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Autore: SatoSerelover    01/06/2023    1 recensioni
Uta non era sempre in grado di decifrare la melodia della brezza che la circondava. A volte lasciarla entrare nei suoi polmoni le dava un vero soffio di vita, a volte la stravolgeva così tanto con le sue dissonanze che le mancava il fiato.
Come poteva scrivere la sinfonia della sua vita quando le sembrava costantemente di essere una nota musicale solitaria su un pentagramma vuoto, con tutte le altre note che continuavano a svanire dal giorno in cui era nata?
Poi, un suono stridente. La voce di Rufy l'aveva sostenuta durante l'infanzia e anni dopo, quando le sembrava di non riuscire a raccogliere i pezzi del suo animo in frantumi, l'aveva fatta riemergere dall'abisso.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Shanks il rosso
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Nota d'autrice:
Ciao a tutti, questa nuova fanfiction che ho scritto per il mio headcanon Luuta ne sarà la parte principale.
Sarà principalmente un what-if Uta si unisse ai Mugiwara dopo Wano, riscrivendo gli eventi del film Red e aggiungendo nuove informazioni sul suo viaggio attraverso la vita.

Ci saranno alcuni piccoli cambiamenti nel passato di lei e di Rufy, proprio come i sentimenti di Shanks riguardo al prendersi cura di Uta, anche per guardare più in profondità nel suo ruolo di padre.
Inoltre, i poteri del frutto del diavolo di Uta verranno leggermente modificati, cosa che si vedrà più avanti.

Ogni capitolo avrà degli schizzi disegnati da me per aiutare a visualizzare meglio le situazioni!

Questa fic contiene qualche "parolaccia", soprattutto per via del contesto e del linguaggio scurrile di alcuni pirati. Tuttavia, non sarà nulla di troppo presente o pesante. Inoltre, questa fic tratterà soprattutto i temi di trauma, abbandono e guarigione.


 





Solita routine in quei mari; alto il sole con i suoi fitti raggi, leggermente mosso il mare, agitato dalle continue palle di cannone che penetravano le onde e affondavano, mentre dei baffi di fumo grigio tracciavano il cielo come un pennello.

Una giornata tipo, tra quelle di tranquilla navigazione e scoperta, e altre di baruffa, scontri e avventure che trasmettevano brividi fin dentro le ossa. 

A differenziare poteva essere il meteo e l’indomabile forza della natura, oppure il volere di una creatura vivente di cui le dimensioni e il tipo non avrebbero mai comunque potuto paragonarsi alla vastità dell’oceano…

A volte, bastava un semplice soffio di vento, giocoso e imprevedibile nel cambiare le sue direzioni.
Un vento freddo o caldo, turbinoso e violento oppure cullante. Lo puoi rincorrere, o puoi attendere che incomba su di te.

Quel vento di cui non puoi sapere le origini e di cui la destinazione non è svelabile, ma con il quale puoi danzare su quel quasi infinito palco chiamato mondo. 

  

 

“Per favore, non fateci del male!!” Implorarono le voci degli abitanti del villaggio. Alcune erano squillanti e giovani, altre chiaramente di persone con in là con l’età, ma ciò che le accomunava era l’indistinta disperazione. 

Il cielo si era dipinto di grigio, nonostante fino a poche ore prima fosse una piacevole e serena giornata di sole. Forse erano le nuvole che piangevano sul disastro che aveva colpito l’isola, o forse semplicemente la natura che era corsa in aiuto per spegnere le fiamme di quell’incendio che ormai dominava imperterrito sulla stragrande maggioranza delle abitazioni. 

Si sentivano urla e spari a destra e manca, accompagnati da un odore di sangue e bruciato. Qualche volta, a coprirli erano delle risate scure, mentre il terreno si cospargeva di sangue e un cadavere dietro l’altro cadeva.

“Se ci aveste ascoltati e dato ciò che volevamo adesso non ci troveremmo in questa situazione” Criticò un uomo di alta statura, roteando appena l’uncino al posto della mano sinistra. Con i suoi capelli a punta sembrava un mezzo drago, ma il suo aspetto era solo il tocco finale a quello che era il suo vero lato da mostro. 

Sotto il suo sguardo vi erano una giovane coppia, probabilmente inizio ventina, se non meno. Il ragazzo e la sua compagna stavano appena rannicchiati contro ad un muro, incapaci di fuggire dal vicolo ceco. 

Tra le braccia della fanciulla posava un panno avvolto in qualcosa e lo stringeva come se la sua vita ne dipendesse. “Te lo abbiamo detto, non abbiamo nulla da darti! Tutto ciò che possedeva la gente di questo villaggio ve lo siete preso!” 

“Oh? E dimmi, che cos’è che tieni lì così avidamente?” stavolta l’uncino si alzò, avvicinandosi al frutto del desiderio, tuttavia la ragazza si girò appena di spalle per impedire che anche solo lo sfiorasse. 

L’istinto prese il sopravvento e al gemito intimorito della consorte, il ragazzo si diede una spinta in avanti e si scagliò contro il pirata. “SCAPPA! Mettetevi in salvo!” urlò, la sua voce appena soffocata dal tessuto dei vestiti del nemico, il quale si dimenava per liberarsi dalla presa. 

Notando l’esitazione del proprio amore, ancora il coraggioso, o forse più disperato giovane, alzò la voce. L’unica cosa che gli importava era saperla il più lontano possibile da lì. “Per favore!! Vai!” 

La preghiera sembrò romperla da quel trance e finalmente la rossa prese a correre oltre i due e fuori dal vicolo che li aveva intrappolati.
Lasciare indietro l’uomo che amava… aveva promesso di non farlo mai. Se lo erano giurato a vicenda neanche un anno prima, su quell’altare dove erano stati uniti nell’eterno vincolo del matrimonio.

L’unico motivo per cui aveva trovato la forza di compiere tale follia era perché doveva proteggere il loro bene prezioso, stesso per il quale lui stesso si era buttato in ciò che sapeva gli avrebbe portato via la vita.

Non era nemmeno una questione di se, ma di quando.
Prima di cadere al suolo in una pozza del suo stesso sangue e tingersi così i suoi candidi capelli bianchi di vermiglio, aveva cercato di guadagnare quanti più secondi possibili. Uno dopo l’altro, come se fossero ognuno fondamentale. 

La vita lo aveva abbandonato con il dubbio ancora acceso; aveva fatto abbastanza?
Probabilmente no, il suo cervello aveva pensato in quegli ultimi istanti, mentre il cuore continuava a sperare di sbagliarsi. 

La ragazza riuscì giusto ad arrivare nei pressi del porto, miracolosamente vista la quantità di pirati attorno, probabilmente troppo impegnati a portarsi dietro il maggior numero di sacchi di bottino possibili.

Come danzare tra i cadaveri, si era dovuta fare largo evitando di calpestare le persone che poteva considerare famiglia, amici, conoscenti…

Alcuni sotto i suoi piedi erano finiti, e per ognuno pregava. Non il perdono delle sue azioni disdicevoli, ormai sapeva di non meritare di pensare a se stessa quando rischiava di morire da un momento all’altro. Implorava però che il suo piccolo tesoro non finisse tra le mani di quel losco individuo. 

La loro piccola gioia…

*PANG PANG*

Non si fermò al suono dei colpi di pistola. Il suo corpo continuò a correre verso dove ricordava ormeggiare la loro barchetta di famiglia. L’unico mezzo che poteva rinnovare la sua speranza e non rendere vano il sacrificio del marito. 

Un passo dietro l’altro, un metro in meno dal mare…

Poi iniziò a rallentare, mentre una sensazione di bagnato le pervase l’addome. Non dovette guardare in basso e vedere i vestiti tingersi di rosso, nemmeno ci provò. Sapeva che se lo avesse fatto, la disperazione che la mandava avanti si sarebbe tramutata in resa. 

Il corpo però capì lo stesso e contro ogni sua volontà si lasciò oscillare e cadere in avanti.
La ragazza provò a fare peso sulle ginocchia per rialzarsi, cercando di imitare quello che agli occhi dei pirati consumati dalle risate in sottofondo, era un patetico gattonamento. 

La osservavano intrigati e divertiti da quell’angoscia che la muoveva inutilmente verso quella che pareva l’arca della salvezza. Le sue orecchie non registravano le loro voci e nemmeno i passi sempre più pesanti che si avvicinavano.

“Che spettacolo pietoso” espresse il capitano dei pirati, ormai dietro di lei. Nonostante le sue parole, sembrava trovarci molto gusto, forse più dovuto alla curiosità di cosa potesse davvero essere così prezioso per la donna. “Deve essere qualcosa di singolare se sei disposta a trascinarti fino a quella bagnarola.”

