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Autore: SatoSerelover    11/02/2023    1 recensioni
Con l'ascesa di Rufy come Re dei Pirati, il mondo è entrato in una Nuova Era. È cambiato all'inizio e ha continuato a cambiare nel tempo. Mattone dopo mattone, passo dopo passo, rotta dopo rotta.
Ed è un nuovo misterioso percorso quello che Rufy e Uta decidono di intraprendere, affrontando l'avventura più complessa di tutte. Navigando nell'oceano della genitorialità, e cercando di capire cosa renda "formidabile" la forza più profonda che un genitore può tirare fuori.
Ma l'era dei pirati non è l'ambiente migliore per crescere un bambino, tanto meno fornisce figure ideali da cui prendere esempio... servirà la più forte volontà per determinare se surferanno le onde o si schianteranno contro di esse.
Genere: Avventura, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Nota d'autrice:
Ciao a tutti! Questa è la mia nuova fic Luffy x Uta!
Questa volta ho scritto dopo aver recuperato One Piece, quindi ho una migliore visione dei fatti e dei personaggi. Ho deciso di provare l'ambientazione della genitorialità, molto difficile da realizzare senza rendere troppo i personaggi... ooc?
Soprattutto Rufy... Non lo vedo come uno che proverebbe attivamente ad avere un figlio, proprio come sposarsi... a meno che in circostanze speciali. L'ho presa come una sfida e ho cercato di creare queste circostanze, il tutto con la mia amata Luuta!


 




“Shanks, tu sei mio papà, giusto?” Una vocina giovane e innocente domandò.

Il pirata dai capelli rossi lanciò uno sguardo dolce verso la bambina, per poi chinarsi alla sua altezza e appoggiando le mani ai suoi fianchi. Con ovvia facilità la sollevò da terra, posandosela sul dorso del braccio e lasciando che le sottili braccine si avvolgessero intorno al suo collo. “Ma certo”

“Allora…” Uta arricciò le labbra, con chiaro fare pensieroso “Dove è tua moglie?”

“Eh…?” 

Per un momento, il pirata si ritrovò colto alla sprovvista, incapace di dare una risposta immediata. Ad accompagnare l’attesa della figlia di una risposta, fu solo il rumore delle onde del mare. 

Dopo due minuti, Uta si stancò di attendere “La mia mamma. Se ho un papà, vuol dire che ho anche una mamma, no? E le mamme sono quelle che hanno sposato i papà!”

Shanks trattenne una risatina, cercando di trattenersi appena dal colorare le proprie guance dello stesso colore dei suoi capelli “Non sono sposato Uta”

“Ah no?” Piegò lei appena la testa. 

“No” confermò lui, annuendo “Devi sapere che non tutti coloro che sono sposati hanno figli, così come non tutti coloro che hanno bambini si sposano.” 

Il faccino della bambina si gonfiò appena, mettendo in mostra due guanciotte paffute e occhioni pieni di incertezza “Non lo fanno?”

“Tutte le famiglie sono diverse. Ci sono bambini che hanno due papà, o due mamme, ci sono altri che non hanno nessuno e chi ancora ha solo un genitore”

“Tipo io?”

“Tipo te.” Per un attimo, il volto di Shanks sembrò incupirsi appena, cercando di trattenere il cenno di preoccupazione che era scaturito in lui “Ti dispiace?”

Con risposta pronta, Uta subito scosse la testa rapidamente. “No! Perché vuol dire che nessuno ti porta via!” proclamò lei con tanta trepidazione, stringendo appena di più la sua presa attorno a Shanks, come a volerlo abbracciare e rendere tutto suo. 

“Ah, quindi sei solo preoccupata di dovermi condividere!” Rise il Rosso “E non ti preoccupano gli altri della ciurma? Sai come diciamo, più è grande, più è bella la famiglia!”

“Nah, gli zii sono a posto, quando non diventano ciucchi…” grugnì appena strizzando il naso, quasi potesse sentire l’odore di alcool arrivarle alle narici. Anche se ci era abituata, l’odore di alcolici lo odiava, così come detestava che, quando in quello stato, i pirati della ciurma non le prestassero la benché minima attenzione, troppo impegnati a ciondolare e dormire nelle pose più strane.
Beh, almeno le dava l’occasione di fargli un sacco di scherzetti indisturbata, freschi freschi per il risveglio. “E fanno già tutto quello che fa una mamma!”

“Del tipo?”

“Cucinare, pettinarmi i capelli, mettermi il cerotto se mi graffio, tenermi la mano se devo fare una puntura e accompagnarmi a prendere tanti vestiti carini!” Iniziò ad elencare toccandosi un dito alla volta, ripartendo da capo ogni volta che ne finiva a disposizione “E poi ci sei tu. Quando faccio un brutto sogno canti per me, anche se è sgradevole. Mi proteggi, mi abbracci, mi aiuti a fare il bagno e se sono triste mi fai ridere!”

L’uomo non poté che sorridere a sentire il discorso della figlia, apprezzando che tutti i suoi sforzi per essere il padre migliore possibile dessero frutto. 

Del resto, anche se nella loro epoca i legami nati per adozione erano considerati quasi alla pari di quelli di sangue, vista la grande quantità di orfani, non tutti i bambini la prendevano benissimo.

Non poté lasciarsi scappare un’altra risatina pensando a quanto basilari fossero i pensieri di Uta. “Ovvio, sono tuo padre. E sarai sempre mia figlia, perché ti voglio bene e te ne vorrò sempre. L’affetto che scegli è quello che ti resterà per sempre."

Alzò lo sguardo, guardando il cielo rosato lasciato dal tramonto “Ma il compito di una mamma è diverso da quello di un papà, suppongo. Anche se a volte fanno le stesse cose, e commettono gli stessi gesti d’affetto o errori, ognuno ama in maniera diversa. Non per forza una migliore dell’altra, ma speciale a modo suo.”

“Io non ho avuto una mamma, ma ti dirò, mi è sempre stato detto che sono delle persone formidabili.” Sorrise, ripensando al volto di Roger di ritorno alla nave dopo una delle sue “scampagnate segrete”. Espressione di uno che prova mille emozioni diverse e allo stesso tempo si sente in pace. Lui che con il suo corpo in decadimento per la malattia, sembrava avere le ali ai piedi. 

Aveva avuto lui stesso qualche piccola scappatella qua e là in passato, ma non aveva avuto modo di provare ancora quel sentimento, o almeno non credeva di averlo fatto.
Roger era sicuramente un tipo strano, ma non era l’unica persona che aveva visto in quello stato, quindi non poteva essere una sua esclusiva sceneggiata.

“Formidabili?"

“Sì, delle forze della natura”

“E possono diventare pirati anche loro?”

“Ma certo!”

Le ciocche della frangia della bambina si aprirono, mettendo in bella mostra i suoi occhi viola pieni di meraviglia “Wow! Dici che un giorno anch'io sarò una mamma?”

