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Autore: Fiore di Giada    17/05/2023    0 recensioni
[[I figli di nessuno]]
Il dolore, prima contenuto, dilaga nel mio petto e io giro il capo verso il muro.
Piango, senza alcun pudore, mentre Luisa lancia un urlo straziante. Bruno, finalmente, ha smesso di soffrire.
Nessuno più gli mancherà di rispetto per una colpa non sua.
In un’altra vita, avrà la felicità che non ha mai conosciuto su questa terra ipocrita.
Ma questo non cambia la realtà.
Con mio figlio, la mia anima è crollata
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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− C’è qualche speranza? − chiedo, angosciato.
− Temo di no. Solo un miracolo potrebbe salvarlo. − risponde il medico.
Mi copro la fronte con la mano e resto immobile. Il mondo, in questo momento, mi appare grigio, popolato da ombre.
E il dolore dilania il mio cuore.
Mio figlio Bruno è condannato a morte.
E io, suo padre, non posso fare nulla per salvarlo.
La crudele realtà cancella qualsiasi fantasia di riconciliazione.
− Perdonami… − sussurra la voce di Elena, vibrante di tristezza.
Si appoggia a me e io, con apparente gentilezza, la allontano. Il suo tocco, in questo momento, mi nausea.
Come ho potuto condividere l’intimità con questa serpe?
Lei, col suo silenzio, mi ha impedito di conoscere mio figlio.
Vorrei colpirla e farle male, ma la pena paralizza le mie membra.
− Guido… Devi perdonare, anche a me, che sapevo… Ma non potevo… Non potevo parlare. Il segreto della confessione… − interviene don Demetrio, amareggiato.
Anche le sue parole, in questo momento, mi disgustano.
Come può pretendere che io mi dimentichi in pochi istanti dell’agonia di mio figlio?
Con che coraggio pretende il perdono per le colpe di mia moglie?
Una simile richiesta offende le sofferenze di mio figlio, condannato a morte senza alcuna colpa.
Bruno, ad un tratto, apre gli occhi e io mi siedo accanto a lui. Ma la pena, per un istante, soverchia il mio autocontrollo e mi abbandono alla disperazione.
Il mio cuore, in questo momento, è oppresso dalla sofferenza e quasi fatico a respirare.
Ma ora non posso mostrargli la mia pena.
Devo dargli serenità, anche se per pochi istanti.
Poi, avrò il tempo di piangere tutte le mie lacrime.
− Bruno… Guardami. Sono il tuo papà… − sussurro. La mia voce suona incrinata alle mie stesse orecchie.
Lui, a fatica, gira la testa e fissa su di me uno sguardo stupito.
− Il mio papà? – domanda.
A fatica, controllo le mie emozioni e non interrompo il contatto visivo.
− Sì… − rispondo e provo a sorridere. Il dolore trafigge il mio viso, ma non importa.
Mio figlio non vedrà le mie lacrime.
− Davvero? – chiede ancora Bruno. Mi pare di avvertire una speranza nella sua voce sottile.
Percepisco in quella domanda il desiderio di una famiglia amorevole.
Un pensiero, come un lampo, dilania la mia mente e acuisce la mia disperazione. Mio figlio ha un carattere fiero e serio, ma il suo cuore ha sempre cercato l’amore dei genitori.
Questo deve essere un diritto di ogni bambino.
E tale diritto gli è stato negato dalle manovre di mia madre e mia moglie.
Questa colpa, in parte, grava anche su di me.
− Sì… Non ti lascerò più sai… Ti vorrò tanto bene… Ti darò tutto l’affetto che non ti ho dato in questi anni… − gli dico. Questa bugia mi strazia sempre più, ma Bruno deve morire sereno.
Ora, il mio interesse è la sua tranquillità, in questi ultimi, dolorosi momenti.
Lui accenna ad un tenue sorriso. Sembra felice di sapere che io sono suo padre.
