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Autore: Anchestral    18/02/2023    1 recensioni
[Chainsawman]
La notte di Capodanno Aki Hayakawa si ritrova coinvolto in un grave incidente stradale. Da qui ha inizio il suo viaggio.
[Personaggi: Aki Hayakawa (centric!), Angel Devil, Denji, Power, Himeno, Kishibe| Pairing: Aki/Angel]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Atto Terzo - Make This Go On Forever

Era passato il primo di gennaio. Aki aveva scoperto che dormire ormai non era più necessario. Era di nuovo l’alba, era passato esattamente un giorno da quando si era risvegliato. In quelle ore Aki aveva visitato i luoghi che aveva frequentato in quei 5 anni: l’ufficio, il ristorante di ramen, il bar che frequentava con Himeno; il karaoke dove Denji e Power lo avevano portato a forza per la sua (ultima) festa di compleanno a sorpresa; il sushi più buono di Tokyo quando era stato promosso; il parco vicino casa dove andava di notte con i suoi coinquilini quando nessuno di loro tre riusciva a dormire. C’erano tanti posti in quella frazione della città dove era andato durante la sua vita e anche quello che sembrava più insulso portava con sé dei ricordi.

Il tempo continuava a scivolargli via dalle mani e avrebbe giurato a se stesso che un’ora adesso durava sì e no quello che prima percepiva come soli venti minuti. Inesorabilmente sembrava stesse accelerando sempre di più.

«È normale che il tempo scorra così velocemente?»

«A me sembra sempre uguale» gli rispose. 

Era chiara l’implicazione delle sue parole: era solo per lui che stava scorrendo così, il suo orologio era sempre più vicino allo scoccare dell’ultima ora. Aveva iniziato ad apprezzare la schiettezza di Angel. Le sue risposte sembravano evasive ma in realtà non lo erano. Cercava di non illuderlo. La sua attitudine così apatica sembrava essere più una facciata anche perché prima lo aveva visto rattristarsi. Sembrava partecipe del suo dolore anche se non dava a vederlo. Si chiese quante persone c’erano state prima di lui, per quanto tempo andasse avanti per Angel tutto questo. 

«Non hai ancora visitato tutti, vero?» fu palese ad Angel che ci fosse ancora qualcosa di irrisolto.

«No.»

«I tuoi genitori? Non vuoi andare a trovarli?»

Angel non era stupido e aveva imparato a conoscere gli umani. Arrivati davanti a lui, andavano sempre dallo stesso tipo di persone: genitori, fratelli, amanti e amici. Angel aveva capito che cercavano di mettersi in pace. Volevano sapere che la loro vita non era stata inutile, che anche se stessero andando via prematuramente qualcosa di loro sarebbe rimasto.  

Li invidiava. Invidiava le loro storie. E invidiava che tutti avessero qualcuno da cui in realtà sarebbero potuti ritornare. Non tutte le persone che accompagnava gli piacevano. Anzi, spesso era il contrario e era comunque costretto a seguirli, con suo grande rammarico. Alcuni non si aprivano con lui, non che gli dispiacesse. Una memoria in meno da custodire - per cui avrebbe fatto a meno di soffrire.

Ormai il suo cuore ci aveva fatto l’abitudine per la maggior parte delle situazioni.

Era più raro trovare qualcuno che lo coinvolgesse e lo portasse alla compassione, finché anche lui sentisse che era davvero ingiusto quello che stava passando. Quando succedeva, Angel si sentiva ancora peggio e malediceva il suo compito. Era molto più semplice vedere un'altra persona che non sopportava che seguire queste con cui empatizzava. Aki era uno di quelli. E sicuramente uno dei peggiori che gli era capitato.

Angel scrutò Aki che stava tardando a rispondere. Anche lui sembrava pensoso.

«Quanto posso allontanarmi dal mio corpo?»

«Quanto vuoi.»

«Sono in Hokkaido, vorrei andare lì.» disse con un tono lugubre e il volto contratto.

«Se vuoi, posso portarci direttamente lì» propose Angel.