“Ahahah! Se vorrai!” Di nuovo la afferrò per i fianchi e la tirò su in aria, tenendola alta sopra la sua testa e facendola svolazzare. La piccola non riuscì a fare altro che ridere come una matta “Ma chiunque oserà cercare di rubarti il cuore dovrà prima vedersela con me!”

Le risate di padre e figlia riecheggiarono nel vento, il quale accarezzava le vele, per poi abbattersi sui loro volti sorridenti.

Era passato molto tempo da quel lontano giorno nel passato, eppure le sembrava di poter ancora rievocare le varie sensazioni del momento provate.
L’odore di sale arrivarle alle narici, la fresca brezza marina sulla sua pelle, in contrasto con la calda presa delle mani di Shanks, quel gentile volto segnato…

E quella curiosità infinita di assistere o provare, un giorno, quella così misteriosa formidabilità…

Così come tutte le recenti mattine, all’arrivo di un nuovo giorno, i suoi occhi si aprirono e il sonno si portò via le immagini dei suoi ricordi, lasciandole nel petto una sensazione di brama. 

Una che ormai aveva già da tempo ammesso a se stessa, ma per la quale dubitava l’effettiva possibilità. 

 

 

"Scusate… chi deve fare cosa?" Domandò Uta con espressione esterrefatta, avendo appena udito quella che poteva essere una delle imprese più complicate della sua vita.

"Non abbiamo altre opzioni, serve qualcosa di nutriente se vogliamo uscire da questa influenza. E poi sono a secco di medicinali dopo settimane di continui contagi" Rispose Chopper, la sua voce rotta da dei piccoli colpi di tosse. "Tu e Rufy siete gli unici che non vi siete ammalati."

Per quanto assurdo potesse essere, tutta la ciurma a parte Uta e Rufy era finita per ammalarsi. Persino persone come Zoro o Yamato che sembravano avere gli anticorpi di platino erano finite a letto con febbrone, tosse e raffreddore.

Era iniziato proprio con lui e pian piano si era diffuso anche ai compagni. Ai primi segni di miglioramento arrivava una ricaduta, forse dovuta al contagio che si ridiffondeva come niente, e si era punto e capo.

La causa del loro malanno però non era il banale fato, ma un frutto del diavolo.

Durante uno dei loro approdi su un'isola ancora inesplorata si erano imbattuti in un gruppetto di banditi ostili ma abbastanza reclusi da non conoscere la loro fama. O abbastanza stupidi da pensare di poterli sconfiggere.

Tra essi vi era un utilizzatore il cui potere permetteva di abbassare le difese immunitarie di chiunque nel raggio di cinquanta metri.

Potere che all'apparenza poteva sembrare banale, infatti sistemare la banda era stata una passeggiata.

Ma lo scherzetto alla fine, a scoppio ritardato, si era presentato.

La giovane coppietta di sposati era riuscita ad evitare la triste sorte solo per colpa, o forse in quel caso merito, dell'ennesima sfida lanciata da Rufy: sangue alla testa. Chi riusciva a rimanere più tempo appeso a testa in giù su un albero vinceva. 

Considerando la loro testardaggine e temperamento, la cosa si era prolungata ore e tutti i loro compagni erano tornati sulla Sunny, dove poi erano stati attaccati.

Il risultato, era che toccava a Rufy, ma molto più a Uta, occuparsi di gran parte delle faccende dentro e fuori la Sunny.
Le pulizie non erano state un gran problema, così come se l’erano cavata a spostare la nave da un’isola all’altra, finché la distanza era ridotta.
Cucinare… un inferno. Rufy non aveva accesso alla cucina e Uta non era messa molto meglio ai fornelli, sebbene non a livelli drastici quanto il marito. Non poteva però distogliere lo sguardo neanche per un secondo, per evitare che il cibo si trasformasse in qualcosa di atrocemente mostruoso. Spiegarsi come succedesse era impossibile, ma aveva memorizzato cosa non fare categoricamente e qualcosa di decente alla fine era uscito, seguendo le ricette di Sanji.
Quelle semplici… e con basso rischio di esplosioni.

E infine una delle mansioni più problematiche: fare la spesa.

“Anche Brook sta bene, non si può ammalare” fece notare la ragazza, incrociando le braccia e lanciando un’occhiataccia verso il compagno tirato in causa.

Lo scheletro alzò le mani in aria, agitandole con fare teatralmente drammatico “Ma io non sto bene! Il mio corpo è distrutto, così come il mio cuore spezzato nel vedere i miei adorati amici star male!”

“Ah… la forza dell’empatia…” rispose lei un pò stizzita, sapendo che alla fine le sue parole non avrebbero cambiato nulla. Certo, ormai stavano tutti meglio, ma non era l’attività ideale per risparmiare energie quella di fare da babysitter a Rufy.

Non che a Uta dispiacesse spendere del tempo da sola con colui che da circa un anno e mezzo era diventato suo marito, tanto meno se facevano qualcosa che piaceva ad entrambi, tipo fermarsi di bancarella in bancarella per stuzzicare e strappare quantità esagerate di assaggini gratuiti, al punto che il termine non fosse più adatto. 

Amava anche fermarsi a salutare i suoi fan e interagire con loro…

Tuttavia era da incoscienti e disperati incaricare il capitano della Sunny di andare a fare la spesa. Rufy era una delle persone più affidabili se si trattava di aiutare i suoi amici, ma per quanto forte quel malanno, non era nulla di critico o pericoloso e questo lui lo sapeva bene.
Tenerlo a bada e impedirgli di distrarsi più del dovuto, oltre che assicurarsi che tutte le provviste arrivassero a bordo della Sunny intatte, era un’impresa non da poco. 

Colei che se lo era sposato lo sapeva meglio di chiunque altri, o non avrebbe accettato di farlo. Gli aveva chiesto lei stessa di unirsi in matrimonio, sapeva che comportasse prendersi il pacchetto completo. Lo aveva voluto così come era, doveva essere in grado di gestirlo, o almeno provarci.

E solo per cortesia, i suoi amici si limitarono a guardarla con tenerezza e compassione, invece di cantilenare un “Te la sei cercata”.

 

...

 

“Nami, Robin, posso chiedervi una cosa?”

Le due ragazze si voltarono con due sguardi incuriositi, in direzione dell’amica, in ammollo nella stessa vasca da bagno.

Era forse l’unica sua occasione per chiederglielo senza rischiare che tutta la ciurma la sentisse. E senza farne qualcosa di più di semplice gossip “Avete mai pensato di sistemarvi?”

Nami la guardò confusa, le sue ciocche color carota penzolavano insieme al capo che si muoveva in riflessione.

“Intendo tipo… scegliere dove volete spendere la vostra vita? O scegliere un partner, avere dei figli… roba così.” Elencò casualmente, cercando di essere più vaga possibile.

