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Autore: Nao Yoshikawa    14/07/2023    2 recensioni
Questa storia partecipa all'iniziativa "First Kiss" del gruppo facebook "L'angolo di Madama Rosmerta".
IchiIshi post Guerra dei Mille Anni.
Quando la sera di quello stesso primo giorno Kurosaki venne a bussare alla porta del suo dormitorio, Uryu fu ancora più stupito.
«Ehi» lo salutò Ichigo, l’espressione annoiata e le mani infilate nelle tasche.
«Kurosaki, come facevi a sapere che risiedo qui?»
«Ho semplicemente chiesto. Ho incontrato il tuo compagno mentre salivo le scale. Sembra un tipo tranquillo. Allora, mi fai entrare o rimaniamo a parlare qui in corridoio?»
Uryu assottigliò lo sguardo. La sua intenzione in realtà era quella di mettersi a studiare, ma in fondo non gli dispiaceva chiacchierare con Kurosaki, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Ichigò entrò e spalancò gli occhi davanti la pila di libri poggiati sulla scrivania.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ishida Uryuu, Kurosaki Ichigo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è soltanto la loro ombra
Che trema nel buio
Suscitando la rabbia dei passanti

 
 
Quello era il momento di avere una vita normale. O quasi tale. Ma Uryu Ishida, lo sapeva, era sulla buona strada. Si era lasciato alle spalle una guerra di sangue in cui si era quasi perso, in cui aveva quasi perso tutto e tutto ciò che ora voleva era guardare avanti e pensare al futuro che avrebbe potuto costruire. Per fortuna, era uno con le idee chiare. Ad esempio, sapeva che non avrebbe mai perso i contatti con i suoi amici più stretti – Inoue, Chad e Kurosaki tra tutti. Quello che però non aveva previsto, era ritrovarsi Kurosaki nella sua stessa università. E lo aveva incontrato per caso la mattina del suo primo giorno, quando lui gli era quasi caduto addosso. A Uryu era sfuggito un libro di mano e aveva trattenuto a stento tra le labbra un’inelegante imprecazione. Poi però aveva squadrato un attimo il ragazzo alto e con i capelli arancioni davanti a lui.
«Kurosaki, anche tu qui?» aveva domandato confuso. Ichigo non aveva mai fatto parola dei suoi progetti futuri, non aveva mai accennato all’idea di voler continuare a studiare. In effetti, Uryu era sorpreso.
«Già, è stata una decisione dell’ultimo minuto. E non guardarmi così, ti avrei informato, se solo ci fossimo visti!»
Dopo il diploma, Uryu si era concentrato esclusivamente sul suo ingresso all’Università di Kyoto e aveva avuto ben poco tempo da dedicare ad altro, nonostante le continue richieste di Inoue di uscire tutti insieme. Si era scusato molte volte, dicendo che – dopo essersi sistemato – avrebbe ripreso un ritmo normale. Ma che Ichigo Kurosaki quasi lo accusasse, era il colmo.
Uryu raccolse il libro da terra. Doveva ammettere però di sentirsi sollevato. Kurosaki era una faccia amica in una città che non conosceva.
«Capisco. Ammetto di essere sorpreso. Non pensavo avessi interesse per…»
«Voglio diventare medico, quindi devo necessariamente studiare sodo» sospirò Ichigo. «Ah, che idiota, sono in ritardo! Beh, ci vediamo in giro, Ishida.»
Ichigo era corso via tutto trafelato. Tipico di lui essere in ritardo, tipico di lui non porgli nemmeno una domanda dopo mesi. Uryu si sistemò gli occhiali sul naso: lui e Ichigo erano stati compagni al liceo e adesso si erano ritrovati. Ma sperava che non dovessero passare i successivi anni a scongiurare minacce varie… magari solo ogni tanto e qualcosa di non troppo pericoloso, quello gli sarebbe andato bene. Ora, però, era lui quello in ritardo e doveva sbrigarsi se non voleva perdere la prima lezione del primo giorno, del primo anno.
