di Norman.
Se avesse dovuto immaginare un futuro come mamma... il volto di Norman sarebbe sempre apparso accanto a lei nel suo cuore... come papà.

“Ti meriti qualcosa di adeguato, magari seguendo ancora un po' il mio istinto e sicuramente le mie emozioni, ma prima voglio trovare la risposta giusta” le sue spalle si irrigidirono un po', ammettendo i propri difetti e limiti.

Sospirò, avvicinandosi di nuovo e prendendogli le mani.

“Ma sono sicura, ti voglio al mio fianco per sempre. Ancora di più quando saremo fuori di qui. Voglio lottare al tuo fianco, sopportare i ricordi tristi con te e creare insieme quelli felici. È qualcosa che desidero con tutto il cuore…” moderò un po' il suo impeto “Se vuoi ovviamente… anche se ho ancora bisogno di cercare una risposta, so già che ti voglio nel mio futuro” espresse con un lieve cenno di timore all'idea di perderlo.

Lo stesso Norman ricambiò l'espressione, sentendosi toccato da quelle parole. In totale onestà, si era aspettato più una sorta di rifiuto indiretto. Invece, anche se la risposta era solo stata rimandata, Emma aveva comunque espresso quanto ci tenesse, in un modo che lo aveva confortato più di quanto si aspettasse durante il suo discorso con Isabella.

Lui sorrise, chiudendo le mani intorno a quelle della ragazzina "Mi piacerebbe molto"

Ciò riaccese il suo entusiasmo "Davvero?"

"Davvero. E non importa quando risponderai o cosa, sarò sempre al tuo fianco. Mi rende felice già questo e se posso fare qualcosa affinché lo sia anche te, non potrei desiderare nulla di meglio”

Le guance di Emma si arrossarono appena, sia per la felicità che per il suo cuore che batteva forte. Con un sorrisone a trentadue denti annuì "Allora lottiamo insieme per questo futuro!"

“Sì, lottiamo insieme!"

Si amavano, in qualche modo, e questo era più che sufficiente al momento.

Lo avrebbero trasformato nel loro punto di forza.

Le cose sarebbero andate bene.
 


 

Le cose non andavano affatto bene.

Tutto aveva preso una piega che non potevano aspettarsi.
Piano portato avanti e Sorella Krone scomparsa, si erano affrettati con la loro missione di controllo del muro.
Ma poi era arrivata la mamma e con lei anche il momento di affrontare in faccia la realtà.

Le carte erano scoperte. 

Prima della spedizione, Emma aveva suggerito che, nel caso fosse arrivata Isabella e avessero dovuto affrontarla, sarebbe stata lei a tenerla occupata. Norman, pur concordando che Emma fosse ovviamente una scelta migliore per il fattore forza, aveva evidenziato come Emma avrebbe trovato meno difficoltà ad arrampicarsi sul muro velocemente, proponendo di scambiarsi i ruoli.

Se Emma fosse in qualche modo rimasta ferita affrontando Isabella, sarebbe stato parecchio problematico, dato che era anche la più atletica tra tutti i bambini.

Esposto il cambio di rotta, non era stato difficile concordare.

Non si erano aspettati che Isabella reagisse così ferocemente, al punto da spezzare il braccio di Norman.
Fu così scioccante che Emma non ebbe più la forza di volontà per muoversi dopo aver sentito l'urlo del suo caro amico e il rumore delle sue ossa che si rompevano.

Non aveva mai sentito così tanto dolore nella sua voce, le dava un'incredibile quantità di rabbia e tristezza, il suo corpo tremava per contenere la collera. 
Avrebbe voluto saltare addosso alla mamma e portarlo via da lei, al sicuro tra le sue stesse braccia.
Ma non riuscì a fare nemmeno un passo dopo che le successive parole della mamma ebbero raggiunto le sue orecchie...

"Sono contenta che voi due possiate fare ammenda in tempo, almeno sarete in buoni rapporti fino all'ultimo momento e vi godrete i vostri giorni insieme" disse con un tono così innaturalmente dolce che era più agghiacciante che confortante.

"Fare ammenda in tempo?" La mente di Emma inviò un allarme al suo cuore.

"Congratulazioni Norman,...-"

No…

“-...sei stato scelto per la spedizione.”

Passarono alcuni istanti.

Emma sentì l'impulso di urlare e correre, le gambe già in movimento verso il nemico, i denti serrati e le mani chiuse in pugni pronti ad essere sferrati.

Doveva affrontarla.

Ma una semplice stretta sul braccio rotto di Norman, accompagnata dal suo grido di dolore e dallo sguardo gelido di Isabella, furono sufficienti a frenare totalmente anche la rabbia ardente di Emma.
Ma non a spegnerla. Proprio come il suo dolore.

...

 

“Va tutto bene, potete ancora scappare. Non ha trovato la corda e la missione può procedere”

"Norman".

“Emma…”

“Non farlo” implorò Emma con tono serio ma supplichevole.

Norman sorrise "Sai che è meglio così"

"Per nulla!" Scosse lei furiosamente la testa "Posso correre verso il muro e distrarla, mentre tu ti nasconderai nella foresta!"

"Se la mamma ti darà la caccia, come farai a raggiungere il muro e ad arrampicarti per vedere cosa c’è oltre?" chiese il ragazzino, con tono di chi sa già la risposta.

"Posso farcela! Semmai posso tenerla distratta mentre Ray lo fa. Non sarà in grado di fermarci entrambi allo stesso tempo!” 

“Certo, ma userà le maniere forti anche su di voi per provarci” ribatté “E anche se riuscissi a nascondermi, spedirebbe qualcun altro. Non puoi aspettarti che io sacrifichi uno di voi al mio posto. Non baratterei mai la vita di uno dei miei fratelli o sorelle per la mia”

I denti di Emma si strinsero con così tanta intensità che la sua mascella iniziò a tremare “Non dovrai per forza! Riusciremo a farcela in qualche modo, devi solo continuare a crederci e fidarti di noi!”

Norman abbassò la testa "Mi fido di te e credo nel nostro piano, semplicemente non ne faccio più parte”

“Norman-!”

“Credimi, non lo desidero neanche io, ma è l'unico modo per non buttare tutto all’aria. Non possiamo metterlo in atto così presto, non tutti i bambini sono pronti. E con il mio braccio in queste condizioni, non potrò nemmeno arrampicarmi sul muro per scappare. Dopo la mia spedizione dovreste avere abbastanza tempo per prepararvi” spiegò, parlando della faccenda come se fosse un normale progetto scolastico “Non devi preoccuparti, andrà tutto bene anche senza di me”

Le braccia di Emma caddero pesantemente sul tavolo accanto a loro "Non mi interessa di quello adesso!!" Gridò disperata "Mi importa solo di TE!"

