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Autore: Nao Yoshikawa    19/06/2023    3 recensioni
Jeankasa con lieve Ereri, Eruri e AruAni
E, anche se non riusciva ancora a guardarlo negli occhi, riusciva quanto meno a pronunciare quel ti amo. Jean non avrebbe potuto accusarla di mentire, perché senza dubbio Mikasa lo amava e senza dubbio lei non sarebbe mai stata con qualcuno senza provare niente di reale. Ma c’era sempre un ma. Un fantasma, un ricordo che aleggiava sulle loro teste. La foto di Eren stava incorniciata e poggiata vicino all’ingresso. E considerato che lui e Mikasa erano cresciuti insieme come fratelli, non ci sarebbe stato niente di strano. Se solo Mikasa non lo avesse amato così tanto per gran parte della sua vita.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'altro uomo


Jean Kirschtein avrebbe volentieri lanciato un pugno contro la parete di fronte a sé. Ma non lo avrebbe fatto: non era un violento, non era un ragazzino. Piuttosto tratteneva la rabbia e quest’ultima era così potente da farlo tremare. Allo stesso tempo, però, finiva con lo sciogliersi quando i suoi occhi incontravano quelli di Mikasa.
«Jean, non fare così» sospirò stancamente.
Non fare così. Jean doveva essere sempre quello comprensivo, quello paziente. Doti che non rientravano nella sua natura, ma ci stava provando davvero. Ci stava provando a essere quel tipo di uomo che Mikasa avrebbe potuto amare completamente.
«E come dovrei fare, dimmi?» domandò lui, altrettanto stanco.
Mikasa teneva le gambe accavallate, seduta sulla sua poltrona. Portava delle calze di nylon e sulle calze era presente un piccolissimo buco. Jean conosceva a memoria oramai il profumo che lei usava, floreale e un po’ aranciato. Riconosceva il modo in cui sbatteva le ciglia lunghe, come le labbra serrate in modo netto fossero in contrapposizione con gli occhi, pieni di sgomento. E fuori il caos della città andava, ma lui – loro – non sentivano niente, chiusi in un mondo dove nessuno sarebbe potuto entrare.
«Tu lo sai che io ti amo» sussurrò Mikasa, a bassa voce. Non era da lei esprimere i suoi sentimenti in modo così diretto, ma con Jean stava imparando a fare tante cose. E, anche se non riusciva ancora a guardarlo negli occhi, riusciva quanto meno a pronunciare quel ti amo. Jean non avrebbe potuto accusarla di mentire, perché senza dubbio Mikasa lo amava e senza dubbio lei non sarebbe mai stata con qualcuno senza provare niente di reale. Ma c’era sempre un ma. Un fantasma, un ricordo che aleggiava sulle loro teste. La foto di Eren stava incorniciata e poggiata vicino all’ingresso. E considerato che lui e Mikasa erano cresciuti insieme come fratelli, non ci sarebbe stato niente di strano. Se solo Mikasa non lo avesse amato così tanto per gran parte della sua vita.
«Certo che lo so. Ma amavi lui di più, forse lo ami ancora.»
L’impeto di ira di Jean si era calmato in fretta, lasciandolo sfinito e più malinconico che altro. Eren Jeager era stato un suo collega, un giovane poliziotto dalle idee molto chiare, rimasto ucciso in una sparatoria che aveva lasciato le cicatrici anche sullo stesso Jean. Se il proiettile avesse colpito appena un po’ più in là, dove c’era il suo cuore, non sarebbe sopravvissuto. E invece il destino crudele aveva portato via l’amore di Mikasa. Jean era colui che era rimasto, che si era avvicinato a Mikasa pian piano, con discrezione. Che forse l’aveva conquistata, ma non completamente. Se c’era una cosa che aveva capito di quella ragazza, era il suo modo totale di aprire il suo cuore quando amava a qualcuno. Allo stesso modo, richiudeva quel cuore quando rimaneva ferita. E Jean si sentiva un po’ in mezzo, né fuori né dentro.
Mikasa si avvicinò, prese il suo viso tra le mani. Jean per un secondo credette che volesse baciarlo, ma non lo fece.
«Non puoi dubitare dei miei sentimenti. E per quanto riguarda Eren… tu lo sai, lo sai quanto è stato difficile per me. Quanto è difficile tutt’ora.»