 
Uryu e Ichigo scoprirono in seguito di essere in due dormitori diversi, in due piani diversi. Sarebbe stato il colmo se si fossero ritrovati anche a condividere uno spazio così ristretto. Per Uryu non era stato un problema il trasferimento in un’altra città (cosa che aveva già paventato molto tempo prima), ma abituato a vivere da solo, non era stato troppo felice di condividere la sua stanza. Per fortuna, il suo compagno era un tipo timido e silenzioso, anche se molto goffo, e non uno di quei casinisti festaioli che avrebbero rischiato di distrarlo. Se voleva sperare di diventare un bravo pediatra, doveva lavorare sodo sin da subito e ne aveva tutte le intenzioni. Ma le intenzioni erano una cosa, la realtà dei fatti un’altra.
Quando la sera di quello stesso primo giorno Kurosaki venne a bussare alla porta del suo dormitorio, Uryu fu ancora più stupito.
«Ehi» lo salutò Ichigo, l’espressione annoiata e le mani infilate nelle tasche.
«Kurosaki, come facevi a sapere che risiedo qui?»
«Ho semplicemente chiesto. Ho incontrato il tuo compagno mentre salivo le scale. Sembra un tipo tranquillo. Allora, mi fai entrare o rimaniamo a parlare qui in corridoio?»
Uryu assottigliò lo sguardo. La sua intenzione in realtà era quella di mettersi a studiare, ma in fondo non gli dispiaceva chiacchierare con Kurosaki, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Ichigò entrò e spalancò gli occhi davanti la pila di libri poggiati sulla scrivania.
«Che razza di secchione, non dirmi che stavi già studiano. È solo il primo giorno!»
«E allora? La facoltà di Medicina è complicata, meglio cominciare subito. Piuttosto, mi chiedo come tu abbia fatto a superare il test di ingresso» sbottò Uryu. Ichigo sorrise, malizioso.
«Perché sono molto intelligente e perché, come spesso mi accade, ho avuto un grande colpo di fortuna. Certo che è un po’ strano. Alla fine, dopo tutto quello che ci è accaduto, sembriamo destinati a passare la vita insieme.»
«Kurosaki, la cosa che hai detto è assurda e sentimentale. Abbiamo solo obiettivi simili dal punto di vista lavorativo» Uryu gli diede le spalle e parve all’improvviso interessato al caos sul suo letto. Doveva ancora finire di disfare le valigie. «Avevo in mente di contattare Inoue e Chad, magari domani. Stanno bene?»
«Che io sappia, Inoue ha iniziato un corso di pasticceria, mentre invece Chad partirà il mese prossimo, pare voglia viaggiare in giro per il mondo. Ho sentito anche Rukia e Renji di recente, le cose lì alla Soul Society vanno alla grande, si sta riprendendo in fretta. Anche questo è un po’ strano. Fino a un anno fa facevamo parte di due fazioni diverse, sembrava che uno dovesse uccidere per forza l’altro e adesso invece siamo qui insieme e…»
«Oh, hai per caso nostalgia? Non ti ho mai sentito chiacchierare così tanto!»
Uryu si voltò a guardarlo e si accorse che Ichigo stava arrossendo. Forse aveva colpito un suo punto debole.
«Non sono affatto nostalgico, dico solo che è strano» sbottò, imbronciato.
«Lo so che è strano. Ma le cose, per fortuna, cambiano e si evolvono. Dobbiamo essere grati che tutto sia tranquillo e stabile, vuol dire che non c’è niente che non vada. Comunque» Uryu fece spallucce. «In caso ci fosse bisogno, lo sai che combatterai sempre al tuo fianco.»
Uryu si rese conto troppo tardi di aver pronunciato quelle parole. Ichigo sorrise.
«Adesso chi è il sentimentale?»
«Kurosaki, va fuori.»
