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Autore: t_ellah    13/09/2009    2 recensioni
{Partecipa al contest *Esbat*-The Contest! indetto da niobe88, Rohchan e Rosencrantz di EFP}
E se la Sensei non avesse incluso un personaggio nel suo manga? Una figura fondamentale, in un certo senso, nella vita di Hyoutsuki, che conosce la nostra mangaka più della Sensei stessa. E se Ivy non avesse deciso di continuare la storia così, semplicemente perché le andava, ma perché le è stato imposto?
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 9
Under the Rain
 
La pioggia non era che un'illusione del cielo per gli stolti che ne avevano paura.
Lei non temeva la pioggia, né i fulmini. Conosceva le forze mistiche che creavano le tempeste, erano queste che l'avevano generata. Alseide era nata centinaia di anni prima, in una notte come quella. Era un demone delle tempeste. Le controllava, era in grado di evocarle o di richiamarle, se voleva.
Ora, anche dal folto della foresta poteva udire le urla degli umani, colti alla sprovvista da quel temporale estivo. Tentavano di mettersi al riparo, convinti che quella fosse la vera minaccia.
Stupidi. Non capivano. Mai nessun umano era stato in grado di comprendere la natura intorno a sé, per quanto si sforzasse. Pensò ai patetici tentativi di descrivere il mondo da parte dei bardi. Chi mai era riuscito a catturare la vera essenza di una goccia di rugiada posata su di una foglia, di una cascata al centro di una foresta, del canto melodioso di un passero su di un ramo? Chi di loro, elogiandone la bellezza, era riuscito ad evocarne l'immagine viva e pulsante nelle menti di chi stava ad ascoltare?
Lei odiava gli umani. Erano limitati, schiavi dei loro istinti, deboli. Erano anche meschini. Per un attimo, avvertì un moto di pietà per Hyoutsuki-sama.
Quell'umana lo aveva soggiogato, ridotto all'ombra di qualcuno che gli somigliava soltanto, a qualcosa che non sarebbe mai dovuto essere. Lei entrava nel loro mondo di soppiatto, rubando ciò che le appariva più attraente, e poi modellava la loro vita a suo piacimento. Lo faceva per infimi scopi: successo, soldi, potere.
Tuttavia non considerava quella donna peggiore di altri: era semplicemente umana, e quindi incapace di valutare quello che faceva. Ne aveva visti tanti, a migliaia. Sorrise, scoprendo i canini affilati. Sarebbe finita presto.
La mente di quella donna era fragile. Lo aveva capito anni fa, quando aveva cominciato ad osservarla. Aveva compreso il suo modo di essere, alla fine, e ne era rimasta sorpresa.
C'era una barriera attorno alle sue emozioni umane, un limite che la stava distruggendo, lentamente ma in maniera inesorabile. Quella donna stava cercando di fare ciò che altri umani, prima di lei, avevano sperimentato senza successo: stava cercando di mutare la sua vera natura. Tentava, disperatamente, di sopperire alla mancanza di relazioni con gli altri esseri umani godendo dei suoi successi. Pensava forse che la prima fosse la conseguenza dell'altro? O forse cercava di convincersene, ricordando come aveva perso le redini della sua vita nel momento in cui aveva cominciato il suo lavoro? Non era così, lei lo sapeva bene. Poteva guardare dentro chiunque.
Era semplice indagare negli umani, erano così banali e monocorde. Non vi era profondità in essi, nemmeno nella Sensei. L'aveva capita dopo qualche attimo. Era una donna arida, in caduta libera verso l'oblio.
 
