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Autore: Aliseia    25/12/2022    2 recensioni
Tre giorni, tre notti, un tempo infinito che scorre in circolo. Giro senza via d’uscita da allora.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Elfi, Sauron
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ilwë Lilotëa'
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Fandom: Gli Anelli del Potere
Genere: Angst - Introspettivo - Romantico
Rating: teen and up
Personaggi: Sono gli Elfi della serie TV Rings of Power.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a J.R.R. Tolkien, a Peter Jackson per alcuni elfi, a J. D. Payne e Patrick McKay per la trama de Gli anelli del Potere. E a chi detiene i diritti.

Serie: Ilwë Lilotëa.

Dedica: a Miky a Abby e a Salomé-Orlando
 
 
In un Meraviglioso Addio
(Mairëa Namárië)

 
Strappami il cuore, strappalo
fanne un covo per noi due
prendimi a morsi, prendimi
ma fallo con parole tue
fallo sì, ma con parole tue
Vieni a scovarmi appena puoi
vieni coi cani e gli avvoltoi
mischia i miei lividi coi tuoi
finché possiamo dire noi
fino a che possiamo dire noi

Lascia che
il mondo gridi intorno a te
lascia che il giorno vada avanti
niente ci sorprenderà
Lascia che
il mondo gridi intorno a te
lascia che mostri pure i denti
tanto non ci prenderà

Apri il sipario e strappalo
se gli attori siamo noi
bendami gli occhi e seguimi
i miei sogni sono i tuoi
urla ancora fallo se lo vuoi

Strappa le stelle intorno a te
appesa a un filo che non c'è
cadi col cielo amore mio
in un meraviglioso addio
cadi amore dove sono io

Lascia che- Mauro Ermanno Giovanardi
 
 
 
Giungeva con i suoi occhi verdi e la pelle bruciata da un sole artificiale, un bagliore notturno che covava nella fornace. Il sorriso ineffabile e gli occhi sempre ironici non aveva bisogno di chiedere non rivelava mai il suo cuore né il suo nome. Aveva nascosto il senso in quel suo silenzio tra il candore dei denti e la torbida profondità dello sguardo. Occhi acquorei del mare profondo senza limiti senza riferimenti. “Mio signore…” mormorò Galadhen. Sapeva che la sua devozione nei confronti dello straniero era blasfema ma ero pronto a farsi carico di quella follia. Non era colpa dell’elfo gentile con gli occhi del colore del bosco con i corti capelli biondi che il fuoco accendeva di strani bagliori. Doveva essere Galadhen quello sbagliato Galadhen rovesciato Galadhen irretito e poi perso. In quegli occhi di mare in tempesta dove affioravano relitti e uomini Galadhen si specchiava capovolto* arreso spezzato. Raggiunto alla rovescia dalle sue labbra poté rispondere solo con la verità: sì, ti voglio. Crepitò un sorriso come lo schiudersi di una brace con lampi d’autunno e di crepuscolo. Caldo e insidioso. Affascinante. Galadhen disteso nudo tra le coltri morbide pensò che non era bene sprofondare ancora tra le sue braccia. Ma era bello. E caldo ed egli si sentiva vivo come mai prima. Ghiaccio il suo ma chiaro e tenero primaverile di giovane che non conosce ancora l’amore. Ghiaccio che si scioglie sotto la mano al primo tepore. Si lasciò plasmare sorpreso che di sé restasse ancora un po’ di cuore dove più solido era il gelo quando tutto il resto orgoglio superbia e buone intenzioni già s’erano sciolti alla pressione della prima passione e ora stillavano illanguiditì tra le lenzuola. “Per sempre?” azzardò in un sospiro. “Finché avrò questo nome” mormorò l’elfo dei doni.** E sembrava una promessa di eternità “Ti ho lasciato le parole specchio incantato – egli continuò - e uno sguardo più fondo occhi appena offuscati forse solo da un sogno. Presto cogli il coraggio: solo questo il mio dono corri vieni a cercarmi fino all’estremo riflesso…”
“Perché io, perché le mie braccia, perché tante domande lasciate lì sulla soglia, mi tirò dentro l’abisso ma senza portarmi a fondo. Tre giorni e tre notti sopra quel letto, come sopra una zattera alla deriva sul nulla. Le mie braccia, le sue, il mio corpo vergine. Il suo che sapeva. Risvegliando ogni desiderio sopito, ogni passione prima rappresa in gola (oh gli arabeschi sul cuore, la lingua, la saliva, l’oblio circolare)… Poi in cerchi sempre più fondi, sempre più scuri, ma sul suo petto bianco nemmeno un istante pensai di annegare. Tre giorni, tre notti, un tempo infinito che scorre in circolo. Giro senza via d’uscita da allora. Non so più qual è il centro, non so dove fermarmi…” Galadhen sorrise ma le labbra si piegarono in una smorfia amara. Piegò il capo per congedarsi dopo aver condiviso ricordi e dolori con il luogotenente Taurion, che sollevò una mano su quei capelli lucenti. “Ne uscirai, come si esce dal vortice di un ballo, con un salto di lato, con uno scarto dall’abitudine. Non è passione quella che provi, è disperazione. L’amore non ci rende così miserabili…” “Che ne sai tu, che non ti sei mai fermato con nessuno?” Galadhen si allontanò sottraendosi bruscamente al gesto affettuoso dell’altro. Per un attimo gli occhi scuri del luogotenente si caricarono di nuove ombre. “Tu non mi conosci” rispose in un letale sussurro. Il brivido che avvertì Galadhen lungo la schiena era insieme di ansia e di eccitazione. “Lo devo uccidere. Insegnami…”
“Non ti permetterò di affrontarlo da solo. Sono… il tuo superiore. Non sei pronto e quell’onore spetta a lady Galadriel”
Il sorriso che illuminò il bel viso di Galadhen rendeva onore alla luce di cui portava il nome. “Non è quello che devi insegnarmi, sono un soldato esperto… Insegnami il distacco, insegnami a sfuggire il ricordo e l’ossessione. Prendimi come hai fatto con tanti altri amanti, solo per imparare.”
Taurion distese le labbra nel suo quieto ghigno di lupo. “Prendo solo creature libere, sciolte da altre passioni. Proprio perché tengo molto alla mia, di libertà. E mancherei loro di rispetto, se volessi strapparli a quello che chiamano il vero amore. Tu hai ancora il suo riflesso negli occhi…”
Galadhen abbassò il capo. “Allora insegnami, Taurion, a dimenticare…”

*ancora veleno. Ancora Baudelaire ** ovviamente Sauron in forma elfica, cioè Annatar, il signore dei doni
 

 
  
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