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Autore: Rameo_Laufeyson8    16/06/2023    0 recensioni
Sin da bambina Eden cerca di sopravvivere in una realtà crudele e apocalittica. Era appena tredicenne allo scoppio dell'epidemia di cordyceps, e dopo dieci anni dai primi contagi vaga ancora per i resti delle insidiose città fantasma alla ricerca di viveri, spinta dall'istinto disperato di sopravvivere nonostante gli orrori nascosti in ogni angolo. Seppur Eden sia una viandante disperata non è un eremita. Da cinque lunghi anni Pietro è la sua ombra, pronto a sacrificare la sua stessa vita per proteggerla. I due sono in simbiosi, indissolubilmente innamorati per promesse che vanno ben oltre l'immaginario umano. Ma è quando si separano tragicamente che i loro destini vengono alterati con tremenda crudeltà. E a salvare la vita di Eden sarà Joel Miller.
Ma questa non è una storia d'amore, oh no; questo racconto è scritto col sangue della vendetta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ellie, Joel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Joel mi aveva mentito riguardo i Nirvana. In verità non aveva smentito il fatto di non saper suonare nessuna delle canzoni del gruppo rock, ma di non essere quel tipo di musicista. Lui non si definisce affatto così, ma per me lo è eccome. Senza pensarci due volte, quando Ellie gli ha porto la chitarra lui l'ha accordata ed ha iniziato a suonare "lithium" dei Nirvana. Io ho squittito, lasciandomi scappare un insulto affettuoso per la bugia che mi aveva detto. Ellie non conosceva quella canzone, ma la cosa non mi ha di certo stupita. Joel, invece, l'ha cantata perfettamente. Il suo tono di voce è profondo, scandisce così bene le parole e nonostante interpreti il brano con una lenta cadenza molto personale riesce ad andare perfettamente a tempo. Verso la fine della sua esibizione, proprio tra le frasi "I love you, I'm not gonna crack" e "I killed you, I'm not gonna crack" invece della musicalità dolce della chitarra mi risuonavano in testa gli accordi originali della chitarra elettrica e l'intensità della batteria. Non ascoltavo questa canzone da dieci anni almeno, mia mamma adorava quell'album. La mia preferita era "smells like teen spirit" naturalmente, ma soltanto perché la trasmettevano più spesso alla radio. Ho pregato Joel di suonarmela, lui di tutta risposta mi ha detto di non essere così impaziente.

Questo infatti è successo nove giorni fa. Da quel pomeriggio lui ed Ellie sono venuti a trovarmi abitualmente. Per me è tutto molto difficile. Il dolore sembra darmi una breve tregua, come se finalmente stessi iniziando a guarire, ma la notte mi sveglio urlando, perseguitata da vecchi e nuovi incubi. Alle mie visioni di terrore e morte si è aggiunto anche Pietro, e quando scatto seduta nel letto per via di questi terrori notturni trascorro il resto delle ore insonne per il dolore alla gamba che si inacutisce. Non mi hanno tolto la morfina per lasciarmi da sola in agonia, anzi qui sono tutti molto gentili e disponibili. Mi danno dell'ibuprofene, più facile da reperire per tutti ma inefficace per i miei tremendi dolori.

Mando giù due o tre pastiglie in una volta anche se il dottore mi ha sconsigliato di fare una cosa tanto stupida, eppure non riesco a trovare pace. Vorrei qualcosa per riuscire a dormire senza sognare, delle gocce o altre pillole magari, qualcosa che mi impedisca di strapparmi i punti quando sobbalzo urlante per l'immagine di Pietro fatto a brandelli da infetti immaginari.

Joel qualche volta ha portato con se la chitarra, in genere lo ha fatto se il giorno prima mi ha trovata particolarmente provata. Per tirarmi su di morale mi ha suonato "come as you are" e "losing my religion", perché ha finito il suo repertorio sui Nirvana. Quest'ultima canzone la conoscevo appena, mi ha scaldato il cuore ascoltarla mentre prendeva vita nelle parole di Joel, ma non vuole ancora darmi sazio riguardo a "smells like teen spirit". Non suonarmi quella maledetta canzone lo diverte molto, io ho smesso di pregarlo ma la mia espressione offesa fa ridere di cuore sia lui che Ellie. E un po' anche me.

Oggi non è una buona giornata, in effetti se riguardo quelle passate non mi pare che ce ne sia stata effettivamente almeno una che possa definirsi tale. Dovrebbero togliermi i punti la prossima settimana, e solo al pensiero devo sdraiarmi per via un capogiro. Ho mandato giù senza nemmeno bere già due compresse di ibuprofene in poco meno di mezzora. Non riesco ad aspettare l'intervallo suggeritami dal medico, anche perché so che queste futili medicine non faranno nulla contro il dolore.

E' insopportabile, sono talmente avvilita. Per quanto tempo ancora andrà avanti così? Non sono ancora stata in grado di camminare, per il momento tutti concordano che sia meglio aspettare che l'osso sia guarito del tutto. E dopo? Come camminerò?

L'ipotesi di essere rimasta zoppa a vita per me è inconcepibile.