L’amico si limitò a sorridere di nuovo, lasciando che tracce di sincerità emergessero "C'è molto di più in gioco in questo momento"

“Di più? Tu sei fondamentale! Non ti lascerò andare incontro alla morte, abbiamo promesso di combattere e sopravvivere insieme!” I polpastrelli delle dita della ragazzina tremavano sulla superficie del tavolo, premuti con forza. "Te l'ho detto, non voglio un futuro senza di te!" la sua testa scattò verso di lui, un'espressione devastata sul viso.

La mano libera del ferito raggiunse una delle sue, con cura e tocco gentile. Era calda... ma se non fossero intervenuti a breve sarebbe diventata fredda.

Non voleva dire addio a quel sorriso, per quanto non le piacesse quello che aveva sul viso in quel momento; un simbolo di resa verso la sua morte imminente...

“Quel futuro è ancora possibile, puoi ancora vivere felice con la nostra famiglia. È un desiderio di entrambi, no?"

Lei scosse la testa "Ho bisogno che ci sia anche tu!"

“Lo sarò, in qualche modo. Finché lotti per i nostri ideali e non ti arrendi mai…”

Emma non poté trattenere una smorfia, per quanto fosse vero e per quanto avessero deciso che avrebbero continuato ad andare avanti in caso uno dei due non fosse sopravvissuto, la separazione era qualcosa che avrebbe sempre cercato di evitare fino all’ultimo, qualunque cosa potesse accadere. Non voleva percorrere quella strada, quella in cui avrebbe dovuto guardare un mondo senza la sua presenza, ma solo i ricordi di lui.

Non voleva arrivare a questo. Avrebbe prima combattuto per la sua vita, piuttosto che arrendersi fin da subito e lottare solo per il suo onore.
Voleva che fosse presente per sentire la sua risposta.

“Mi hai detto di non arrendermi, ma anche tu non dovresti. Non quando c'è ancora speranza. Non vuoi camminare anche tu accanto a me?”

Norman tentò di nuovo un sorriso, ma fallì miseramente "...Certo che lo voglio"

Certo che lo voleva, non era affatto allettato dall’idea di morire, semmai era terrorizzato. Con tutto quello che stava succedendo, non poteva desiderare qualcosa di meglio di un futuro al fianco dell’amata.

“Allora per favore, per quanto difficile possa sembrare, non mollare! Possiamo ancora farcela se ci impegniamo tutti duramente!” Lei lo incoraggiò, cercando di trasmettergli un po' di positività “Ma se sei già deciso a rinunciare non saremo in grado di fare nulla dal principio! Dobbiamo aggrapparci al nostro obiettivo, con tutto quello che abbiamo!”

Lei scambiò la presa di Norman con la sua, stringendogli le mani e cercando quanto più possibile di infondergli coraggio "Possiamo ancora afferrarlo se entrambi tendiamo la mano!"

Per favore, non rinunciare già a quel futuro. Combatti con me altrettanto duramente. Combatti per vedere la luce dei nostri nuovi giorni.
Combattiamo per condividere la nostra vita in libertà..

Gli occhi di Norman si fecero stanchi e le sue palpebre pesanti. Un piccolo sorriso sbocciò sulle sue labbra, mentre lasciò che la sua testa cadesse in un cenno "Lo farò..."

Emma sospirò, permettendosi finalmente di sorridere. Guidò la testa verso l’amico e appoggiò la propria fronte sulla sua, braccia avvolte intorno alla vita dell’amico in un abbraccio caloroso, dal quale cercava di non far trasparire la sua disperazione "Grazie..."

 

 

Il sole sorse e così il piano continuò...

Ma una dopo l’altra, arrivarono sempre più realizzazioni terrificanti. 

Quando Emma fece ritorno alla Casa dopo la spedizione, sperò, pregò, che i suoi occhi non incontrassero quelli di Norman. Desiderò con tutto il cuore di non vederlo nel gruppo, saperlo nascosto da qualche parte dopo aver disattivato il suo trasmettitore.

Invece, il suo cuore sprofondò, cadendo in un vuoto e angoscia strazianti.
Grandi quanto il vuoto che i suoi occhi avevano visto dall'alto del muro.

Un burrone.
Dall'altra parte del muro c’era un burrone. E circondava tutto il perimetro di Grace Field.

Avrebbe voluto infuriarsi con Norman, gridare disperatamente contro di lui, proprio come Ray aveva fatto non appena trovato un momento solo per loro tre di parlare, ma sapeva che non sarebbe servito a niente.

Il suo geniale amico aveva ragione come sempre, non c'era modo che un fratello non fosse sacrificato al suo posto se avesse deciso di nascondersi. Per escogitare un buon piano avevano bisogno di preparativi e anche se fossero riusciti a fare qualcosa prima che Norman fosse spedito prima della sera stessa, attraversare il precipizio sarebbe stato estremamente difficile con il braccio ancora rotto.

Avevano bisogno di tempo...
Ma lei aveva bisogno che Norman vivesse.
Quindi fece l'unica cosa che il suo cuore riuscì a suggerirle in quel momento...

 

 

Isabella chiamò tutti a raccolta alcune ore dopo. Era ancora un po' presto per la spedizione di Norman, infatti non aveva ancora ricevuto i vestiti per l’occasione. La cosa non aveva confuso solo lui, ma anche Ray, suscitando in loro una strana sensazione.

Tuttavia, si riunirono come ordinato con tutti i bambini per incontrare la Mamma.

Perché li aveva chiamati? Le lancette dell’orologio ancora ticchettavano: non era sera, non si era cambiato, non aveva preparato la valigia né aveva ricevuto alcun segnale che la separazione sarebbe avvenuta a breve.
Eppure sembrava tutto si fosse fermato. 

“Sapete cosa stia succedendo?” chiese Ray a Gilda e Don, ovviamente con tensione e frustrazione nella voce, cercando però di non dare di matto.

Gilda scosse la testa, la sua espressione piuttosto preoccupata “Non ne abbiamo idea. All'improvviso ci ha chiesto di far venire tutti qui perché aveva qualcosa da annunciare”

"Non mi piace, c'è qualcosa di losco nell'aria..." commentò Don, provando un forte disagio.

Era chiaro per loro, che conoscevano la verità, che c'era nell’aria una svolta estremamente inquietante...

"Dov'è Emma?" chiese Ray, non vedendola in giro. L'ultima volta che l'aveva vista gli aveva detto che sarebbe stata con Gilda.

“Stava facendo la doccia, ma arriverà a breve. La mamma lo sa già…”

“Miei cari bambini, ho un annuncio speciale da fare!” Isabella interruppe la loro conversazione, attirando l'attenzione di tutti.

"Oh?" "Che cos'è?" “Si tratta dell'adozione di Norman?”