“Ah, quello intendi!” sospirò la navigatrice, lasciandosi andare di più in ammollo “Sinceramente non saprei. Dopo essere stata controllata per gran parte della mia infanzia…” all’immagine fugace di Arlong che le passò nella testa, non riuscì a trattenere una smorfia.
Uta e Robin la offrirono uno sorriso empatico, che Nami ricambiò, apprezzando. “Preferirei essere io quella con il controllo. Suona brutto da dire forse, ma è così che mi sento. Una persona che mi lasci le redini non sarebbe male… ma non vorrei nemmeno un pappamolle per cui devo provare pena.”

“Penso che una buona via di mezzo sia la cosa migliore, non sarebbe salutare in nessuna relazione…”

“Vero. Ecco perché non penso che avrò mai delle relazioni di lunga durata. Però mi piacerebbe un giorno avere dei bambini, magari adottarli” 

Un tenero sorriso dipinse le labbra di Uta “Come è successo a te?”

“Come è successo a me” annuì la gingerina, stavolta dando priorità alle immagini più belle della sua infanzia. Le sarebbe piaciuto passare di nuovo del tempo al suo villaggio natale, con la sorella e tutti gli altri, ma non aveva intenzione di lasciare la ciurma tanto presto, né aveva piani in merito al suo ritiro, quindi non trovò necessario menzionare quel dettaglio.

“Io penso di essere l’opposto” Intervenne Robin, aggiungendo la sua risposta al discorso “Non sono contraria all’idea di avere bambini, ma non riesco ad inquadrare quella prospettiva con lo stile di vita che ho ora.”

“Ci sono casi di donne che hanno figli mentre servono in una ciurma di pirati” Si fermò in tempo dal menzionare Big Mom. Non era l’esempio migliore… “Penso che tutto sommato sarebbe fattibile” 

“E’ più una questione di… tempo e circostanze passate. Forse se fossi stata una normale ricercatrice o non avessi dovuto vivere una vita così movimentata fin da piccola, probabilmente avrei voluto averne, ma sono a mio agio nella mia stabilità attuale. Il tipo di avventura che cerco, ormai è semplicemente di un altro genere.” Spiegò senza però accennare alla minima traccia di pentimento. Le sue parole erano perfettamente in linea con ciò che provava nel cuore.

Di sicuro non le sarebbe dispiaciuto aiutare i suoi amici se mai avessero avuto figli, già loro comunque alle volte la facevano sentire come una mamma, essendo probabilmente colei di età più matura insieme a Jinbe, senza contare Brook. Anche se tutti erano ormai cresciutelli, avevano ancora nell’animo un certo lato di innocenza infantile e non le dispiaceva prendersene cura alle volte. 

“Però, non sarei contraria a trovarmi un bell’uomo…”

A quell’aggiunta finale, tutte e due le amiche si scambiarono un’occhiata compiaciuta, avvicinandosi appena alla donna con i loro ghigni complici “Voci interne ci dicono che ci sono già delle correnti in via di collisione tra te e un certo uomo-pesce…” 

“Aha, voi dite?” ridacchiò la donna, non facendosi problemi ad accogliere l’ipotesi sganciata. Certamente, le gote arrossate, anche se solo minimamente, non scalfirono quella semplice compostezza che la caratterizzava. “Chissà”

Comprendendo che non avrebbero ottenuto una confessione, le due galleggiarono di nuovo ai loro posti, rilasciando uno sbuffo “Per lo meno facci sapere se si conclude qualcosa!”

“Lo terrò a mente” assicurò la corvina con un sorriso difficilmente decifrabile, ma Robin alle volte era davvero un mistero grande quanto le leggende di cui faceva ricerca.

Uta scosse la testa, ridacchiando un pò per la situazione. Ad essere sincera era davvero curiosa di sentire di più sull’argomento, visto che raramente ne parlavano. La loro vita era frenetica e il legame tra i Mugiwara lasciava poco spazio per certe cose, però a volte per fare chiarezza sui propri obiettivi era cosa buona confrontarsi con altri.

Il confronto, non tardò infatti ad arrivare.

“E te Uta?” il testimone fu sganciato all’ultima delle tre. 

“Hm… trovare un luogo stabile non è nei miei piani, mi piace vivere a bordo di una nave e viaggiare, ci sono abituata fin da piccola dopotutto” Alle sue parole Robin e Nami annuirono, comprendendo che per una ragazza che era praticamente stata cresciuta secondo lo stile di vita di un pirata, non sarebbe stato facile doversi adattare a vivere in un solo luogo. 

Era successo già una volta in passato e le circostanze avevano reso i ricordi particolarmente tristi. Nessuno l’avrebbe biasimata se non avesse voluto ripetere l’esperienza, anche con più persone in giro a tenerle compagnia. 

“Però… avere una famiglia mi piacerebbe. Adottare… o avere figli miei. Non per forza! Ma a volte me lo immagino e sembra bello…” pressò la punta di un indice contro quella dell’altro, con voce leggermente balbettante. 

“Hai qualche motivo in particolare?” domandò Robin curiosamente.

La musicista iniziò a picchiettarsi leggermente il mento con il dito, cercando di menzionare tutto ciò che le venne in mente “Più o meno. Mi piacciono i bambini, anche se possono essere scalmanati, ma abbiamo Rufy come pratica per quello quindi…”

“Vero…”

“E poi… spero non vi offenda se lo dico ma… non penso di avere mai davvero provato cosa voglia dire essere una mamma, o più che altro averne una?”

Le due amiche sembrarono irrigidirsi appena, ma non c’era rabbia nei loro sguardi.
Era quello che era, avevano perso le loro madri quando erano ancora bambine, ma una minima idea della loro natura l’avevano avuta. Anche se con qualche difficoltà qua e là, le loro vere madri, per Nami adottiva e Robin biologica, erano state delle brave persone che le amavano davvero.

Non potevano fare della mancanza di Uta una colpa. Anche lei aveva il diritto di parlare della sua esperienza. “Non preoccuparti” Sorrise Robin, facendole cenno di continuare. 

Uta ricambiò con espressione di gratitudine “Fin da che ho memoria ci sono stati solo Shanks e la ciurma dei Pirati del Rosso. Alcuni di loro avevano gusti particolarmente femminili, ma non ho mai avuto nessuna figura materna nella mia vita. Makino forse per quell’annetto che ho passato a Fusha quando ero piccola, ma dopo Elegia siamo stati solo io e Gordon e poi mi sono unita alla vostra ciurma…”

Effettivamente, di donne incinte non ne avevano incontrate molte e non avevano intrapreso nessuna chiacchierata di quel tipo con nessuna delle madri che avevano conosciuto. 

“La cosa non mi ha mai pesata particolarmente se non in quei 12 anni da sola. Per me Shanks era tutto ciò di cui avevo bisogno, il padre migliore che potessi desiderare. E anche se sarò per sempre riconoscente a Gordon per avermi cresciuta da lì in poi, la mia vita si era sconvolta e tutto ciò che mi era rimasto davvero era la musica.” 