La sua mano intatta afferrò la spalla tremante di lei e per un attimo riuscì a scorgere i suoi occhi.
Fu paralizzato per un istante. In quello sguardo non vi era solo terrore, dolore o tristezza, ma anche un chiaro senso di ossessione. Qualcosa di famelico, possessivo e morbosamente protettivo.

“Non t-te lo lascerò fare. N-Non sarà mai tua…” gracchiò con voce rauca ma intrisa di un misto tra odio e amore. Strinse ancora di più a sé il botolo di fasce, pressandolo al petto e cercando di tenerlo quanto più lontano possibile dal sangue che fuoriusciva dalle sue ferite. 

Una tale intensità… se in un primo momento aveva scosso il farabutto, ora non faceva altro che aumentare la sua fame. “Vediamo un pò di che si tratta…”

Di nuovo allungò la mano, stavolta con più decisione, stringendole le dita al collo e sollevandola da terra. I pianti soffocati di essa non le impedivano di lottare con tutte le sue forze per tenere al sicuro ciò che le apparteneva.

Aveva una forza notevole per una cittadina qualunque. 

L’uncino dell’uomo però riuscì a penetrare la stoffa e impigliarsi nel foro creato. Uno squittio di terrore e sorpresa lasciò le labbra della ragazza e l’attimo di distrazione bastò a farle allentare la presa.
Come il pirata tirava, lei resisteva.

Lottava perché non aveva più nulla da perdere se non quello. Forse l’unica cosa che non poteva permettere in assoluto che finisse nelle loro mani.
Neanche per un istante il suo animo smise di pensarci, nemmeno mentre il fiato cominciò a mancare e i suoi polmoni a supplicare per un filo d’aria. 

Nemmeno quando l’energia svanì dalle sue braccia e lasciò il tessuto, scivolando prima lentamente e poi dondolando nel vuoto. 

Il flusso rosso che lasciava il suo ventre rallentò e quando finalmente il corpo divenne del tutto floscio, l’uomo lanciò un ultimo sguardo sul viso segnato della ragazza.
Poteva ammetterlo, si era data da fare e per questo un briciolo di rispetto lo provava.

Avrebbe reso ancora più soddisfacente il bottino appeso al suo uncino.

Se lo posò tra le braccia e subito un primo dubbio lo pervase. Il peso di qualunque cosa quella fosse era… insolito, così come la forma e la consistenza.
Non era certamente un sacchetto d’oro e gioielli…Era qualcosa di altrettanto prezioso, forse un tesoro così grande che per uno senza cuore come lui il significato non sarebbe mai arrivato.

Non avrebbe mai capito da dove avesse preso tutta quella forza una misera donna disperata di proteggere quella che si era rivelata una semplice bambina. 

“Che cosa…!?” Esclamò lui, alzando per la schiena l’infante “Una neonata?! Tutte queste storie per questo?”

No, poteva immaginarlo. Le madri, o i genitori in generale che fossero quantomeno decenti, tendevano ad essere protettivi delle loro progenie. Che quei due sventurati avessero tentato il tutto per tutto per portare in salvo la figlia non era una sorpresa.
Lo era però essersi ritrovato con quella mocciosa invece di un tesoro, dopo tutte le aspettative che si era fatto. 

“Cosa intende fare, Capitano?” Domandò il suo secondo in comando, avvicinandosi come se niente fosse “Una fine veloce per tenerezza?”

Un leggero sbuffo lasciò la bocca dell’uomo, mentre osservava i connotati della bambina “Sarebbe uno spreco, questi cosi il governo li paga bene.” 

“Ah, un’altra cavia da spedire?”

“Non vedo perché no, se può essere utile tantovale ricavarci qualcosa”

“Ahah, non ti smentisci mai!”

Le loro scure risate sembrarono arrivare al cuore della neonata, la quale iniziò a dimenarsi e lamentarsi. I suoi mugugni crebbero in un pianto aperto, ma il suono non scompose minimamente i due pirati. 

“Hmpf…” Il capitano non trattenne la smorfia mentre il suo braccio si aprì in direzione del compagno “Buttala nel primo baule che trovi, non voglio sentirla per tutto il viaggio”

Il suo vice annuì, afferrando la bambina e prendendola tra le braccia. Meno brusco certamente del suo superiore, ma alla fin fine non era certamente per benevolenza. La merce buona andava trattata con cura, non potevano rischiare di essere pagati di meno per qualche graffietto. “Agli ordini”

I lamenti disperati della neonata continuarono a risuonare nell’aria, prolungandosi oltre le ultime grida addolorate delle vittime del villaggio.
Non si fermarono nemmeno quando il suo corpicino fu depositato tra i gioielli vari di un forziere vuoto abbastanza da poterla contenere e quando fu chiuso e trasportato a bordo della nave. 

Quello straziante pianto nel buio dell’interno della cassa arrivava solo alle proprie orecchie e l’unica cosa che riuscì a placarlo fu l’addormentarsi di quell’animo esausto. 

 

 
“Cosa ti affligge ragazzo mio?” 
 
Il ragazzo abbassò il capo, rendendo visibile agli occhi dell’uomo solamente la massa di capelli rossi che lo copriva. 
 
“Ah, domanda sbagliata, giusto?” Roger ridacchiò, senza però davvero credere nell’umorismo della sua voce. 
Il sole stava tramontando e sarebbe sorto il giorno seguente senza di lui a guidare la ciurma.

Non sarebbe più stato il capitano, anche se qualcuno di loro avrebbe rifiutato la cosa e insistito che nei loro cuori lo sarebbe sempre stato.
Sotto un certo punto di vista non poteva biasimare il ragazzo, per quanto desiderasse che capisse le sue motivazioni.
Per quanto la sua ciurma fosse una specie di famiglia, aveva ancora degli affari da sbrigare prima di tirare le cuoia. Egoistici desideri forse, soprattutto dopo il tempo che avevano passato tutti quei ragazzi e uomini per esaudire uno dei suoi più folli. 
Non voleva però davvero spegnersi tra loro, debole e patetico. Se doveva calare il sipario sulla sua vita, doveva essere nella maniera più interessante possibile. 
 
“E’ ingiusto…” e da codardi, voleva aggiungere Shanks, ma non osò proferire quelle parole di fronte al suo capitano, per quanto una parte da bambino petulante dentro di sé scalpitava per farlo.

Roger era l’ultima persona che poteva chiamare in quel modo, per quanto l’azione che stava per compiere, ai suoi occhi, fosse un gesto mosso da codardia. 

 
“Andiamo, pensi che io sia un uomo perfetto?” Nah, non era un farabutto ma non era nemmeno un santo. Per quanto lo adorassero, nel profondo tutti i membri della sua ciurma ne erano consapevoli.

Chi decide di lasciare quello che aveva cresciuto come un figlio per fare uno di sangue, giusto per poi far sì che la sua stirpe ritrovasse il One Piece dopo di lui?
Non di certo una bravissima persona. 
 
E non sono forse i figli quelli ad abbandonare il nido? Da quando sono i genitori a farlo? “Certo che no. Altrimenti non te ne andresti.” Forse non era il suo vero figlio, ma era stato cresciuto in parte dal suo capitano e per quanto non avrebbe mai avuto il coraggio o la dignità di chiamarlo in quel modo, lo vedeva come un padre. 
 
“Ah, ora sei tu ad essere un pò ingiusto.” rispose Roger, consapevole però che avesse più ragione che torto.
 
“Però è vero…” Borbottò Shanks, talmente a basso volume da non essere udibile.
 
L’uomo adulto sospirò, sedendosi di fianco al ragazzo, come se fossero due pirati alla pari “A volte abbiamo bisogno di lasciar andare le cose, ma questo non significa che i legami siano spezzati.”
 
“Perché crearli allora?”
 
Una risata fragorosa, ma non malintenzionata, lasciò la bocca barbuta di Roger “I legami sono ciò che rende speciali le nostre vite, senza la ciurma non avrei realizzato il mio sogno. Non mi pento per nulla di tutto questo, di avervi conosciuti. Te?”
 
“No, ma più ti avvicini a qualcuno, più fa male lasciarli. Non è egoista dare delle illusioni di quel tipo?” Poteva l’amore, in qualunque sua forma, essere così vincolante? 

Perché doveva essere costretto a scegliere tra il legame con le sue ambizioni e quello con le persone? Perché arrivare proprio in primo luogo a fare tale scelta? Perché creare un legame con qualcuno se si finiva inevitabilmente con il farsi del male?