Mikasa era convinta di stare facendo tutto il possibile. Era andata avanti, ma non poteva cancellare il ricordo di Eren. Poteva dimenticarsi di averlo amato. Senza mai essere ricambiata. Perché, anche se Eren non gliel’aveva mai detto, non avrebbe mai potuto guardarla come lei desiderava.
«Ed è per questo quindi che hai rifiutato la mia proposta di matrimonio?» domandò Jean.
Non credeva di aver corso troppo. Erano passati tre anni da quando si erano messi insieme, quasi cinque da quando Eren era morto. Erano adulti, avevano una carriera, perché non compiere quel passo importante? O forse Mikasa aveva sempre sperato, un giorno, di poter sposare Eren?
Le labbra della ragazza tremarono.
«Non ho rifiutato.»
«Non mi hai risposto, è sufficiente. Cosa c’è? Non ti basto? Io non sono Eren, io sono solo io.»
Nervoso, Jean tirò fuori un pacchetto di sigarette. Era un vizio che stava cercando di togliersi, ma in quei momenti risultava difficile. Mikasa socchiuse gli occhi mentre lo osservava infilarsi la sigaretta tra le labbra.
«Tu e lui siete due persone diverse, questo non ha niente a che vedere con… il mio silenzio. È solo che non me lo aspettavo, mi hai colto alla sprovvista e…»
«Allora, se ci hai pensato, ora saresti in grado di darmi una risposta certa?» domandò Jean. Aveva gli occhi lucidi, ma non avrebbe pianto. Non lui, non voleva umiliarsi più di così. Mikasa fece per dire qualcosa. Avrebbe voluto dirgli che si sentiva in colpa, perché non voleva farlo soffrire. Che forse era una donna spezzata, una donna a metà – come spesso si definiva – perché non riusciva a rispondere alla sua proposta per paura. Aveva già conosciuto una volta il dolore di perdere tutto, non voleva riviverlo. Ma ora Jean la guardava con due occhi carichi di speranza, aspettativa, amore. E lei era lì, un nodo alla gola. E rimase in silenzio. Jean si tolse la sigaretta dalle labbra, prese la sua giacca e si avvicinò alla porta.
«Sai cosa? Non importa quanto io mi impegni. Eren oramai non c’è più e rimarrà comunque imbattibile, comunque il migliore, qualsiasi cosa io faccia. E sapere di essere impotente mi fa incazzare.»
E poi se ne andò sbattendo la porta.
Non andare. Io ti amo, ma ho paura.
 
 
«Aspetta. Tu e Jean non vi siete lasciati, vero? VERO? Perché in caso fosse così, potrei pensarci io!»
Quel pomeriggio, Mikasa aveva appuntamento con le sue due migliori amiche Annie e Sasha. Si erano viste al Café de Paris, il loro locale preferito in cui chiacchierare, consigliarsi e, nel frattempo, mangiare dolci e bere caffè. Mikasa era più che altro amante del tè, ma quella volta non aveva nemmeno toccato la tazza.
«Io… non lo so. Non lo sento da ieri.»
«Beh, non posso biasimarlo, anche io mi sarei arrabbiata» disse Annie poggiando una mano sul tavolo. Mikasa osservò la fede che portava all’anulare sinistro.
«Questo ovviamente non vuol dire che sia colpa tua, eh!» puntualizzò Sasha, la bocca piena di torta al cioccolato. Mikasa poggiò un gomito sul tavolo e il viso su una mano. Non voleva far soffrire Jean, in realtà non voleva far soffrire nessuno dei due, ma la paura di qualcosa di ignoto la terrorizzava. Quando Eren se n’era andato, Mikasa aveva imparato a vivere senza avere certezze a cui aggrapparsi. Poi era arrivato Jean, che si era fatto strada nel suo cuore e nella sua vita in modo discreto. Ma aveva ancora qualche riserva, quel muro da abbattere, che non le permetteva di vedere tutto con chiarezza.
«Ascolta, Mikasa. Tu ami Jean, giusto?» domandò Annie. «E vorresti sposarlo?»
Mikasa arrossì. Anche senza dirlo a parole, era evidente dai suoi occhi che brillavano quale sarebbe stata la risposta.
«Sono terrorizzata. Questo è infantile» ammise.
«Non lo è affatto. Nessuno ti biasimerà perché vuoi andare avanti, nemmeno tu dovresti farlo. Eren avrebbe voluto vederti felice. Certo, forse sarebbe stato sorpreso di vederti sposata proprio a Jean Kirstchein. Ma per il tuo bene lo avrebbe comunque accettato.»