Isabella lanciò un'occhiata a Norman, tutti si girarono verso di lui "Come forse saprete, stasera Norman sarebbe dovuto partire per andare nella sua nuova casa..."

Sarebbe dovuto?

"Tuttavia, c’è stato un disguido, quindi la sua adozione è stata posticipata, rimarrà con noi ancora per un po'!"

Tutti nella stanza esplosero in applausi felici. Alcuni erano sinceramente grati di averlo lì, altri invece lo guardavano con dispiacere, provando empatia sul fatto che non avrebbe incontrato la sua famiglia a breve come sperato.

I volti di Norman, Ray, Gilda e Don si bloccarono, le loro espressioni più confuse che mai.

Non potevano crederci, com'era possibile?

Era troppo bello per essere vero, la sua spedizione era stata davvero rimandata a causa del suo braccio? Isabella aveva detto il giorno prima, quando l'aveva ferito, che potevano fare un'eccezione per lui, come miglior prodotto della fattoria.

Allora perché…

“Tuttavia, oggi sarà comunque un giorno speciale, perché qualcun altro ha avuto la fortuna di trovare una nuova casa!” Isabella giunse le mani, provocando la curiosità della maggior parte dei bambini e lo shock dei quattro ragazzi più grandi, oltre alla confusione di pochi altri.

Prima ancora che potessero immaginare che qualcun altro avrebbe preso il posto di Norman, prima che potessero realizzare di chi potesse essere, Isabella si spostò un po' di lato, aprendo il braccio per accogliere il bambino fortunato che sarebbe partito quella notte.

La sua antenna arancione rimbalzava nell'aria, non ancora nascosta dalla trappola dell'elegante cappello.
La gonna a balze le danzava attorno ai fianchi, mentre il suo corpo si mosse in avanti concitato, con le mani giunte dietro la schiena.

Emma era in piedi davanti a tutti, già vestita con l'elegante divisa riservata alle ragazze che partivano da Grace Field House.
Divisa riservata alle fortunate ragazze scelte per l'adozione.
Uniforme riservata alle ragazze che avrebbero incontrato la morte al tramonto.

 



"Cos’hai appena chiesto...?"
Isabella era in piedi di fronte a lei, le braccia incrociate ma la sua espressione non lasciava spazio alla sorpresa. 

"Vorrei essere spedita al posto di Norman stanotte"

Isabella dovette ammettere che le parole della ragazza non se l'era aspettata, anche se avrebbe dovuto calcolare questa possibilità. Alcuni altri bambini in passato le avevano chiesto di essere adottati con i loro amici in passato, ma lo avevano fatto non essendo a conoscenza della verità, a differenza di Emma.

Stava chiedendo di morire al posto del suo amico.
Pensarci è una cosa, chiederlo e condannare se stessa è ben altra storia. 

“Cara, non è possibile. La spedizione è stata programmata per Norman, non per te. Se davvero desideri unirti a lui il prima possibile, stai tranquilla, non dovrai aspettare più del tuo dodicesimo compleanno” 

"Ci deve essere una possibilità."

“La spedizione di Norman è stata un ordine speciale fuori programma, altrimenti lo avremmo spedito il giorno del suo compleanno a Marzo. Quindi temo di non poter davvero accettare la tua richiesta"

Emma lanciò a Isabella uno sguardo di sfida, era decisa a non perdere quella battaglia, le sue parole non l'avrebbero abbattuta "Ci sarebbe solo da guadagnare da questo scambio"

Isabella la guardò con curiosità, ma ricambiò il tono provocatorio "Oh. Tu la pensi così?"

"Non lo penso, lo so." Emma insistette, facendo qualche passo avanti “Il braccio di Norman è rotto, anche se hai detto che sarebbe stata fatta un'eccezione sono sicura che chiunque sia il tuo capo non sarà così felice”

"Hm, lo ammetto, il bestiame danneggiato è sempre uno sfortunato evento..."

Il cuore di Emma sussultò, disgustato dalle parole di Isabella per definire Norman e tutti loro. Quasi come se fossero un mero alimento, un animale e nient'altro.

Tutti loro erano molto di più...
Norman era molto di più...

"Invece, se spedisci me, sarai comunque in grado di inviare un prodotto di massimo livello e per lo più illeso." Cercò di usare un linguaggio simile a quello di Isabella, sebbene la mettesse in enorme disagio. Doveva essere il più convincente possibile e parlare la stessa lingua per poterla convincere.

“So di non essere intelligente quanto Norman, nessuno lo è, ma puoi sempre spedirlo quando sarà guarito e darmi come antipasto. La mia qualità non aumenterà molto per solo qualche mese di stagionatura in più, ma Norman ha i punteggi più alti tra tutte le fattorie di Grace Field, giusto? Lui sì che può maturare se lo spedisci più tardi, anche se non sarà come al suo dodicesimo compleanno"

“...”

“E avresti anche meno problemi con me fuori dai piedi”

"Come mai? Norman è molto più minaccioso, visto il suo acume”

"Sì, ma combatterei altrettanto ferocemente"

“Potrei solo spezzarti qualche ossa” minacciò Isabella con voce bassa e minatoria ma sorridendo, facendo calare un senso di terrore sulle viscere di Emma.
Non permise però al suo corpo di darne la prova, cercando di seguire i suggerimenti di Krone.
Continuò a sfidare Isabella con gli occhi, mantenendo la sua posizione saldamente.

Isabella sembrò percepire la convinzione di Emma "Come faccio a sapere che la tua proposta non è solo un trucco per guadagnare più tempo per una possibile fuga?"

“Se fosse stata mia intenzione mi sarei ribellata molto prima per evitare che qualcuno venisse spedito nel frattempo, in fondo tutto questo era il mio piano; Io sono la mente” e in un certo senso era vero.
Anche se Norman aveva dato le idee di base e Ray offriva gli elementi per realizzarle, era lei che le portava avanti, che teneva unito il gruppo.

Isabella sospirò "Va bene, diciamo che proverò a proporlo al quartier generale... perché mai vorresti fare una cosa del genere?" chiese guardandola dall'alto. "Perché vorresti morire prima del necessario?"

Emma abbassò leggermente la testa, cercando le parole giuste che descrivessero i suoi sentimenti. “Norman…”

“Hm?”

"Lui mi ama…"

“Sì…” confermò interessata Isabella “Lo so”

“È solo un mio desiderio egoistico e personale. So che morire davanti ai suoi occhi lo distruggerebbe e non vorrei mai che soffrisse, ma questo è ciò che mi dicono i miei sentimenti. Non voglio vedere Norman partire, non voglio sopportare il dolore che verrà, né sorridergli quando mi lascerà…”

Il silenzio calò per un momento, gli occhi di Isabella non lasciarono la figura di Emma. La sua voce commentò lentamente "Lo ami."
Non fu una domanda, ma un'affermazione, per quanto potesse sembrare la prima opzione.