**
 
Ivy rigirava la matita azzurra tra le dita, come fosse stata la bacchetta di un batterista.
L'aveva visto fare da un tizio, nella sua classe. Un tipo strano, con i capelli rasati a zero, sempre vestito di nero, con un collare pieno di borchie. Suonava in una band heavy metal e non studiava praticamente mai. Teneva sempre una coppia di bacchette nella tasca posteriore dei jeans e ci giocava sempre, in classe.
Lei l'aveva osservato rigirarsi quel sottile bastoncino di legno tra le dita con l'abilità di un prestigiatore. Era un'illusione: un movimento particolare del polso, delle dita, e sembrava che la bacchetta girasse su se stessa. Aveva impiegato qualche tempo per imitarlo alla perfezione, rigirando tra le dita tutto ciò che aveva a portata di mano: pennelli, matite, addirittura lo spazzolino da denti. Lo faceva sempre più spesso ora, mentre navigava in internet, o anche quando studiava. Era diventato una sorta di riflesso incondizionato.
Tornò a concentrarsi sul ritratto di Hyoutsuki che stava facendo: bello, glaciale. Come sempre.
Eppure, pensò, mentre l'aveva disegnato aveva aggiunto qualcosa di diverso. In effetti, non era come lo vedeva nei poster appesi nella sua stanza, o nelle tavole del manga che teneva nella libreria. Senza volerlo aveva tracciato la bocca contratta in una smorfia, il viso indurito dalla rabbia. Era straordinariamente bello e altrettanto furioso.
Diede gli ultimi ritocchi di azzurro allo sfondo.
Lo aveva disegnato immerso in una foschia che sarebbe potuta appartenere ad un alba invernale. Ritto in piedi, composto e in attesa. Forse di una vendetta, si disse.
Era questa la cosa fantastica, quando disegnava Hyoutsuki: lasciava vagare le mani, le matite. Improvvisamente non controllava più in modo razionale ciò che appariva sul foglio: apparivano, semplicemente. Si sentiva come una sorta di intermediario tra un mondo e un altro, uno strumento utilizzato da una forza misteriosa che le dettava cosa disegnare per raccontare. Era contenta che, ora che il manga era terminato, avesse ancora i suoi disegni per rivedere Hyoutsuki. La Sensei era stata veramente folle a lasciarlo morire. Aveva completamente perso la testa, si disse.
Poco male. C'erano ancora migliaia di disegni che poteva fare, milioni di fanfiction che poteva leggere. Le idee di una vecchia pazza non l'avrebbero certo fermata.
Quando ebbe terminato il suo disegno si mise a guardare fuori dalla finestra.
La pioggia continuava a scendere copiosamente da quella mattina senza dare cenni di voler smettere. Ivy si stiracchiò.
Non le era mai piaciuta la pioggia. Era noioso rimanere tappata in casa per ore, a fissare fuori con un lontano sentore di mal di testa in arrivo, senza un'idea precisa per ingannare il tempo in qualche modo. Erano momenti di buio, di oblio totale. Sospirò e andò a sdraiarsi sul letto.
Sentiva lo stress di una settimana piuttosto pesante e voleva proprio rilassarsi, anche solo per un paio d'ore.
Chiuse gli occhi, le dita ancora strette a quella matita azzurra, e scivolò velocemente in un sonno profondo.
**
 
