Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |      
Autore: g21    25/07/2023    1 recensioni
Quella mattina aveva deciso di non aprire la libreria, decidendo di farsi un giro tra gli scaffali. Osservava i suoi amati libri con la malinconia negli occhi, torturandosi le mani per tenere a bada l’agitazione. Ringraziò di essere solo, mentre diceva addio a tutti quei compagni. Un tempo non avrebbe creduto che potesse arrivare quel momento anche per lui, ma gli ultimi eventi lo avevano cambiato.
Seimila anni di totale e incrollabile fiducia, anche quando sembrava che Lei stesse sbagliando tutto. Anni in cui la sua fede non aveva mai vacillato, il piano ineffabile una delle poche certezze a cui si aggrappava anche nei momenti più bui. Anche durante i giorni prima dell’Apocalisse mancata, mentre sembrava che tutto volesse essere contro di lui, l’amore per Dio non lo aveva abbandonato.
-
In attesa della imminente seconda stagione ho deciso di far luce su una teoria ormai screditata e poco sostenuta. Perché le teorie angst mi piacciono parecchio
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Michele, Uriel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La caduta di Aziraphale
 


 
The shapes that you drew may change beneath a different light
And everything you thought you knew
Will fall apart
 
 
 


 
Erano giorni che Aziraphale sentiva, come dicevano gli umani, un peso sullo stomaco. Sapeva perfettamente a cosa fosse dovuto, ma non aveva ancora avuto il coraggio di dirlo ad alta voce. Era consapevole del fatto che non avrebbe potuto nasconderlo ancora a lungo. E, assolutamente, doveva dirlo a qualcuno prima che potesse succedere quello che temeva.

Quella mattina aveva deciso di non aprire la libreria, decidendo di farsi un giro tra gli scaffali. Osservava i suoi amati libri con la malinconia negli occhi, torturandosi le mani per tenere a bada l’agitazione. Ringraziò di essere solo, mentre diceva addio a tutti quei compagni. Un tempo non avrebbe creduto che potesse arrivare quel momento anche per lui, ma gli ultimi eventi lo avevano cambiato.

Seimila anni di totale e incrollabile fiducia, anche quando sembrava che Lei stesse sbagliando tutto. Anni in cui la sua fede non aveva mai vacillato, il piano ineffabile una delle poche certezze a cui si aggrappava anche nei momenti più bui. Anche durante i giorni prima dell’Apocalisse mancata, mentre sembrava che tutto volesse essere contro di lui, l’amore per Dio non lo aveva abbandonato.

Eppure, adesso sembrava aver smesso di credere. No, sentiva di aver smesso di porre fiducia in Colei che l’aveva creato. In confronto all’Apocalisse era stato uno scherzo, ma era bastato a far crollare tutta la sua fede in pocho tempo. E gli veniva anche un po’ da ridere se ripensava a chi era riuscito a fargli venire le prime incertezze. L’essere per il quale aveva sempre provato disprezzo lo aveva cambiato così tanto.

Per i primi momenti aveva pensato a uno stupido scherzo, atto a testare la sua pazienza. Aveva scartato quell’opzione quasi subito, gli angeli non erano tipi da divertirsi così. Preferivano andare dritti al punto, non avevano tempo da perdere. Quando aveva capito che Gabriel stava effettivamente cadendo aveva iniziato a sentire un distacco. Non tanto per l’essere in sé, non aveva mai sopportato il suo superiore.

Sapere che la caduta di un arcangelo, dell’arcangelo più vicino a Lei, faceva parte di quel piano ineffabile lo aveva portato a farsi domande. Certo, il primo caduto era stato Lucifero, l’angelo preferito di Dio e quindi di una certa importanza. Aziraphale aveva solamente sperato che quel periodo fosse finito. D’altra parte, era passato ormai tanto tempo dalla ribellione.

Nonostante questo, stava per succedere, se lo sentiva fin troppo bene. Lei non dava avvertimenti e non poteva sapere quando sarebbe accaduto, ma l’istinto gli suggeriva che mancava poco. Ironico, un essere immortale che non aveva più tempo. E subito si trovò a pensare che Crowley avrebbe trovato divertente quella situazione.

Crowley.

Non aveva ancora avuto il coraggio di dirgli niente, ogni volta era stato bloccato dalla paura. Non temeva la caduta, adesso si era rassegnato all’idea. No, il timore di Aziraphale riguardava la reazione che avrebbe avuto il demone. Era terrorizzato oltre ogni limite, non sapeva come avrebbe reagito. O meglio, era consapevole del fatto che l’avrebbe presa male, ma non sapeva quanto.