Ciò nonostante, che fosse vero o meno, Emma non rispose né confermò quell'osservazione.

La donna sospirò, cercando di mantenersi composta e di non lasciarsi sopraffare dal suo senso di immedesimazione "Emma, il dolore cesserà se ti arrendi... e alla fine potresti anche sopravvivere." Disse, costringendo Emma ad alzare la testa e guardarla con aria interrogativa.

“Sei una dei prodotti migliori mai nati in questo sistema e hai tutte le caratteristiche per essere la migliore Mamma. Se ti raccomandassi come cadetta quando compirai 12 anni, potresti essere istruita per diventare una Sorella, avere un figlio tuo e forse diventare la Mamma di una fattoria.” Spiegò, esponendo ad Emma molti argomenti che trovava validi.

“Potresti anche diventare addirittura Nonna un giorno, so di cosa sei capace. Se lavori sodo, sopravviverai e sarai in grado di sopportare il dolore…”

Isabella le si avvicinò e posò le mani sulle guance della ragazzina, un gesto che sembrava tutt'altro che affettuoso, ma che forse ne conservava qualche piccola traccia. "Perché buttare via tutto questo per una fine certa?"

Il labbro inferiore di Emma iniziò a tremare.
Tutto ciò... sembrava orribile.

Percorrere lo stesso sentiero di Isabella? Lavorare per quelle persone? Dare alla luce il proprio figlio per obbligo e non per amore? Lasciar andare un figlio che avrebbe potuto imparare comunque ad amare e condannarlo?
Crescere bambini, fingere di amarli o addirittura farlo per davvero solo per finire con  l’accompagnarli ad una morte prematura?
Contribuire a questo sistema che voleva uccidere la sua famiglia?
Incamminarsi su un percorso che avrebbe sicuramente disonorato le vite perdute dei suoi amici e tutte le vittime passate?

Certo, avrebbe potuto ancora tentare la fuga se Norman fosse stato spedito. Seguire le orme di Isabella non era l'unica scelta.
Ma lei non voleva lasciarlo morire, e non lo avrebbe permesso, non se poteva fare qualcosa al riguardo.

Lo avrebbe fatto arrabbiare, si sarebbe sentito tradito, ma era proprio quello che le urlava di fare il suo cuore testardo e impetuoso.

“Perché preferirei tenermi stretto il mio amore fino alla fine e portarlo con me nella tomba, piuttosto che lasciarlo seccare e sputargli addosso” Rispose ferocemente, i suoi occhi scuri e determinati, con un tono provocatorio.

Il sorriso di Isabella si spense e anche se non espresse apertamente rabbia, si sentì chiaramente infastidita dalle parole di Emma, ritirando le mani dal viso della ragazza, in modo più brusco del previsto.

“Puoi anche dire che ti ho dato problemi o che ho scoperto la verità e che dovevi sbarazzarti di me il prima possibile…” offrì, attenuando il tono di sfida, passando a uno più collaborativo. “Questo è il mio ultimo e unico desiderio che ti chiedo, da figlia a madre…”

Dopo alcuni secondi senza che una mosca volasse, la bocca della donna si aprì, ma non cambiò il suo sguardo duro sulla ragazza.

"Va bene" parlò con una voce neutrale, forse la più priva di anima che avesse mai dimostrato. "Vedrò cosa posso fare. Non ti assicuro nulla, ma considera questo come il mio regalo d'addio per te, come madre.”

La forma dei suoi occhi si acuì, da lontano, le pupille potevano sembrare sottili come quelle di un felino "Ma sappi che se lo amassi davvero, avresti potuto fargli un regalo d'addio migliore della tua condanna a morte"

Si voltò, segnalando a Emma che la loro conversazione era finita. Una volta che sentì la porta chiudersi dietro di lei, gli occhi della donna persero la loro furia nascosta, lasciando trasparire l'amarezza che provava dentro.

Era sia il dolore che provava per i due bambini e il loro legame, sia per quei tanto odiati ripensamenti che le perseguitavano l'anima per ogni scelta che aveva fatto...

I veri occhi da felino, della tigre, erano quelli della ragazza fuori dalla porta.

"No mamma, il mio regalo d'addio sarà un biglietto di sola andata per la libertà... per il futuro che abbiamo sognato insieme."

Una tigre sconfitta che era pronta per l'ultimo ruggito.

 


 

La desolazione cadde sulla maggior parte dei ragazzi più grandi.

Gilda e Anna erano chiaramente terrorizzate, Don e Nat storditi, Thoma e Lani in preda al panico… Ray in preda alla rabbia e lo shock...

Norman invece vestiva un’espressione indecifrabile. Con i suoi occhi azzurri spalancati e fissi sulla ragazza, tutto il suo corpo sentiva il bisogno di crollare, sotto quel peso improvviso materializzato nel suo stomaco.

La gola gli bruciava e non riusciva a fermare il tremolio delle mani.

Perché…? Come…? No…

“EMMA!?” Tutti i bambini urlarono ancora più sorpresa di prima.

Nessuno l'aveva previsto.

"Emma, stai per essere adottata!?" Phil alzò la voce, correndo verso di lei "E te ne vai stasera!?" Non poteva crederci.

Emma gli offrì un sorriso dispiaciuto “Mi dispiace, è stato molto improvviso, non ci potevo credere neanche io!”

“Ma non abbiamo avuto il tempo di organizzare una festa di addio! O giocare assieme un'ultima volta!” Jemima strinse le mani intorno alla gonna della sorella maggiore.

“Sì, ma non devi preoccuparti! Possiamo sempre giocare la prossima volta che ci incontreremo! E vi scriverò spessissimo nel frattempo!”

Anche Chris si avvicinò, gli occhi lacrimanti "Ma nessuno fino ad ora l'ha fatto..."

Il sorriso di Emma non vacillò, mantenendo un atteggiamento positivo “E allora farò in modo di essere la prima! E prometto che ci incontreremo di nuovo un giorno!” Ma spero che quel giorno sia il più lontano possibile...

I volti dei bambini non erano molto confortati dalle sue parole, quindi si inginocchiò con un ghigno luminoso "Ho mai infranto una promessa?"

“No…” Phil tirò su col naso, asciugandosi le lacrime dagli occhi.

“Allora credici! Ci incontreremo sicuramente un giorno!” Disse accarezzando la guancia di Phil, per poi portarlo tra le sue braccia e stringerlo a sé.

Mentre la sua mano gli accarezzava la schiena, sollevò la testa, incrociando gli sguardi dei suoi amici più grandi, soprattutto l'espressione agonizzante di Norman.

