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Autore: Black Lotum    17/05/2023    1 recensioni
Una sera d'inverno Victoria incontra il Dottore e la sua compagna. La ragazza inizia a ricordare frammenti del suo futuro.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Memories
 
Victoria stava seduta sul solito muretto vicino alla piazza del centro, quella con la fontana dove le piaceva tanto passare i pomeriggi estivi. Quello di quel giorno però non era un pomeriggio d’estate anzi, c’era la neve per terra.
Aspettava, nonostante il gelo, con tanta impazienza la sua migliore amica Georgia. Questa era una ragazza di qualche anno più giovane di lei. Le due amiche erano completamente diverse: Victoria aveva lunghissimi capelli rossi e occhi castani, mentre la sua amica era castana con occhi dello stesso colore; allo stesso tempo però ragazze non potevano avere più cose in comune di quante già non ne condividessero.
Georgia arrivò avvolta nel suo cappotto fucsia, in netto contrasto con quello nero che indossava Victoria, nero. Le due amiche si salutarono calorosamente con un bacio sulla guancia, come sorelle.
Restarono a parlarsi sedute lì nonostante il freddo pungente, dato che avevano tantissime cose da raccontarsi. Per loro era come aver ritrovato una parte mancante di loro stesse dopo anni e anni. Il lavoro le aveva tenute distanti per lunghi mesi, poiché Georgia si era dovuta trasferire.
A un tratto sentirono uno stranissimo rumore metallico provenire da lontano e farsi man mano sempre più vicino. Le due si guardarono attorno senza però notare alcunché di strano, ma il rumore diventava sempre più forte e sempre più vicino. All’improvviso in un angolo poco distante qualcosa iniziò a materializzarsi dal nulla. Un’ambigua luce gialla lampeggiava sul tetto di quella che sembrava una cabina telefonica inglese, soltanto che era blu e non rossa.

«Okay questo è decisamente anomalo!» esclamò Georgia strabuzzando gli occhi.

«A me piacciono le cose anomale!» le rispose a voce bassa Victoria, sorridendo emozionata da quella visione così straordinaria. Entrambe avevano gli occhi sgranati per lo stupore e nessun’altra persona probabilmente si era accorta di ciò che stava succedendo intorno a loro. Le due amiche si guardarono e poi tornarono con lo sguardo fisso sulla curiosa cabina  telefonica blu.
Improvvisamente la porta si aprì. Non solo la cabina era arrivata lì davanti a loro dal nulla, ma ben due persone stavano uscendo dal suo interno! Una ragazza mora fu la prima a mettere il naso fuori dalla cabina, seguita poi da un uomo di mezza età con i capelli brizzolati e uno strano sguardo a metà strada tra il burbero e lo spaesato. La ragazza era tutta sorridente, mentre l’uomo si infilò un dito indice in bocca e poi lo alzò in aria, come quando nei film della tv cercano di individuare la provenienza del vento.

«Dottore dove siamo?» chiese la mora in un inglese impeccabile. “Okay, almeno parlano la nostra lingua” pensò Victoria sempre più stupita.

«Molto strano» le rispose l’uomo con i capelli grigi. «Direi che siamo a Londra, nel duemilaquindici. Insomma, è oggi!» concluse, con un fortissimo accento scozzese nella voce. La ragazza sorrise ancora e i due iniziarono a guardarsi attorno, finché gli occhi dell’uomo, che indossava una splendida giacca elegante di velluto bordeaux che, a seconda della luce, sembrava nera, si posarono su quelli di Victoria che proprio in quel preciso istante ebbe un sussulto improvviso e inaspettato.
Qualcosa si accese dentro la ragazza, fu come se il suo cuore giovane avesse saltato un battito e iniziò ad assumere nuove consapevolezze prima a lei sconosciute. Ma quali? In quel momento non ne era assolutamente certa, ma sapeva di conoscere quello strano uomo che la stava guardando. “Ma come faccio a conoscerlo? Non l’ho mai visto in vita mia” pensò iniziando ad allarmarsi in silenzio, cercando di rimettere al loro posto centinaia di tasselli che si erano appena presentati dentro il suo cassetto dei ricordi, senza però avere successo.
L’uomo improvvisamente iniziò a camminare in direzione delle due ragazze con passo spedito e una strana luce negli occhi, seguito dalla sua compagna. “Aspetta. Compagna? Come faccio a sapere che lei è la sua compagna?” pensò ancora Victoria, stupita dei suoi stessi pensieri senza senso.
Quando lo sconosciuto fu abbastanza vicino potè finalmente notare i suoi bellissimi occhi verdi che sembravano così vecchi e stanchi. Era un uomo sulla cinquantina che sarebbe potuto essere suo padre, eppure quell’individuo così misterioso la attraeva in un modo incredibile.

