Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: SatoSugu93    26/02/2023    3 recensioni
SPOILER per chi non ha concluso il manga :
Le vite di Jean e Reiner, dopo la battaglia finale, procedono tranquillamente. Entrambi vivono insieme in una piccola casa immersa nella natura ma non possono ignorare ciò che è successo, soprattutto quello che sta nascendo tra di loro.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jean Kirshtein, Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano passati anni dalla violenta battaglia che si era consumata per la salvezza di ciò che era rimasto dell’umanità. Nonostante i piani di Eren la tensione tra Paradis e le altre nazioni era rimasta tesa come non mai, ma Historia e gli altri avevano deciso di puntare tutto sulla diplomazia. Il mondo era libero, senza giganti, senza sacrifici, ma pur sempre sul piede di guerra. C’è chi era rimasto nelle città e chi, come Reiner, aveva scelto una piccola casa di legno nei pressi di una foresta per ritrovare la pace dopo anni di battaglie e terrore. Doveva ammettere che funzionava, almeno non si svegliava più in preda agli incubi nel cuore della notte. Se fosse merito della natura o del suo coinquilino questo non se lo seppe spiegare, almeno non inizialmente. Perché Reiner non viveva solo, con lui c’era anche Jean che, per qualche strana ragione, aveva deciso di non lasciarlo solo. La loro era una routine semplice e tranquilla fatta di poche parole e lunghi silenzi, talvolta imbarazzanti e altre confortanti. Era Jean che si occupava della cucina poiché Reiner era negato per natura e l’ultima volta aveva combinato un mezzo disastro mandandolo su tutte le furie. Connie alcune volte diceva che sembravano una vecchia coppia sposata mettendo i due lievemente in imbarazzo. La casa dove vivevano era piccola ma confortante, con due camere, un bagno e un salotto, oltre che alla cucina. Quella di Reiner si affacciava sulla vasta pianura incontaminata e c’era un grande albero di mele proprio davanti alla finestra, ne sentiva il dolce profumo ogni volta che l’apriva per far cambiare aria. Eppure ancora non capiva, a distanza di quasi tre anni, perché Jean avesse deciso di vivere con lui. Ricordava ancora molto bene i suoi pugni, di come non avesse reagito perché aveva dannatamente ragione, di come gli avesse portato via Marco anni fa. Sussultò a quel ricordo, i raggi del sole morente tingevano di rosso e arancio il paesaggio circostante e anche i mobili in legno della casa.

«Reiner.»

Spostò lo sguardo verso Jean, lo guardava con un cipiglio preoccupato. Aggrottò la fronte non capendo perché lo stesse fissando in quel modo, dopo si accorse di un dolore lancinante alla mano e  del sangue che colava. Stava sbucciando le patate e aveva stretto la lama del coltello mentre era perso nei suoi mille ricordi. Jean sbuffò prima ancora che potesse dire qualcosa, una qualche scusa a cui non avrebbe creduto. Sembrava conoscerlo meglio di chiunque altro, più di se stesso. E questo certe volte lo spaventava.

«Dammi la mano, idiota.» disse mentre recuperava un kit medico.

Reiner lasciò lentamente il coltello, tenendo il palmo verso l’alto per evitare che il sangue macchiasse il pavimento. Jean si sedette davanti a lui ed esaminò la ferita con scrupolosità.

«Deve essere seccante non poter più guarire.»

«Forse l’unica cosa che mi manca.» borbottò guardando altrove.

Cercò davvero di non focalizzarsi sul volto di Jean perché ultimamente, quando lo faceva, indugiava molto sui lineamenti dell’amico. Quando erano cadetti era semplice, come ogni ragazzo della sua età, ma ora il ragazzino che litigava sempre con Eren era diventato uomo. Un uomo davvero bello e dal carattere maturo. Nonostante vivessero sotto lo stesso tetto non menzionavano ciò che era successo, come un elefante nella cristalleria. Jean gli aveva urlato tutto quello che c’era da dire prima che partissero per fermare Eren, diamine si era anche lasciato prendere a pugni come un sacco da boxe tanto i sensi di colpa che provava. Si definiva un guerriero, un guerriero che voleva compiere la missione contro i Demoni di Paradis. E poi li aveva conosciuti, persino stretto amicizia con loro, sviluppando addirittura una doppia personalità perché non sapeva più chi era e cosa fare. Erano solo bambini quando avevano abbattuto le mura e ucciso altre persone, altri ragazzini come loro. Non sapeva più chi era ma aveva Bertholdt. Sussultò quando la ferita fu lavata e disinfettata, Jean fasciò la mano con la praticità di chi era abituato a questo. Non era la prima volta che succedevano questi incidenti. Forse non lo lasciava solo per evitare che si facesse del male? Quando era a Marley aveva pensato più volte di farla finita puntandosi un fucile contro, ma la voce di Falco lo aveva fatto desistere. Falco e Gabi erano cresciuti, si erano innamorati e ora avevano un futuro davanti a loro. Un futuro longevo e, sperava, roseo. Tutti loro lo speravano. Era una liberazione non essere più il Corazzato, anche se più volte aveva sperato di morire dopo ciò che aveva visto e fatto. Che davvero Jean stesse vegliando su di lui pur non dicendo nulla?