Ma io sono ancora più fiero di lui, che, nonostante la mia assenza, è diventato un giovane uomo meraviglioso.
Quanto avrei voluto contribuire alla sua crescita…
− E la mamma… Dove è la mia mamma? – domanda lui. Chino la testa, sopraffatto dall’amarezza.
Sento sul mio braccio un tocco leggero, che mi scuote, e vedo don Demetrio accanto a me.
− La tua mamma è in Paradiso… E veglia su di te con il suo amore… − mormora.
Don Demetrio, nonostante i suoi errori, è di buon cuore, ma queste parole mi trafiggono il petto.
Perché a me e a Luisa è stato impedito di essere felici?
In questo momento, odio me stesso, il mio titolo nobiliare e la mia ricchezza.
− E mi farà guarire? – domanda Bruno.
Una nota di supplica vibra nelle sue parole e la mia angoscia, già opprimente, si amplifica. Mio figlio sente la morte vicina e ne ha paura.
E io non posso fare nulla per lui.
− S… Sì. Sì, certo che ti farà guarire. – articola don Demetrio. Perfino la sua voce trema d’incertezza.
Anche lui fatica a sopportare il peso di questa menzogna.
− Non voglio morire… Non voglio morire… −mormora Bruno, la voce straziata dal dolore. Ha affrontato un pericolo terribile, pur di evitare una strage, ma, in questo momento, emerge la paura della morte.
− Bruno… Stai calmo… Non dire queste cose… − lo supplico.
A stento, freno la disperazione. No, non posso crollare davanti a mio figlio.
Lui non merita la visione del mio viso sofferente.
Poco dopo, Elena torna e, con lei, c’è mia figlia Anna.
Lei gli si avvicina e gli da’ un bacio leggero sulle labbra.
Nei suoi occhi innocenti, vedo il dispiacere per lo stato di un fratello appena conosciuto, ma già amato.
Quanto è diversa da sua madre, che ora piange lacrime di rimorso tardivo.
− Io sarò per te come una mamma… − afferma Elena.
Queste parole aumentano la mia rabbia.
Bruno ha una madre, che non ha potuto amarlo a causa delle sue trame.
La piccola mano di Anna, leggera, sfiora la guancia di Bruno, che le lancia uno sguardo serio, seppur affettuoso.
E io, disperato, le stringo la vita con un braccio. Come avrei voluto vedere i miei due figli uniti, come due fratelli.
− Guarisci presto Bruno… Giocheremo sempre insieme…  − mormora.
Questo augurio gentile colpisce il mio petto. Il desiderio di mia figlia è il mio e non si realizzerà.
− Vieni, Anna… − le ingiunge la voce di Elena.
− Aspetta, mamma… − dice lei, con candore.
Con gesti risoluti, si toglie dal collo una collana d’oro e la appoggia nella mano inerte del suo sfortunato fratello.
Io le ho regalato quel ciondolo, al suo primo, meraviglioso compleanno, e lei non lo ha mai tolto.
E’ per lei un tesoro, ma vuole donarlo a lui.
− Tieni Bruno. – mormora.
Poi, lo bacia ancora.
E io, sopraffatto dalla commozione, la stringo a me e le bacio la guancia. Mia figlia, in questo incubo, si è mostrata un angelo di dolcezza.
Lei sola merita la mia tenerezza e il mio amore.
Pochi istanti dopo, Elena, con garbo, allontana Anna dal letto di morte di Bruno.
Ad un tratto, sento un rumore di passi e vedo Poldo accanto a noi.
− E’ qui con me… Arriva in tempo? – domanda, cauto.
Sbarro gli occhi, stupito, e guardo don Demetrio.
− Luisa… − mormoro, sgomento. No, non ha senso la sua presenza qui.
Lei ha creduto Bruno morto e, per questo, si è rifugiata nella vita religiosa.