Sentì la sua mano venire leggermente afferrata e stretta con gentilezza, incrociando poi lo sguardo gentile di Nami “Non mi pento di come sono cresciuta o di non avere avuto una madre, però mi piacerebbe poter essere quella per qualcuno un giorno…” rallentò leggermente, ripensando alla conversazione avuta con Shanks anni prima “Pare che le madri possano essere persone particolarmente forti…”

A quelle parole, le altre due ragazze non poterono che confermare silenziosamente, riabbracciando nel cuore le figure delle proprie mamme, entrambe pronte a dare tutto per tenerle al sicuro.

Per un attimo nessuno continuò il discorso, lasciando che ognuna di loro potesse collegare il calore dell’acqua che coccolava la loro pelle con il calore delle persone che avevano amato nella loro infanzia, ignorando ciò che dopo le aveva tragicamente sconvolte. 

Poi un guizzo di curiosità pervase Nami, facendola chinare verso Uta come prima aveva fatto con Robin “Hai parlato della possibilità di avere figli tuoi… quindi la grande diva della musica ha qualcuno che le strimpella le corde del cuore?”

Il tono canzonante che accompagnò ogni singola sillaba delle parole di Nami fece tornare la cantante con i piedi per terra… o fondo della vasca.

"A-Ah… beh io…"

"Nella tua posizione avrai sicuramente la fila di pretendenti… ma finché tu e Rufy sarete pane e salame quei poveretti non potranno neanche sperare di avere una chance" 

Non fu il calore dell'acqua a far arrossire il viso di Uta "C-Che intendi!?"

"Dai, sai benissimo anche tu che intendo" insistette Nami con un sorriso dall'appartenenza diabolica. “E poi non hai detto di non voler smettere di vivere a bordo di una nave? Questo vuol dire che un pirata è il partito ideale!”

“Effettivamente ha ragione… logicamente uno dei nostri compagni sarebbe la scelta migliore” Contribuì Robin, ridacchiando appena, con fare innocente. 

"Non so di cosa parlate!"

La navigatrice continuò a navigare nelle sue accuse, apparentemente provando gran gusto "Anche se sarebbe comunque difficile. Con te e Rufy talmente appiccicati chiunque non ci proverebbe nemmeno! Sanji persino si è fatto da parte già poco dopo che ti abbiamo conosciuta… e credimi, non sei una che ignorerebbe!" E lei sapeva bene delle tendenze di Sanji a quel punto.

Ignorò l’imbarazzo dell’amica, incapace di difendersi “Persino i giornali vi hanno dedicato un articolo, montando un'intera teoria sulla vostra scioccante relazione!"

"Relazione inesistente!” Agitò le mani la cantante, improvvisamente mostrando segni di agitazione, quasi fosse stata colta in flagrante. L’acqua della vasca si agitava intorno a lei e schizzava ovunque “Non capisco perché dovrebbe essere una cosa tanto scontata!"

"Ma se era diventata credenza comune che tu aspettassi il bambino di Rufy! Shanks stava letteralmente venendo a incontrarci per farlo fuori! Saranno pure dicerie ma non posso biasimare chi le ascolta! Persino tuo padre ci ha creduto!” 

“...Vi sbagliate! R-Rufy è solo… è… non è il tipo di persona che guarderei in quel senso, ecco!” Uta incrociò le braccia, come una bambina che fa i capricci, cercando di resistere testardamente alle punzecchiature. 

“E che tipo di persona guarderesti in quel senso?” provò allora a darle corda la gingerina, con tono di sfida, come se la stesse mettendo alla prova.

“Uh…” Uta ci pensò un attimo, senza trovare però particolari difficoltà “Qualcuno di… buffo. Magari anche ingenuo e alle volte tonto… ma anche buono. Qualcuno con cui non mi possa annoiare e che possa sembrare anche infantile, ma sul quale possa riporre affidamento se serve. Qualcuno per cui posso provare una fiducia incondizionata.” Terminò con un sorriso candido, come se avesse una chiara figura in mente da cui trarre ispirazione, ma che non riconosceva ancora. 

“...” 

“...”

“E’ la descrizione sputata di Rufy…”

“Noooooo” squittì Uta, lasciandosi affondare nella vasca fino al naso, cercando di nascondersi. Era abituata alle prese in giro, ma non di quel tipo…

“Testarda come sei, quasi quanto lui, almeno bisogna fartici pensare! O non faresti mai una singola mossa! E visto di chi parliamo, possiamo anche attendere per sempre, non si farà lui avanti!

“C-Come?! Certo che sarei in grado di fare una mossa!”

“Ah sì?”

“Certo! Figuriamoci se ho problemi a dichiararmi!” Doveva solo dire quello che provava onestamente, no?

Senza orgoglio in mezzo…

“Non so se ci credo…”

“Dovresti!” Insistette l’altra, alzandosi in piedi di scatto e puntandole il dito contro “Posso dichiararmi a Rufy quando voglio, in qualunque momento!”

Passò qualche istante, prima che Uta potesse scaraventarsi le mani sulla bocca, realizzando con shock le stesse parole che aveva pronunciato. 

Nami l’aveva fregata.

“Chiamo il quinto emendamento…?”

E dalle espressioni sul viso delle due amiche, poteva confermare che sarebbe stato impossibile rimangiarsi tutto, tantomeno farglielo dimenticare.

Era bastato provocarla appena per farle svuotare il sacco… “Non pensavo l’avrei mai detto… ma siete proprio fatti l’uno per l’altra!”

Silenziosamente Uta si abbassò di nuovo in ammollo, sotto le risate sonore di Nami e lo sguardo di Robin, misto tra il divertimento e la tenerezza. Voleva risparmiarla, ma allo stesso tempo non poteva far altro che dar corda alla propria curiosità.

“Se ti agita tanto puoi sempre ricordare di che tipo è Rufy. Non avrebbe un minimo di reazione nemmeno se un seno gli fosse schiacciato in faccia. Non sembra minimamente interessato al romanticismo, tantomeno a sposarsi. Ed è bravo con i bambini, quando non scende al loro livello e ci litiga, ma se fosse solo per lui probabilmente non ne avrebbe mai! Quindi puoi anche rilassarti per ora” Si rilassò finalmente Nami, lasciandosi appoggiare al bordo della vasca. 

“Già.” Una leggera risatina scappò dalle labbra di Uta, senza però trasparire molta ironia “Già…”

Il tono della ragazza non passò inosservato alle orecchie di Robin, ma se provava qualche sospetto, era stata gentile abbastanza da non chiedere nulla al riguardo

Quel giorno giorno nessuna di loro, tanto meno Uta, poteva immaginare che da lì a un anno lei e Rufy avrebbero messo in luce i loro sentimenti, che dopo due si sarebbero spostati e che dopo tre… quella vaga curiosità sull’essere madre sarebbe diventato un desiderio che l’assaliva giorno e notte…



...