E, in effetti, a Mikasa venne da sorridere nel ripensare a quanto quei due tendessero a litigare. Però erano anche stati grandi amici.
Non sarebbe stato per niente male, anzi. Avrebbe potuto sposare l’uomo che amava, vivere di cose ed esperienze semplici, che tutti vivevano. Ammesso che Jean avesse ancora voglia di parlare con lei, dopo la loro ultima discussione.
«Sì, lo penso anche io…» Mikasa bevve un sorso del suo tè, oramai freddo. Poi con la coda dell’occhio vide un ragazzo avvicinarsi. Riconobbe immediatamente la capigliatura bionda di Armin, i suoi occhioni e il suo sorriso.
«Ehi! Scusate il ritardo, ma ho avuto un sacco di lavoro da fare…»
Mikasa lo vide avvicinarsi ad Annie – sua moglie – e sfiorarle i capelli in un bacio e vide lei arrossire. Trovava sempre incredibile come il suo migliore amico, da ragazzo timido e impacciato, fosse ora un giovane avvocato sposato ad una donna come Annie. In cuor suo, doveva ammettere di invidiarlo: Armin era riuscito ad andare avanti, lei invece era sempre ferma nello stesso punto.
«Ma… Jean non c’è?» domandò Armin guardandosi intorno. Oh, Mikasa avrebbe tanto voluto non dirgli cosa stava accadendo, ma allo stesso tempo avvertiva il bisogno spasmodico di raccontargli tutto. Armin era l’unico che poteva capire cosa stava passando.
«Lui non c’è. Temo di averlo ferito.»
Armin sgranò gli occhi e allora Annie – che aveva capito che quei due avevano bisogno di parlare da soli – afferrò Sasha per un braccio.
«Mi accompagni al bagno?»
«Ma non puoi andarci da sola?» si lamentò lei, più interessata alla torta che altro.
«No, non posso» dichiarò decisa, trascinandola con sé.
Mikasa gliene fu segretamente grata. Armin tossì e si schiarì la voce, un po’ in imbarazzo.
«Amh… che succede?»
«Jean mi ha chiesto di sposarlo» disse Mikasa, con lo sguardo vitreo. Più lo diceva e più era reale, incredibile.
«Eh?! Davvero? Congratulazioni! O… oppure no?» si corresse subito Armin, accorgendosi subito dell’espressione dell’amica. «Gli hai detto di no?»
«Non gli ho dato nessuna risposta, il che è peggio. È complicato. Io amo Jean e voglio sposarlo. Ma sono anche terrorizzata. Un tempo ero convinta che avrei amato Eren per tutta la vita, ma poi è stato ucciso e ho… avuto la sensazione di perdere tutto. Anzi, mi ero convinta che sarei morta anche io. Invece no. Giorno dopo giorno sono sopravvissuta. E non so come, ma Jean mi ha fatto innamorare di lui.  Non so nemmeno com’è successo…»
Mikasa s’interruppe quando scorse gli occhi lucidi di Armin. A volte dimenticava che non solo lei aveva perso qualcosa di importante: Armin aveva perso il suo migliore amico e pensava a lui ogni giorno. Un tempo avevano sognato di rendere il mondo un posto migliore. Insieme – come avvocato e poliziotto – come due persone che avevano degli ideali e una morale salda. Adesso, invece, Armin avrebbe continuato a rendere il mondo un posto migliore da solo.
«Scusa. È che ti capisco. Noi tre siamo sempre stati insieme. Eren era come un fratello per me. Beh, è morto da eroe, adempiendo al suo dovere. Anche io come te ho avuto a lungo la sensazione di aver perso tutto, di non poter andare avanti. Però alla fine è successo comunque. Mi sono chiesto tante volte se fosse giusto essere felice se lui non c’era più. Poi mi sono detto che, se Eren mi avesse visto in quelle condizioni, mi avrebbe detto che la vita era una sola e che non c’era tempo per i rimpianti. Penso che una cosa del genere la direbbe anche a te.»
Armin aveva parlato con un tono di voce calmo, vagamente commosso. Era sempre stato il più sensibile e arguto dei tre, una persona che Mikasa stimava tanto. E lei, che invece cercava di mostrarsi forte, non riusciva ad affrontare le sue fragilità. E alla fine, le parole di Armin avevano commosso anche lei.