«No, vorrei arrivarci da solo.» lo sguardo rivolto verso i piedi. «Non so ancora cosa dire…»

 


 

Erano passati un paio di giorni da quando ormai erano partiti dalla metropoli di Tokyo. Avevano preso il treno e anche il traghetto per arrivare all’estremo nord del Giappone. Angel non l’aveva presa benissimo. Non solo perché aveva dovuto percorrere centinaia di chilometri, ma soprattutto perché gli veniva la nausea appena metteva piede su un mezzo di trasporto. Durante la traversata Aki gli aveva raccontato la sua vita quotidiana per distrarlo.

Gli confessò anche che avrebbe voluto fermarsi in qualche negozio per prendere il ramen e mangiarlo un’ultima volta con lui, ma sapeva che non era possibile, non ne avevano bisogno. Ad Aki sembrò un po’ una contraddizione, avrebbe potuto tranquillamente immaginare Angel come una buona forchetta. Gli si addiceva molto.

Avevano passato poco tempo insieme ma Aki ebbe l'impressione che si conoscessero da sempre. Ormai gli aveva già raccontato quasi tutto di sé e Angel era stato lì ad ascoltarlo. Adesso sembrava molto più preso da lui e dalla sua storia rispetto all’inizio. Non era stato un cambiamento repentino, però sembrava tanto diverso dall’angelo che, come prima cosa, gli aveva detto che sarebbe morto di lì a poco. Aveva notato che ormai non faceva nemmeno più allusioni alla cosa. Anzi quando era Aki a parlarne la sua espressione si incupiva leggermente, sembrava quasi ci rimanesse peggio lui di Aki stesso. Eppure, era sicuro che Angel non se ne fosse dimenticato nemmeno per un attimo. La loro condizione era ridondante in ogni azione che compivano. 

 

Stavano camminando tra la neve fitta già da diverso tempo, era buio pesto, il cielo completamente coperto dalle nubi scure. Angel non sapeva dove Aki lo stesse portando. Non potevano sentire il freddo però era palese che si gelasse. Vide in lontananza delle case e un cartello. Entrarono nel paese, non era troppo grande. Aki si guardava intorno, lo sguardo severo.

«Questa è casa di mia zia» disse quando passarono davanti a una casa modesta. Si intravedeva il fumo sbuffare fuori dal comignolo sul tetto. Aki si avvicinò alla finestra e sbirciò all’interno. Angel fece la stessa cosa. Intorno al tavolo era riunita una famiglia che stava terminando di cenare: un uomo, una donna e due ragazzi più giovani di Aki. Ridevano tra di loro mentre la madre distribuiva a tutti il contorno di patate scambiando alla sua famiglia sguardi premurosi. Sembravano felici.

«Forse ancora non hanno saputo di te» commentò Angel e poi si girò per guardarlo. Rimase tristemente colpito a vedere l’espressione glaciale di Aki dallo sguardo spezzato, celante un’invidia rabbiosa e infuocata negli occhi. Stava stringendo lo stipite della finestra, le punte delle dita stavano diventando bianche.

«Non lo sapranno mai probabilmente» sibilò velenoso e arido con una calma che sembrava forzata.

 

Si staccò e ritornò sulla strada spalata del villaggio. Indicò un po’ più avanti, dove c’era un mucchio di neve e i resti di una piccola recinzione di legno. Disse: «Lì c’era casa mia.» La sua faccia, in pochi secondi, si mescolò di tanti sentimenti che Angel non riusciva più seguire.

I loro sguardi indugiarono sul punto. Alla triste realizzazione, Angel pensò che avrebbe tanto voluto non essere lì in quel momento.