Alla fine l’avevano avuta vinta, ma non c’era davvero stato molto margine per Uta di rifiutarsi. Si era già preparata mentalmente a come sarebbe andata la giornata.

Ogni piano invece andò in fumo quando posò il primo passo sul porto.  Già da lì si poteva vedere una quantità modesta di persone, almeno quelle che potessero essere viste le dimensioni ridotte del paesino in cui avevano deciso di sostare per i rifornimenti. 

C’erano tante famiglie e per la prima volta dopo tanto tempo, Uta si sentì… piccola. Quasi spaesata, incapace di mettere a fuoco un obiettivo.

Le figure che le passavano a fianco, le risate che le arrivavano alle orecchie, non potevano far altro che riportare alla mente tutti i sogni avuto le notti passate, i fugaci momenti di discussione tra lei e altre persone, nella ciurma o esterne, sull’argomento della famiglia. 

Pensò, forse avrebbe dovuto puntare i piedi, ma ormai era tardi per fare marcia indietro. Con Rufy già sparato sulla via principale del borgo, non poteva far altro che andargli dietro. 
 

...


Dovevano ringraziare che fosse un centro abitato di ridotte dimensioni, altrimenti si sarebbero beccati più di qualche occhiata confusa da parte degli abitanti, nel vederli passeggiare così casualmente.

La loro reputazione non era da poco e come tale portava a diverse conseguenze, negative e positive. C’erano coloro che li ammiravano e sognavano di poterli incontrare per un autografo, sempre armati di annuncio di taglia e pennino.
Tra i due, Uta era certamente la più soggetta a quel tipo di incontri. Sebbene fosse una piratessa, la sua fama di musicista e diva le aveva concesso di portarsi addosso un fardello molto più ridotto rispetto al resto della ciurma, nonostante i Mugiwara fossero già di base dei pirati con alte taglie ma reputazioni eccellenti tra la popolazione.

E certamente i tempi erano cambiati da quando Rufy era diventato Re dei Pirati, sebbene non fosse il boom che ci si aspettasse. C’era ancora chi temeva abbastanza i pirati da non sentirsi a loro agio nello stesso spazio, persino intorno a colui che aveva salvato così tanti popoli.

Non potevano però biasimarli. I Mugiwara avevano sì tolto dai guai tante persone, ma lo avevano sempre fatto in maniera molto caotica e per certi versi, o effetti collaterali, come meglio preferivano chiamarli, distruttiva.

Forse la prospettiva migliore del camminare su un territorio piccolo era la relativa minore difficoltà a tenerlo sott’occhio. 
Poteva anche essere un Re, ma prima di ogni altra cosa, lui era Rufy. Solo quel fatto, parlava da sé. La nuova carica non lo aveva di certo cambiato. 

Infatti, conforme alla sua persona, Rufy si era fermato in ogni singolo stand per stuzzicare prodotti locali, non ne aveva saltato nemmeno uno.

La cosa davvero sorprendente invece, che avrebbe scioccato gli altri Mugiwara e che certamente stava stranendo Rufy, era che Uta non si era minimamente imposta per dargli una regolata, tantomeno si era unita a lui agli assaggi. 

“Ehi Uta! Guarda queste ciabatte a forma di renna! Non sembrano il ritratto di Chopper?” Fu una delle tante occasioni in cui il ragazzo cercò di richiamare la sua attenzione.

Era bizzarro, che fosse lui quello a cercare di starle dietro per evitare che finisse chissà dove. Tendenzialmente provava spesso ad includerla in ciò che faceva, condividere con lei il suo entusiasmo o chiederle un parere, ma già solo nel corso di una mezz’ora se l’era persa una decina di volte.

Non erano sempre della stessa idea e a volte finivano in qualche presa in giro, ma poteva star sicuro che lei sarebbe stata intorno, che lo avrebbe sempre ascoltato.

Motivo per cui lo infastidiva estremamente che ora non lo ascoltasse, per quanto a volte sembrasse provarci. 

Guardando il suo viso, non si poteva che dire che la testa bicolore della ragazza fosse totalmente persa tra le nuvole di Skypiea. 

Non era sempre altrettanto esagitata come lui, ma normalmente era tra le persone con cui poteva lasciarsi andare di più. Non rinunciava mai a degli snack, tantomeno a guardarsi in giro quando c’erano così tante cose interessanti da vedere.

Forse conseguenza dell’essere cresciuta per 12 anni della sua vita in isolamento, ma aveva sempre una specie di scintillio negli occhi quando c’era la prospettiva di visitare, conoscere, provare… semplicemente vivere. Anche se a volte cercava di nasconderlo e tirare fuori il suo lato orgoglioso, Rufy conosceva abbastanza la moglie per sapere di quel suo lato così innocente nel profondo.

Faceva ancora un pò strano chiamarla così, perché anche se le cose non erano cambiate enormemente nel loro rapporto dopo il matrimonio, sotto un certo verso alcune cose erano appena diverse. 

In primis, avevano una loro stanza da letto.
No, non la usavano per dormirci, almeno non nel modo tradizionale.

Franky aveva costruito loro uno spazio più grande, a sua detta ideale per un capitano e la sua "dama", ma essendo rimasti a dormire ognuno nella propria sezione, Uta con le ragazze e Rufy con i ragazzi, la stanza era rimasta inizialmente inutilizzata. Non era impossibile che un giorno diventasse una vera camera da letto per la coppia, soprattutto con l’avanzare del tempo, il possibile ingrandimento della ciurma e, forse, il tempo a rendere più intima la loro relazione.

Intanto però, era diventata un covo multiuso per i due. Era il posto ideale per nascondere elevate scorte di cibo di Rufy, senza venire scoperti e presi a cazzotti da Sanji o Nami, vista la scusa che non fosse carino entrare nella stanza privata della giovane coppia.

Con il tempo poi, erano aumentati i vantaggi.
Il materasso, in primis, era molto comodo.

A volte il ragazzo si fermava per farci un pisolino dopo un'abbuffata, rimanendo indisturbato, anche se svegliarlo era difficile persino in gruppo.

Poi invece vi erano i momenti nei quali, per quanto a Rufy piacesse avere i suoi spazi, era abituato a dormire ammassato ai suoi amici e non disdegnava gli abbracci. Quando in pubblico, Uta aveva la tendenza di imbarazzarsi, quindi quelle erano le occasioni in cui poteva usarla liberamente come peluche.

E dulcis in fundo, la ragazza usava spesso la stanza per canticchiare e abbozzare nuove composizioni, trovando molta più tranquillità che nel resto della nave.

Talvolta il corvino si ritrovava a sonnecchiare, sentendo fugacemente quella voce piacevole arrivargli alle orecchie, e tale sensazione aveva scoperto di volerla preservare.