Lei offrì un cenno in sua direzione, pacifico e rilassato.
Non era pentita della sua decisione, anche se poteva sentire il cuore di Norman spezzarsi e la sua anima sul punto di lasciargli il corpo.

Era estremamente dispiaciuta... ma tutto questo era per salvare quell'anima.

 

 

"COSA HAI FATTO!?" La voce di Ray risuonò nella stanza dove i tre ragazzi più grandi si erano riuniti prima della spedizione, dato che Emma aveva ancora bisogno di preparare la valigia.

Il corvino la teneva per il tessuto della giacca, controllandosi per non schiaffeggiarla.

“Quindi non era un cambio di programma da parte del quartier generale! Sei andata a cercartela!!" Ruggì, la rabbia gli bruciava dentro.
Con la coda dell'occhio poteva vedere il corpo di Norman dietro di lui, ma il ragazzo non accennava a essere nemmeno lontanamente reattivo.

Emma non sembrava molto a suo agio in quella posizione, il suo corpo pulsava per reagire, ma cercò di mantenere il sorriso stabile "L'ho fatto."

"CRETINA!"

“E non me ne pento.”

La fronte di Ray si aggrottò più di quanto non sembrasse possibile, mentre i suoi canini iniziarono ad uscire allo scoperto, da quanto la sua smorfia si era inarcata "Oh risparmiami quelle cagate!! Prima fai un gran casino e dici a Norman di non arrendersi... e ora fai lo stesso?"

La sua voce era squillante e dura, ma per loro fortuna non era così udibile dall'esterno.

"Sì."

“Brutta ipocrita!!” ruggì Ray nuovamente, facendola sussultare un po' ma senza intaccare quel muro di convinzioni che si era costruita.

Improvvisamente, una voce tranquilla interruppe la discussione "Ray..."

Il sussurro di Norman fece tacere entrambi. Il braccio del corvino si allentò un po', finché non permise a Emma di liberarsi dalla sua presa. Non si voltò nemmeno, né risparmiò ulteriori sguardi per lei. Si limitò ad avviarsi verso l'angolo più lontano della stanza e a voltarsi di spalle.

Su di loro cadde un silenzio imbarazzante, Norman aveva difficoltà a trovare le giuste parole.

“È vero” ammise Emma all’improvviso “Sono ipocrita, ma questo è solo perché ho capito che Norman aveva ragione. Se la sua spedizione non fosse avvenuta, qualcun altro sarebbe morto. Non potevamo aspettarci che uno dei nostri fratelli prendesse il suo posto, né sarebbe stato giusto chiedere a Norman di fare questa scelta e portare un tale fardello...”

Si voltò verso il ragazzo dai capelli bianchi e affermò con totale tranquillità: “Così ho fatto io quella scelta e ho preso il tuo posto”

"Davvero non dovevi..." I pugni di Norman si strinsero.

Emma sorrise tristemente “Lo so, ma volevo. Non è che non veda l'ora di farlo, ma non voglio nemmeno che tu muoia. Dopo la mia spedizione avrete ancora la possibilità di scappare, magari elaborando un piano più grande e sicuro, che permetta a tutti di fuggire senza rischiare più del dovuto. Alla fine è solo un piccolo scambio!”

Ray ringhiò a bassa voce "Hai perso la testa..."

Emma sentì le sue parole e ridacchiò “Forse, ma non torno indietro su questa decisione. E comunque ormai è troppo tardi!”

Per la prima volta in assoluto, sentì Norman implorare "Per favore, non farlo... puoi scappare"

Si morse il labbro, la tristezza le colmò il cuore nel vederlo così... perso “Mi dispiace... ma non ti permetterò di sopportare un fardello come questo. Ti ho già dato abbastanza rogne e pesi da addossare quando ti ho convinto a salvare anche gli altri. Spalancò le braccia, posando in un modo molto familiare.

Uno che Ray detestava ogni giorno di più.

"Mi sto solo assumendo le responsabilità delle mie scelte e dei miei desideri."

Portò le mani sul cuore “Questo è ancora il mio desiderio. So che è chiedere molto, ma per favore, porta avanti il piano e porta con te i nostri fratelli. Mi prenderò cura io delle conseguenze, come giusto che sia. E’ una mia richiesta egoistica, non potrei chiederti di essere spedito per questo"

Non menzionò che la spedizione di Norman era stata una richiesta speciale dai quartieri alti, credendo opportuno evitare che pensasse che sarebbe successo comunque, anche se non l’avesse assecondata.
Forse però, avrebbero davvero potuto evitarlo, scappando senza gli altri, motivo per cui era giusto che lei prendesse il suo posto. Era lei la ragione principale per cui il piano era cambiato.

Norman si irrigidì, finalmente parlando a voce più alta “Ero pronto a farlo!! Il piano è in gran parte tuo, se non lo guidi tu…”

Lei inclinò un po' la testa, mantenendo un dolce sorriso "Ehi... so di essere abbastanza egoista, ma anche tu non scherzi"

"Egoista!?"

"Non sul sacrificarti, sei la persona più altruista che conosca... ma sul fatto che tu puoi farlo e io no"

Il ragazzo la guardò perplesso, ma anche chiaramente innervosito. Lentamente, stava perdendo la calma.
O forse stava solo uscendo dalla fase di shock. "Che cosa!?"

"Sì, ti comporti come se solo tu potessi usare te stesso per fare qualsiasi cosa per la persona che ami" sbottò lei, non intendendo davvero ammettere ciò che si era lasciata scappare in quel modo e momento.

Sentì il bisogno di coprirsi la bocca, ma dallo sguardo sul viso dell’amico, capì che era troppo tardi per fare marcia indietro.

Impacciatamente inclinò leggermente la testa di lato, lasciandosi finalmente sfuggire una risatina "Anche io ho il diritto di proteggere la persona che amo... Giusto?"

Norman si ritrovò senza parole. I suoi occhi erano lucidi, ma nessuna lacrima osava scendere sulle guance. Una calda sensazione gli invase il petto e il cuore, ma presto esplose in qualcosa di ardente, che si sovrapponeva a qualsiasi gioia.

Era un dolore, un dolore atroce.

La sua mano afferrò il tessuto della camicia, cercando di trattenere quelle emozioni travolgenti, ma fu inutile.

Sentì due braccia avvolgerlo e guidarlo in un abbraccio, ma il suo corpo non osò ricambiarlo “Fammi esprimere questo desiderio egoistico... so che ne ho già chiesti tanti e sono stata piuttosto ingiusta a scaricarti addosso tutto questo. Ho solo dato problemi a te e Ray, ho persino reso tutto più doloroso che mai, ma non potevo davvero rinunciare..."

Alzò lo sguardo su Ray, facendogli segno di avvicinarsi. Il corvino sembrava parecchio riluttante, ma le sue gambe lo portarono dai suoi due amici, venendo poi incluso nell'abbraccio.

