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Autore: musa07    16/06/2023    2 recensioni
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"Non sa spiegarsi, Tobio, del perché Oikawa gli abbia chiesto di incontrarsi.
Certo, è capito a volte che quando Tooru è rientrato a vivere in Giappone alla fine della sua carriera di alzatore in Argentina, si fossero incontrati e lui si era trovato letteralmente trascinato da Shoyo a quelle reunion.
Ma ecco, appunto: trascinato da Shoyo, non che Oikawa gli chiedesse di vedersi loro due da soli.
È nervoso? Forse…
Più che altro perché non sa che cosa aspettarsi.
E il posto scelto da Tooru non lo aiuta di certo. Uno dei più eleganti bar del quartiere di Asakusa a Tokyo – Tokyo dove lui e Shoyo hanno deciso di trasferirsi quando anche loro due, dopo tanto peregrinare in giro per il mondo, a quasi quarant’anni hanno deciso di metter finalmente le tende[...]
- Tobio-chan rilassati, non sono qui per farti del male. Non avrei di certo scelto un luogo affollato. – ride, mentre si rilassa sulla poltroncina, perfettamente a suo agio.
- Ti starai chiedendo perché ho chiesto di vederci? – riprende a parlare, sussurrando, sporgendosi verso di lui.
- Hummm… - mormora Tobio.
- Sempre molto loquace. – ride nuovamente[...]"
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Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I miei pipponi introspettivi. A volte ritornano ahahah Dei quali nessuno sentiva la mancanza, Tooru in primis
 
Prompt: “Dormi tranquillo e stai lontano dai miei sbagli” 
 





Non sa spiegarsi, Tobio, del perché Oikawa gli abbia chiesto di incontrarsi.
Certo, è capito a volte che quando Tooru è rientrato a vivere in Giappone alla fine della sua carriera di alzatore in Argentina, si fossero incontrati e lui si era trovato letteralmente trascinato da Shoyo a quelle reunion.
Ma ecco, appunto: trascinato da Shoyo, non che Oikawa gli chiedesse di vedersi loro due da soli.
 
È nervoso? Forse…
Più che altro perché non sa che cosa aspettarsi.
E il posto scelto da Tooru non lo aiuta di certo. Uno dei più eleganti bar del quartiere di Asakusa a Tokyo – Tokyo dove lui e Shoyo hanno deciso di trasferirsi quando anche loro due, dopo tanto peregrinare in giro per il mondo, a quasi quarant’anni hanno deciso di metter finalmente le tende.
L’ascensore che lo sta portando al trentasettesimo piano procede lentamente per permettere agli avventori di godersi dalle vetrate il panorama della città che si prepara alla sera. E lui la vede rimpicciolirsi sotto di sé un po' alla volta, le luci che si iniziano a confondere tra di loro e rimane incantato, tanto da non accorgersi che alla fine l’ascensore ha fermato la sua corsa.
Se ne rende conto solo quando le porte si aprono davanti a lui e viene avvolto da luci altrettanto basse e calde, e una leggera musica jazz lo pervade dolcemente.
Un cameriere perfettamente impacchettato nel suo completo elegante lo conduce verso il tavolino dove Oikawa siede.
Lo vede seduto di schiena, mentre firma autografi (le sue gesta come pallavolista, non solo come alzatore, hanno attraversato gli oceani) e scambia due chiacchere.
Tooru è sempre stato così bravo ad aver a che fare con la gente. Affabile, ammaliante, stregante, diplomatico.
A differenza sua, che ha sempre fatto tanta, tanta! – fatica.
Gliele ha sempre invidiate, e ancora gliele invida, queste sue doti naturali. Tra le tante.
 
Emette un piccolo sospiro mentre si avvicina. È da un bel po' che non si vedono. Quanto tempo è passato? Mesi… Quasi un anno forse stavolta…
Sì perché se lui ormai ha piantato le tende, come sua natura voglia, Oikawa invece è ancora in giro per il mondo, inviato speciale di una rinomata rivista sportiva.
Si accorge di star trattenendo il respiro ora, Tobio, nel momento in cui, perdendosi ad osservare il volto di Tooru nel riflesso dello specchio di fronte al tavolo, i loro occhi si incrociano.
E quelli di Tooru si sgranano per un istante, sorpresi, per poi assottigliarsi e Tooru allora si gira verso di lui.
Kami, è sempre bellissimo, pensa Tobio. Ma come fa a sembrare sempre appena uscito da una rivista di moda? Sempre perfettamente a suo agio. Sempre così rilucente.
È proprio come il sole, pensa Tobio, e tutto ruota e orbita intorno a lui.
 