Alseide si abbandonò a terra, sbattendo forte contro il terreno.
Il pesante mantello scuro la ricopriva interamente: i capelli sciolti le oscuravano il volto e la vista.
Hyoutsuki.
Era stata lei.
Lo aveva ingannato.
Non poteva essere.
Sentiva le membra rapite da un tremito incontrollabile. Non poteva essere. Non doveva finire così.
Era nata insieme a Hyoutsuki, nella stessa era. Lo aveva visto nascere, maturare, diventare quello che era stato fino a poco tempo prima. Poi lo aveva visto schiavo di quella donna crudele. E ora...
Ora l'aveva visto morire a causa sua. Non doveva finire così!
Si rialzò e capì cosa fare nello stesso momento in cui vide un'immagine balenare nella sua mente.
La ragazzina. Era lei, tutto il destino di Hyoutsuki era racchiuso nelle sue mani.
Alseide lasciò che i suoi sensi vagassero nella foresta che la circondava. Possibile che fosse già lì?
Un forte odore le aggredì le narici. Era proprio così, non era lontana.
Si lasciò guidare dalla forza della disperazione.
Eccola!
Le si gettò addosso senza darle il tempo di reagire.
-Tu!- Urlò, abbandonando la compostezza regale che le era solita.
-Tu, umana! Tu mi aiuterai, e subito!- Le ordinò, afferrandola per il collo. Era così morbida e fragile. Avrebbe potuto stringere solo poco più gli artigli su quella pelle candida e ucciderla in un attimo. Ma non poteva. Non doveva riversare tutta la sua rabbia su di lei, le serviva.
La ragazza emise un suono strozzato, terrorizzata.
Alseide la lasciò subito andare.
-Cosa vuoi da me?- Chiese in un sussurro l'umana. C'era un che di reverenziale nei suoi modi, pensò Alseide. Era impaurita, ma allo stesso tempo affascinata da lei. Capì che avvertiva la grandiosità del suo potere.
-Hyoutsuki-sama è morto ingiustamente. Aiutami. Aiutalo a tornare.- Disse. Si rese conto che la sua richiesta somigliava troppo ad una supplica.
-Te lo ordino. Altrimenti puoi ritenerti già morta. Hai capito, ningen?!- La ragazzina non si mosse.
Alseide le si avvicinò, sfiorandole la guancia con uno degli artigli. Un rivolo di sangue sgorgò immediatamente dalla sua pelle sottile.
Voleva vederne ancora. Voleva vedere fiumi di sangue imbrattarle le vesti.
-La tua...- affondò uno degli artigli ancora un po', lacerando altri tessuti.
Voleva uccidere, distruggere, provocare dolore.
-...stupida mente umana...- La ragazzina urlò di dolore.
Avrebbe ucciso anche la piccola umana.
-...non può nemmeno...- Si fermò.
Doveva sfogare la sua frustrazione.
-...concepire il mio dolore...- Si allontanò, cercando di dominarsi. Strinse forte i pugni immacolati, digrignando i denti.
-Dovrai farlo perché sono io che te lo ordino, hai capito?- Sibilò. Avvertiva quasi una vena di follia nella sua voce. La sua disperazione la stava portando a somigliare sempre più a quella stolta, fragile umana che aveva ucciso Hyoutsuki. Finalmente la ragazza annuì.
-Lo... lo farò.- Rispose, tremante. Alseide inspirò profondamente, poi si voltò e corse via.
Sarebbe tornato. Lo sentiva.
Non sbagliava mai una predizione.
**
 
Il professore aveva l'influenza, le dissero.
Quel supplente le appariva come uno dei tanti che aveva incontrato nella sua vita prima d'ora: bassino, i capelli brizzolati e il volto segnato dal tempo. Era insignificante ai suoi occhi.
-Disegno libero.- Annunciò l'uomo. Ivy sospirò. Cosa avrebbe fatto?
Era già da qualche giorno che non riusciva a mettere insieme due linee di matita.
Si accarezzò piano il cerotto sulla guancia. Non riusciva proprio a ricordare come se lo fosse fatto.
Due giorni prima si era appoggiata sul letto per riposare un po', e poi si era risvegliata appena in tempo per la cena. Con il cuscino insanguinato e il viso segnato da un profondo taglio.
Non ricordava nulla del sogno che aveva fatto, ammesso che ne avesse fatto uno.
Decise di lasciare che le matite vagassero da sole. Un viso, una cascata di capelli argentei.
Ma si, Hyoutsuki. Dopotutto, era sempre stata brava a disegnarlo. E poi, come si era già detta, la storia non finiva così come la Sensei voleva darla a bere ai suoi fans.
C'era qualcos'altro. Doveva esserci.
Avvertiva che sarebbe potuta andare in un altro modo, che qualcosa fosse ancora in sospeso. Non era tutto finito. Non ancora.
Ma... Poteva permettersi di decidere lei, per tutti loro? Ma si. Le storie, si dice, sono di tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ben lontana dall'essere un lavoro discreto, questa mia semplice One Shot è una sorta di aggiunta al lavoro della Manni. Se in un certo senso non vuole modificarne nessun particolare (il finale, dunque, resta quello) dall'altro lato impone una differenza fondamentale nella storia: Hyoutsuki, per quanto estraneo ad ogni tipo di emozione, è stato lui stesso oggetto di un amore. Ricalcando un po' gli elementi classici del filone fantastico in cui l'amore vince su tutto, quindi, ecco spiegata, dal mio punto di vista, l'azione di Ivy intenta a scrivere un finale alternativo per La leggenda di Moeru.
  
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