“Spero che mi perdonerete. Per favore, tenete la famiglia al sicuro e restate uniti…” mormorò alle loro orecchie.

La mano di Ray le raggiunse la schiena e strinse il tessuto della sua divisa, le lacrime gli sgorgarono dagli occhi per la frustrazione "Dannazione...!" Singhiozzò con amarezza.

“Grazie… ho avuto una vita meravigliosa. Nonostante tutto, nonostante il mio atteggiamento e la mia stupidità, voi due mi avete accettata, amata e sopportata. Me e la mia testardaggine, fino alla fine. Siete i migliori amici del mondo e non vi sarò mai abbastanza grata.”

Trattenne le lacrime che volevano fuoriuscire “Per favore, non rinunciare mai a vivere. Voletevi bene e siate felici con la nostra famiglia!”
I due ragazzi non riuscirono a rispondere, quindi si permise di continuare "Ray, prova a sorridere di più, ok?" Suggerì in tono scherzoso.

Ma lui strinse solo i denti, il dolore in costante crescita. 

“Norman…” chiamò lei, ma lui non si mosse di un centimetro “Cerca di aprirti un po' di più e condividere i tuoi pesi con gli altri, ok? Dopotutto siete una famiglia, non devi accollarti tutto da solo”

Ancora una volta, lui non si mosse né rispose, ma la ragazza capì che le sue parole erano sufficienti e non serviva insistere o fare pressioni. Lentamente si staccò dall'abbraccio e fece qualche passo indietro "Assicurati di vincere questa partita di acchiapparella... o di scacchi, va bene?"

Sapeva di non essere la più intelligente tra loro, anche se faceva sempre del suo meglio, quindi confidava che avrebbero sfruttato a loro vantaggio la caduta del suo pezzo degli scacchi. Il sacrificio di una pedina, per arrivare allo scacco matto.

Ce la potevano fare.

Dopotutto, giocavano sempre insieme contro la mamma. Non avevano mai vinto prima, ma ora ce l’avrebbero fatta.
 

 

“Salutate Emma” incoraggiò Isabella i bambini, per offrire i migliori auguri e per condividere gli ultimi abbracci.

Prima di incontrarsi nuovamente con la donna per partire, Emma aveva avuto occasione di parlare in privato con altri ragazzi, in particolare con Gilda.

Sua sorella non aveva preso affatto bene la sua scelta, ma non poteva biasimarla. L'unica cosa che la ragazza dai capelli rossi poté fare fu sorreggere l’altra mentre piangeva disperatamente.

Gilda aveva ancora gli occhi gonfi e rossi per la seduta di pianto. Solo i suoi occhiali potevano rendere meno evidente lo sgomento e nascondere i segni delle lacrime. Anna non era altrettanto così fortunata, ma riuscì a trattenersi meglio della sorella maggiore al suo fianco.
Nessuno dei ragazzi più piccoli sospettò il vero motivo delle lacrime delle ragazze.

"Emma..." piagnucolò Phil. Non era pronto a lasciar andare la sua sorella preferita. Voleva passare più tempo con lei; divertirsi, ascoltare le sue favole della buonanotte, condividere i pasti, darsi più abbracci...

...Scoprire di più sul punto di riferimento che ammirava di più.

"Phil, andrà tutto bene" disse lei, abbracciandolo un po' più forte del previsto e lasciando che le sue emozioni prendessero il sopravvento, almeno parzialmente "Puoi farmi un favore?"

"Qualsiasi cosa…"

“Prenditi cura di Norman, Ray e degli altri per me, va bene?”

Rimase sorpreso dalla sua richiesta, ma non esitò ad assicurarle di soddisfarla “Prometto che lo farò! Lascia fare a me!"

Lei annuì rassicurata “Fai in modo che non diventino tristi e cupi. Lavorate con gli altri affinché stiate tutti uniti...”

Di nuovo incontrò un cenno del capo.

“Infine…” abbassò la voce per avere un po' più di privacy per la sua prossima richiesta.

“...Per favore, assicurati che Norman continui a sorridere” indicò con la testa il ragazzo, che era in piedi dietro gli altri fratelli.

"Oh..." Phil guardò nella stessa direzione. Vedendo lo stato molto insolito del fratello maggiore, e cogliendo l'urgenza della richiesta di Emma, annuì “Certo, me ne assicurerò. Mignolino mignoletto!”

Emma ridacchiò, allungando il mignolo e intrecciandolo con quello di Phil “Grazie mille. Stai al sicuro e sii felice” disse poi, accarezzandogli un po' la spalla.

In fondo alla stanza, lontano da loro, la testa di Norman era ancora bassa, incapace di guardare davanti a sé.

Qualcosa, qualsiasi cosa... aveva bisogno di agire.
Non poteva permettere che ciò accadesse, doveva trovare una soluzione e salvare Emma, a tutti i costi.
Si era ripromesso che Emma sarebbe stata sana e salva, sempre con un sorriso sul volto. Il suo obiettivo principale era quello.

Allora perché non riusciva a pensare a qualcosa? Era un genio, no? Il prodotto dai punteggi migliori di Grace Field.

"Perché? Perché non mi viene nulla?!” gridò internamente, mentre si toccò con la mano libera il lato della testa, afferrandosi delle ciocche di capelli e stringendole fortemente. Le sue unghie penetrarono leggermente nella pelle del suo cranio, ma ignorò il dolore "PERCHÉ NON RIESCO A PENSARE A NULLA!?"

Non era intelligente? Non era capace? Non era abile?

Allora perché non poteva nemmeno proteggere la persona più importante della sua vita?
Più che mai ne aveva bisogno, gli serviva che il suo cervello funzionasse, doveva vincere questa battaglia.

 Allora perché, proprio in quel momento, non era in grado di farlo.
Perché stava fallendo? Perché stava perdendo contro Isabella…? Perché quando Emma ne avrebbe pagato il prezzo più alto?

Stava lasciando morire la ragazza che amava e tutto perché si era arreso e lei no, portandola a fare una scelta folle.
La stava lasciando andare perchè non riusciva a pensare a niente per fermarla, niente che non avrebbe causato altri problemi più grossi.

Il vuoto.
Il suo cervello era vuoto, niente aveva più senso e il petto dolorante, come se si stesse lacerando e bruciando. Non importa quanti sforzi stesse facendo; più cercava di escogitare qualcosa, ogni tentativo disperato possibile, più gli faceva male la testa.

Non sarebbe più stato in grado di svegliarsi e guardare il suo viso sorridente.
Non sarebbe stato in grado di sentire la sua voce.
Non sarebbe in grado di percepire quella natura amorevole.
Non sarebbe riuscito a vederla felice.
Non sarebbe stato in grado di sentire il suo calore, la luce brillante del suo sole.

