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Autore: Isa_b    06/07/2023    0 recensioni
La società del 1800.
Una borghesotta ribelle, boriosa e tronfia che nonostante la tenera età di 15 anni già si atteggia a nobildonna. Forse non tanto tenera, dato che alle sue frustrazioni si aggiunge il fatto di dovere, - di certo non volere -, prendere marito, o almeno fidanzato (per ora).
Una vecchia casa piena di stanze vuote e angoli oscuri.
No, non è la classica storia dove la solita ragazza maschiaccio si ribella alle assurde regole di famiglia e fugge insime a qualche controparte maschile, della quale poi finirà per innamorarsi perdutamente, tra mille avventure, guerre e chissà cos’altro. E non è nemmeno il tipo di storia dove due famiglie nobili spingono gli eredi in un matrimonio di convenienza che partendo da un odio reciproco immotivato li porterà poi ad imparare a sopportarsi a vicenda ed infine ad amararsi e altre cose belle.
No, tra queste pagine si cela qualcosa di oscuro. Qualcosa di talemente ripugnante e pericoloso che dovrei smettere subito di scrivere, e gettare questo dispositivo su cui conservo le mie bozze dalla finestra.
Qui si cela la verità sul Dimenticatoio, Regno delle Ombre. Su come accedervi, ed (eventualemente) fuggirne.
Leggete, se proprio dovete.
Ma non provateci a casa.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era una splendida giornata. Il vento soffiava leggero, le foglie oscillavano piano e il sole splendeva nel cielo australiano. Un cielo blu, quel bellissimo cielo blu sotto al quale Chloé era cresciuta e che aveva tanto amato. Così come aveva tanto amato le verdi e fiorite praterie tra le quali ora correva, felice, spensierata come non mai, senza alcuna preoccupazione al mondo. Aveva soli cinque anni, il suo vestito era un semplice pizzo bianco, e l’unico accessorio che era costretta a portarsi addietro erano i suoi splendidi occhi celesti,che riflettevano perfettamente il cielo sereno della sua terra natìa. Niente scarpine, corsetti, bustini, fiocchi o merletti ad appesantirla e rallentarla. Era libera, assolutamente libera di correre e saltare e ridere e giocare. 
E infatti lei correva e rideva tra i fiori, schizzando da una parte all’altra come una scheggia impazzita. Alla sua destra, i koala la osservavano pigri dai rami di eucalipto; dall’altro lato, i canguri saltavano veloci verso nord, quasi a sfidarla in una gara di corsa. 
Chloé certo non avrebbe rifiutato una sfida, quindi inziò a correre nella loro direzione, veloce, sempre più veloce. Ma più si avvicinava più il rumore dei loro salti diventava forte, fortissimo, assordante. Fino a che non si avvicinò tanto da iniziare a sentire la terra tremare sotto ai prorpi piedi al ritmo del loro furioso saltare…


…la carrozza fece un altro balzo, e il sogno finì. 
Chloé tornò quindi ai suoi 15 anni, al corsetto che le attorcigliava le budella, alle scarpe che le stringevano i piedi e alle gonne che la intalciavano nei movimenti.

Il cielo da blu che era diventò grigio e cupo, e le nuvole tornarono ad addensarsi in neri ammassi di fumo. Il rumore dei passi sull’erba venne sostituito dallo scalpitare dei cavalli sull’asfalto bagnato, e le risa di bambina furono presto coperte dallo scroscio della pioggia. 


Ah, Londra. La madrepatria dell’umidità.


Signorina? Psst, si svegli! Prima che la signora la veda!

Chloé si alzò di scatto, sorpresa dalla mano gentile posata sulla sua spalla. Solo una persona avrebbe potuto permettersi quel genere di confidenza … e infatti eccola lì, Marie, la sua balia, seduta di fianco a lei. Ritta come un fuso, il suo sguardo sfrecciava tra lei e sua madre, “la signora”. 

Sì, sì, ci sono…” mormorò infastidita, cercando di aggrapparsi a quei pochi rimasugli di sogno che sentiva pian piano scivolare via dalla sua mente, lontano… lontano almeno quanto lo era la sua Australia, quella vera, - che continuava, e avrebbe continuato, ad allontanarsi, passo dopo passo.