Non sarebbe stato più facile inseguire i propri sogni senza doversi preoccuparsi di ferire gli altri o se stessi? 

 
“Così è la vita ragazzo mio. A volte scombussolata, ma non è questo che la rende divertente? L’affetto può essere il sentimento più altruista che si sia, ma anche il più egoista” 
 
La grossa mano del Re dei Pirati si appoggiò sul capo di Shanks. Aveva una presa salda, potente, ma anche rassicurante. 

“Forse sono l’ultima persona che abbia il diritto di dirtelo o di esserne buon esempio, ma l’egoismo non è sempre così sbagliato. Spero che un giorno anche tu riesca a capirlo”


 


“Capitano?”

“Hm?”

“Nemici a babordo, come procediamo?” Domandò Hongo, voltandosi in direzione delle navi in avvicinamento. 

Shanks seguì lo sguardo “Possibilità di un incontro pacifico?”

“Basse quanto le chance che Roux si metta a dieta”

Il Rosso sospirò, alzandosi in piedi e appoggiando le mani ai fianchi. Per i suoi gusti, effettivamente si era fatta una giornata troppo tranquilla. In momenti come quelli, dove i ricordi dolci-amari del passato tornavano a fare capolino, era meglio tenere la mente distratta. “Prepariamoci alle danze”
 

 

“AH AH! E quelli si volevano far chiamare pirati! Come gli è saltato in mente di sfidarci?”

Le risate della ciurma dei Pirati del Rosso erano grasse e fragorose, dopo quella che era risultata una vittoria schiacciante contro i bucanieri che a quell’ora stavano probabilmente affondando. 

Non che avessero fatto una carneficina, si erano limitati a rispondere occhio per occhio. Se i nemici avevano alzato la pistola per sparare e uccidere, loro avevano fatto altrettanto per difesa.
Qualche morto ci era scappato, e probabilmente i sopravvissuti, a meno che non fossero riusciti a raggiungere una delle isole in zona, non sarebbero durati tanto in mezzo al mare pieno di squali e creature marine di ogni tipo. 

In quel caso però, la responsabilità sarebbe stata del mare.

“Quella gente è brava solo quando si tratta di prendersela con persone che non possono difendersi. Poi mettigli di fronte qualcuno che davvero ci sa fare e non riusciranno nemmeno offrire un pò di sano divertimento.” Commentò Beckman, incrociando le braccia con un'espressione non del tutto soddisfatta.

"Guardiamo il lato positivo, a compensare ogni mancanza c’è il bottino!” Cercò di incoraggiare invece Hongo, alquanto compiaciuto “Da quanto non facevamo un colpo simile?” Allungò le braccia verso la montagna di casse sparse in mezzo al ponte. 

Lime Juice, con simile entusiasmo, scambiò un batti cinque con Beckman, incoraggiando il buon umore dei compagni “Sicuramente non avremo problemi di scorte per i prossimi mesi!” 

“E armi, possiamo rifornirci senza problemi” Aggiunse il compagno.

“Eheh…” ridacchiò Shanks, godendo della gioia della sua ciurma. La baruffa lo aveva distolto da scomodi pensieri ed erano anche riusciti a ricavare un bottino impressionante. Avevano ragione a festeggiare; sarebbero stati molto più agiati nei mesi a venire.

“Waaaa…!”

Un suono soffocato gli arrivò alle orecchie. Ovattato, quasi esistesse solo nella sua mente.

“Waaa…”

Ma le sue orecchie lo percepirono di nuovo e stavolta non lo riuscì ad ignorare.

Pareva un lamento e proveniva chiaramente da un luogo nelle vicinanze, seppur sembrasse così lontano.

Cercò di aguzzare l’udito e separare quel suono da tutto il fracasso circostante. Individuarlo non era facile, eppure continuava a sentirlo, come una mosca che ronza sempre intorno alla testa e scappa all’occhio. 

“Ragazzi, lo sentite anche voi?” Finalmente il ragazzo decise di intervenire per zittire i compagni. Per lo meno per capire se fosse solamente la sua immaginazione o i deliri del caldo. 

“Sentire cosa?”

Shanks non rispose, lasciando che il silenzio calasse di nuovo sulla nave. Ancora ovviamente c’erano il rumore delle onde e dei movimenti delle persone, ma finalmente si poteva udire in maniera più distinta. 

“Whaaaa!!”

“Questo.” 

I volti degli uomini più vicini al capitano si contorsero in confusione, ma anche in sorpresa, confermandogli che non era tutto nella sua testa. “Sembra… un pianto di un bambino?”

Seguendo l’aumentare del volume del lamento, come se stesse giocando a Acqua, Fuochino, Fuoco, Shanks raggiunse una delle casse e appoggiò una mano sul coperchio. Facendo appena pressione per sganciare la sicura che lo teneva chiuso, sollevò e…

Gli indizi c’erano tutti, ma davvero trovarselo di fronte era più sconvolgente di quel che avrebbe creduto. 

“WAAAHHHH!!”

“Un neonato!?”

“A me sembra una femmina…”

"Anche peggio!"

“Che volete che cambi al momento!?”

“WAAAAAAHHHHH!!”

“Porca puttana!”

“Ok, ok, manteniamo la calma…” provò a placare gli animi Lime Juice. 

Tuttavia, gran parte degli uomini fissava in totale shock la cosina che si agitava in mezzo ai gioielli, indecisa tra il piangere e il ridere per gli improvvisi raggi di sole che probabilmente non sentiva sulla pelle da ore. 

Sembrava come se si fossero trovati davanti un unicorno, o una creatura della fantasia, come quelle che a volte sognavano di cavalcare dopo un'ubriacatura colossale.

Yasopp portò una mano alla testa. “Santinumi, che ci fa una bambina in un forziere? Dovevano essere più scellerati di quel che credevamo se trattano così i loro figli” 

“Scemo, vuoi che quei tipi si portano dietro i loro marmocchi? Probabilmente l’hanno rapita quando si sono procurati questo tesoro” Commentò Beckman come se fosse ovvio, ma anche lui non riusciva davvero a capacitarsi di quanto depravati si dovesse essere per mettere un neonato in un posto del genere.
Dei mostri, ed era tanto detto da uno che faceva il pirata anche nel senso negativo della parola.

L’unico a non proferire parola fu proprio il ragazzo nei pressi del forziere, chinato in avanti e con la faccia a pochi centimetri da quella della bambina.
La osservava con incredulità, ma se lei avesse potuto leggere il suo sguardo avrebbe potuto scorgere anche una nota di terrore, mista ad una punta di meraviglia.

Sembrava come pietrificato e non sapeva se per un sentimento positivo o negativo. Non comprendeva nemmeno come mai dovesse provarne uno che non fosse la totale neutralità.

Eppure tutto ciò era così familiare…

Nemmeno si accorse che la neonata aveva smesso di piangere e che era lì ferma a fissarlo con quelle iridi viola lucenti, come se fosse un oggetto così interessante. Non pareva minimamente spaventata dalla presenza, sebbene probabilmente doveva essere stata attorno a gente terrificante per fin troppo tempo. 

“Capitano…? Che si fa?”

“Uh…” La stessa voce che lo aveva richiamato alla realtà nemmeno un’ora prima, lo fece ancora rinsanire. Shanks non le risparmiò lo sguardo, rimanendo fisso sulla bambina, la quale allungò le manine in avanti come se volesse prenderlo, o farsi prendere.

Non riuscì a spiegarsi come mai l’istinto lo avesse portato ad allungare a sua volta le sue per afferrarla. Gli arti gli tremavano e nella sua mente una vocina gli gridava di stare lontano, eppure fu istintivo agire. Come se stesse cedendo ad una tentazione.

La depositò tra le proprie braccia, alzandosi e girandosi poi verso i compagni, con espressione ancora indecifrabile. “...”

“Capitano…?”

“Penso… che la situazione richieda una riunione urgente…”


 

 

Si recarono tutti in quella che poteva essere considerata la sala da pranzo della nave. La bambina se ne stava ancora tra le braccia di Shanks, impegnata a giocherellare con il colletto della sua camicia. 

Non era piacevole, ma nemmeno gli dava eccessivamente fastidio da doverla interrompere. Finché la teneva tranquilla, poteva anche lasciarla fare.

“Beh, tanto vale iniziare questa conversazione” Annunciò Beckman, visto che nessun altro sembrava voler approcciare l’argomento. “Che facciamo con la bambina?”