Quel sole avrebbe presto cessato di splendere. Il suo calore si sarebbe spento. 
Il senso di colpa, paura e fallimento lo stavano mangiando vivo.

Era arrabbiato. Imbarazzato. Deluso… 

Disperato.

Così perso che non capiva nemmeno più cosa stesse succedendo. Per la prima volta nella sua vita, si sentiva come se non avesse alcun cervello, nessuna mente di cui fidarsi e strumento per giudicare e valutare.
 

Salvala. Fai qualcosa. Non essere così stupido.

Perdente.Vigliacco.Delusione.

Hai perso la tua più grande battaglia.

Guarda cos'hai fatto.
Guarda quanto hanno aiutato i tuoi sentimenti.

Guarda quanto contavano le tue parole.

“Ray non è venuto?”

"Probabilmente è ancora permaloso…"

Reagisci!

"Capisco…"

Hai fallito te stesso. Hai fallito la tua famiglia. Hai fallito lei, la tua migliore amica, un raggio di speranza, il tuo amore.
Solo un fallimento.

Non lasciarla andare.

“Allora… me ne vado.”

Non lasciarla andare...

Il suo corpo si mosse da solo, avvicinandosi come un morto che cammina.
Anche i bambini più piccoli, sentendo una strana aura emanata dalla sua forma silenziosa, si scostarono per lasciarlo passare.

Alla fine si fermò davanti a lei, mentre il silenzio calò intorno a loro. 

Un sorriso le abbellì le labbra "Norman..."

Non la degnò di una risposta, le borse sotto i suoi occhi spenti parlarono per lui.

"Grazie di tutto"

Se solo potesse seguire di più i suoi sentimenti e le sue emozioni, se solo potessero fare di loro il suo motore, invece del suo fallito cervello, forse avrebbe potuto agire in questo momento. Avrebbe potuto tentare qualcosa, anche se avventato e spericolato.

“Grazie per essere sempre stato al mio fianco”

Ma non lo fece.

"Grazie per esserti preso così tanta cura di me"

E si odiava per questo.

Doveva essere lui, non lei.

"Hm..." Fu tutto quello che riuscì a pronunciare.

Emma sentì il proprio cuore frammentarsi in mille pezzi.
Era così dispiaciuta… addolorata.

Così rammaricata di non potergli dare la risposta adeguata che meritava, quella che aveva promesso. Così dispiaciuta che avesse potuto solo accennare a quanto tenesse a lui e averlo fatto soltanto poco prima di andarsene per sempre. Così affranta di aver portato via una parte del loro sogno.

Ora capiva parzialmente come mai Norman le aveva confidato di non volerle rivelare dei suoi sentimenti.
Ma se non l'avesse mai saputo... come sarebbe andata a finire?

Probabilmente i loro ruoli sarebbero stati invertiti.

Forse era solo destino che non potessero camminare fianco a fianco, almeno fisicamente.
Avrebbe voluto poter combattere quel destino.

Sentì una mano allungarsi verso la sua e la guardò; le dita di Norman erano debolmente avviluppate alle sue.
Alzando di nuovo lo sguardo, verde smeraldo e azzurro si incontrarono, a pochi centimetri l’uno dall’altro… e qualcosa dentro di lei si guastò.

Emma si ritrovò incapace di muoversi, il peso del suo corpo guidato dall’istinto.
Le loro fronti si toccarono e poté percepire il peso della testa stanca di Norman, pesante tanto quanto lo fosse tutto il suo corpo e la sua anima in quel momento.
Lui rimase lì, sentendosi perso e vuoto, senza nemmeno riuscire a versare una lacrima.

Entrambi attesero, rimasero fermi a respirare con le mani giunte.

I bambini intorno avevano emozioni piuttosto contrastanti: alcuni si sentivano imbarazzati o disgustati, distogliendo lo sguardo, altri invece erano in soggezione.
Probabilmente anche i ragazzi più grandi avrebbero trovato la scena estremamente carina e intima se non avessero saputo quanto quel momento fosse disperato e straziante sia per Norman che per Emma.

La ragazza mise un po' più di forza nella sua spinta sulla fronte, inspirando un po' e trattenendo un singhiozzo. Norman in risposta fece lo stesso e strofinò con più pressione la propria testa contro quella di lei, mentre le loro dita danzavano l'una intorno all'altra, stringendosi forte.

“Non mollare mai…” sussurrò lei, sentendo solo un mormorio di risposta, intriso di dolore e sentendo la sua testa abbassarsi un po' in risposta.

Due mani si posarono sulle spalle della ragazza, mentre una voce agghiacciante le sussurrò all'orecchio "È ora di andare, Emma"

Mentre il corpo di Norman si ghiacciò, Emma si limitò a lasciarsi andare e si voltò verso il viso della mamma “Ok mamma!"

Le mani di Isabella non si staccarono subito dalle spalle di Emma, percorrendo il corpo della giovane e allontanandola dall'amico.

Dopo essersi accertata che Emma non fosse più alla portata di Norman, la bocca di Isabella si avvicinò al lato della testa del ragazzino e parlò dolcemente, abbastanza a bassa voce da non essere sentita dagli altri bambini “Non rendere le cose più difficili per entrambi”

Se solo avesse avuto la freddezza, l'impetuosità e il coraggio di usare quel suo gesso al braccio per colpire Isabella alla tempia e liberarsi della persona che stava accompagnando Emma alla morte.

Ma non lo fece.

Mamma Isabella si allontanò, lasciando il ragazzo nel suo stato di desolazione. Raggiunse Emma e raccolse la sua valigia ovviamente vuota, mentre la ragazza si sistemava il cappello in testa.

Le mani di Emma poi andarono ai lati della sua bocca e inspirando più che poteva urlò “Ehi Ray! La prossima volta che ci vedremo ti prenderò a pugni in testa per non essere venuto a salutarmi!”

Tutti i bambini iniziarono a ridere e persino Isabella simulò una propria risatina, ma i fratelli consapevoli della verità non fecero altro che chiudersi ancora di più in loro stessi.
Era sicura che anche Ray, nascosto chissà dove, l'avesse sentito e probabilmente avesse fatto una smorfia, ma voleva salutarlo a modo suo, senza rimpianti per come stava andando a finire.

Lei era Emma, e lo sarebbe stata fino all'ultimo momento.

Con il braccio teso salutò i suoi amici e fratelli, facendo, offrendo loro il sorriso più grande che potesse improvvisare e sperando che Norman potesse almeno intravederlo.
Fortunatamente per lei, non gli sfuggì alla vista, rendendo i suoi occhi leggermente visibili solo per lei, un'ultima volta.
Tuttavia, non ricambiò e lei stessa non se la sentì di biasimarlo. Era sicura che nei suoi panni si sarebbe comportata allo stesso modo.