«Credi che sarebbe felice di vedermi sposare Jean?»
«Ah, beh. Quei due erano come cane e gatto, ma si stimavano anche molto, quindi penso proprio di sì. E poi, il fatto che tu voglia andare avanti, non cancellerà quello che hai provato per lui.»
Mikasa sospirò.
«Armin, sei davvero saggio. Ma dopotutto, sei sempre stato tu la mente del trio.»
Armin arrossì.
«Ah, non dire così. Io mi definisco più che altro un romantico. Per esempio, se io fossi Jean, che cosa mi diresti?»
Mikas fece una smorfia. Era imbarazzante, ma forse con Armin poteva provare.
«Che lo amo e che non ho mai pensato a lui come una seconda scelta o un sostituto. Che mi ha salvata, perché ero convinta che sarei rimasta sola tutta la vita a piangere il mio amore perduto. Che vorrei sposarlo, ma cosa ne sarebbe di me se perdessi anche lui?»
Aveva avuto ragione. Dirlo era stato facile. Armin sorrise.
«Bene, allora va da lui e diglielo.»
 
 
Va da lui e diglielo, le aveva suggerito Armin. Se solo fosse stato facile. Almeno era riuscito ad arrivare alla centrale di polizia dove Jean lavorava. Ma adesso stava tremando di paura e nella sua testa stava provando un discorso che di sicuro non sarebbe mai uscito bene come sperava. Dopo vari minuti a rimuginare, Mikasa entrò, stringendo la borsa di pelle. Tutti la conosceva lì dentro come la ragazza dell’agente Kirschtein e la salutavano sempre con gentilezza. Una volta dentro, si fermò di nuovo. Forse aveva osato troppo a venire lì dove lavorava? O avrebbe fatto meglio a chiamarlo, prima?
«Scusa, ti dispiace muoverti? Mi blocchi la strada.»
Mikasa trasalì. Conosceva bene quel tono di voce secco e sbrigativo: Levi Ackerman in persona. Era da un po’ che non lo vedeva, nonostante si conoscessero piuttosto bene. Era l’uomo con cui Eren aveva avuto una storia. Il motivo per cui invece non avrebbe mai potuto ricambiare lei. Un uomo più grande, un insegnante, una persona con un certo fascino che si era ritrovato coinvolto nella vita di Eren Jeager.
Il ragazzo che entrambi avevano amato così tanto. Mikasa ingoiò a vuoto. Nonostante tutto, non era mai riuscita a odiare Levi Ackerman.
«Ah, sì… scusa. Che ci fai qui?»
«Beh, mi sembra ovvio. Erwin ci lavora. E sono venuto a prenderlo visto che quell’imbranato ha rotto l’auto. Gliel’aveva detto di mettersi gli occhiali, dimenticandosi che ho sempre ragione.»
Mikasa guardò la mano di Levi – quella che non era infilata in tasca – e fece caso alla fede al suo dito. Aveva evitato di partecipare al matrimonio tra lui ed Erwin, qualche mese prima, ritenendo che sarebbe stato un po’ strano. Ora però il senso di estraneazione era passato, lasciando posto a qualcos’altro.
«Tu invece sei qui per Jean, non è vero?» domandò Levi.
«No… cioè sì… cioè… spero voglia vedermi, ecco.»
«Tsk, litigi tra innamorati. Brutta roba. Vuoi entrare nel suo ufficio e scoprire se vuole vederti o preferisci stare qui a rimuginare?» domandò Levi annoiato. Erano arrivati di fronte ad una porta. Mikasa lo guardò. Quella era la persona che aveva condivido una parte della sua vita – seppur breve – con Eren. Si erano amati molto, anche se Mikasa aveva sempre evitato di saperne troppo per paura di soffrire. Quella era la stessa persona che era riuscita ad andare avanti e che sembrava tutto sommato stare bene.
«Emh… senti. Posso chiederti una cosa?»
«Se proprio devi» disse scostante.
Mikasa sapeva di poter risultare inopportuna. Dopotutto, lei e Levi non avevano mai avuto chissà quale rapporto stretto e anche dopo la morte di Eren, avevano mantenuto una certa distanza.