Gli ricordava quei tardi pomeriggi a Foosha, quando si sdraiavano sulle colline erbose, dopo che i loro minuti corpi si erano sfiancati in una sfida dietro l’altra. Parlavano dei loro sogni e lui si addormentava con lei che canticchiava in sottofondo, finché anche lei non sprofondava in un sonno profondo.

Altre piccole differenze stavano più per il come la gente si approcciava a loro, piuttosto che come si trattassero a vicenda.
Spendevano già tanto tempo assieme, si confidavano, si sfidavano e divertivano, si guardavano le spalle in un possibile scontro e qualche volta facevano dei giri per vedere scenari diversi. Le cose tutto sommato erano quasi identiche a come avevano vissuto da quando Uta si era unita alla ciurma e aveva dato prova che alla fine sposarla non si era rivelata una scelta sbagliata.

Non era una cosa di cui si pentiva affatto, gli piaceva la vita che faceva e adorava stare con l'amica. Certo, era sua moglie, ma solo perché avesse un titolo aggiunto non voleva dire fosse meno sua amica, no? Era solo un modo in più esclusivo a lei per definirla, così come solo lei poteva definirlo marito. Non era poi tanto diverso.

Aveva reso felici tutti; lei, lui stesso e le persone che gli volevano bene. L'unico rischio era stato di trovare vincoli, ma tralasciando che non avrebbe mai permesso a se stesso di rinunciare alla libertà assoluta che tanto inseguiva, alla fine non si era nemmeno presentato questo problema.

Era tutto perfettamente naturale.
E sebbene rispettasse pure la libertà di Uta, era anche contento di poter dire che il suo posto a fianco a lui fosse definitivo e imprescindibile. 

Inoltre, quella festa dopo il matrimonio era stata così grande e divertente. Uno dei migliori party che avessero organizzato.

La ciurma del Re dei Pirati deve essere la migliore e lui aveva il meglio del meglio in ogni campo.

Se poteva vantarsi di avere il miglior spadaccino del mondo, Zoro, come suo secondo, o di Sanji come miglior cuoco, poteva vantarsi di avere la migliore musicista pirata al suo fianco come moglie, nonché la migliore ragazza che conosceva.

Sapeva tenergli testa anche se era LUI, sia chiaro, ad aver vinto 2758 sfide di fila. Era la cantante più brava del mondo, sapeva spargere ottimismo e buon umore, era forte e determinata… 

Ma soprattutto, sapeva mangiare tre pezzi di carne interi alla volta.

Di tutto rispetto, lo aveva anche detto in quelli che potevano essere i suoi molto improvvisati “voti di matrimonio”

“Ops, mi scusi tanto!” Il ragazzo distratto dai suoi pensieri nel sentire un piccolo tumulto e una signora scusarsi con qualcuno. Si accorse ben presto che tale qualcuno era proprio sua moglie. 

“Non si preoccupi, lei sta bene?”

“Oh sì, è solo che dopo quasi nove mesi il peso si fa sentire” 

Alle parole della donna, il volto di Uta lasciò trasparire un cenno di… nostalgia.
Il sorriso della ragazza avrebbe ingannato chiunque altri, ma non lui. Sapeva quale era il vero sorriso della ragazza e certamente non era quello. 

Poteva anche non essere un mito nel leggere le menti delle persone, ma percepire il loro stato d’animo? Senz'altro, tra i migliori. Figuriamoci se si trattava di colei che era la sua amica più datata.

“Immagino! Allora le conviene andare a casa, vuole che l’accompagno?” 

“Oh, grazie per l’offerta, ma non si preoccupi, abito giusto dietro l’angolo.”

“E’ sicura?”

“Certamente” annuì la donna. 

“Ok allora… le auguro che tutto vada per il meglio!” 

Quello sguardo desideroso lo scorse subito, anche senza avere una buona visuale del volto di Uta. 

E non fu l’ultima volta durante la giornata. Ogni volta che Rufy si girava per chiamarla e farle vedere qualcosa, la trovava a guardarsi in giro in maniera assente, con i suoi occhi viola normalmente splendenti un pò sfocati.

Non capì subito la motivazione, inizialmente aveva ipotizzato si stesse semplicemente ammalando come gli altri. Non sentendola però tossire o starnutire, i sintomi del resto della ciurma, aveva anche virato sulla fame, ma ogni offerta di cibo era rifiutata. 

Ancora non se ne capacitava. Cibo gratis? Anche senza fame, si deve accettare e basta. 

Nulla sembrava funzionare e come cresceva la sua confusione, così cresceva la sua impazienza. Non riusciva proprio a capire cosa le prendesse. Sapeva che qualcosa la turbava e non poter fare nulla per scacciare quel sentimento lo innervosiva. 

Voleva riavere la solita Uta.

“Uta, che ne dici se-” Si voltò verso di lei, non finendo però di parlare quando la vide nuovamente ferma, qualche metro dietro di lui, con lo sguardo fisso su qualcosa.


Per un attimo gli balenò l’impulso di riprenderla, ma per pura curiosità provò a guardare nella stessa direzione di lei e qualcosa sembrò arrivargli alla mente.

Tutte le volte che Uta si era ritrovata con quell’espressione avevano qualcosa in comune.

La prima era successo quando dei bambini l’avevano riconosciuta e si erano fermati per chiederle un abbraccio, il quale lei stessa aveva prolungato per ben più tempo del normale.

Era successo quando erano passati di fianco ad una famigliola felice e le loro ridondanti risate. 

Era successo quando il giovane figlioletto del macellaio le aveva offerto una zampa di gallina per essere una ragazza così graziosa e a lui un orecchio di coniglio per essere un fortissimo pirata.

Nota molto importante per Sanji; le orecchie di coniglio fritte erano molto buone e le avrebbe volute rimangiare.

Sapeva di essere abbastanza ottuso, anche se non l’avrebbe mai ammesso apertamente, ma eventualmente era diventato talmente ovvio che era riuscito a connettere quegli avvenimenti. 

Infine, il guizzo divenne certezza quando, sperando di metterla alla prova e di farla reagire nel vederlo mangiare un mandarino intero con tanto di buccia come quando erano piccoli, cosa che sapeva innervosirla, la trovò intenta a fissare un’arancia aperta, contenente un piccolo getto di un’altra, probabilmente cresciuto al suo interno.

Sembrava che avesse avuto un bambino.

Non era una cosa così insolita negli agrumi ed era già successo in passato di notarla quando ne mangiavano. Si ricordava anche di aver commentato la cosa ai compagni, ricevendo in risposta da Robin e Chopper una spiegazione scientifica, che ovviamente non aveva capito.

E lì realizzò: c’entravano sempre dei bambini. Uta si comportava in modo strano quando si parlava di bambini o ce n’erano attorno.  