«Finisco io di sbucciare. Pensare che volevo stare lontano dalla cucina.» disse Jean colpendolo sulla fronte con un lieve sorriso.

«Quindi avresti fatto cucinare me?»

«Diamine, no! Non voglio morire intossicato dopo essere sopravvissuto all’inferno, sarebbe una fine idiota.»

Reiner scoppiò a ridere dimenticando per un momento i suoi tormenti interiori. Ecco cosa faceva Jean, riusciva a distrarlo, a fargli dimenticare.

**************************************************

Ma l’elefante era sempre lì, traballante e pronto a fare danni. Fu in un pomeriggio uggioso che Reiner osservò Jean. Questa volta era il suo amico perso nei suoi pensieri. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere a cosa stesse pensando. A Eren? Al suo sacrifico? A Marco? Avrebbe scommesso ciò che aveva che sarebbe andato con Mikasa, consolarla dopo ciò che era successo. Ma Mikasa era una donna forte nonostante da quel giorno fosse emotivamente a pezzi. Non sapeva nemmeno se si sarebbe innamorata di un altro, la cosa era davvero triste. La pioggia che picchiettava contro i vetri era quasi rilassante, Reiner si allontanò dalla finestra sedendosi di fronte a lui. Jean non aveva toccato cibo e questo era strano, non aveva problemi a mangiare.

«Jean.» lo chiamò.

Gli occhi andarono sul suo viso senza dire nulla e Reiner strinse le mani a pungo fino a far sbiancare le nocche.

«Perché?» chiese.

Lo vide allargare leggermente gli occhi. Era una domanda che racchiudeva tutto : perché sei qui nonostante ciò che è successo? Perché hai deciso di perdonarmi dopo ciò che ho fatto? Perché mi hai impedito di gettarmi contro i colossali in un attacco suicida? Perché il tuo sguardo indugia sul mio viso? Lo aveva notato, Reiner, che anche Jean lo fissava il più delle volte. L’altro non rispose, il silenzio tra di loro era rotto solo dalla pioggia e da un rombo di tuono. Gli occhi di Reiner si abbassarono sulle labbra di Jean e stessa cosa fece lui, i respiri erano quasi tesi. Fu in un battito di ciglia, senza capire chi iniziò dei due, le labbra furono premute insieme. Una pressione inizialmente leggera, come il battito d’ali di una farfalla. Si allontanarono di poco, le labbra ancora vicine, i respiri sulla pelle dell’altro. E poi Jean si sporse dalla sedia, afferrandogli il viso tra le mani e baciandolo ancora. Reiner socchiuse le labbra, permettendo alla lingua di Jean di trovare la sua e intrecciarla in una sorta di danza lenta e sensuale. La sua mano risalì lungo il viso dell’altro e strinse i capelli alla base della nuca facendo grugnire Jean contro la sua bocca. Sapori condivisi, salive, lingue, parole non dette ma gesti che dicevano tutto. Reiner lo capì solo ora. Morse piano il labbro inferiore di Jean e unì ancora le loro labbra, la presa sul suo viso aumentò. E poi un paio di occhi verdi apparvero nella sua mente, occhi che mai avrebbe dimenticato. Reiner si allontanò bruscamente da quel contatto, le mani strette sulla maglia di Jean. Entrambi ansimanti, con le guance rosse e le labbra turgide. Jean si alzò di scatto passandosi la mano sulla fronte, come se si fosse appena ripreso da una pazzia. Reiner lo fissava scioccato.

«Jean…»

«Buonanotte.» si limitò a dire mentre saliva le scale.

Quando sentì la porta della stanza chiudersi, Reiner sprofondò il viso tra le mani, le spalle scosse dai singhiozzi.

«Bertholdt, mi dispiace.» mormorò.