«Buonasera» disse lui un po’ incerto. Le due ragazze lo guardarono e gli risposero salutando all’unisono. Victoria sentiva qualcosa dentro di lei crescere, qualcosa che non conosceva, una sensazione del tutto nuova.

«Siete state voi?» chiese successivamente con uno sguardo un po’ psicotico.

«A fare cosa?» chiese Georgia aggrottando la fronte. Lui guardò la sua compagna che lo fissava interrogativa: era evidente che anche lei non capiva cosa stesse accadendo di preciso.

«Dottore che sta succedendo?» disse lei con voce cristallina.

«Non sono state loro…» le rispose lui tenendo la frase in sospeso e indossando un paio di occhiali da sole neri presi dalla tasca interna della sua bellissima giacca.

«Ma allora perché il TARDIS ci ha portati qui?» continuò poi concludendo la sua frase, prima di squadrare Georgia dalla testa ai piedi.
“Dottore? Dottore…” pensò ancora Victoria, e il suo cuore saltò un altro battito. “TARDIS… perché conosco queste parole? Perché non le ho mai sentite eppure le conosco?” i suoi pensieri ormai scorrevano liberi ma vennero interrotti dallo stesso uomo che iniziò a esaminare lei. Di colpo si tolse gli occhiali scuri.

«Clara c’è qualcosa che non va» disse il Dottore con tono molto serio. I pensieri di Victoria ricominciarono a galoppare.”Clara… Clara Oswald! Ma chi diavolo è Clara Oswald?!” pensò la giovane ragazza. Ogni volta che credeva di aver ottenuto una risposta si rendeva conto che si accumulavano sempre più domande. Aveva la testa colma di pensieri assurdi.

«Alieni?» chiese Clara al Dottore con sguardo severo, ma lui negò scuotendo la testa, ma tenendo lo sguardo ferreo su Victoria.

«No, è più come… come River…» disse lui.

«Chi è River?» gli domandò allora Clara, ma lui non le rispose.
“Già chi è adesso questa River? Aspetta come faccio a sapere che è una donna? Cosa mi sta succedendo?” continuò a macinare domande su domande temendo di diventare pazza se avesse continuato così. Victoria chiuse gli occhi e cercò con tutte le sue forze di mettere in moto il cervello concentrandosi e provare a collegare tutti gli indizi che erano affiorati in poco meno di qualche minuto nella sua mente, dentro i suoi ricordi.
“Il Dottore. Il TARDIS. Clara Oswald e River. Gli alieni. Il Dottore è un alieno. Ha due cuori! No aspetta. È un Signore del Tempo! Ma che cos’è un Signore del Tempo?!”
Spalancò di nuovo gli occhi volgendo il suo sguardo indagatore sul Dottore con una nuova consapevolezza: era certa che lui fosse il Dottore, un Signore del Tempo, l’ultimo o quasi.

«Io lo so chi sei, Dottore. Sei un Signore del Tempo. Hai due cuori, viaggi a bordo del TARDIS attraverso tutto lo spazio e il tempo.» disse la rossa per poi guardare Clara. «E tu sei Clara Oswald, la compagna del Dottore» si voltò nuovamente verso l’uomo «e River Song è tua moglie. E io non so perché conosco tutte queste cose» concluse stringendo i pugni e guardandolo dritto negli occhi verdissimi. Il Dottore deglutì a vuoto.

«Moglie? Tu hai una moglie?» esordì Clara con non poco stupore nella voce e nello sguardo. Lui ancora una volta non la degnò di una risposta, ma si rivolse invece alla ragazza del tutto sconosciuta di fronte a lui.

«Chi sei tu?» le chiese lentamente. Victoria guardò la sua amica Georgia che fino a quel momento era rimasta lì a osservare quella scena del tutto allucinante. Voleva alzarsi, muoversi, magari camminare ma non ci riusciva, qualcosa la tratteneva. Aveva l’impressione che i suoi ricordi fossero stati in qualche modo manipolati, si sentiva presa in giro. Ma da chi? Da cosa? E per quale motivo? Sentiva due strane forze opposte combattere dentro di lei: una che la spingeva a stere seduta e immobile, senza muovere un muscolo, l’altra che invece la spingeva ad alzarsi e compiere un’azione per lei assolutamente impensabile. Dentro di sé cercò di combattere queste forze sconosciute, ma alla fine una prese il sopravvento sull’altra. Clara parlava, parlava in continuazione, di cose che erano diventate solo un fastidioso brusio. Victoria si alzò di scatto, afferrò la camicia bianca dell’uomo che stava in piedi di fronte a lei e lo tirò a sè posando le sue labbra giovani e fredde su quelle di lui che, al contatto si irrigidì all’istante spalancando gli occhi. Lei infilò le sue piccole dita fra i capelli del Dottore e gli sfiorò il collo scoperto. Ulteriori ricordi iniziarono a farsi strada nella sua memoria, senza più nessun oscuro segreto per lei. Si allontanò lentamente e si infilò le mani nelle tasche del cappotto.
Il Dottore non emise un fiato ma i suoi occhi potevano comunicare più di un milione di parole dette una dietro l’altra.
Clara invece si dipinse un sorriso sghembo sul volto, come se fosse in qualche modo gelosa.