Joel bussa alla mia porta, quest'oggi Ellie non c'è. Mi dice che è con Cat a disegnare degli uccelli azzurri che hanno nidificato su di un certo albero a ridosso della recinsione. Ellie è molto brava nel disegno, me ne ha fatto vedere qualcuno dei suoi e mi sono congratulata sinceramente. Avrei voluto tanto frequentare un liceo d'arte, ma la pandemia non me ne ha dato l'opportunità...

Già, oggi è un giorno grigio. L'amarezza traspare dalle mie occhiaie. Sono certa che Joel si presenterà con la sua chitarra domani, magari è la volta buona in cui mi delizierà con la mia canzone tanto richiesta.

-Cosa hai mangiato oggi?- mi domanda, sperando di alleviare la mia sofferenza con i soliti discorsi di compagnia.

Io non gli sto rivolgendo la benché minima attenzione. Quando persiste il silenzio mi risollevo dalle mie fitte di dolore e capisco che Joel sta aspettando, in difficoltà, che gli risponda.

-Hai detto qualcosa?- mormoro. Mi manca la voce, il dolore è insostenibile.

-No, non preoccuparti.- Joel taglia corto. Vacilla, è evidente.

La schiena mi duole per via di tutto questo tempo trascorso da sdraiata. E' tremendo quando si susseguono tutti questi diversi dolori uno dopo l'altro. Vorrei sollevarmi piano e allontanare la schiena al materasso, giusto per avvertire leggerezza e frescura. La colonna è rigida, la gamba in preda a spasmi muscolari. Approfitto della presenza di Joel, altrimenti avrei dovuto disturbare qualcun altro che si trova nei paraggi. Mi sento in confidenza con lui, e quindi gli chiedo, stanca: -Potresti darmi una mano per favore?-

Joel si alza dallo sgabello; -Di cosa hai bisogno?-

-Aiutami a mettermi un po' a sedere, la schiena mi sta dando il tormento.- il mio è un mero sfogo, la stanchezza parla per me. Dormo sempre meno, il riposo a letto mi sta portando al deperimento, inferma su questo letto per un dolore impossibile da placare.

-Come?- mi domanda Joel un po' incerto. E' buffo, quando mi ha trovata quasi morta nella casetta abbandonata non ha dato ascolto alle mie preghiere disperate, mi ha comunque caricata di peso e messa a cavallo. Quelle urla dovrà pur ricordarsele. Eppure adesso sembra timoroso, come se avesse paura di toccarmi e farmi soffrire.

Tendo le braccia verso di lui e gli faccio gesto di avvicinarsi. Sollevo la testa dal cuscino e per un momento mi sento mancare. Chiudo gli occhi ed evito di svenire, incitando Joel; -Da sotto le braccia, sollevami piano io faccio leva su di te.-

-D'accordo.- brontola infilando le mani sotto le mie ascelle. Sento gravare sulla sua presa tutto il mio peso, sono molto magra ma comunque sembro un macigno in balìa della forza di gravità. Vorrei non abbandonarmi a Joel ma questa posizione mi fa formicolare la spina dorsale per il sollievo.

Il respiro di Joel è contro la mia guancia, ma io quasi non lo percepisco tanto questa breve pausa dalla mia tortura mi sta estasiando. Sorrido ad occhi chiusi, mi sembra quasi di sognare. Fletto i gomiti e accarezzo leggermente le spalle di Joel per prepararmi a tenermi su di lui, quando un suo piccolo movimento mi tira a sedere ed io gli conficco ferocemente le unghie nella schiena. Urlo di colpo, disperata.

Mi ha mossa con uno scatto sì morbido, ma troppo svelto. Questo mi ha trascinato la gamba ferita irradiandomi di dolore dalla punta dei piedi al bacino.

Joel sobbalza dallo spavento, ed io continuo a gridare e singhiozzare sul suo petto. Mordo il colletto della sua camicia verde scuro così da soffocare tra i denti ed il tessuto il mio urlo.

Non vorrei comportarmi così, odio sembrare disperata ma sono ore, ma che dico, giorni che dentro di me concentro tutte le mie poche energie per non arrivare a questo. Non è stata colpa di Joel, sarebbe bastato anche solo uno starnuto per ridurmi così. Ma lui è mortificato, terribilmente.

Mi rimette sul materasso come se stesse maneggiando una bambina, e mi guarda precipitosamente, quasi potesse far qualcosa per far smettere il mio dolore.

Mordendomi il labbro inferiore per calmare questa crisi si apre un taglio e del sangue riga il mio mento.

Joel mi poggia una mano calda sulla fronte; -Perdonami, non volevo.-

Provo a dirgli che non è colpa sua, che è il mio fottuto corpo a farmi tutto questo. Ma, ancora, la mia voce non trova un suono.

Joel esce dalla stanza, letteralmente scappa via. So che questo è troppo da sopportare persino per uno come lui. Avrà già i suoi problemi, questo povero uomo. Qui tutti noi siamo tormentati dal nostro passato, anche lui ha la faccia di qualcuno che non riesce a dormire otto ore consecutive senza terrori notturni. E per tale motivo non lo biasimo se ha preferito fuggire dallo spettacolo pietoso di me stessa agonizzante. Ma mi sento comunque, inesorabilmente, abbandonata.

   
 
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