E ora lo rivedrà per perderlo di nuovo.
− L’ho fatta avvertire io stesso… − spiega il parroco, gentile.
Il senso di pena stringe il mio cuore. Perché condannate anche lei ad un peso così doloroso?
Che senso ha darle l’illusione della maternità e poi dilaniarle l’anima per la seconda volta?
− No… Non si può negare ad una madre il diritto di abbracciare la sua creatura… Per l’ultima volta. – ribatte don Demetrio. Non concordo con le sue parole, ma ne comprendo il senso.
Anche lei ha il diritto di essere qui.
Bruno, in questi ultimi momenti, ha bisogno della presenza di entrambi.
Siamo i suoi genitori e dobbiamo accompagnarlo col nostro amore.
Poco dopo, Poldo e don Demetrio si allontanano e Luisa, a passo lento, si avvicina.
Il mio sguardo riesce a vedere le lacrime sul suo viso meraviglioso.
Mi alzo e mi appoggio ad un muro. Ora, Luisa è vicina a lui e io devo fare un passo indietro.
─ Figlio mio… ─ sussurra lei, disperata.
Amorevole, si china su di lui e posa sulla sua fronte un bacio leggero.
Il peso delle sue lacrime aggrava la mia pena. Il suo dolore materno l’ha condotta in un convento.
Per anni, ha creduto morto Bruno e ora è costretta ad assistere alla sua vera agonia.
E io, che pure l’amo, non posso fare nulla per cambiare la situazione.
─ L’angelo bianco… Io l’ho sognato… Mi pareva di essere vicino ad una montagna… Stavo per cadere… Ma ho visto una grande luce… E un angelo bianco è sceso vicino a me… E mi ha portato su… Su vicino al monte… ─ sussurra Bruno, quasi stupito.
Solo i singhiozzi di Luisa rispondono alle sue parole, ormai prive di contatto con la realtà.
─ E la luna era là nel cielo, pieno di stelle… Sei tu l’angelo bianco? ─ chiede ancora, la voce sempre più flebile.
─ Sì… Il tuo angelo bianco sono io… ─ risponde lei, singhiozzando.
Bruno non si è sbagliato.
Luisa, nonostante le sue sofferenze, non si è fatta contaminare e ha mantenuto il suo animo nobile, simile ad un angelo.
─ E mi porti… Mi porti dalla mia mamma? ─ supplica.
─ Sì… Dalla tua mamma… ─ acconsente lei.
Si china su di lui e lo abbraccia.
Tremo. Qualsiasi parola, in questo momento, muore sulle mie labbra.
Io e Luisa dovremmo affrontare insieme un simile momento.
Le manipolazioni ci costringono ad una lontananza crudele, che inasprisce le nostre pene.
Siamo i genitori di Bruno, ma siamo costretti a comportarci come due estranei.
─ Ora sono felice… ─ afferma Bruno.
─ Oh bambino mio… ─ sussurra lei.
In queste poche parole, risuona l’amore materno, troppo a lungo represso.
─ Mamma… Dove sei? Non ti vedo più! Non lasciarmi! Mamma! Mamm… ─ si lamenta nostro figlio.
Il dolore fisico risuona nelle sue parole e io, d’istinto, avanzo d’un passo. Vorrei essergli accanto.
Non sopporto più la visione del suo strazio.
Pochi istanti dopo, il corpo di Bruno si inarca e muore tra le braccia di Luisa.
Il dolore, prima contenuto, dilaga nel mio petto e io giro il capo verso il muro.
Piango, senza alcun pudore, mentre Luisa lancia un urlo straziante. Bruno, finalmente, ha smesso di soffrire.
Nessuno più gli mancherà di rispetto per una colpa non sua.
In un’altra vita, avrà la felicità che non ha mai conosciuto su questa terra ipocrita.
Ma questo non cambia la realtà.
Con mio figlio, la mia anima è crollata.
   
 
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