**********************************************

Quasi una settimana era passata da quel bacio e nessuno dei due toccava l’argomento. Quella strana complicità che si era creata  sembrava svanita, sostituita dal disagio e dall’imbarazzo. Jean osservava Reiner che evitava il suo sguardo ed era tentato da prenderlo a pugni un’altra volta, solo che non sarebbe guarito immediatamente e la convalescenza sarebbe stata una seccatura. In verità non sapeva neppure lui perché avesse deciso di vivere con Reiner. Li aveva traditi, aveva ucciso i suoi amici, Marco era morto perché aveva scoperto la verità. Perché Marco era sempre stato troppo intuitivo e rappresentava una minaccia troppo grande per quei tre. Non aveva una relazione con lui, non ancora, ma entrambi stavano provando qualcosa di più profondo durante il periodo di addestramento. E tutto gli era stato brutalmente strappato via. Eppure aveva capito ciò che aveva passato Reiner, riuscendo addirittura a perdonarlo e a salvare quell’idiota da morte certa più volte. Quel bacio lo aveva voluto anche lui, non era capitato per caso. Di corazzato aveva anche il cervello. Sospirò posando una mano sugli occhi, forse avrebbe potuto raggiungere Connie in città per qualche giorno in modo tale da schiarirsi le idee. Non era la sua dannata balia.

****************************************************

Fu durante un pomeriggio caldo che Reiner lo vide proprio sotto l’albero. Per un momento pensò di essere impazzito o che il calore gli stesse giocando un brutto scherzo ma avrebbe riconosciuto quella sagoma alta ovunque. Lasciò di corsa la sua stanza per raggiungerlo, l’ombra delle foglie lo riparava dai raggi di Luglio. Aveva il fiatone e posò le mani sulle ginocchia.

«Be-Bertholdt?» lo chiamò con un nodo in gola.

Questi si girò e per poco non ebbe un mancamento, era proprio lui. Il suo Bertholdt, il ragazzo con cui era cresciuto e aveva condiviso parte della sua vita. Il ragazzo di cui era ancora innamorato e che non riusciva a dimenticare. Reiner allungò la mano per sfiorargli la guancia.

«Bertholdt, sei davvero tu?» chiese ancora.

Con suo stupore, Bertholdt si allontanò e scosse la testa mentre indicava con il dito la piccola casa di legno. Reiner spalancò gli occhi mentre lo fissava ancora.

«Cosa stai cercando di dirmi? Per favore, parlami.» implorò.

Lo sguardo di Bertholdt divenne incredibilmente dolce, gli occhi verdi come le foglie dell’albero che li riparava. Si avvicinò a lui e posò le labbra sulle sue. Reiner sussultò ma chiuse gli occhi mentre una lacrima scendeva sul suo viso. Lo sentiva, il suo tocco, era così reale. Ma Bert era morto, non lo avrebbe più rivisto. Bertholdt si allontanò da lui con un piccolo sorriso.

«È tempo.»

La sua voce era leggera come la brezza estiva e, in un battito di palpebre, Reiner si ritrovò solo. Bertholdt era sparito. Il suo cuore, appesantito dal rimorso, si alleggerì e sorrise al cielo notturno. Ora aveva capito.

*********************************************

Jean era già a letto quando la porta della sua stanza si spalancò di colpo con un forte rumore facendolo sussultare. Reiner era sull’uscio della camera e il ragazzo lo fissò prima preoccupato, credendo avesse avuto un incubo, poi torvo quando notò il suo sorriso.

«Ma sei impazzito? Hai dei modi degni di un cinghiale!» esclamò alzandosi.

«Jean!» disse felice.

«Cosa vuoi?» chiese quasi sibilando.

Reiner azzerò la distanza tra loro con pochi passi e lo baciò di slancio sulle labbra. Lo stupore di Jean fu tale che perse l’equilibrio cadendo sul letto e trascinando Reiner sopra di lui. Si staccarono per riprendere fiato, le guance di entrambi arrossate, e lo sguardo di Jean confuso.

«Cosa diavolo…»

«Mi dispiace, mi dispiace per tutto, Jean. Sono stato un coglione quella volta ma ora ho capito e ti ringrazio per tutto.» disse con voce seria.

Gli occhi erano così intensi che Jean si ritrovò a distogliere lo sguardo da lui.

«Non c’era bisogno di entrare in questo modo, certe abitudini come Corazzato non sono cambiate.» borbottò lievemente imbarazzato.