“Prima di capire come muoverci, direi di darle da mangiare. Chissà da quanto è chiusa lì dentro…” mormorò Roux, addentando un pezzo di carne, mentre il cervello pensava a cosa potesse preparare per lei. “Spero non molto… altrimenti devono averla almeno tirata fuori per nutrirla, o sarebbe morta”

“Diamole del latte, con quello si va sempre sul sicuro. E’ ciò che bevono i bebé, no?” Propose Yasopp. 

“Il latte degli animali non fa benissimo ai bambini troppo piccoli, ma nel suo caso non penso nemmeno sia ancora in fase d’allattamento.” Commentò il medico Hongo “Posso controllare dopo con calma per capire la sua età, ma sono sicuro abbia più di un anno. In questo caso potrebbe anche mangiare altri tipi di cibo finché cotti con attenzione.”

Beckman annuì “Ok. Roux? Inventati qualcosa” Qualcosa che possibilmente non la uccidesse…

“Signorsì”

Di nuovo nessuno parlò per qualche secondo, tutti assorbiti nei loro pensieri.

Stavolta fu Yasopp a rompere il silenzio “Immagino che sarebbe buona cosa riportarla dai genitori…”

“Sì, ma come li troviamo? Chissà dove l’hanno presa quei figli di-”

Shanks interruppe, finalmente inserendosi nel discorso “Forse riusciremo a raccogliere qualche informazione chiedendo nelle isole in zona. Se si sono messi a rapire bambini deve essere stato un attacco di non poche dimensioni.”

“E la bambina sembra stare abbastanza bene, quindi dubito sia stata trattata in quel modo per molto tempo… Non sarà troppo distante il luogo che hanno saccheggiato” Aggiunse Hongo.

“Vale la pena tentare, ma dovremo anche tenere gli occhi aperti per evitare la Marina. Non che poi pensino che ce la siamo portata via noi…” Dei semplici arruolati non sarebbero stati un problema, ciò che Beckman voleva evitare era che per qualche sventurata ragione l’incidente fosse così grosso da aver attirato gente di rango più alto.

Erano forti, ma era meglio evitare incontri indesiderati. 

Lime Juice appoggiò una cartina sul tavolo, aprendola e bloccando i bordi con i grossi calici di saké per tenerla ferma. Puntò il dito in un punto apparentemente a caso su una linea tracciata “Più o meno questo è il punto dove ci siamo scontrati con quei farabutti. Viste le condizioni della bambina e il pannolino meno sporco del previsto, non devono essere passate più di 24 ore da quando l’hanno rapita”

“Quindi restringe il raggio di isole da controllare…”

“Esattamente” Confermò il biondo, prendendo un compasso e cerchiando un’area leggermente vasta. “Le uniche isole abitate sono a Nord e quelle che rientrano nei tempi sono queste” indicò l’arcipelago che rientrava dentro al cerchio tracciato. 

Backman annuì “Se non è una di quelle, devono però almeno sapere qualcosa”

“Non ci resta altro che salpare immediatamente verso l’isola più vicina. Prima troviamo i genitori, meglio sarà per tutti” Annunciò il capitano, dando le prime indicazioni ai suoi sottoposti.

Il suo vice però gli riservò uno sguardo incerto “Se potranno essere trovati…”

Il silenzio che calò tra i presenti parlò più di mille parole. Sebbene non fossero estranei alle crudeltà del mondo in cui vivevano, erano ben consapevoli che fosse possibilissimo che i genitori della bambina fossero morti e le conseguenze di tale scoperta avrebbero potuto rendere ancora più difficile la situazione.

Shanks evitò di guardare la bambina mentre pronunciò “Procediamo un passo alla volta” 

Era inutile fasciarsi la testa prima di rompersela e una soluzione in qualche modo l’avrebbero trovata. 

 

 

Non appena la bambina era stata nutrita, di cui avevano osservato il notevole appetito, era sprofondata in un sonno profondo.
Lo stress del lungo viaggio scomodo e della paura doveva essersi scaricato dal suo corpo, rendendola mite e pacifica.

Era una bella illusione, credere che sarebbe sempre stato così. L’obiettivo base per Shanks era che quell’unica notte di tranquillità bastasse e risolvessero il problema prima di affrontarne un’altra.

Nonostante fino a poco prima la neonata fosse stata solo tra le sue braccia, sebbene l’avesse tenuta in una delicata ma sicura e protettiva stretta, voleva allontanarsi il prima possibile.

Era quella parte della sua testa che cercava di ribellarsi agli istinti che prendevano il sopravvento sul suo corpo. Cercava quel piccolo corpicino caldo, sentiva uno strano e quasi a tratti spaventoso attaccamento. Diverso da un animaletto, tenere un bambino in braccio era terrificante ma allo stesso tempo emozionante.

E quello di cui ancora non si capacitava era come potesse una totale conosciuta causargli una tale tormenta di sentimenti nel cuore. 

Sperava di averlo nascosto a sufficienza, ma la presenza silenziosa di Beckman di fianco a lui, in quella notte tranquilla sul ponte, indicava qualcosa di totalmente diverso. 

"Cosa pensi volessero fare della bambina?" Domandò Shanks lentamente, senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte scuro, nato dal fondersi di cielo e mare nella notte.

"Non penso se la siano presa per un riscatto, quindi devono averla rapita per venderla da qualche parte…" rispose il corvino, senza lasciar trasparire chissà quale emozione. Non era una realtà di cui gli faceva piacere parlare, ma il mercato degli schiavi non era esattamente un segreto. Quindi non era tanto sorprendente ne esistesse uno di infanti da qualche parte.

Forse quei pirati non erano stati tanto furbi o fortunati nell'imbattersi con i Pirati del Rosso, e quella sventurata neonata invece, relativamente vista la situazione, lo era stata.

Ma a decretare fin quanto lo fosse, sarebbero state le informazioni che speravano avrebbero trovato. 
Proprio per quello, era difficile sopprimere i vari scenari e possibili provvedimenti con cui avrebbero dovuto fare i conti.

“Lo so che abbiamo deciso di non guardare troppo in là nel futuro, ma penso sia comunque necessario farci un’idea di come procedere in caso non trovassimo a chi affidarla”

“Li troveremo.” dichiarò Shanks con sicurezza.

“Ottimismo sorprendente, Boss.” 

“Per forza.”

L'uomo dalla coda di cavallo sospirò. Per lui non era così difficile riuscire a leggere l’animo del suo capitano, forse anche per merito della sua giovane età “Perché ti da tanto fastidio ammettere che potrebbero essere introvabili? Sai quanti bambini e genitori vengono separati in questo mondo e non si ritrovano? Ce ne sono a tonnellate.”

Non lo diceva con cattiveria. Era un pirata, ma non era senza cuore e aveva dei codici d’onore. Ogni bambino avrebbe meritato di crescere sotto le cure di qualcuno amorevole. Semplicemente, il mondo non era così gentile da permetterlo ed era una cosa su cui bisognava fare i conti.

Shanks combatté la smorfia che si stava formando sul suo viso “Proprio perché ce ne sono a tonnellate è meglio sperare non sia lo stesso caso”

Era così sbagliato sperare che quella neonata non fosse semplicemente una replica del suo passato?

Era sbagliato voler evitare a tutti i costi di scendere lungo una via completamente folle, ma non così impossibile? Era sbagliato voler finire per fare le stesse scelte di Roger?

Nemmeno voleva pensarci o iniziare ad immaginarlo. 

“Sarebbe un peccato, ma potrebbe esserci qualcuno disposto a prenderla con sé in caso finisse così. Non devono per forza essere i genitori biologici…”

“...”

L’assenza di risposta del Rosso fece nuovamente sospirare il suo vice. Passò qualche secondo prima che Beckman riprendesse a parlare, cercando di sviare su un altro argomento “Comunque, visto che sei il capitano, penso spetti a te il compito di darle un nome”

“Un nome?” Shanks domandò, come se gli avesse chiesto la luna. 

“Gli altri si lamentano che non sanno come chiamarla e penso abbiano ragione. Non possiamo mica continuare a chiamarla in mille modi diversi o dire solo la bambina.

“E perché no?”

L’espressione di Beckman si fece più scocciata, ma sempre calma e controllata nei confronti di colui che dopotutto rimaneva il suo superiore. In quel momento più che in qualunque altro, le risposte che gli arrivavano da lui e il tono con cui parlava sembravano quelle di un ragazzino. Lo rispecchiava sicuramente per il ventenne che era, per una volta. 

Tuttavia per scavalcare il rispetto che provava per lui ci voleva ben di più. “Perché per quanto tu voglia credere il contrario, potrebbe passare con noi più tempo del previsto. E se persino un cane merita un nome allora anche lei.”