"Questa volta ho sorriso per te Norman... spero che ti aiuterà tanto quanto il tuo ha aiutato me"

Passando di fianco alle scale con Isabella, Emma percepì lo sguardo di Ray su di lei, anche se quando si girò in sua direzione lo trovò con voltato di spalle, in un punto poco visibile.

Fece un cenno con la mano e sorrise, mostrando i pollici alzati. Lui non le rispose, si limitò a guardarla con gli occhi stanchi e l'espressione consumata dalla rassegnazione e la frustrazione. 
E anche quello, lei lo capiva.

Non si sarebbe mai aspettata che Norman e Ray la salutassero con il sorriso sui loro volti, per quanto lo desiderasse. Obbligarli a sforzarsi sarebbe stato molto egoistico.

Quando si chiuse la porta di casa alle spalle e la brezza notturna le raggiunse il viso, tutta l'adrenalina iniziò a dissolversi.
Non sentiva più il calore della sua casa, ma almeno poteva ancora sentire quello dell'amore che condivideva con la sua famiglia.

 Emma e Isabella camminavano fianco a fianco sull'erba fresca, accompagnate solo da un debole canto di grilli.

“Addio, mia amata casa…”

“Sei contenta Emma?” chiese piano Isabella, interrompendo i suoi pensieri.
La domanda della donna era arrivata fin troppo all'improvviso per Emma, quindi non riuscì a trovare una risposta immediata "Dopotutto è quello che volevi"

Emma sorrise inaspettatamente “Sì. Non posso dire di aver trovato la libertà che cercavo o di aver potuto decidere da sola cosa sia la felicità, ma questa scelta è stata solo mia e non ho rimpianti”

Alzò gli occhi al cielo, lottando contro l'impulso di guardare indietro a casa sua, più lontana a ogni passo che faceva "Ero molto amata dalla mia famiglia e ho cercato di ricambiare il più possibile. Tornassi indietro, non cambierei nulla"

"Sono contenta che tu la pensi così."

"Ascolta mamma…"

Isabella la guardò.

“Per quanto tu sia il nemico, sei anche mia madre. Se ho imparato ad amare, è stato perché sono stata nutrita con l'amore che ci hai dato. Quindi, per quanto possa provare risentimento... grazie."

“...” Isabella non commentò quelle parole, incapace di trovare qualcosa da dire.

Non c'erano davvero nulla...

 
...

 

Una volta al cancello, Emma si sentì invadere dall'ansia. Ecco fatto, stava per morire.
Lei stessa ora si chiedeva dove avesse trovato il coraggio di fare una cosa del genere.

Oh giusto, era per lui.

Lo aveva fatto per lui, perché voleva saperlo felice e al sicuro, perché non sopportava l’idea che il suo sorriso amorevole svanisse per sempre.
Perché aveva sempre fatto tutto per lei e le era stato sempre a fianco.

Sorrise sinceramente, mentre il cuore le si strinse nel petto "Immagino... di aver trovato la risposta..."
Le sue mani asciugarono le poche lacrime che minacciavano di uscire.

Felicità... felicità agrodolce...

“Emma?” Isabella la richiamò.

La ragazza si voltò verso l’allevatrice, vedendola davanti ad una porta socchiusa che l’aspettava. Si avvicinò, i suoi piedi la trascinarono anche con la paura crescente nel suo cuore.

 “Per favore aspetta qui dentro per un attimo” disse poi, sostituendo il suo tono materno con uno serio e professionale.

Improvvisamente, la porta si aprì e una luce la inghiottì.

“Piacere di conoscerti, Emma”

"Eh?"

 

 

Le cose, ancora una volta, avevano preso una piega inaspettava.

Si era aspettata di morire quella notte, invece era seduta in un furgone, diretto in un posto chiamato Lambda.

“Mi chiamo Peter Ratri.”

“È il tuo nuovo papà adottivo”

"Vorresti aiutarmi con la mia ricerca?"

“Ti auguro di essere felice nella tua nuova casa…”

I suoi occhi si acuirono guardando i paesaggi naturali che passavano fuori dal piccolo vetro nel retro del furgone.

“Dopotutto…-” la voce di Isabella le sussurrò all'orecchio mentre la abbracciava per salutarla “-...il destino potrebbe benedire la tua decisione. Chissà, a breve potresti anche incontrare Norman”

Le spalle di Emma si irrigidirono, i suoi occhi si spalancarono alle parole successive...

"E anche ottenere più di quanto potresti sperare..."

Non sapeva perché fosse stata risparmiata, cosa volessero fare con lei e successivamente con Norman.
Probabilmente c'era in gioco molto di più delle motivazioni che Emma aveva offerto a Isabella per farsi spedire.

Quindi… anche Norman sarebbe stato risparmiato al suo posto...

No, non aveva più importanza.
Avrebbe incontrato Norman, vero. Ma non nel modo in cui pensavano.

Norman sarebbe scappato e anche lei.
Non sarebbe finito nelle loro grinfie, i loro piani oscuri non si sarebbero avverati, qualunque fossero.

La fuga sarebbe stata un successo, perché sapeva che Norman e tutti gli altri avrebbero lottato anche in nome suo.
E lei avrebbe fatto la sua parte, lottando per loro.

Entrambi erano vivi e le loro strade si sarebbero reincrociate. E quel giorno avrebbero di nuovo rincorso insieme quel futuro da realizzare.

“A presto… ragazzi”






 




Nota d'autrice:
Solo alcune informazioni bonus.
Isabella è riuscita a convincere Peter a spedire prima Emma perché il braccio di Norman era ferito e avrebbero potuto spedirlo comunque quando fosse guarito, prima del suo compleanno. Emma è stata risparmiata perché Peter ha escogitato un piano per utilizzare anche i geni di Emma a Lambda.
Le sue capacità fisiche sono molto elevate ed è ancora uno dei punteggi pieni del sistema delle fattorie.
Il suo piano è tenere sia Norman che Emma, lasciarli maturare e quando sarebbero di età biologicamente pronta, fargli avere uno o più figli.
Mescolando i geni dei migliori "esemplari" di sempre per creare quello perfetto. Questo è il piano che ha convinto anche Reglavalima, che è stata la causa principale della spedizione di Norman nel manga.
Trovare la formula dei prodotti migliori di sempre e poterli usare come esempi per "produrli" in fattorie di produzione di massa... Meschino, disgustoso, ma che andrebbe in linea con i metodi di Peter e Reglavalima.

Il piano fallirà poiché Norman fugge ovviamente.
(Potete trovare alcuni schizzi bonus sul mio drive oppure Pixiv! Tutti i link ai miei profili sono su Linktree, sotto lo username @Standreamy)

   
 
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