«So che potrebbe sembrare strano, ma… quando hai capito che ti sei innamorato del comandante Erwin e quando avete deciso di sposarvi… hai mai avuto il dubbio di star facendo qualcosa di sbagliato? Di stare in qualche modo tradendo Eren?»
Levi inarcò un sopracciglio. Ecco, pensò Mikasa, adesso mi beccherò una rispostaccia e non avrebbe torto. Con sua sorpresa, invece, Levi sembrava estremamente calmo.
«No.»
«No?»
«No, neanche per un secondo. Eren ha fatto parte della mia vita. Era il più pazzo, testardo e… magnifico ragazzo che avessi conosciuto.»
Mikasa ebbe l’impressione che un leggerissimo sorriso avesse sfiorato le labbra di Levi.
«E quando è rimasto ucciso, ero sicuro che sarei stato male per sempre. Che ci avrei fatto l’abitudine. E invece c’è stato Erwin, il mio migliore amico. Eren non sarebbe abbastanza egoista per chiedermi di rimanere da solo a piangere per lui. E lo stesso vale per te. Alla fine noi due siamo uguali. Abbiamo amato la stessa persona, abbiamo patito lo stesso dolore… e infine abbiamo avuto la stessa occasione per essere di nuovo felici. Sempre che tu non voglia farti sfuggire la tua.»
 
 
«Ho rovinato tutto. Sono un perfetto idiota.»
Jean era caduto nella disperazione più totale e andava avanti da un’ora con quella tiritera. Il suo collega Connie aveva lanciato uno sguardo di disperazione al comandante Erwin, il quale stava cercando – come faceva sempre – di aiutarlo e consigliarlo.
«Non hai rovinato niente. Sei ancora in tempo ad andare da lei e chiarire.»
Jean sollevò il viso. Lo aveva tenuto poggiato sulla scrivania e adesso aveva il segno di qualcosa su una guancia. Connie fece una smorfia. Un agente di polizia che si lasciava andare così, pensò, che disonore. Ma il comandante Erwin la pensava diversamente, dal momento che lui e Jean avevano vissuto la medesima situazione.
«Ha detto che non vuole sposarmi. E io me ne sono andato perché… è da quando stiamo insieme che ho l’orribile sensazione di essere l’altro uomo, un rimpiazzo. E mi sa che avevo ragione. E lei, lei come ci è riuscito, comandante? Come ha fatto ad accettare l’idea di essere l’altro uomo
«Ehi, Jean!» sbottò Connie. «Ora non ti sembra di esagerare?»
Erwin però non aveva fiatato, impassibile. Vedeva in Jean un dolore e una preoccupazione che aveva vissuto sulla sua stessa pelle. Ma lui era lui, Jean era Jean. Era normale che affrontassero le cose in modo diverso.
«Non ho dovuto accettarlo. Mi è bastato semplicemente capire che non esisteva un altro. So che ti sembrerà una frase fatta, ma ognuno di noi è diverso. Eren era una persona e tu ed io siamo altre due persone. Il fatto che Levi lo abbia amato e abbia condiviso con lui qualcosa di importante, non vuol dire che ami meno me. Credo che lo stesso valga per Mikasa. Ha amato Eren e non lo dimenticherà, ma tu sei la sua possibilità di un nuovo inizio. Credo che abbia solo paura.»
Jean fece per dire qualcosa, ma le parole calme e piene di parole del comandante lo avevano lasciato senza forze. Si accorse in quel momento di essersi alzato in piedi nella foga e si lascio ricadere.
«Però, comandante. Lei è proprio saggio» commentò Connie, ammirato.
«Oh, non sono saggio. Ma se posso aiutare, lo faccio volentieri.»
Levi e Mikasa entrarono in quel momento. Mikasa aveva un’espressione un po’ imbronciata, non le andava molto a genio che proprio Levi Ackerman volesse darle una lezione. Però gli era anche grata.
«Però, certo che voi lavorate parecchio, eh?» domandò Levi annoiato. «Sono qui per riportarti a casa.»
«Oh, Levi» gli occhi di Erwin s’illuminarono.
«Mikasa!» esclamò Jean rialzandosi. Si era detto che avrebbe avuto contegno la prossima volta che l’avrebbe rivista, e invece si era fregato da solo. L’espressione di Mikasa si distese e le sue guance si colorarono di rosso.
«Jean, ciao. Possiamo parlare un momento?»