Era proprio quello il motivo per cui non voleva darglielo. Un cane aveva un nome perché era un individuo di cui ci si poteva affezionare. 
Darne uno era il primo passo per creare un legame e non c’era cosa più pericolosa in quel momento. 

Non voleva affezionarsi e questo si leggeva ad un miglio di distanza, figuriamoci quindi per Beckman, il quale si trattenne dallo smascherare quel sentimento del Rosso. 

“Ci penseremo quando necessario.” E così chiuse l’argomento Shanks “Domani potrebbe essere tutto finito”

Sì, con un briciolo di speranza e ottimismo, il giorno dopo avrebbero potuto dare un lieto fine a tutti i coinvolti….

Un vero lieto fine.

 

 

"Tracce della Marina?" Domandò il capitano, tenendo in braccio l'allegra neonata, la quale scalpitava e agitava le manine di quà e di là verso qualunque cosa potesse attrarre il suo interesse.

E vi erano fin troppe cose a farlo; dai semplici bottoni della camicia di Shanks, a qualunque rumore di risata o cane che abbaiava.
Aveva serie difficoltà a tenerla ferma.

"Tutto libero, Boss."

"Allora incamminiamoci" annuì il Rosso, scendendo dalla nave seguito da Beckman e Hongo.

Pur essendo l'isola più grossa dell'arcipelago e, da quanto riferito, la più attiva, non sembrava così movimentata. 

Si poteva chiaramente percepire dell'esitazione negli sguardi dei mercanti e cittadini che rivolgevano loro lo sguardo.
Sembravano riservare del sospetto e della paura, come se temessero di essere attaccati in un qualsiasi momento.

Ciononostante, tra il loro fingere che fosse tutto normale e cercare di rimanere composti mentre proseguivano con le loro attività, gran parte di quel sentimento veniva nascosto per la vista della bambina felice. Doveva averli convinti che non si trattasse di pirati qualunque pronti a saccheggiarli. O almeno di non saltare subito alle conclusioni.

Trovare la sede amministrativa non fu complicato e per loro fortuna non sembrò essere presente altra gente oltre a loro. Gli unici presenti erano un uomo in avanti con l'età e un giovane donna, entrambi seduti dietro a due larghe scrivanie. 

Appena inquadrarono il gruppo, i loro occhi si aprirono in momentanea tensione. "P-possiamo fare qualcosa per voi?"

"Sì" sorrise Shanks, cercando di lasciar trasparire tutta la sua cordialità. Non voleva spaventare quelle povere persone, tantomeno complicare la loro ricerca. "Vorremmo chiedervi delle informazioni. Se non sbaglio siete responsabili degli archivi degli abitanti dell'intero arcipelago."

"Sì, gran parte degli abitanti registrati sono reperibili nei nostri archivi"

"È possibile dargli un'occhiata?" Chiese il ragazzo con tono affabile e cortese. Tuttavia, dalle spalle tese della ragazza, percepì che non avrebbe ricevuto la risposta sperata.

"Mi dispiace," rispose per lei il collega, percependo la difficoltà della giovane "Purtroppo solo il personale autorizzato può mettere mano agli archivi."

"Comprendo, ma non sarebbe possibile in qualche modo fare un’eccezione? E’ importante per noi riuscire ad aiutare questa bambina" insistette lui, alzando appena la neonata per sottolineare la sua presenza. Per la prima volta la piccola sembrava titubante a farsi vedere. Nascondeva il faccino contro il petto di Shanks, tenendo le manine aggrappate saldamente al tessuto della camicia.

Alla vista, gli occhi della donna si illuminarono "Ah, che bambina graziosa! Sua figlia è adorabile…" complimentò stavolta senza esitazione e con onestà.

Per un singolo istante, la bocca di Shanks si aprì in maniera automatica. Una “G” era pronta sulla lingua ed era riuscito a fermarla solo mordendosela. 

Non voleva chiedersi come mai stesse per ringraziare. Non aveva alcun merito o motivo di essere orgoglioso. "Non è mia figlia… è una bambina che abbiamo salvato da dei pirati e stiamo cercando di ritrovare la sua famiglia"

Il viso dei due mutò prima in sorpresa e poi dolcezza, notevolmente colpiti dalla spiegazione. Come se fosse cambiata totalmente la loro visione delle persone presenti, ora erano chiaramente più a loro agio nel parlare. 

"Che gesto nobile…" commentò l'anziano, sistemandosi gli occhiali sul naso "Non è da tutti farsi carico di una tale responsabilità!"

"Facciamo solo quello che ci pare più giusto." Minimizzò Shanks, scrollandosi di dosso quanto più quei riferimenti velati che quasi lo paragonavano ad un eroe "Quindi… per quegli archivi…?"

La giovane donna offrì un sorriso combattuto "Purtroppo vale quello che abbiamo detto prima. Non possiamo darvi accesso agli archivi o informazioni senza autorizzazione, non senza il permesso del nostro superiore."

Il capitano annuì “E sarebbe possibile parlargli?”

“Potremmo-”

“Non sarà necessario.” Una voce si intromise, facendo voltare tutti i presenti verso una delle porte più vicine alle scrivanie.
Al suo stipite ergeva un uomo di mezza età, o forse sulla sessantina. Aveva un aspetto ben mantenuto, con la sua barba e capelli bianchi curati. Ma in quello sguardo parzialmente gentile, si celava un’enorme stanchezza.

“Parli del diavolo…” mormorò Beckman, comprendendo l’ovvia identità della nuova presenza. 

L’uomo non risparmiò lui attenzione, per quanto il corvino avesse l’impressione, della quale non gli importava, di essere stato sentito. "Buongiorno, sono Dam, il capo responsabile. Potete rivolgervi a me. Cosa vi serve?”

Shanks salutò con un cenno leggero del capo “Stiamo cercando i genitori di questa bambina” 

Dam lanciò uno sguardo sulla piccola creatura, lasciando che un piccolo sorriso si dipingesse sulle sue labbra. Era adorabile, e nessuna quantità di stanchezza lo avrebbe negato. Tuttavia, quando parlò il suo tono rimase basso e spento "L'avete salvata da dei pirati?"

"Sì, e secondo i nostri calcoli deve essere stata rapita da una di queste isole.” Spiegò Hongo, tirando fuori la mappa su cui avevano tracciato la rotta e le possibili mete. “Sappiamo che siete una sottospecie di capitale in questo arcipelago, quindi ci chiedevamo se per caso aveste avuto notizie di qualche saccheggio o se conosceste qualcuno a cui possiamo riferirci."

Il responsabile sospirò, portandosi una mano al capo. Dalla sua reazione fu facile dedurre che parte del suo atteggiamento era dovuto proprio a qualcosa di legato alla questione. "Si vede che siete appena arrivati, altrimenti avreste sentito di ciò che è accaduto a Eorian…"

Erano stati in piena rotta quando si erano imbattuti in quei pirati, quindi non era esattamente stata una loro mancanza il non sentire dell’incidente. A parte le testate giornalistiche, se si viaggia in mezzo al mare per giorni è difficile rimanere aggiornati su tali avvenimenti.

"Qualcosa di grosso?"

"Grosso a dir poco. Eorian è l’isola più esterna dell’arcipelago, a sud-ovest da qui.” Con semplicità prese la mappa dalle mani del biondo e la posò sul tavolo, aprendola e indicando rapidamente un punto specifico. “Vista la posizione, non è raro che si fermino viaggiatori e pirati, ma questa volta è stato un vero e proprio massacro." 

Nessuno dei presenti aprì bocca inizialmente, recependo l’esplicito messaggio. Era già un’indicazione il leggero scomporsi dei due lavori seduti dietro la scrivania. 

Benn lanciò uno sguardo verso il proprio capitano, o per essere più precisi la sua schiena, visto che non vi era altro potesse vedere dalla sua posizione. Odiava aver ragione, ma sapeva che sarebbe potuto succedere e, prendendo la parola, si ritrovò costretto a fare la domanda fatidica: "Ci sono sopravvissuti?"

Dam scosse la testa, un’espressione scura sul suo volto “Se viene da lì, solo la bambina”

Il Rosso portò la mano sinistra dentro la tasca della camicia, estraendo una varietà di piccoli oggetti. Un ciondolo, una statuetta intagliata e un fazzoletto ricamato. 

Shanks si accinse a proferire parola solo in quel momento, incapace di nascondere l’abbassamento del suo tono di voce "Questi erano nelle casse che abbiamo sottratto, dove abbiamo trovato la bambina. Erano tra i pochi che avevano un nome segnato"

La giovane donna assistente si alzò dal suo posto e corse verso gli archivi, iniziando a cercare tra i vari faldoni. Nel mentre, Dam chinò leggermente la schiena, avvicinando il capo agli oggetti in questione e afferrando il ciondolo. Con gli occhi strizzati, si focalizzò sulle incisioni. “Elizabeth Croww”

“E’ presente” Rispose la sua sottoposta. 