«Dottore come stai?» gli chiese spezzando un non poco imbarazzante silenzio, guardandolo come se fosse solo sua, una sua esclusiva proprietà.

«Uhm, bene… sì…» farfugliò lui deglutendo come se avesse appena subito un forte trauma.
Intanto Victoria continuò ad accumulare ricordi su ricordi, anche se riusciva a identificarle più come sensazioni, catalogandole infine come un misto tra ricordi e consapevolezze sul futuro. Quel bacio improvviso le diede però la consapevolezza più importante di tutte, la più concreta e assurda.

«Chi sei?» le chiese nuovamente il Dottore con un tempismo perfetto. Victoria quindi si avvicinò un po’ a lui.

«Sono la tua prossima compagna, Dottore» disse sicura. Il Dottore assunse una nuova espressione come se gli si fosse aperto un mondo tutto nuovo davanti. Sorrise dolcemente.

«Sì… hai ragione!» disse lui, e Clara incrociò le braccia sempre più infastidita, era chiaro. «Non so come sia possibile ma anch’io so che è così» concluse addolcendosi. Le si avvicinò e accarezzandole una guancia le regalò un sorriso più profondo. Si girò verso il TARDIS, poi di nuovo verso Victoria. «Non oggi però. Non adesso» le disse, «arriverà il tempo ma non è adesso» concluse prima che Clara si intromettesse.

«Dottore portiamola con noi, magari è già tempo» disse cercando di nascondere una nota di acidità nella voce. Lo sguardo del Dottore s’incupì nel guardarla.

«Lascia che sia io a giudicare il Tempo!» esclamò in tono autoritario, da far rabbrividire chiunque. Rivolse un altro bellissimo sorriso alla rossa e poi le voltò le spalle, tornando con la sua compagna verso la cabina blu parcheggiata poco lontano. Entrarono e di nuovo con quello strano e meraviglioso suono, il TARDIS scomparve nel nulla così com’era apparso.

Il tempo passò, la neve tornò coprire i marciapiedi della città per diversi inverni, ma il Dottore non tornò mai. O almeno non prima di una fresca e soleggiata mattina di marzo. Victoria non scordò mai quell’assurdo incontro ma non ne fece parola mai con nessuno, tantomeno era intenzionata a riaprire il discorso con Georgia che aveva assistito di persona.
Teneva una tazza di caffè nero fumante tra le mani mentre guardava fuori dalla finestra del suo appartamento quando sentì quel suono così tanto desiderato. Era inconfondibile. Dapprima una eco si trasformò velocemente in un suono sempre più distinto che proveniva dal suo salotto. Corse inciampando sui suoi stessi piedi e vide, sul tappeto persiano, la cabina blu che si materializzava. Il Dottore uscì guardandosi attorno.

«Dottore» disse soltanto, in un soffio. Lui le sorrise con una leggera tristezza nello sguardo.

«Clara è morta» disse sottovoce, come se avesse paura a pronunciare quelle parole. Victoria si lasciò cadere sulla poltrona dietro di lei abbassando lo sguardo.

«Mi dispiace, davvero» sussurrò senza riuscire a trovare le parole adatte. Il Dottore le si avvicinò svelto, le prese la tazza verde dalle mani e sorseggiò la bevanda amara. Schifato posò la tazza sul tavolino.

«È passato, l’ho superata» disse cinicamente. I suoi occhi non riuscivano a mentire. Victoria non aveva tanto da dire, non trovava proprio più le parole per esprimere qualsiasi cosa. Il Dottore le tese una mano. «Vuoi vedere qualcosa meraviglioso?» le chiese facendola sorridere. La rossa si morse un labbro e afferrò quella mano più grande della sua lasciandosi trascinare dentro a quella fantastica cabina blu.

Note
Ciao lettore, se sei arrivato a leggere fin qui allora vuol dire che probabilmente, anche tu come me, hai qualche fissa con Doctor Who!
Scherzi a parte, ti ringrazio per la lettura. Se la storia ti sembra strana in confronto alle stagioni della serie è semplicemente perché questa storia è stata scritta nel 2014 all'inizio del Dodicesimo Dottore di Peter Capaldi. In poche parole ho predetto la morte di Clara Oswald con circa un anno di anticipo! Quando ho visto l'episodio della sua morte ci sono rimasta un po' di stucco.
Attualmente ho deciso di revisionare la storia perché aveva una grammatica da cani e l'ho pubblicata.
   
 
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