Lena
guardava preoccupata la piccola creatura tra le sue braccia, la quale
le stava
beatamente sbavando sul dolcevita nero. «Davvero
non capisco.» asserì, ed attirò
così l’attenzione delle sue amiche, che non
facevano altro che guardare con gli occhi a cuoricino dagli occhi
argentei ed i
capelli nerissimi. «Sono seria. Rei ha imparato a camminare a
quasi un anno,
mentre lei non fa altro che gattonare. Non ci prova neanche, ed ho
paura che
possa avere qualcosa che glielo impedisce.»
«Secondo
me non dovresti impensierirti
così tanto, Lena.» Anju, alla sua sinistra, si
accarezzò il pancione
pronunciato. «Insomma, non ho molta esperienza, ma i bambini
possono imparare a
camminare anche più tardi, e questo non significa che ci sia
qualcosa che non
vada in lei.»
A conferma di
ciò che l’altra ha aveva
affermato, Annette annuì vigorosamente. «Ti posso
solo dire che mia figlia ha
iniziato a gattonare -ripeto, a gattonare- solo dopo aver compiuto
l’anno. Sta
tranquilla, anche Kaie prima o poi camminerà, e quel giorno
ti pentirai di
averlo tanto voluto.»
«Ci
sono già passata, per quel che
vale.» la giovane mamma mosse le dita per far giocare la
figlioletta, che
portava il nome della giovane Eighty Six che era morta prematuramente.
«Poco
dopo che Rei aveva incominciato a gironzolare per casa sui suoi piedi,
ha
rovesciato per terra talmente tanti di quei documenti che io e Shin
abbiamo
stabilito di non portare mai più il lavoro a casa, se non
per delle eccezioni.»
«E
cosa riguarderebbero le eccezioni?»
«Quando
dobbiamo tenere la bambina
oppure quando nostro figlio è a scuola.»
«A
proposito.» Annette attirò
l’attenzione di Anju e Lena. «Non dovremmo andare a
vedere se la partita è già
cominciata? Ci siamo appartate mentre allattavi, ma ora dovremmo
tornare
indietro.»
«Hai
ragione.» L’Alba conosciuta come
Regina degli Eighty Six si alzò in piedi, stringendo a
sé la sua piccola copia
dai capelli del papà. «Andiamo a vedere il
fratellone che gioca, Kaie.»
Si avviarono
verso gli spalti, e,
mentre Annette ed Anju parlavano fra di loro, Lena si permise di
pensare a
quanto in quei dieci anni le cose erano cambiate. Dopo la nascita del
loro
primogenito Rei, lei e Shin avevano iniziato a cercare il secondo
figlio
nell’anno del secondo compleanno del bambino. Ma rimanere
incinta la seconda volta
fu difficile per Lena tanto che ci vollero sette anni prima che le
lineette del
test di gravidanza si scurissero entrambe. Fu tosta, per entrambi: a
Shin si
spezzava il cuore ogni volta che vedeva Lena piangere per
l’occasione mancata,
cercava di consolarla in tutti modi, mentre lei precipitava nel vortice
buio
della depressione. Intanto, Rei cresceva, e, sebbene cercasse di
partecipare
quanto più possibile ad ogni minimo cambiamento del suo
bambino, Lena faceva
fatica a guardarlo. Non perché non l’amasse, ma
perché tutto di lei era
proiettato verso il bambino che voleva a completare il suo ideale di
famiglia
felice.
Perciò
decise di iniziare ad andare
dalla psicologa. Passarono ancora due anni prima che ricominciasse a
respirare
di nuovo per davvero, e ben presto Lena si mise l’anima in
pace. Cercare un
altro bambino così disperatamente, tanto da non riuscire a
pensare ad altro,
non faceva bene né a lei, a Shin e tantomeno a quel bambino
che aveva bisogno
di sua madre. Se fosse arrivato, ne sarebbe stata lieta; ma se non
fosse mai
arrivato, non cambiava niente.
E, dopo tanto
tempo, pazienza ed
amore, arrivò. Quando Rei compì nove anni, i suoi
genitori gli annunciarono
l’arrivo di un regalo nel giro di nove mesi. E fu davvero un
regalo molto
apprezzato, perché il bambino amava da impazzire la sua
sorellina, e di questo
Shin e Lena ne erano più che felici.