L’uomo passò poi al fazzoletto “Non ci sono cognomi, ma vedo ricamato un certo Carina

“Ci sono nomi simili ma nessuno uguale…”

“William Carver?” tentò infine prendendo in mano la statuetta intagliata. 

“Quello pure è presente...”

Dam posò l’ultimo oggetto nella mano di Shanks “Direi che questo conferma i sospetti. I beni saccheggiati vengono da Eorian ed è probabile che anche la bambina sia originaria di lì.” Nel fissare gli occhioni viola della piccola, le sopracciglia albine dell’uomo si aggrottarono in dispiacere “Che scherzo crudele del destino…"

“Siamo sicuri che non ci sia modo di verificare con certezza che i suoi genitori siano tra le vittime? Può darsi siano riusciti a fuggire…” tentò Hongo, ponendo la domanda che avrebbe voluto tanto fare il suo capitano.

"Non tutti gli abitanti dell’arcipelago si fanno registrare, soprattutto coloro che sono di famiglie più umili e non viaggiano spesso. Ma anche se avessimo tutti i nominativi, riconoscere le vittime sarebbe impossibile"

L’implicazione fu sufficiente a comprendere che quei mascalzoni, mostri, non si erano limitati ad uccidere gli abitanti, ma avevano anche devastato i loro corpi. Che fossero finiti carbonizzati per il villaggio in fiamme, che fossero stati squartati o sfigurati, alla fine bastava sapere che il loro aspetto non avrebbe mai determinato chi potesse anche solo vagamente essere ipotizzato come genitore della piccola. 

"Sarebbe comunque opportuno controllare,” Decretò Shanks, avvicinandosi al tavolo per prendere la mappa e passandola a Hongo.
Non potevano fermarsi in quel modo, senza nessuna conferma. Anche a costo di controllare ogni singolo cadavere prima di dargli una degna sepoltura. 

Non potevano rischiare di dare per scontata la morte dei genitori della piccola, quando potevano essere vivi e vegeti, in attesa di ricongiungersi a lei. 

"Ve lo sconsiglio.” Lo fermò la voce di Dam. Non suonava urgente, né severa, ma era sicuramente una raccomandazione. Chiara fu la sicurezza con la quale parlò “La Marina ha praticamente circondato l'area…" 

Nonostante gli istanti in cui parve che la sua conclusione fosse rimasta in sospeso, solo per loro da decifrare, fu ancora lui ad aggiungere "Non abbiamo mai subito certi attacchi e il nostro Re è pacifico, ma vogliono a tutti i costi trovarci lo zampino dell'Armata dei Rivoluzionari."

"Per quanto intensi a volte siano, i Rivoluzionari attaccano solo i regni ostili e non uccidono il popolo…" osservò Hongo.

Dam scrollò le spalle. Nessuno di loro era pulito. "Come se ciò facesse qualche differenza per il Governo Mondiale. Non ci vorrà molto prima che inizino a cercare anche qui e la cosa vi dovrebbe preoccupare. Dopotutto, siete pirati, no?"

Era una domanda, ma aveva una specifica risposta che si aspettava e Shanks non trovò motivo di negare. Non sarebbe stato esitando o mentendo che avrebbero ricevuto la loro fiducia e, di conseguenza, l’aiuto che cercavano. 

"Sì."

"Allora fate tesoro del mio consiglio; lasciate perdere.” Ripeté il monito, soffermandosi ben poco sulla loro identità.
Ignorò gli sguardi scioccati e di disagio dei suoi sottoposti sullo sfondo, proseguendo come se non ci fosse un grande conflitto interiore riguardo l’aiutare dei pirati. 

Era sicuro, non stavano mentendo sul voler aiutare la bambina. E per quanto non fosse un sostenitore dei pirati e sebbene non volesse mettere la mano sul fuoco e dare un appellativo agli uomini di fronte a lui, Dam non poté che ritenere il suo suggerimento la cosa più giusta. Sembrava giusto così. 

“Se proprio desiderate sistemare la bambina,” Riprovò, cercando di trovare una soluzione per soddisfarli come possibile “abbiamo un orfanotrofio in città. Si prenderanno cura di lei fino a che non le troveranno una casa."

Mentre il suo caldo palmo spinse il fragile corpicino sempre più contro il suo petto, la mente di Shanks non poté che riflettere.

Era l'occasione giusta per chiudere quella storia. Delle persone competenti si sarebbero prese cura della bambina e l'avrebbero aiutata anche a trovare una vera e permanente famiglia.

Eppure, se da un lato non aspettava altro che allungare la piccola verso il vecchio, come se volesse cogliere al volo l'occasione e fuggire il più lontano possibile, dall'altro non riusciva a far altro che stringerla a sé.

“No.” Dissentì il giovane ragazzo, portando la mano dietro alla testina bicolore, quasi dovesse proteggerla da un pericolo imminente.

Per la prima volta, fu lui a ricevere lo sguardo di simpatia di Dam. "Non saranno come la Casa delle Pecorelle di allora, ma non tutti gli orfanotrofi trattano male i bambini." 

Non era una novità che vi fosse un certo pregiudizio verso le strutture d'accoglienza per i bambini. Dopotutto, le storie di maltrattamenti erano sulla bocca di tutti dietro alle scene, coperte dalle fantasie di una casa felice piena di marmocchi.

Tuttavia, Shanks non sembrava nemmeno voler intraprendere l'idea, correre il minimo rischio. "Preferirei avere la certezza che finirà in una bella casa…" espresse lui. 

"Potreste tenervi in contatto con l'orfanotrofio per sapere senza dovervela portare dietro."

A quelle parole, il Rosso sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Se fosse stato un gatto, avrebbe avuto tutto il pelo della schiena rizzato.

E non comprendeva bene nemmeno il motivo, sentiva solo che il commento lo disturbava.

Era vero che era un peso, portarsi dietro una neonata, crescerla e tenerla d'occhio tra una battaglia e l'altra, lungo una vita piena di pericoli, non era altro che una pazzia.

Eppure sentiva il bisogno di difendere la piccola da quell'appellativo, forse cercando di difendere in qualche modo anche se stesso. Dopotutto, lui era la prova vivente di una di quelle pazzie.

"...Vi ringrazio per il vostro tempo." Chinò leggermente la testa, rifiutandosi di continuare oltre il discorso. 

Era loro grato per l'aiuto e fece il possibile per esternare il sentimento, ma se prima era entrato da quelle porte con il forte desiderio di trovare il modo di lasciare il pargolo a qualcuno, ora non vedeva l'ora di uscire con lei ancora tra le braccia.

Percependo il messaggio, Dam rimase a fissare gli occhi neri del pirata, poi lanciando un ultimo sguardo sulla bambina. 

Sarebbe potuto essere anche il pirata più forte di ogni mare, ma non avrebbe cambiato il fatto che colui che aveva di fronte non era altri che un ragazzino, un giovane uomo, confuso dalla battaglia tra la sua coscienza e i sentimenti.

Sarebbe stata buona cosa insistere, ma vi erano molteplici tipi di famiglie nel mondo e non era nessuno per giudicare quella che da lì a breve era sicuro sarebbe nata. 

Il dolce sorriso sulle labbra della piccola parlava quanto la stretta del giovane sulla sua vestaglia.

"Vi auguro il meglio." Si limitò a dire, osservando i pirati allontanarsi e lasciare la stanza. 

Chissà, forse il fato non era stato così crudele…

 

 

Vedere il capitano e i suoi due compagni tornare alla nave con la bambina ancora in braccio non fu un grosso shock per gli altri pirati del Rosso. Dopotutto, per quanto ne sapevano, avrebbero potuto doverla portare su un'altra isola, dai genitori.

La vera sorpresa fu la mancanza di ordini precisi da parte del Boss, il quale si era limitato a riferire loro che non vi era alcun modo di risalire ai genitori, quasi sicuramente deceduti, e che si sarebbero fermati per qualche giorno nel villaggio. 

Da quel momento l'andamento della giornata era rimasto… caotico. La ciurma non aveva la minima idea di come sarebbe finita quella storia e anche chiedendo al cerchio di confidenti del capitano non si capiva nulla.

Tutto ciò che poterono fare fu godersi quel momento di riposo concesso, saltando da una locanda all'altra.