Ichigo se ne andò ridendo sotto i baffi. Uryu si era imbronciato, ma non era davvero infastidito. Si sentiva addirittura rassicurato, il che era fastidioso, ma sapeva di non poterci fare nulla. Ah, ma l’aveva giurato sull’onore dei Quincy, non si sarebbe più lasciato andare a certi sentimentalismi.
 
Esattamente come aveva paventato, la vita all’Università di Kyoto si rivelò essere frenetica. C’erano tante lezioni da seguire, tanto da studiare e ricordare e non osava pensare come sarebbe stato più avanti, quando avrebbe iniziato i tirocini. Comunque Uryu si rivelò essere sin da subito brillante e studioso e sarebbe potuto diventare presto uno dei migliori del suo corso. Al contrario, Ichigo stava nella media, ma non gli interessava brillare in modo particolare. Faceva il suo e tanto bastava. Frequentando la stessa facoltà e gli stessi corsi, era inevitabile che si vedessero ogni giorno, ed era un po’ come tornare al passato. Solo che ora non erano più due liceali, ma due universitari con un vissuto complicato alle spalle e che stavano cercando di costruirsi un futuro normale, per quanto fosse possibile. Anche se rimanevano uno Shinigami e un Quincy, potevano ambire anche ad una vita fatta di cose semplici. Inoltre, stavano riscoprendo tutti quegli attimi banali che non sempre avevano potuto avere durante l’adolescenza.
Qualche settimana dopo l’inizio delle lezioni, ad esempio, fu organizzata una festa universitaria, ma Uryu si rifiutò di andare perché non amava la baldoria, né l’alcol, né le perdite di tempo. Forse sarebbe stato uno dei pochi a non andare. Ma poco male, si era detto. Ichigo era stato della sua stessa idea, così era andato nel suo dormitorio. Per cercare di studiare insieme, si era detto. Ma alla fine, stava studiando solo Uryu.
«Pediatra, eh?» domandò Ichigo disteso sul suo letto. «Non pensavo ti piacessero i bambini. Però in fondo non è così strano, anche se lo nascondi hai un cuore tenero.»
«Ti dispiace alzarti dal mio letto? E poi, non volevi studiare?»
«Sì, ma è tardi, la mia concentrazione si abbassa notevolmente a quest’ora. Tutti gli altri staranno bevendo, ballando e… facendo cose molto strane.»
«Bene, se vuoi andare, puoi farlo» disse Uryu senza sollevare il viso dai suoi appunti.
«In realtà pensavo a qualcosa di più tranquillo. Nel caso volessi seguirmi, va bene. Altrimenti poi stare qui a studiare tutto solo.»
Uryu sospirò, richiudendo il quaderno. Oramai conosceva abbastanza bene Kurosaki da sapere che, se non lo avesse ascoltato, non lo avrebbe lasciato in pace.
«E va bene, d’accordo. Non mi farà male un po’ d’aria.»
 
L’aria era fresca, molto più di quanto Uryu pensasse. Forse avrebbe dovuto portarsi una sciarpa, ma non aveva intenzione di tornare indietro per prenderla. In lontananza, lui e Ichigo potevano sentire la musica della festa, grida e schiamazzi.
«Kurosaki, ma si può sapere dove vuoi andare?» domandò Uryu, cercando di stargli dietro.
«Tu seguimi e non lamentarti.»
«Ma non possiamo uscire a quest’ora!» gli ricordò.
«Ma va, non voglio certo uscire di qui. Ti sei mai disteso sull’erba a guardare il cielo?»
Uryu inarcò un sopracciglio. I giardini della loro facoltà erano splendidi e curati, ci si poteva sedere sotto gli alberi per ripararsi dal sole. Ma il giorno erano sempre occupati da centinaia di studenti. Ora invece erano deserti.
«Non lo so se è una buona idea» ammise Uryu, all’improvviso si sentiva nervoso.