Reiner scoppiò in una risata semplice e genuina che stupì Jean ma anche lui si ritrovò a sollevare leggermente gli angoli delle labbra. L’altro ritornò serio e abbassò il viso verso il suo e Jean decise, almeno per oggi, di non pensare a nulla. Il bacio che ricevette fu lento, profondo e sensuale. Tanto che entrambi iniziarono a sentire un piacevole calore pervadere i loro lombi, specie quando Jean avvolse le mani tra i capelli leggermente più lunghi dell’altro. Quando si separarono per riprendere fiato, Reiner posò il viso contro il suo petto e Jean lo strinse tra le braccia. Non si dissero altro, si addormentarono esattamente così. E Reiner non ebbe incubi quella notte.

*************************************
Jean imprecò in modo talmente colorito che Reiner lasciò il salotto per dirigersi in cucina. Ciò che vide lo lasciò sgomento, la mano di Jean era incastrata nel barattolo di vetro dove avevano i biscotti e lui stava cercando di tirarla fuori senza alcun risultato. Di certo non potevano romperlo con il rischio che si facesse male.

«Jean, stai bene?» chiese preoccupato.

Il diretto interessato si voltò con sguardo omicida.

«Ti sembra che stia bene? Ho la mano incastrata nel barattolo dei biscotti e non riesco a tirarla fuori.»

La cosa davvero comica era che Reiner era nel panico più di lui.

«Non possiamo rompere il barattolo.»

«E chi ha parlato di romperlo? Prendi il sapone, magari scivolerà meglio. Questa è l’ultima volta che tento di lavarne uno!»

****************************************
Connie aveva deciso di lasciare la vita frenetica della città per andare a trovare Jean. Non lo vedeva da qualche mese e si chiedeva come andassero le cose con Reiner. Certe volte non capiva nemmeno lui il suo migliore amico ma era bello, per una volta, ricordare le rare cose divertenti che erano capitate quando erano cadetti davanti a del buon vino. Certo, prima che toccassero la bevanda dopo la triste esperienza di Zeke ci avevano impiegato quasi un anno. Sorrise quando raggiunse la piccola casa di legno e si preparò a bussare se non fosse stato per alcuni rumore che lo fecero bloccare con il pugno a mezz’aria.

«Se ti agiti è peggio, farà più male.»

Aggrottò la fronte alla voce di Reiner. Cosa stava succedendo? Jean si era ferito?

«Stai spingendo più in profondità, non vedi che non riesce a venire fuori?»

Le guance presero fuoco mentre spalancava la bocca come un pesce fuor d’acqua. Santo cielo, stavano davvero facendo quello? Il gemito di Jean lo fece sussultare e Connie avrebbe voluto che una voragine si aprisse e lo inghiottisse.

«Connie.»

Quasi gridò alla voce di Armin, anche lui era venuto per trovare i due.

«Ar-Armin…»

Il ragazzo lo fissava confuso.

«Che succede? Non sono in casa?» chiese aprendo la porta.

Connie si coprì il viso con la mano.

«Io non ho visto niente!» urlò.

«Connie, Armin, che sorpresa.» disse Reiner.

Connie sbirciò tra le fessure delle dita e non trovò la scena che aveva immaginato, solo Jean che stringeva tra le mani un barattolo di vetro e Reiner con il sapone tra le mani. Armin lo fissava stranito.

«Cosa non hai visto?» chiese Jean.

Il ragazzo divenne color pomodoro.

«Ah, solo che ho sentito alcune cose prima e ho pensato che voi due… ecco…»

Questa volta furono Jean e Reiner ad arrossire mentre Armin li fissava rassegnato. Certe cose non cambiavano mai.

«Connie, sei sempre il solito!» urlò Jean.




Note dell'autrice :

Ho riflettuto molto prima di pubblicare questo testo, dato che si trovava da quasi un anno nella mia cartella, e alla fine mi sono detta : perchè no? Amo tantissimo questa coppia, leggendo la parte finale del manga mi sono innamorata delle loro dinamiche. Jean che lo perdona, che lo protegge (andiamo, quante volte urla il suo nome quando lo vede in pericolo?) e che gli salva la vita. Ecco, proprio quel momento è la mia parte preferita tra di loro, il cuore da cui è nata la mia ship. Amo immensamente quella tavola e chi ha letto il manga sa a cosa mi riferisco ^^. Probabilmente scriverò altro su loro due, magari continuando questa one che forse diventerà una mini serie. Spero vi sia piaciuta ^^

 









 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: SatoSugu93