 

Aki superò i resti e uscì dal retro del suo villaggio. La strada era in salita e c’era una rampa di scale di pietra sconnessa. Una volta terminate, Angel vide davanti a sé una distesa bianca spezzata da tante macchie grigie. Non riusciva a distinguerle bene a causa del buio però capì che quello di fronte a lui era un cimitero. Sentì Aki sospirare e lo vide stringersi nelle spalle. Con le mani in tasca riprese a camminare, soppesando ogni passo, e lo intimò di seguirlo. Angel lo fece rimanendo sempre qualche passo dietro di lui: non riusciva a confrontare il suo volto al momento. La sua maschera di indifferenza si era spezzata rivelando quell’espressione sofferente, quella vera, e tutto ciò che celava al di sotto di essa. Era un libro aperto ormai e Angel avrebbe potuto leggere tutto, ma non voleva. Superarono diverse file e poi diverse lapidi finché Aki non si fermò. Angel lesse ‘Famiglia Hayakawa’.

Aki Hayakawa... - gli fece un certo effetto pensare che adesso sapeva il suo nome.

Aki prese a parlare:

«Qui ci sono i miei genitori e mio fratello minore Taiyo. Sono morti dieci anni fa. Una sera ero scappato di casa – un singhiozzo lo interruppe - quando sono tornato alcune ore dopo li ho trovati riversi sul pavimento. Ladri… sono entrati e li hanno uccisi sparandoli.»

Aki si accasciò a terra cadendo in ginocchio. 

Il ricordo della luna piena splendente riflessa nel sangue riverso sul pavimento della casa buia, era tornato limpidissimo nella mente.

Il suono degli spari, che aveva udito mentre correva nel boschetto, gli martellava sulle tempie.

La gola che gli fece male per giorni a causa delle urla. 

L’odore del ferro che gli punse le narici e ormai lo perseguitava nauseandolo.

 

«Mamma, papà, Taiyo… mi dispiace di essere sopravvissuto solo io. E per quale motivo? Solo perché per puro caso ero scappato... Capisci, Angel? Capisci?!»

Gli rivolse uno sguardo straziato e funesto, le lacrime avevano iniziato a scorrere bagnandogli le guance. 

Batté un pugno a terra. 

Angel lo continuò a fissare con angoscia rimanendo in piedi: era la prima volta che lo vedeva piangere. Stava iniziando a nevicare di nuovo.

«Avrei dovuto esserci anche io lì con loro. Ho vissuto tutti questi anni con questo senso di colpa. Sono solo un refuso di quel che è successo, è stato un errore che io fossi vivo. Dovevo essere anche io lì con loro! 

- tuonò alzando la voce. Poi si fermò per riprendere fiato. Il suo petto si muoveva velocemente, il respiro era affannoso -

Pensavo costantemente a quanto ero stronzo per i miei pensieri, che loro non si meritavano di essere finiti così e io invece continuavo a vivere. E mi sento pure in colpa di esserlo! Ero così arrabbiato col mondo, con tutti. Perché io, quello cattivo, continuava a vivere. Cazzo!»

Aki era scosso dalle lacrime e dai singhiozzi sempre più convulsi. Si portò una mano al volto per asciugarsi e l'altra tra i capelli stringendoli penoso. Angel si accovacciò lento vicino a lui, con l’ala lo avvolse in un lieve abbraccio proteggendolo dai fiocchi di neve.

«Aki» sussurrò girandosi verso di lui. Era la prima volta che lo chiamava per nome. Anche Aki si voltò. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza. I fiocchi di neve si posavano con leggiadria sui capelli rossi di Angel. I loro nasi quasi si sfiorarono quando Angel parlò di nuovo. 

«Non sei cattivo…» asserì calmo fissandolo dritto negli occhi. La fermezza nello sguardo addolorato cremisi lo fece tremare.

«Non è tutto quello che volevi dire, vero?» Indicò la lapide. «C’è altro.»

 «…»

 «Sii egoista, puoi dire cosa provi davvero.»

Le lacrime presero a scendere ancora più intensamente.