«E va bene, mi distendo solo io» affermò Ichigo, poi si voltò a guardarlo. «Ma tu stai tremando dal freddo.»
Uryu arrossì. Aveva cercato di darsi un contegno, ma evidentemente doveva essergli apparso troppo infreddolito.
«Non è niente.»
Ichigo alzò gli occhi al cielo, si tolse la sciarpa e la mise attorno al suo collo.
«M-ma che pensi di fare?»
«Quanto parli. Venire qui è stata una mia idea, se ti raffreddassi poi mi odieresti a vita.»
Uryu si sentì all’improvviso accaldato. Non doveva sorprendersi, Kurosaki era fatto così, si preoccupava sempre per tutti. Che si preoccupasse per lui, però, non sapeva perché ma gli faceva avvertire una sensazione di calore sul petto. Alla fine si arrese e si sedette accanto a lui, nonostante l’erba umida. Ora però non sentiva più freddo. Sembravano proprio due amanti scappati per nascondersi dal momento. Cacciò via subito il pensiero, rendendosi conto di quanto poco opportuno fosse. E poi guardò il suo profilo, la sua espressione tranquilla e rilassata come non lo vedeva da tempo.
«Kurosaki, questo sembra quasi un appuntamento romantico.»
Quella di Uryu voleva essere una battuta, per questo rimase turbato quando Ichigo si volse a guardarlo serio, concentrato.
«Non faccio altro che pensare a quello che mi hai detto un po’ di tempo fa. Strano che uno come me sia riuscito ad entrare in un’università prestigiosa come quella di Kyoto.»
«Ah. Non mi dirai che ti sei offeso?»
«Affatto. Avevi ragione. Per ovvi motivi, il mio rendimento scolastico è sempre stato altalenante, ma all’ultimo anno… ho cercato di impegnarmi per entrare qui. Perché beh…» ora Ichigo lo stava guardando negli occhi, rosso in viso e imbronciato. «Questo è così imbarazzante. L’ho fatto perché… non dico che sia l’unico motivo, eh, affatto! Ma il fatto che tu fossi qui, mi ha portato a dire potrei provare anche io, perché non dovrei riuscirci? Mi sono ammazzato di studio ed eccomi qua. Ora però non montarti la testa, non è che tu mi sia stato di ispirazione o cosa e…»
Parlava e straparlava, senza rendersi conto che ora era Uryu ad essere arrossito. Ma di cosa si metteva a parlare ora Kurosaki? E perché il suo cuore aveva fatto come un balzo all’indietro? Lo conosceva da anni, eppure – per la prima volta – lo vedeva sotto una luce diversa. E provò uno strano istinto di cui subito si vergognò: si chiese che sapore avessero le sue labbra.
«Beh, potresti almeno dire qualcosa dopo questa mia uscita imbarazzante!» borbottò Ichigo, temendo di aver esagerato. Uryu si sistemò gli occhiali sul naso.
«B-beh, cosa dire? Alla fine noi siamo questo. Amici, ma anche rivali, che si spronano a vicenda e ogni tanto si sfidano e si mettono alla prova.»
«Non solo.»
«Che cosa?»
«Intendo che è molto più di questo. Cavolo, Uryu. Sto cercando di dare un senso a quello che sento, anche se un senso non c’è!»
Ichigo si voltò verso di lui e si ritrovò vicinissimo al suo viso. Uryu era cresciuto com’era cresciuto anche lui, era più simile ad un uomo che ad un ragazzino. E lui quel viso lo voleva ancora più vicino al suo, voleva sentire meglio il suo odore. Era sorprendente provare questo genere di cose per un uomo. Ma soprattutto, lo era provarle verso Uryu Ishida, il Quincy più orgoglioso che avesse mai conosciuto, il suo eterno amico-rivale.
E soprattutto, Uryu si rese conto, lo aveva chiamato per nome per la prima volta.
«… Kurosaki, hai bevuto? O forse hai assunto qualche droga?» domandò con un sussurro.