 
______
 
 
 
Tooru si volta, alzandosi e guardandolo avvicinarsi, osservandolo.
Kami, quel ragazzo – dovrebbe forse dire uomo ormai – ha fatto un patto con il Diavolo, non è possibile. Sembra ancora il ragazzo di vent’anni fa!
Lui le odia le piccole rughe di espressione che hanno iniziato a farsi spazio malefiche sul suo volto. Perché sono indice del fatto che il Tempo alla fine l’ha raggiunto e gli sta chiedendo il conto. E lui vorrebbe avere ancora Tempo.
Il tempo dell’adolescenza. Il tempo del pensare, arrogantemente e ingenuamente, che tutto si poteva se lo si voleva.
Il tempo del provare a fare tutto.
Il tempo delle scelte infinite. Dei percorsi infiniti.
Non si sentiva vecchio, ovviamente, ma aveva ormai preso piena consapevolezza, e parecchio in ritardo rispetto ai suoi coetanei, che i percorsi non erano più così tanto infiniti. Che bisognava ponderare bene le scelte.
A vent’anni parlava di “sogni”, ora di “obiettivi”.
 
- Hai un quadro in soffitta che invecchia al posto tuo, Tobio-chan? – gli chiede con il suo solito sorrisetto mordace, mentre gira la poltroncina in modo tale da potergli essere di fronte nel momento in cui Tobio prende posto, mentre accenna un piccolo sorrisetto cogliendo la citazione letteraria.
- No, è avere intorno Shoyo che mi mantiene giovane e in forze. Non potrei reggere in caso contrario alla sua energia. – replica e la risatina che esce dalla gola di Tooru è sincera e senza malizia alcuna.
- Vero. – ride, mentre fa cenno elegante ed educato ad uno dei camerieri di avvicinarsi a loro per l’ordinazione di Tobio, che si mette seduto dritto, quasi fosse sotto esame.
E in quel preciso istante Tobio capisce che, nonostante siano ormai passati tutti quegli anni, non riuscirà mai a sganciarsi dall’orbita di Oikawa.
 
- Tobio-chan rilassati, non sono qui per farti del male. Non avrei di certo scelto un luogo affollato. – ride, mentre si rilassa sulla poltroncina, perfettamente a suo agio.
- Ti starai chiedendo perché ho chiesto di vederci? – riprende a parlare, sussurrando, sporgendosi verso di lui.
- Hummm… - mormora Tobio.
- Sempre molto loquace. – ride nuovamente, inebriando le orecchie di Tobio, per poi farsi serio e lasciando vagare lo sguardo oltre la spalla di Kageyama per un istante.
- Volevo scusarmi. – gli rivela alla fine, piantando gli occhi su quelli blu di Tobio, che viene indubbiamente colto di sorpreso.
- Non hai niente di cui scusarti, Oikawa-san. – ma viene interrotto dall’altro che fa un gesto seccato con la mano, come a voler scacciare via qualcosa di fastidioso.
- Senti, apprezza almeno. – rimbrotta Tooru, lasciandosi cadere nuovamente sulla poltrona e quello sbuffo che fa, che lo fa sembrare ancora il ragazzo di quindici anni di quando Tobio l’ha conosciuto, fa scappare una piccola risata in Kageyama. Che tenta di soffocarla. Fallendo.
- Tobio-chan! – finge di rimproverarlo Tooru, che ha sgranato gli occhi sinceratamene divertito per quella risatina fresca e sincera. Nonché così rara da vedere e sentire in Tobio.
- Scusa scusa. –
- Ma tu guarda questo. – ma non c’è nessun tono di accusa e di fastidio nella voce di Tooru, anzi: è assolutamente divertito.
E per la prima volta, in tutti quegli anni che si conoscono, si scambiano un vero e proprio sguardo di complicità. La tensione che finalmente si scioglie.
- Oikawa-san, senti: io apprezzo, davvero, ma sarebbe terribilmente imbarazzante per tutti e due, orgogliosi come siamo. –
- E testardi. –
- Eh? –
- Testardi. – rimarca Tobio.
- Sì, indubbiamente. Due caterpillar. –
- Indubbiamente, sì. – sospira Tooru, portandosi il bicchiere alle labbra e lanciando nuovamente uno sguardo verso la vetrata oltre alle spalle di Tobio.
- Quindi – richiama l’attenzione Tobio – mi ha chiesto di vederci solo per questo? –
- Solo?! – ribatte incredulo Tooru – Ti sembra poco, Tobio-chan? –
- Ahhh, scusa scusa. – Tobio diventa paonazzo – Mi sa che ho sbagliato le parole. –
- Come sempre, Tobio-chan! – replica, ancora interdetto. Ha ragione Tobio quando ha detto che per due orgogliosi come loro sarebbe stato imbarazzante un momento del genere, ma è lo sguardo di complicità che si lanciano nuovamente che smorza di nuovo la tensione.
- Grazie, comunque… - sussurra alla fine Tobio. E non ha ancora perso l’abitudine di corrucciare le labbra in quel modo a dir poco adorabile quando è imbarazzato. Gesto che suscita un moto di tenerezza da parte di Tooru, che sorride dolcemente e lo osserva in silenzio. Lo vede così rilassato, così sereno…
 