Difatti, quando
Lena si sedette al
fianco del suo carismatico ed affascinante marito -Shin non ci credeva
molto
quando glielo diceva, ma sua moglie gli assicurava sempre che ai suoi
occhi
innamorati lui era il più bell’uomo che avesse mai
potuto incontrare-,
passarono cinque millisecondi prima che Rei saltasse oltre il parapetto
e
salisse le scale ad una velocità fulminea.
«Kaie!» urlò, ebbro di gioia mentre
sollevava la sorellina tra le sue braccia e la stringeva al petto,
ricevendo
come risposta una risatina incontrollata e felice. «Oggi il
mio primo goal lo
dedico a te!»
«”Ciao
mamma, sono felice che anche tu
sia qui! Non vedo l’ora di farti vedere quanto sono
migliorato!”» sua madre lo
scimmiottò con un adorabile broncio per poi dire:
«Non per farti sentire il
colpa, però sono un po’ offesa.»
Gli occhi
rossastri del giovane
brillarono divertiti prima di sommergere mamma e sorella in un tenero
abbraccio. «Sono contento che tu sia qui, mamma.»
le sussurrò all’orecchio, e
lei rabbrividì di felicità.
Le braccia di
Shin si strinsero
attorno a quel gruzzolo di braccia e gambine. «Mi sentivo
lasciato fuori.»
tentò di giustificarsi, ma le sue parole provocarono una
risata scrosciante
della famiglia. «Sei pronto, Rei?» gli
domandò poi il padre, accarezzandogli i
capelli così simili a quelli dell’amata.
«Sì,
papà! Anche se sono un po’
agitato.»
«È
normale, piccolo, ma vedrai che una
volta che inizierà il gioco andrà tutto
bene.» lo rassicurò il capofamiglia nei
Nouzen. Fiero, prese tra le sue braccia la loro bambina e gli disse,
fingendo
una voce da bambina e facendo applaudire Kaie con il suo aiuto:
«Forza, Rei!
Sei il migliore!»
«Vedi?»
Lena sorrise al figlio. «Kaie è
qui e tifa per te, esattamente come noi. Fa’ vedere a tutti
chi è Rei Nouzen
sul campo da calcio.»
Il primogenito
dei Nouzen sorrise
loro, rasserenato dalla loro presenza e dal loro supporto. Diede un
batti
cinque a Shin, un bacio a Lena, mentre alla sua sorellina volse una
promessa. «Vedrai,
Kaie, quanto il tuo fratellone è migliorato!».
Dopo di che, preda dell’agitazione,
corse per raggiungere i compagni in campo che lo stavano aspettando.
Shin fece
scivolare il braccio attorno
alle spalle della moglie, mentre con l’altro stringeva a
sé il corpicino della
sua amata bambina, di cui aspirò il dolcissimo profumo, e,
così legati,
guardarono con attenzione la partita. Sin da quando era piccolo, a Rei
piaceva
moltissimo giocare con la palla, e vederlo correrle dietro per poi fare
un goal
dietro l’altro rendeva i genitori fieri della forza e
dell’astuzia che il
giovane sembrava avere nel sangue. Shin sosteneva che, in quanto
carattere, Rei
aveva preso tutto da sua madre.
E fu proprio
grazie alla furbizia ed
alla determinazione che la squadra di Rei vinse la partita con un netto
stacco.
Tutti i presenti, compresi tutti gli amici e compagni di Lena e Shin
-Raiden,
Shiden, Annette e Theo con la loro figlioletta, Dustin ed Anju, Kurena-
applaudirono ed urlarono a gran voce il nome del protagonista di quella
vittoria. Tutti sorridenti e fieri, scesero sul campo per la
proclamazione
della vittoria e per la distribuzione delle medaglie.
Al che, quando
Rei ricevette la sua,
successe qualcosa che fu motivo di ulteriore gioia ed orgoglio.
Kaie, in braccio
al suo papà, iniziò a
sgambettare ed a dimenarsi, lamentandosi. «Piccola, vuoi
andare da tuo
fratello?» con uno sguardo d’intesa a sua moglie,
la quale aveva capito cosa
stesse per succedere, si accovacciò e permise alla
figlioletta di poggiare i
piedini sull’erba finta del campo. Intanto, Rei si era
avvicinato e, notando la
posizione di Shin e Kaie che stava in posizione eretta, si
inginocchiò a
neanche un metro di distanza in silenzio, la gola stretta in una morsa.
E
così, sotto lo sguardo commosso di
tutti, la più piccola dei Nouzen lasciò la presa
del padre e raggiunse il
fratello con le sue gambe, muovendo così i suoi primi passi.