«Io lo spero tanto, Uryu. È meglio se mi tiri addosso una di quelle tue frecce, perché a breve non risponderò delle mie azioni.»
Uryu socchiuse gli occhi mentre la mano di Ichigo si poggiava sulla sua guancia. Cosa stava per accadere? E perché stava accadendo, come ci erano arrivati? Un bacio? Ma no. Loro erano Ichigo Kurosaki e Uryu Ishida. Rispettivamente uno Shinigami e un Quincy. Avevano combattuto a fianco e anche l’uno contro l’altro. Quel risvolto era del tutto inaspettato e cosa avrebbe comportato?
Quando Uryu capì che Ichigo volesse effettivamente baciarlo, Uryu si scostò. Lui doveva continuare ad essere razionale o tutto sarebbe stato perduto.
«Kurosaki» lo chiamò. Ichigo avvertì il suo tono imbarazzato e tolse la mano deal suo viso.
«Merda, che figura misera. Mi sa che hai ragione quando dici che sono troppo sentimentale. Scusa, Ishida. Non so cosa mia sia presa.»
Era tornato il tono di sempre e lui era di nuovi Ishida e non Uryu. Ichigo aveva appena provato a baciarlo e lui lo aveva rifiutato. In questo modo o nell’altro, le cose sarebbero cambiate e lui aveva forse scelto l’opzione peggiore.
«Io adesso devo andare. Fa troppo freddo» mentì Uryu. Stava bruciando e nella fretta portò con sé la sciarpa di Ichigo. La sciarpa che aveva il suo odore. Oh, maledizione. Il suo cuore batteva così forte e bruciava all’idea di averlo rifiutato. Bruciava perché, se fosse stato appena meno razionale, avrebbe ricambiato e si sarebbe buttato tra le sue braccia. Lui, Uryu Ishida, un Quincy, si era innamorato di uno Shinigami. E non di uno qualsiasi, ma proprio di Ichigo Kurosaki.
 
 
Uryu cercò di riflettere, nei giorni successivi, su quando e come fosse potuto succedere. Forse durante la guerra contro Ywatch e gli Sternitter, quando aveva tradito i suoi amici e Ichigo aveva fatto di tutto per afferrarlo e riportarlo dalla loro parte? O forse prima? Non riusciva a trovare una risposta, ma che importanza poteva avere? Ma Ichigo, lui da quando aveva iniziato a provare certi sentimenti? Avrebbe voluto parlargli, chiedere, ma aveva paura di incontrarlo di nuovo. Nei giorni successivi, lo sguardo di Ichigo non incrociava mai quello di Uryu. Lo Shinigami infatti faceva finta di non vederlo e – per quanto sembrasse paradossale – la cosa infastidì Uryu. Avrebbe voluto che Ichigo gli desse il tormento, che venisse a trovarlo al suo dormitorio per studiare, voleva che lo prendesse in giro, che tornasse quello di sempre. Voleva che facesse tutto questo perché lui non aveva il coraggio di muoversi e questo lo faceva così incavolare. Non aveva nemmeno il coraggio di chiedere consiglio ad uno dei suoi amici – a Chad o Inoue – sarebbe stato troppo imbarazzante. E più i giorni passavano, più la distanza tra loro cresceva. E più Uryu diventava inquieto. Soprattutto perché aveva l’impressione che Ichigo si fosse lasciato presto alle spalle quello che era successo. Doveva avere davvero bevuto o essere sotto effetto di una qualche droga, perché da lontano Uryu lo vedeva tranquillo, lo vedeva parlare con tutti e andare avanti. Non come lui, che si struggeva ed era nervoso ed era senza risposte alle sue domande. E non poteva sperare di andare avanti così a lungo. La sua occasione giunse una sera. Uryu aveva pensato a lungo se ridargli la sciarpa che lui gli aveva prestato. Alla fine aveva deciso di farlo, poiché oramai conosceva a memoria il suo odore, il che era abbastanza imbarazzante. Andò a cercarlo nel suo dormitorio e si accorse con sorpresa che non c’era. Era buio e fuori pioveva, dove poteva mai essere quello stupido?