Inizialmente pensò che forse le davano fastidio, ma poi scacciò l’idea dalla testa. Non aveva senso, sapeva per certo che Uta li amasse, ed era anche molto brava con loro. Sia lei che Nami adoravano spupazzarli quando ne incontravano. 

Quindi lì per lì quando parlò non pensò molto alle implicazioni delle sue parole, si limitò a chiedere in maniera molto diretta l’unica alternativa che gli passò per la testa “Lo vuoi?”

“Eh…?” Uta si voltò appena, trovandosi colta alla sprovvista.

Rufy indicò l’arancia “Quello.”

“Uh… se vuoi mangiarla te la lascio” fece per porgergliela, ma la mano di Rufy si strinse attorno alla sua, in una presa solida, ma gentile, abbassandola.

Non intendevo questo” prese lo stesso l’agrume con l’altra mano, cacciandolo in bocca e ingoiandolo intero, ignorando lo sguardo di disapprovazione di Uta. 

“Ma quello” alzò il dito della stessa mano per indicare un bambino a caso, impegnato a giocare con i suoi amici. “O quello” puntò in seguito una bambina che chiacchierava con la madre.

Il silenzio della ragazza, da un lato sconvolta di essere stata colta in flagrante e dell’altro titubante, parlò abbastanza. Ma non sentendola rispondere, Rufy insistette.

“Siamo venuti qui per fare compere, ma non hai mangiato nulla con me, non hai guardato le bancarelle di vestiti o accessori come fai sempre e sei stata sempre per le tue. Cerchi sempre qualcosa che tu possa trovare carino, ma oggi nulla ti interessa. E anche attorno ai bambini, sembravi triste” sottolineò lui.

Lo sguardo di Uta rimase fisso sulla coppia madre e figlia che Rufy le aveva indicato poco prima. Non si era distolta un attimo e la sua espressione sembrava rendere ancora più lampanti le impressioni di Rufy. C’era chiaramente un senso di incompletezza che la stava disturbando. 

“Cos’è?” Di nuovo domandò lui spazientito, “Vuoi avere quello?” riferendosi a quelle che potevano essere molteplici cose, in maniera così semplice, ma che alla fine potevano essere riassunte in un tutt'uno. Quel rapporto, vestire il ruolo di madre, avere un bambino tutto suo, vedersi in quella famiglia che avevano incrociato prima. 

Stavolta la risposta della ragazza arrivò senza esitazione, veloce e diretta “Sì…”. Si lasciò scappare un sospiro, come se finalmente potesse di nuovo respirare.

Non era un bisogno estremo con cui non potesse convivere, almeno in parte. Era davvero felice con la vita che aveva. Ma desiderava poter avere qualcuno da stringere tra le braccia che colmasse un posto speciale del suo cuore. Qualcuno da amare in maniera unica, simile a quella in cui amava Rufy, ma anche diversa.

Certo, avevano a che fare con molti bambini nei loro viaggi ed era anche probabile che Tama si sarebbe unita a loro da lì a qualche anno. Tuttavia, per quanto la conoscesse, era più come una sorellina piuttosto che una figlia, complice anche il divario di età non così estremo.

Voleva capire cosa rendesse una madre una persona forte, inarrestabile. 

Ma era da tempo che aveva iniziato a cercare di mettersi il cuore in pace sulla questione.

Sapeva che Rufy sarebbe stato un bravo padre, in un modo ovviamente tutto suo, anche se forse troppo accondiscendente o a tratti troppo bambinesco lui stesso.
Però il tipo di vita che conducevano implica una certa attenzione e… limiti. E il loro capitano era Re dei Pirati, la persona per definizione più libera che mai, “campane della liberazione” eccetera eccetera…

Certo, Shanks se l’era cavata con lei, e Roger prima con lui, ma non voleva dire che Rufy fosse disposto allo stesso sacrificio, persino se si fosse occupata lei da sola di gran parte delle problematiche.

Inoltre, anche se voleva davvero un bimbo cresciuto nel suo grembo, nato dal loro legame, sarebbe stata disposta a seguire un’altra opzione. Dopotutto, il legame di sangue era relativo, lei e Shanks ne erano la primissima prova lampante, insieme ad innumerevoli altre.

Eppure lo stesso problema si sarebbe presentato prima o poi anche con figli adottivi, seppur possibilmente di età maggiore a quella di un infante.
Il matrimonio era già stato di per sé un miracolo, chiedere di più, per quanto lo desiderasse, le sembrava quasi eccessivo ed egoistico. 

A quel punto però, con un peso in meno nel petto e ormai incoraggiata a continuare, non poteva far altro che domandare la sua onesta opinione. Il peggio sarebbe stato un semplice no e il doversi rassegnare. “Te?”

Rufy rimase un pò pensieroso di fronte al quesito, portando la mano sotto il mento e iniziando a forzare le rotelle del suo cervello. 

Far entrare bambini nella ciurma era rischioso. Non che non amasse il rischio, il brivido dell’ignoto e cacciare la sua ciurma in follie, anzi, sapeva che alle volte la sua irruenza e fame di avventura poteva portarlo a prendere decisioni sconsiderate e pericolose per tutti i suoi amici.

Ma c’erano anche situazioni, le più estreme che riguardavano le persone a cui teneva, per i quali non avrebbe alzato la posta in gioco.
Crescere, maturare e vivere così tante esperienze di diverso tipo, alle volte traumatiche, gli avevano anche fatto provare sulla pelle, e più in profondità, quanto facesse male perdere qualcuno per colpe proprie.

Dovevano far precipitare la Sunny da una cascata? Saltare da un dirupo? Entrare nella rotta più pericolosa di tutte? Gioco da ragazzi.
Non solo perché avrebbe accettato di fare quelle cose di getto, ma anche perché aveva una ciurma di persone super competenti, le migliori nel loro campo.

Persino Tama avrebbe dovuto aspettare di crescere e diventare più forte prima di raggiungerli, quindi l’idea di bambini veri e propri sarebbe andata contro a quanto fatto fino a quel momento. 

I suoi amici potevano difendersi da soli, chi più e chi meno, dei bambini piccoli avrebbero avuto più difficoltà.

Non che per Uta, se davvero avesse voluto, non avrebbe potuto fare un’eccezione. 

Avrebbe soltanto dovuto proteggerli con tutto se stesso, come proteggeva chiunque gli stesse a cuore. Quindi, cambiare la sua politica da capitano, se ce n’era una stabile, non gli creava poi chissà quali problemi.

Era capitano, sua la ciurma, sua le regole. Avrebbe fatto come gli pareva. 

Per quanto riguardava figli suoi, biologici, doveva ammettere di non averci pensato, persino quando aveva sposato Uta. In primis perché il matrimonio aveva cambiato appunto ben poco tra di loro.