Finalmente sveglia, si divincolò dalla presa della balia, guardando di traverso la madre. Appoggiata contro la parete della vettura, leggeva placidamente il suo libro, apparentemente sorda e cieca alla loro presenza.

Manca poco all’arrivo, permetta che le sistemi i capelli.

E così Chloé si lasciò pettinare dalla dolce balia, per quanto il luogo e il momento non fossero i più adatti. In fondo protestare non sarebbe servito a nulla: quando Marie si metteva in testa una cosa, non c’era verso di farle cambiare idea.
E mentre le dita intrecciavano i lunghi capelli biondi, il suo pensiero scivolò nuovamente altrove, tra le campagne australiane, sotto il sole fulgido e cocente….

Signorina?!

Eh?! Cosa?” - sobbalzò Chloé, lasciandosi ancora cogliere di sorpresa.

Siamo arrivati!”

Questa volta Chloé non si degnò nemmeno di rispondere, semplicemente prese e scese dalla carrozza. E non lo avesse mai fatto… un calesse arrivò di corsa dall’altra parte della strada, e se non fu investita fu solo grazie a una mano che la strattonò via all’ultimo secondo. 

Attenta a dove cammini… non vorrai rovinare il vestito nuovo.” - sussurrò la madre di Chloé, rapida nel sorpassarla, talmente rapida da non degnarla nemmeno di uno sguardo. Talmente rapida che Chloe quasi non la sentì. Quasi…

“Il… vestito?” - borbottò tra sè, scossa. “Il vestito.”

Ma di che mi sorpendo?…” sospirò alla fine, correndole dietro. E assicurandosi di inzuppare sè stessa, - e il vestito -, quanto più possibile nel processo.






Forse correre sotto la pioggia non è stata una buona idea.

Qualche sera più tardi, Chloé  si ritrovava costretta a letto, rossa in viso, scossa dai brividi.
Solo che era sola. Cosa avrebbe dovuto fare? 
La balia non era lì con lei, e non esisteva che si alzasse per andare a cercarla. In condizioni normali si sarebbe sgolata per chiamarla, ma adesso non aveva neanche la voce per farlo.
Suo padre non ci era ancora nemmeno arrivato, a Londra. Era ancora in Australia, a concludere solo Dio sapeva quali affari.
E sua madre… l’aveva vista uscire poche ore prima. Aveva accennato a un ballo, o forse a un ricevimento, a cui non avrebbe potuto assolutamente mancare… e di certo non sarebbe tornata prima dell’alba.
Non aveva nemmeno fratelli a cui far riferimento, e non si sarebbe mai sognata di rivolegere la parola a qualcuno della servitù.

Quindi le rimaneva soltanto una soluzione: combattere da sola contro i suoi demoni. Come sempre.

E così la notte passò, lenta e agitata.


Successivamente Chloé avrebbe ricordato solo parte degli eventi di quella notte di febbre.

Come quando, forse verso la mezzanotte, si ritrovò ad ansimare, sudata, nel disperato desiderio di un bicchiere d’acqua. Acqua che non arrivò, per quanto potesse sforzarsi di bisbigliare il nome della balia, agonizzante.

Come quando, nonostante i vari strati di coperte e la temperatura corporea a quaranta, inziò a sentirsi come morente di asfissia.
La sua pelle era umida di caldo sudore, eppure gelida, e i suoi denti battevano producendo un rumore assordante, che sembrava protrarsi all’infinito nell’oscurità della camera.

E come, in un momento quasi sereno, quando finalmente si stava abbandonando alle braccia del sonno… un raggio di luna filtrò dalla finestra, illuminando la stanza, solo per un attimo. E tuttavia quell’attimo fu sufficiente perchè Chloe notasse qualcosa, nella sua ombra… sì, c’era decisamente qualcosa che non andava.
Ma poi l’attimo finì, la luce si ritrasse, e con lei anche l’ombra, che tornò da dov’era venuta.

E Chloé ebbe pace.
   
 
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