All’improvviso, un tuono lo fece sussultare. E poi lo avvertì.
L’unico idiota tanto idiota da potersene stare sotto la pioggia impalato poteva essere solo uno. Ichigo sembrava completamente assorto, rilassato.
«Kurosaki!» gridò, raggiungendolo. Maledizione a lui, non aveva nemmeno un ombrello. «Kurosaki! Maledettissimo idiota, che cosa ci fai qui con questa pioggia?»
«Eh? Ma che vuoi? Chi ti credi di essere, mio padre forse?» sbottò Ichigo.
«Che cosa voglio? Per tua informazione, io ero solo venuto per ridarti questa.»
Uryu si avvicinò a grandi falcate e gli restituì la sciarpa. Ichigo la guardò e poi guardò lui.
«Potevi tenerla.»
«E che me ne faccio?»
«Bene. Sei venuto qui solo per dirmi questo?»
«Sì. Anzi, no. No, non ci penso proprio. Come ti viene in mente di fare una cosa come quella dell’altra sera e poi ignorarmi come se niente fosse? Un bacio è una cosa seria!»
Uryu si era ritrovato ad urlare per sovrastare lo scrosciare insistente della pioggia. Ichigo abbassò lo sguardo.
«Sono stato avventato e non ho pensato che la cosa potesse metterti a disagio. Mi dispiace. A quanto pare, gli uomini della mia famiglia sono attratti inevitabilmente dai Quincy.»
Sentirglielo dire era tutta un’altra faccenda. Uryu deglutì.
«Com’è successo? Perché?»
«Che vuoi che ne sappia io? Comunque va bene così, mi rendo conto che sarebbe troppo strano. Però ti prego. Non guardarmi così. Non starmi così vicino, io… non posso farmi ancora più male.»
Ogni parola di Ichigo era una pugnalata al suo orgoglio. Ma era anche un sollievo per il suo cuore. Entrambi provavano le stesse cose: sgomento, eccitazione, paura. Uryu si rese conto solo in quel momento di essere bagnato fradicio. Ma sì, di sicuro è colpa della pioggia, deve avermi annacquato il cervello.
«E chi ha mai detto che devi farti male? Sei uno stupido, Kurosaki. Guarda cosa mi costringi a fare, ma la colpa è anche mia. Sono troppo orgoglioso e non voglio fare la figura del codardo davanti a te.»
Si tolse gli occhiali, oramai inutili. Poi afferrò un lembo della sua maglietta fradicia e lo attirò a sé. Lo baciò, si baciarono entrambi e fu come immergersi nelle fiamme più calde. Ichigo lo strinse a sé e con disperazione trasformò subito il bacio da dolce a passionale e irruento. E Uryu fece altrettanto, non volendo essere da meno, mentre lo stringeva – forse lo graffiava anche.
Che cosa banale, siamo quasi un cliché, pensò Uryu. Un tempo nemici, poi amici e adesso… adesso, qualsiasi cosa sia, mi piace.
Uryu strinse i suoi capelli e si staccò appena.
«Sei un maledetto. Era il mio primo bacio e ora è tuo. E ti apparterrà sempre.»
«Ne sono felice. Perché era anche il mio primo bacio. Doveva essere tuo. Uryu, hai freddo?»
Anche in momenti del genere, Ichigo si preoccupava per lui. Forse questo era uno degli innumerevoli motivi per cui lo amava.
Sorrise.
«No.»
E poi lo baciò di nuovo, sotto la pioggia incessante.
L’inizio di una vita quasi normale. O quasi tale.
 
 
La loro rabbia il loro disprezzo i loro risolini
la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Loro sono altrove ben più lontano della notte
Ben più in alto del sole
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
 
(Jacques Prévert)


 
   
 
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