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Il Pirata
Era un caldo pomeriggio di settembre.
Ricky, come sempre, mi aveva portato con sé in sala prove. E' un discreto chitarrista. Diverse volte ho anche cantato con il suo gruppo.
Come di consueto, però, finimmo col litigare.
«Esco un minuto» annunciai. Infilai la porta e ci appoggiai le spalle subito dopo averla chiusa con forza dietro di me.
Nascosi le mani tremanti dietro la schiena ed abbassai leggermente la testa. Gli occhi mi pungevano a causa delle lacrime che volevano uscire. Li chiusi con rabbia e mi trattenni. Non gli avrei mai dato quella soddisfazione.
«Tutto a posto?»
Anche se presa alla sprovvista, né sobbalzai né feci alcun movimento. Era una voce troppo bella per spaventarsi.
Feci un gran respiro ed aprii lentamente gli occhi.
C'era un ragazzo davanti a me, a poche decine di centimetri. Definirlo "carino" era un eufemismo bello e buono. Era accovacciato sulle piante dei piedi, con le ginocchia piegate e gli avambracci appoggiati sulle cosce. Mi guardava da sotto in su, dritto negli occhi.
«Tutto a posto» confermai «Solo una piccola discussione»
Quando si alzò in posizione eretta, sollevai la testa anch'io, seguendolo con lo sguardo. Era alto circa un metro e settantacinque centimetri. Lo so che non è moltissimo. Ma, quando stai insieme ad un tizio alto esattamente quanto te, cominci ad apprezzare sensibilmente chiunque abbia una statura superiore al metro e sessantadue.
La corporatura era molto robusta. Circa ottanta chili, valutai rapidamente (e non sto parlando di ciccia). I capelli chiari erano rasati a zero e gli occhi... accidenti... Mai visti occhi così. Verdi, screziati di scuro, profondi. Ci si poteva perdere in quell'immensità.
Indossava un paio di pantaloni mimetici a tre quarti, una maglietta senza maniche ed un paio di scarpe da ginnastica. Il cerchietto d'oro al lobo sinistro ed il Jolly Roger tatuato sul braccio gli conferivano un'aria molto piratesca.
Lui mi sorrise.
Io rimasi folgorata.
«Si può entrare? Sono amico del bassista» mi chiese, garbato.
«Certo. Vieni pure» gli risposi staccandomi dalla porta e riaprendola di malavoglia.
«E' un batterista mica male» ci annunciò il bassista, dopo le presentazioni.
Un po' per curiosità, un po' per educazione, i ragazzi insistettero per fargli provare un paio di pezzi.
Io me ne stetti seduta in un angolo per tutto il tempo. Gli occhi incollati su di lui.
Distoglievo lo sguardo solo quando girava la testa nella mia direzione.
Il che avveniva molto spesso...
Ebbi subito l'impressione di piacergli.
Ovviamente, la cosa fu subito reciproca.
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