«A-arrivo, ahi!» Jean andò a sbattere contro la sedia girevole. Sempre peggio, ma era agitato. Non solo temeva di aver rovinato tutto, ma temeva anche che Mikasa avesse cambiato idea su di lui. Che lo trovasse infantile e insensibile. Condividevano, senza saperlo, gli stessi timori. Uscirono dalla centrale di polizia, le foglie secche scricchiolavano ad ogni passo e i colori dell’autunno erano caldi e rassicuranti. Mikasa e Jean si allontanarono un paio di metri e si sedettero poi su una panchina. Fu Jean il primo a parlare.
«Io… mi spiace per la mia scenata dell’altra volta.»
«Eh? Ma Jean, io non ho risposto alla tua proposta di matrimonio.»
«È vero, ma se non vuoi sposarmi non posso obbligarti. Non lo farei mai.»
Vederlo così addolorato, spezzò il cuore a Mikasa. Prese tutto il suo coraggio tra le mani, allora.
«Jean, io voglio sposarti. Quando te ne sei andato da casa mia, l’altro giorno, mi sono sentita persa. So… di non essere molto brava a esprimere i miei sentimenti a parole, ma giuro che ci sto provando. È vero, tu non sei Eren. E non voglio che tu lo sia. Ho amato molto lui, ma adesso amo te e in modo completamente diverso. Ti chiedo scusa per averti fatto soffrire.»
Jean alzò lentamente lo sguardo su di lei.
«E io ti chiedo scusa per non averti capita. In realtà non penso che riuscirò mai a capire del tutto cosa provi, però… vorrei almeno provare. Ti ho sempre amata, non voglio perdere tutto proprio ora. E, per quello che vale, tu non perderai me.»
Mikasa sapeva che i suoi occhi ora dovevano essere diventati lucidi. Cos’era, la sua, se non la paura che avevano tutti? Quella di perdere la persona amata.
Aveva perso Eren, era vero. Jean era lì, però. Era lì per lei.
«… Beh, di certo io non ti mollo. Sono molto decisa, in questo» rispose, cercando di darsi un contegno. Jean sorrise. E si inginocchiò davanti a lei.
«Forse la seconda volta sarà quella buona, Mikasa. Vuoi sposarmi?»
Le strinse la mano e Mikasa ricambiò.
Sì, pensò. È questo che merito, quello che chiunque si merita. Essere felice, dopo essere passati per la sofferenza più nera.
«Sì, Jean. Scusa se ci ho messo tanto.»
Si chinò, prese il suo viso tra le mani e lo baciò. Era sicura che in qualsiasi posto Eren si trovasse, stava sorridendo.
 
 
«Oh, Erwin. Non ti facevo uno che spia» sospirò Levi, seduto al volante.
«Mi dispiace, ma meritavo di sapere come sarebbe finita. Non che avessi dubbi, quei due mi ricordano noi due» affermò Erwin. Levi assottigliò lo sguardo.
«Tsk, io non vedo nessuna somiglianza. Però è vero. Sei, siamo stati bravi. Avevo paura anche io quando abbiamo deciso di sposarci.»
«Ma non avevi detto che non vedevi nessuna somiglianza?» lo provocò.
«E sta zitto. L’unica cosa che io e quella ragazza abbiamo in comune è il cognome e il fatto che abbiamo amato la stessa persona. E che abbiamo incontrato, in seguito, due uomini che sono stati capace di prendere il nostro cuore e guarirlo.»
Levi non lo stava guardando. Cercava di parlare con distacco, ma solo Erwin sarebbe stato capace di notare la sofferenza nella sua voce. Allungò una mano e strinse la sua.
«È stato un onore per me guarire il tuo cuore.»
Levi allora lo guardò. Ogni volta che lo guardava, aveva la certezza di aver fatto la scelta giusta a scegliere di essere felice. Per Mikasa sarebbe stato lo stesso.
 
 
NDA
 
Questa è una storia che, per motivi a me sconosciuti, non mi convince pienamente. Non che non mi piaccia, però non so. Comunque mi sembrava ingiusto non pubblicarla, visto l’impegno che ci ho messo. Poi volevo tanto scrivere una JeanKasa, ship a cui mi sono appassionata lo scorso anno. Certo, mi dispiace aver “scoppiato” la mia otp (ovvero l’Ereri), ma almeno Levi ha trovato la sua felicità in Erwin. E anche Mikasa l’ha ritrovata in Jean. Spero vi sia piaciuta (;
   
 
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