Coloro che si addormentarono in giro furono relativamente fortunati, visto la sventurata realtà che si abbatté su coloro presenti sulla nave per la nottata.

Alla fine si era rivelata giusta l'intuizione che la bambina avesse dormito la prima volta solo per quanto esausta fosse. E non sarebbe diventata evento comune, tutt'altro…

Le urla e i gemiti si liberano nell'aria per tutto il tempo in cui il cielo rimase scuro, propagandosi oltre l'alba, fino a quando non terminarono le lacrime e la stanchezza prese il sopravvento.

A quel punto fu Shanks a voler piangere. 

Nessuno tra lui e i suoi compagni aveva chiuso occhio e la mancanza di sonno non lo aveva aiutato a mettere in ordine i pensieri. 

Lì, sdraiato nella sua cuccetta, si passò una mano tra i capelli, incapace di prendere sonno nonostante avesse cercato di bloccare ogni spiraglio di luce filtrante per la finestra. 

Si sentiva un idiota ad aver rifiutato così la propost del vecchio, quando sarebbe stata la sua chance migliore di risolvere tutto. E Ancor più si sentiva idiota per averlo fatto in quel modo, reagendo come se quella bambina fosse figlia sua.

Era sempre a tempo per cambiare idea, finché sarebbero rimasti nei pressi dell'isola avrebbe potuto recarsi all'orfanotrofio e lasciarla lì… ma perché la cosa lo faceva sentire così in colpa?

Non era sua responsabilità prendersi cura di lei. Era un pirata, non un padre. Conciliare le due cose, per quanto possibile, eventualmente portava a dover fare brutte scelte.

Perché doveva sentirsi colpevole? Cosa poteva dare a quella bambina che una bella famiglia non avrebbe potuto darle già? 

Perché una vita a navigare in mezzo ai mari, con dei balordi disposti a rischiare la pelle doveva essere meglio di crescere tranquilla in una vera casa sicura?

Era una cosa talmente assurda che ancora si malediva solo per averci pensato. Non aveva alcun senso logico. Ciò che lo tormentava era solo un senso di egoismo che nemmeno riusciva a spiegarsi.

Voleva essere una persona più giusta e responsabile di Roger. Eppure proiettarsi nella mente quelle immagini della piccola nel forziere non facevano altro che farlo sentire dei panni dell'uomo. Quasi cominciavano a fargli capire cosa avesse provato. Cosa l'avesse spinto a decidere di tenerlo e crescerlo sulla sua nave, nonostante il turbamento…

Perché? Voleva davvero credere che fosse un gioco del destino a cui doveva soccombere?

Il destino per un pirata era qualcosa da combattere, qualcosa da forgiare con le proprie mani. Che razza di futuro Re dei Pirati si faceva piegare così?

Sospirando, allungò la mano verso il forziere imbottito che avevano improvvisato come culla, posizionato di fianco al suo letto, e toccò con la punta dell'indice la guancia candida della bambina. Troppo stanca per svegliarsi ma capace di reagire al gesto, lentamente il suo visino andò incontro al dito, come alla ricerca di una carezza.

I bimbi avevano davvero la pelle morbida, neanche con la stoffa più pregiata poteva farci un paragone…

I suoi si spalancarono per un attimo, percependo una scossa passargli per la mano, e staccò la mano come se si fosse appena bruciato. 

Non era lucido.

Si lasciò di nuovo andare nel suo posto a dormire e stavolta voltò la schiena, lasciando alle spalle la vista che fino ad un istante prima lo aveva tenuto impegnato.

Come il serpente che aveva attratto Eva alla mela…

Quella bambina poteva davvero essere il diavolo della loro storia?

Per qualche motivo, aveva paura che guardandosi allo specchio un giorno, avrebbe scoperto che il ruolo del diavolo era proprio il suo.

 

 

Nonostante alla fine riuscì a prendere sonno, quando si svegliò qualche ora dopo non si sentì affatto riposato.

E così procedette per il resto della giornata, ma la sua stanchezza non gli impedì di notare lo strano comportamento dei compagni.

"Che cosa state combinando…?" Domandò lui, osservando alcuni dei suoi impegnati a costruire qualcosa dalla forma bizzarra.

L'uomo con il martello tra le mani, il carpentiere, sorrise imbarazzato mentre portò il braccio dietro al capo ed evitando per un soffio di colpirsi con l'arnese "Beh… pensavamo che con una culla più… convenzionale… la bambina avrebbe riposato meglio e forse si sarebbe addormentata più facilmente di notte"

Ah, una bella scusa, che poteva pur essere parzialmente la verità, ma era facile capire che a motivarli non fosse solo il semplice desiderio di dormire meglio. 

"Capisco… buona idea"

"Faremo del nostro meglio, Boss…"

"Lo so…" li salutò Shanks con un cenno del capo, sorridendo leggermente alla facciata di omoni dal cuore duro.

Di simili atteggiamenti ne aveva incontrati altri nel corso della giornata, e sebbene sempre più il suo petto si era fatto caldo, sempre più il suo sorriso svanì.

"Boss, dov'è la piccola screanzata? Ho preparato un manicaretto da leccarsi i baffi!"

"E lo può mangiare?"

"Hongo mi ha dato un libro con gli alimenti che può mangiare un bambino. Anche se mi sembra una che manda giù di tutto…"

Di più…

"Lime Juice, da quando ti dedichi al cucito?"

"Beh finché appare con i Pirati del Rosso deve avere un certo livello di stile, no? Più di quegli straccetti… se no facciamo brutta figura."

Ancora di più.

"La sta facendo un bagno Benn… diceva che l'unica cosa che non puzza su questa nave dovrebbe rimanere tale…"

Tutti un branco di bugiardi.

 

 

Arrivò la quarta notte, con quella il suo limite.

Sembravano una famiglia di disagiati, lì riuniti in riunione d'emergenza attorno ad un tavolo carico di alcool. 

"Perché non dorme!? Urla come un'ossessa!" lamentò il Rosso, addentando un pezzo di carne. Non ne poteva più, appena calava il sole la bambina iniziava ad urlare e piangere, come se la notte fosse la sua più grande nemica.

A nulla era servito sfamarla fino a sazietà, cosa rivelatasi molto ardua visto il suo appetito impressionante. Nemmeno il latte caldo e i rimedi naturali del dottore l'avevano tranquillizzata…

Cullarla? Figuriamoci… 
Stancarla? Niente.

E sebbene avessero avuto conferma che non aveva nessun malanno a farla lamentare, non potevano nemmeno ubriacarsi fino a crollare e ignorarla. Se fosse stata male davvero poi che sarebbe successo? L'avrebbero lasciata a soffrire come quei pirati che l'avevano rapita?

"Potremmo sempre darle un colpo in testa!" propose Roux, lasciando ai compagni il dubbio che fosse serio oppure in delirio per l'insonnia.

Infatti Beckman non si trattenne dal tirargli un calcione in faccia, facendogli sputare tutti i rimasugli di cibo che aveva tra le guance "Non sparare cazzate! Vuoi che l'intera ciurma ti pesti a sangue?!"

Ormai non era un segreto, l'intera ciurma aveva finito per prendere in simpatia la piccola, si facevano in quattro per lei… anche solo per spenderci qualche minuto assieme al giorno. 

Ma il non dormire ormai li stava portando a mancare di ogni tatto tra di loro.

"Non si può andare avanti così!" Shanks lasciò cadere il capo nel palmo della mano, chinandosi verso il tavolo e facendo pressione sul gomito per tenersi su. "È giorni che nessuno riesce a strappare due ore di sonno filate!" 

"Ci deve essere un motivo per cui fa così… forse ha paura del buio?" Avanzò Lemon Juice, strofinandosi l'occhio stanco.

Yasopp sbuffò, cercando di combattere l'emicrania "Qualunque cosa sia, ci penserò due volte prima di farne uno mio…"

I denti di Shanks si strinsero in una smorfia. Forse, quello che avremmo dovuto pensarci due volte dal tirarsi indietro a fare la cosa giusta era stato lui. 

Non più. Avrebbe fatto ciò che doveva fare fin dal principio "Così non funziona." 

La sua voce scura colse alla sprovvista i compagni, i quali calmarono il loro mormorio e rimasero silenziosi a fissarlo, con espressioni indecifrabili quanto la sua lo era per loro.

Sempre in silenzio il ragazzo si alzò e lasciò la stanza, dirigendosi verso la cabina dove aveva lasciato la bambina, l'unica che riusciva a soffocare almeno un po' i lamenti fastidiosi che andavano a prolungarsi.