- Non ti pesa aver smesso di giocare? – gli chiede a bruciapelo.
- Hum? – Tobio riflette attentamente – Giocare a pallavolo è quello che ho fatto fin da quando ne ho memoria. A volte mi sono chiesto se non sapessi fare altro, ma senti quando è il momento di lasciar andare le cose. Anche quelle belle. –
E lo invidia, Tooru, tanto.
Sotto al tavolo, poggiate sul grembo, si tortura le mani tra di loro. Quelle dita che hanno fatto miracoli in campo.
- E a te? – è Tobio ora che gli fa la stessa identica domanda – Ti pesa aver smesso di giocare? –
- Oh, sì. E parecchio anche. È bruttissimo quando fisico e voglia di continuare la pensano in modo diverso. – ride, ma è indubbiamente una risata amara, poi continua a parlare.
- Ed è difficile farlo capire agli altri. A volte penso che non è che non vogliano capire, ma molto semplicemente non possono. E in questi casi, a te non resta che ascoltare te stesso. E me stesso mi fa parecchia paura. – ride di nuovo. È sempre stata una delle sue armi di difesa preferite.
- Hai… - Tobio cerca le parole giuste ora – affrontate tante cose. Tante sfide importanti. So che sei in grado di reinventarti. –
E sanno entrambi che Tobio sta parlando di sfide della vita, non solo di quelle sportive.
- Oh, sì: questo è vero. Ma sai, Tobio, ho imparato che quando hai attraversato una tempesta non è vero che ne esci più forte. Ne esci, ma irrimediabilmente ammaccato. Con una nuova cicatrice in più. – e qui, istintivamente, si tocca il ginocchio destro.
- Perché quando si dice che un brutto momento è finito, è passato, non è mai veramente finito del tutto, perché le cicatrici che quel momento ha disegnato nel nostro animo, rimangono dentro di noi. Indelebili. –
 
Perché la verità è che Tooru ha deciso di mollare la pallavolo quando era ancora forte, per non diventare l’ombra di quello che era stato se avesse continuato. Ma mollare la pallavolo, ritornare a casa, aveva voluto dire dover far i conti con se stesso. E, come aveva detto a Tobio, ascoltar se stesso gli faceva paura. Tanta.
Per assurdo era stato più facile a diciott’anni mollare tutto e andare a ricominciare in Argentina. Ma a diciott’anni appunto. Con l’incoscienza dei diciotto anni. Con l’incoscienza del “volere è potere”. Con la forza dei propri sogni.
Ora, a quarant’anni, fare il percorso inverso voleva dire fare i conti. Quei conti che la Vita ti presenta. Dei tuoi errori. Dei tuoi silenzi. Delle parole non dette. Dei tuoi sbagli.
 
Ma Tobio, di fronte a lui, gli sta impedendo di pensare.
Soprattutto nel momento in cui riceve una telefonata, anzi: una videochiamata da Shoyo che vuole salutare Tooru. E i mille decibel che sono la voce di Shoyo, il sole che quel ragazzo si porta sempre dentro, si propagano come un’onda d’urto anche nell’animo di Oikawa.
 
Alla fine l’ora si fa tarda, Tobio si scusa, deve proprio andare.
È già in piedi quando lo ringrazia, e ancora una volta gli dice che non avrebbe dovuto, che non era necessario.
Fa un passo per andarsene, poi ci ripensa. Si ferma. Si volta nuovamente. E Tooru lo fissa sorpreso, interrogativo.
- Per me sei sempre stato un esempio. Un obiettivo al qual tendere. Ti ho sempre ammirato un sacco. – gli confessa Tobio, con quella lapidarietà che sempre gli è appartenuta.
E Oikawa sgrana gli occhi. Incredulo. Per poi riprendere il suo solito aplomb.
- Dormi tranquillo, Tobio-chan. – asserisce Tooru, con il suo solito splendido sorriso, alzando il bicchiere in segno di brindisi alla figura dell’altro riflessa nello specchio di fronte a loro.
Sorriso che si spegne a poco a poco nel momento in cui Tobio si gira e se ne sta andando, dandogli le spalle, ed è allora – nel momento in cui porta il bicchiere alle labbra – che Tooru completa la sua frase.
 
 
- …e stai lontano dai miei sbagli… -

 
   
 
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