Per lui inoltre vivere voleva dire cogliere l’attimo, essere vincolato da piani a lungo termine non era esattamente conforme al quel senso di libertà che rincorreva. Ciò che succedeva, succedeva. Lo si affrontava e si andava avanti.
Non significava però fosse contrario all'idea. Era consapevole che i bambini nascessero da una madre e un padre, tendenzialmente una coppia sposata se non adottati, quindi nel profondo era cosciente che si sarebbe potuta aprire la possibilità pure per loro due in futuro e non era una cosa che volesse evitare attivamente.
Semplicemente non ci aveva pensato da sé.

Bambini o adulti, a lui non interessava particolarmente, se una persona era in gamba allora gli piaceva, se era una seccatura tendeva a stare alla larga. Questo quindi valeva anche per i più giovani, anche se li vedeva più in maniera positiva visto che non tendevano ad avere cattive intenzioni di natura. Di norma.

A volte nascevano battibecchi e veniva rimproverato per prendersela con dei marmocchi, soprattutto quando si ambientava troppo tra di loro, e iniziava a ragionare e comportarsi nello stesso modo, ma faceva comunque parte della sua personalità, si sarebbe comportato in maniera pressoché uguale con tutti, a seconda del tipo di persone che erano.

Pensandoci sù poi, se erano figli suoi e di Uta, dovevano per forza diventare tipi in gamba, dopotutto, non per vantarsi, lo erano entrambi. E se la genetica funzionava così, cosa su cui Chopper avrebbe potuto tranquillamente dissentire, sarebbe andato tutto per il meglio.

Inoltre, non aveva esattamente pensato o pianificato un futuro con un bambino sangue del suo sangue, ma poteva vedersi rivestire i panni di Shanks, con qualcuno a cui affidare il futuro, da guidare e amare. Qualcuno da proteggere e di cui essere fiero.
Voleva fare per qualcuno quello che il Rosso aveva fatto per lui. 

La possibilità accadesse casualmente però era praticamente nullificata dal fatto che non era… interessato esattamente nell’aspetto che riguardava il come fare un bambino.
Forse qualcuno avrebbe potuto dire che non lo sapeva, ma Dadan e Makino glielo avevano spiegato anni prima. Quindi anche se era qualcosa che aveva trovato estremamente bizzarro, alla fine aveva capito a grandi linee.

Almeno una minima parte…
E poi Usopp, Sanji e Franky parlavano spesso di quelle cose.

Uta non aveva mai chiesto nulla a riguardo, probabilmente consapevole che non era qualcosa che il marito pensava interessante o utile a divertirsi. Rispettava questo suo modo di pensare e aveva lasciato a lui l’iniziativa. 

Alla fine, proprio perché non era lei ad avergliela data, non avevano mai fatto nulla di quel genere. 
E se quello era il metodo per avere bambini, di quel passo non sarebbe mai successo niente. Uta non sarebbe mai rimasta incinta. 

Poteva solo essere una decisione, una scelta voluta, e perché non provarci? Non ci perdeva davvero nulla. 

Beh, qualcuno avrebbe detto la sua "innocenza", ma quel pensiero manco gli era passato per la testa, figuriamoci se gli importava. 

Diventare genitore sembrava un prospetto interessante… e poteva anche risultare divertente. Un pò di incertezza e caos non sembrava male in tempi decisamente più calmi come quello.

E se Uta lo voleva, allora lo voleva anche lui. 

“Ok, vuoi un bambino? Lo avrai.”

“Eh?” lo guardò lei paonazza, come se fosse assolutamente certa che il marito non sapesse di cosa stesse parlando.
Avere un bambino non era come mettere nella borsa della spesa un cavolo o delle pesche.

Rufy si alzò in piedi di scatto, mani sui fianchi ed espressione determinata. Sì, se quello l’avrebbe resa soddisfatta allora avrebbero aggiunto un membro alla ciurma. Più si è, meglio è, no?  “Sù, andiamo a farne uno!”

La faccia mortificata della ragazza rispecchiò l’attenzione che le persone nella piazza rivolsero loro, in reazione alle dichiarazioni squillanti del pirata. 

Si sentì un lieve bisbiglio e varie facce attonite li fissarono. Alcuni volevano ridere, altri sembravano increduli all’assurdità della situazione. Alcuni genitori invece erano semplicemente scandalizzati, impegnati a coprire le orecchie dei propri figli. 

Il viso di Uta era rosso scarlatto. Come poteva Rufy dichiarare certe cose con tale semplicità e mancanza di ritegno? In mezzo ad altre persone?

Effettivamente sapeva come, era qualcosa perfettamente in linea con la sua persona, e forse se lo sarebbe potuto aspettare, ma non voleva dire dovesse essere meno imbarazzata. “R-Rufy, ma che ti salta in mente!?”

Il ragazzo la guardò perplesso, cosa c’era di così complicato? “Vuoi un bambino tuo, no? Come ha fatto Makino qualche anno fa! Beh, mettiamoci al lavoro e facciamolo” 

"N-Non puoi dire queste cose così davanti a tutti!"

"Hm? Che problema c'è?" Disse guardandosi attorno, non capendo bene perché venissero fissati in quel modo e perché Uta apparisse così agitata. “Sai come si fa, no?”

Mica voleva un bambino? Perché allora faceva l'imbarazzata?

“C-Certo che lo so! Appunto per quello non dovresti dire queste cose davanti a tutti in quel modo!”

Lui piegò appena la testa, come un cagnolino confuso, il suo labbro inferiore appena sporgente e le sopracciglia aggrottate con fare pensoso "Tante persone si accoppiano, non è naturale?"

La pelle di Uta divenne sempre più di color scarlatto. Voleva essere arrabbiata, davvero, ma tutta quella sorprendente disponibilità di Rufy le impediva di agire e parlare coerentemente "Rufy, tu piuttosto, sai almeno di cosa si tratta?" Bisbigliò, strattonandolo vicino per evitare di peggiorare la loro situazione.

"Certo che lo so!" Di nuovo esclamò ad alta voce, totalmente vanificando i tentativi della povera ragazza imbarazzata "Bisogna solo infilare la salsiccia nel barattolo di maionese! Così i girini arrivano nell'uovo!"

Ripresero i lamenti dei genitori, stavolta più forti ed espressivi.

Mai prima d’ora, Uta aveva sentito il desiderio di sotterrarsi come in quel momento.

Prima che potesse prenderlo e portarlo via, per scappare da quell'umiliazione, fu Luffy stesso ad afferrarla a tirarla su in piedi, sollevandola poi da terra e caricandola sulla spalla come se fosse un sacco di patate. Prese poi i veri sacchi di provviste e li caricò sull’altra spalla, partendo in corsa sulla strada verso il porto.

A poco servirono i lamenti della ragazza che si sentiva sballottata di qua e di là e divorata dalla vergogna per gli sguardi che la gente riservava loro mentre passavo animatamente in mezzo alla via. 

Mai contare su di Rufy per la discrezione. Mai.

"Forza! Se poi bisogna aspettare nove mesi, conviene fare subito!"

“Non funziona così!!”

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