Aprì la porta con decisione, forse più di quella che avrebbe normalmente assunto, provato dall'espressione di sorpresa della piccola, la quale lo guardò impietrita per qualche secondo con quei due occhioni viola.

Evitando però di incrociare quello sguardo, Shanks si chinò e la prese tra le mani, senza però depositarla comodamente tra le sue braccia. Le teneva a distanza dal suo petto, come se la vicinanza avrebbe potuto corromperlo nel cuore. 

Non poteva permettersi più di esitare.

Risoluto, uscì sul ponte della nave e con passo svelto si avvicinò alle scalette per raggiungere la terra ferma. Non importava se sarebbe finita ad una donna, adolescente, anziano o altro… doveva liberarsene.

"..."

Quando quel pensiero gli attraversò la testa i suoi piedi si fermarono, come cementati. 

Ma come si era ridotto?
Davvero era disposto a lasciarla in mano al primo sconosciuto, assegnandola magari ad un terribile destino? Peggiore del rimanere a bordo di quella nave con loro?

Odiava come quella situazione stesse mettendo alla prova i suoi ideali e valori da uomo, come lo stessero mettendo di fronte ad un autoanalisi. 

Fare i conti con se stesso… gli stava facendo scoprire un lato di sé che lo rendevano l'opposto della persona che voleva diventare. 
Ormai quale diritto aveva di giudicare Roger?

"Yo-hohoho… hm-hmhmhmmmm"

Una voce catturò l'attenzione del ragazzo, portandolo a guardare oltre la prua, in direzione di un piccolo spiazzo isolato nell'area del porto.

Una ragazza passeggiava lentamente avanti e indietro, cullando un neonato tra le sue braccia, probabilmente nato da poco visto com'era minuto. Eppure se ne stava molto più tranquillo della sua di marmocchietta. 

Mettendo da parte l'invidia e accettando semplicemente di essere più scarso, Shanks si lasciò appoggiare alla divisoria che separava il pavimento della Red Force da un tuffo nel mare, e rimase ad ascoltare.

La madre canticchiava, forse con una voce non esageratamente melodiosa, ma certamente infondendo tutta la sua dolcezza. Quel sentimento d'amore verso il suo bambino non era mascherabile anzi, si palesava con una semplicità disarmante. Persino per Shanks, uno che si riteneva inadatto a provare tali cose.

Il motivetto così familiare gli strappò un sorriso. Probabilmente lei non poteva sapere di star cantando una canzone pirata, forse l'inno per eccellenza di chi conduceva tale vita. 

"Binkusu no sake wo, todoke ni yuku yo…" provò lui a ripetere il motivetto, con voce molto meno soave. 

Dubitava seriamente che le sue doti canore avrebbero aiutato a calmare bambina…
Dopotutto, anche a compensare con l'affetto del gesto come quella donna… non aveva davvero dato dimostrazione della sua veridicità.

Si vedeva, nonostante la bambina insistesse a volergli stare attorno, non si sentiva confortata abbastanza da smettere di piangere. 

Non si sentiva sicura… nonostante la rendesse felice.

"Umikaze kimakase namimakase…" Mormorò nuovamente, troppo esausto dall'alzare l'intensità della sua voce, ma pronunciando ogni sillaba come se le stesse delineando con una matita su carta.

Voleva fermare quel pianto. Nemmeno più per se stesso.

Guardando quegli occhietti stanchi ogni volta che la piccola si addormentava all'alba, ricordava quando davvero dovesse essere stanca.

Nemmeno lei riposava. Anzi, forse in quel momento, percependo il suo sentirsi perduto, si sentiva così anche lei. 

E al contrario di tutto loro, non aveva nessuno a cui affidarsi. Nient'altro se non le piccole cose.

"Shio no mukou de, yuuhi mo sawagu…"

Se voleva arrivare al cuore della bambina, forse doveva essere lui stesso ad abbassare il muro e permetterle di fare breccia nel suo.

Per quanto la cosa lo avrebbe fregato.

Così continuò a cantare, ormai solo sua voce ad attraversare il paesaggio notturno.

"Sora nya wa o kaku-"

Solo la sua voce.

Abbassò la testa di scatto, notando che la piccola era perfettamente silenziosa e lo fissava con occhi pieni di meraviglia. 

"-tori no uta…?"

"Buaha!" Agitò le manine lei, totalmente dimenticata la tristezza e le lacrime.

Non sapeva bene come descrivere quel sentimento, ma vederla esplodere di gioia in quel modo, con una cosa così semplice…

Sentì una sensazione di calore esplodergli nel petto. Come un'overdose che lo rendeva esilarante.

Alzò quel corpicino ridacchiante in aria, non riuscendo a nascondere il sorriso che gli dipinse le labbra nel vederla ridere.

Bastava così poco. "Hai il cuore di una musicista, eh? Ti serviva soltanto una canzone?"

"Buah!"

"Uta… Uta, hm?"

Se lo era ripromesso.

Eppure in quel momento sentiva un forte egoismo, la certezza che solo quel nome potesse davvero rappresentarla. Come se non vi fosse alcun'altra scelta possibile al mondo e nessuno potesse dire il contrario.

Quello era il suo nome. Doveva esserlo.
E solo lui poteva assicurarsene.

"Immagino che non avranno più da lamentarsi, giusto Uta?" Le dedicò un ghigno stanco ma sincero.

Maledetto lui…

Alla fine il nome lo aveva dato e così lo aveva provato.
Si era affezionato.

Corse in direzione della sala da pranzo, per assurdo sentendosi più leggero di quanto lo fosse stato per giorni, nonostante il corpo esausto.

Fiondandosi nella stanza, li trovò ancora lì tutti come prima, che masticavano silenziosamente, come se stessero vivendo un lutto di cui jon potevano dar prova.

"Ragazzi! Ho scoperto come calmare Uta!"

Si girarono di scatto, chi completamente esterrefatto e chi più controllatamente curioso. Pensavano che il Boss sarebbe tornato a mani vuote…

"Uta…?"

"Ah, sì," ridacchiò Shanks, evitando di guardarli negli occhi e nascondendo il suo velo di imbarazzo "Pensavo le stesse bene come nome e poi…"

Stavolta alzò il capo, un sorriso sereno sul suo volto, di chi aveva finalmente trovato la pace con se stesso, almeno parzialmente "Non sarebbe pratico chiamarla tutta la vita "bambina" o "piccola", no? Se tutti noi abbiamo un nome anche lei ne merita uno."

Le sue parole furono una conferma più che sufficiente, il loro significato non era interpretabile. Uta avrebbe avuto una famiglia, molto disagiata.

Beckman non nascose il suo sorrisetto, nemmeno quando Shanks lo notò con la coda dell'occhio.
Che lo vedesse pure.

Sarebbe stata un'avventura, sotto ogni punto di vista. "Forza… andiamo a provare quanto sia perfetto davvero quel nome"

"Yooo-ho!" Esultarono i presenti, uscendo in massa verso il ponte, intrattenendosi con delle fragorose risate.

Quella notte si fece festa, cantando e ballando, fregandosene dei vicini in città.

Quella notte si dormì.

Quella notte, Shanks decise di vedere dove avrebbe tirato il vento.

 

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Nota d'autrice:
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Dato che il passato deve essere raccontato, ho iniziato dal principio.
Potreste trovare alcuni riferimenti a materiale canonico come le pagine extra di come sono nate le canzoni di Uta, che mostrano i pirati del Rosso che cercano di calmarla e imitano una donna che canta la sua ninna nanna (e qui la mia opinione personale su chi lei e il bambino potrebbero essere, ehe), o gli appunti di Oda in Uta's Chronicles, l'opuscolo che ha realizzato per la fase iniziale del film, che mostra che Uta è stata rapita da alcuni pirati della sua terra natale.

E sì, Shanks nella mia versione proverà sentimenti più conflittuali riguardo all'avere Uta sulla sua nave, affrontando il suo ruolo di genitore a volte nel modo giusto e sbagliato...

Parlando di più del futuro...
Il legame principale della fanfiction è quello tra Rufy e Uta. Sebbene saranno anche la ship principale, la mia visione sulla loro relazione è meno roba da innamorati e dimostrazioni d'amore più divertenti e platoniche.
Per essere più chiari, il loro appuntamento ideale? La scena degli spaghetti di Lilli e il vagabondo, ma ognuno tira la proprie estremità dello spaghetto perché ovviamente ne farebbero una gara, rifiutandosi di rinunciare al proprio pasto... e le polpette sono i loro personali proiettili da lanciarsi l'un l'altra.
Ma sì, anche se interpretabile come rapporto "romantico" non sarà la classica rappresentazione di romanticismo. 
   
 
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