Challenge: “Spighe - challenge del weekend” - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
Prompt: “Per ciascuno di noi v’è un giorno, più o meno triste, più o meno lontano, in cui si deve infine accettare di essere uomo.” Anohuil di Melisanna
Genere: romantico, introspettivo
Tipo: flash-fic
Raccolta: Come spighe nel blu
Personaggi: Keiji Akaashi, Bokuto Kotaro
Coppia: yaoi
Rating: PG, verde
Avvertimenti: slice of life, fluff
PoV: terza persona
Spoiler: sì, post time skip
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Note questa storia si colloca tra “Futuro” e “Da papà a papà”
Decisioni importanti
Tutta la famiglia Bokuto era riunita a tavola per quel pranzo domenicale che tentavano di organizzare da mesi, ma visti gli impegni di tutti era stato davvero difficile.
La madre ed il padre di Bokuto erano completamente assorbiti dalla loro piccola e adorabile nipotina che aveva compiuto sei mesi da poco.
Keiji si era alzato per dare una mano a Kaori per portare le pietanze in tavola, ma la sorella maggiore di Bokuto era già tornata mentre Akaashi ancora no.
L’atleta incrociò lo sguardo della donna, la quale gli fece cenno con la testa verso la cucina e lui senza pensarci due volte raggiunse il compagno, trovandolo accucciato davanti al frigo che cercava, apparentemente, una bottiglia di vino adatta all’occasione.
“Amore… tutto bene?” domandò accoccolandosi al suo fianco, l’altro si riscosse all’improvviso dai propri pensieri, afferrò la bottiglia e chiuse il frigorifero.
“Sì…” disse, ma era più che evidente che così non fosse.
“Non dovevamo venire” mormorò Bokuto attirandolo a sé, impedendo a Keiji di lasciare la cucina.
“Che sciocchezza” mormorò posando il capo sulla sua spalla lasciandosi avvolgere da quelle braccia forti e calde che gli trasmettevano tanta sicurezza.
Quelle braccia che prendevano la nipote e la cullavano con una dolcezza infinita, quelle mani che gli accarezzavano la testolina bruna con una delicatezza immensa.
Più lo guardava e più se lo figurava nelle vesti di padre.
“Keiji” lo chiamò baciandogli i capelli sollevandogli poi il viso per guardarlo negli occhi.
“So che a te fa male venire qui…”
Akaashi sospirò facendosi indietro “Non possiamo nemmeno non partecipare, e a me fa piacere passare del tempo con i tuoi” asserì anche se la sua voce era incerta.
Sì, gli faceva male essere lì, perché il suo desiderio di avere un figlio si acuiva, e gli pungeva il cuore e la mente, gli toglieva il respiro e gli riempiva gli occhi di lacrime. Se glielo avesse chiesto Bokuto avrebbe fatto in modo di non dover più partecipare ai pranzi di famiglia, ma sarebbe stato ingiusto ed egoista; Kotaro amava la sua nipotina e la famiglia era tutto, per entrambi.
Un pomeriggio Akaashi si era trovato con suo padre a chiacchierare ed erano finiti su questo argomento: la famiglia. Il genitore gli aveva detto: “Per ciascuno di noi v’è un giorno, più o meno triste, più o meno lontano, in cui si deve infine accettare di essere uomo”
Keiji accettava di essere uomo e di amare un altro uomo, ma lo scotto da pagare era altissimo e lui non ce la faceva più ad essere schiacciato da quel peso enorme, che ogni giorno diventava sempre più pesante, anche se lo condivideva con Kotaro.
“La tua proposta è ancora valida” domandò Keiji, all’improvviso più risoluto che mai, guardando il compagno negli occhi, che impiegò solo un momento a rammentare a cosa si riferisse.
Stavano insieme da così tanto tempo, la loro intesa andava oltre le parole.
“Certo” affermò a colpo sicuro e sul suo volto si delineò un bellissimo sorriso.
“Adottiamo” sussurrò Akaashi, mentre sorrideva tra le lacrime.
“Adottiamo” confermò Bokuto baciandogli le labbra dolcemente a quella decisione importante. Erano due uomini adulti, si amavano da quindici anni, esattamente come il primo giorno e nulla sarebbe cambiato, ma era tempo di costruire una famiglia.