La mia mente continuava a vagare mentre cercavo di stare dietro all'enorme uomo nascosto fino al busto dalla scrivania d'ebano. Un uomo davvero spaventoso, alto all'incirca due metri e con una testa completamente lucida che andava ad esaltare il suo sguardo rabbioso ed egocentrico, l'unica caratteristica che gli faceva perdere tutta la sua serietà era l'enorme mono sopracciglio. <
Nota autore:[Yui è di origine giapponese e in Giappone il numero quattro si pronuncia "Shi", questa però è anche la pronuncia della parola "morte" e per questo il numero quattro è visto come portatore di sfortuna]
Appena entrata mi chiusi la porta alle spalle e mi gettai sull'enorme e soffice materasso e lasciandomi cullare dal dolce rumore dell'acqua che batteva incessantemente sui vetri della finestra. Tutto quello che volevo era chiudermi a riccio e rimanere lì al sicuro, lontana dai pericoli del mondo esterno, tuttavia sapevo benissimo che questo non mi era possibile e che avevo ancora una valigia da svuotare benché quest'ultima non fosse già per metà vuota, così decisi di farmi forza e iniziai a disfare la mia valigia. Una valigia grande poi solo all'apparenza in quanto al suo interno erano presenti solo dei pochi e semplici indumenti, i pochi effetti personali che comprendevano una foto di mia madre e due pupazzi e poi le varie lettere dei medici unite ad alcuni farmaci e alcune lettere del ministero. Velocemente afferrai le lettere e con decisione le gettai nel comodino accanto al mio letto, sbattendo infine il cassetto più forte che potevo nella speranza di non rivederle mai più e di dimenticare così tutto quello che mi era successo negli scorsi anni. L'unica persona che veramente mi mancava era mia madre, lei c'era sempre stata per me fin da quando ero piccola e il suo ricordo riusciva a donarmi una sensazione dolce e amara e pensare che lei in qualche modo era ancora lì con me mi aiutava spesso ad arrivare a fine giornata.
Improvvisamente saltai sul posto quando sentii qualcuno bussare alla porta della camera e velocemente finii di mettere a posto le ultime cose prima di aprire delicatamente la porta d'ingresso. Appena la porta fu spalancata un ragazzo dall'aspetto apparentemente fragile con dei capelli corti e leggermente spettinati di colore nero quasi tendenti al corvino, i quali mettevano in risalto i suoi occhi del medesimo colore. la sua altezza era all'incirca un metro e settantacinque, non molto più alto di me ma sicuramente abbastanza alto da dover abbassare leggermente lo sguardo per incrociare il mio.
Il ragazzo mi scrutò dalla testa ai piedi prima di incrociare brevemente il mio sguardo. <
Alla fine decisi semplicemente di sopprimere il mio senso di colpa e di buttarmi nuovamente sul letto afferrando il piccolo coniglietto e alzandolo in alto. <
Il giorno dopo la mia sveglia suonò alle sette in punto costringendomi ad un risveglio tutt'altro che piacevole ed a nulla servirono i miei lamenti se non a sfogare la mia frustrazione per la mancanza di sonno. Controvoglia mi costrinsi ad uscire nel corridoio assicurandomi che le altre ragazze del dormitorio femminile non fossero in giro e, silenziosamente mi diressi verso uno dei due bagni in comune per lavarmi. Anche se odiavo svegliarmi così presto questo era l'unico modo per evitare di incontrare le altre ragazze. Quando fui pronta tornai nella mia stanza iniziando a riordinare il letto e aprendo le finestre facendo così prendere un po' d'aria alla stanza. Intorno alle sette il dormitorio iniziò ad animarsi mentre le varie ragazze iniziavano a svegliarsi e a fare a gara per chi entrava prima nel bagno. In quel momento fui ancora più grata di aver deciso di svegliarmi così presto e di evitare tutto quel trambusto, anche solo l'idea di sfiorare qualcuno per sbaglio mi faceva venire un brivido su tutto il corpo. Mentre il tempo passava il mio sguardo ricadde sui fogli che il ragazzo mi aveva portato il giorno prima e così iniziai a sfogliarli. C'era segnato davvero tutto, dalle cose più basilari come l'orario scolastico alle cose più particolari come dei consigli sul come spostarsi rapidamente tra gli edifici scolastici. C'erano persino delle indicazioni su quale piatto mi conveniva ordinare nella mensa e quali mi conveniva evitare se non volevo "trasformarmi in uno zombie". Ridacchiai alla sua stupida battuta soffermando poi il mio sguardo sul suo numero di telefono. "Se solo avessi un telefono potrei mandagli un messaggio" pensai, di sicuro non avevo abbastanza coraggio per andare nella sua stanza a dirglielo di persona, già avevo problemi ad esprimermi normalmente, poi se aggiungevo anche l'imbarazzo per il giorno prima la questione diventava semplicemente insostenibile. Alla fine passai tutto il tempo a rimuginare sul da farsi ed intanto il suono della prima campanella risuonò nell'edificio tagliandomi fuori dai miei pensieri e costringendomi a correre fuori dalla stanza ma non prima di afferrare i fogli che Yuma mi aveva dato. Grazie alle sue indicazioni riuscii a raggiungere la prima lezione ad una velocità sorprendente riuscendo a sedermi nel banco più isolato di tutti prima che il professore potesse raggiungere l'aula.
Quando il professore mise piede nella stanza quest'ultima sprofondò nel silenzio più assoluto. Certo, l'uomo incuteva timore con la sua stazza, alto, muscoloso e anche lui completamente calvo come il preside il che lo faceva sembrare una specie di carcerato o qualcosa di simile, tuttavia a tradirlo erano proprio i suoi occhi castano chiaro, dolci e sinceri. Appena entrato, l'uomo, che era più o meno sulla cinquantina, poggiò sulla cattedra un enorme borsone prima di rivolgersi alla classe schiarendosi la gola in modo da essere il più chiaro possibile. <
A lezione finita gli studenti si lanciarono praticamente fuori dalla classe fuggendo tra i vari corridoi quasi calpestandosi a vicenda. Scuotendo la testa afferrai le mie cose dal banco e mi incamminai verso l'uscita solo per essere bloccata dalla voce profonda del professore. Lentamente mi girai avvicinandomi all'uomo ma continuando a tenere una certa distanza tra di noi. <
Durante il tragitto non potei fare a meno di notare come la ragazza continuasse a canticchiare allegramente saltellando da un piede all'altro come se non avesse appena subito un richiamo dal professore. In un certo senso l'aura di positività che emanava era quasi contagiosa, forse anche troppo per i miei gusti ma era comunque piacevole. <
Mi sorrise porgendomi la mano ma io in tutta risposta mi allontanai leggermente abbassando lo sguardo per la vergogna. <