«Io… perché mi avete lasciato solo? Non solo quando siete andati via, anche prima. Io sono sempre stato solo. Ero così arrabbiato perché nessuno rivolgeva la sua attenzione a me. Mamma, papà, giuro che lo capivo che era per Taiyo, perché non stava bene. Io non me la prendevo davvero con lui e nemmeno con voi! Ma mi sentivo abbandonato a me stesso e non sapevo come fare. Quella sera avevamo litigato ed ero corso via. Vi avevo riversato addosso tutto. E poi… non c’eravate più. Mi dispiace… mi dispiace così tanto! Però… perché mi avete lasciato solo prima?  Perché dovevo perdervi anche dopo? Anche zia mi ha lasciato da solo. Perché è successo a me? Tutti mi hanno abbandonato, nessuno si interessava di me. Taiyo, fratellino, scusa. Troppe volte ho pensato che al posto tuo e quello di mamma e papà dovessi esserci io. Perché io mi odiavo, non sentivo di meritarmi di continuare a vivere. Voi sì invece, ve lo meritavate. Scusate…»

Si coprì il volto con le mani continuando a gemere. Angel al suo fianco era mesto. Strinse un po’ di più la sua ala sulla schiena di Aki. Al contatto, Aki si buttò ad abbracciarlo ricercando conforto. Angel ricambiò provando a calmarlo accarezzandogli la schiena e i capelli.

«Ho provato fare del mio meglio finora...» 

Angel si sentì raggelare sul posto.

«Aki, mi dispiace. Non deve essere stato facile.» 

Non deve esserlo stato affatto - 
pensò Angel. Si chiese come avesse fatto Aki fino a quel momento a tenere dentro di sé tutta quella rabbia e quella sofferenza. 

Come aveva fatto ad affrontare la solitudine? 

Quando lo aveva conosciuto qualche giorno prima aveva capito che fosse un’anima tormentata, che c’era qualche cosa che non tornava nella sua storia. Non si era ancora aperto del tutto, ma Angel aveva percepito da come parlava, da come si muoveva e anche da solo come stava in silenzio a pensare, che fosse palese la presenza di qualcosa di tremendamente sbagliato. Ma non immaginava fino a quel punto. Angel rimase ancora una volta sbalordito dalla forza dell’animo umano che spingeva le persone a continuare ad andare avanti. Perché, nonostante tutto ciò, Aki era stato in grado di ricostruirsi una sua quotidianità, una cerchia di amici e anche una nuova famiglia… e nemmeno se ne rendeva conto di quello che era stato in grado di fare perché era rimasto bloccato lì.

«Sono sicuro che loro non sono arrabbiati con te, penso che ti abbiano perdonato» sussurrò Angel mentre gli accarezzava i capelli neri. Aki continuava a piangere sulla sua spalla stringendo saldamente la giacca di Angel.

«Non essere così duro con te stesso, hai fatto tutto quello che potevi. Non è stata mai colpa tua, niente di tutto questo. Nemmeno i tuoi sentimenti.»

«Tu non pensi che io sia uno stronzo?»

«No, te l’ho detto. Io sono convinto che tu sia una delle persone più di buon cuore che io abbia seguito. Aki, potevi essere chissà dove con tutto quello che ti è successo e invece? Hai aiutato due ragazzi abbandonati perché non volevi che soffrissero come te, non hai voluto spezzare il cuore a qualcuno… Tutte le persone intorno a te ti hanno amato. Anche i tuoi genitori. E sono sicuro che sono contenti che tu sia riuscito ad andare avanti in qualche modo. La tua vita non è un refuso. L’hai presa e sei riuscito a rialzarti. Però continui a mettere tutti gli altri davanti a te, non credi? Anche tu hai diritto di soffrire, di piangere e di arrabbiarti. Di stare male e sentire le tue emozioni. Non sei obbligato a reprimerle…»

Il pianto di Aki si fece più tormentato, i respiri erano diventati irregolari.

«Sono onorato di avere avuto la possibilità di conoscere la tua storia e custodirla…» concluse Angel. Lo pensava davvero.

Nel suo abbraccio Aki si calmò ma Angel non lo lasciò andare. Lo strinse fin quando la neve non smise di cadere e i primi luccichii delle stelle non iniziarono ad intravedersi da dietro le nuvole.

«Grazie…» Aki bisbigliò pacato, con gli occhi e le guance arrossate.

Angel non lo disse però anche lui voleva bene ad Aki.

   
 
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