Avevano passato davvero tanto tempo insieme e superato insieme tutti i brutti momenti. Si conoscevano talmente bene da essere riusciti ad ingannare i rispettivi capi, prendendo il posto l’uno dell’altro. Un rapporto costruito nel tempo, cresciuto mentre cresceva l’umanità stessa. L’essere di due fazioni opposte non aveva impedito di formare quel legame unico e solo loro.

L’angelo però sapeva che non era solo quello.

Ormai ottant’anni prima aveva scoperto che c’era qualcosa di più della semplice amicizia. Si era accorto di amare Crowley. All’inizio non voleva crederci, incolpava un semplice momento di debolezza. Presto, però, si era dovuto ricredere. Provava per il demone un amore di quelli più profondi, un sentimento che non si poteva spiegare con le parole. Curiosamente il termine che più si addiceva era: ineffabile.

Quando aveva capito che anche per il demone era la stessa cosa la sua mente aveva deciso di andare in blackout per qualche minuto. Non che non ci credesse, ma sapere che quel sentimento era nato addirittura sulle mura dell’Eden lo aveva a dir poco scioccato. Ed era stato così cieco da non accorgersi di niente. In millenni passati insieme nemmeno una volta gli era sorto il dubbio.

Il rumore della porta che si apriva destò Aziraphale dai suoi pensieri, causandogli un leggero sussulto all’idea di avere un ospite. Lanciò uno sguardo all’ingresso, ancora nascosto dagli scaffali, e il suo cuore umano accelerò di colpo. Crowley era appena entrato e si stava guardando intorno come se stesse cercando qualcosa, o qualcuno. E l’angelo sapeva benissimo che stava cercando lui.

“Ehi, angelo? Perché oggi tieni chiuso?” chiese il demone, la voce abbastanza alta per farsi sentire in tutto il locale.

“Crowley, non ti aspettavo oggi” provò a cambiare discorso Aziraphale, uscendo da dietro uno scaffale.

“Passavo da queste parti e ho pensato di farmi vedere” spiegò Crowley in tono ovvio.

“Sei stato gentile a passare” ammise l’angelo, cercando di non far tremare la voce.

“Comunque non mi hai ancora risposto” provò il demone.

“A che domanda dovrei risponderti esattamente?” chiese Aziraphale fingendo innocenza.

“Perché oggi non hai aperto” rispose Crowley, leggermente spazientito.

“Oh, sto mettendo un po’ di ordine. C-credo ce ne sia bisogno” spiegò l’angelo non riuscire a fermare il tremore nella voce.

Rivolse un sorriso a metà al demone e sparì nuovamente tra gli scaffali. Non poteva farcela, era sicuro che non sarebbe riuscito a nascondere quello che sarebbe successo. E sapeva che avrebbe dovuto dirlo, ma non sapeva come affrontare la cosa. Ogni minuto che passava era sempre più vicino a cadere, lo sentiva, ma il terrore della reazione dell’altro lo bloccava.

Le dita sfioravano le coste dei libri, compagni con cui aveva vissuto mille e più avventure. Aveva pianto con le storie più struggenti, aveva trattenuto il fiato e avuto paura. Aveva fatto il possibile per conservarli al meglio e poteva ritenersi soddisfatto. Si accorse di avere gli occhi lucidi, ma non ci fece caso. Le lacrime sarebbero scese comunque, che fosse per un motivo o per l’altro.

Non sentiva più Crowley, ma sapeva che era ancora lì con lui. Percepiva chiaramente la sua presenza e sentiva che stava cercando di capire cosa stesse succedendo. Si lasciò sfuggire una lacrima, troppo pesante per essere trattenuta, sapendo quello che aveva passato e che avrebbe passato in futuro. Non voleva lasciarlo, era proprio l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.

Ci aveva messo millenni per accettare quel sentimento e quel legame tanto forte. E non poteva credere che ora, quando finalmente le cose stavano andando bene, si sarebbero dovuti separare in quel modo. E la cosa che più gli dava fastidio era che non sarebbe caduto per lui. Aveva temuto di cadere per la sua colpa di amare un demone, ma non era successo. Anche se sapeva che lo avrebbe accettato, non avrebbe mai rinunciato a Crowley per niente al mondo.

“Cosa succede?” la domanda del demone fece saltare Aziraphale, facendolo tornare alla realtà.

“C-Crowley, mi hai spaventato. Sto controllando che tutto sia al proprio posto” rispose l’angelo, portandosi una mano al cuore e accennando un sorriso.

“Aziraphale” lo chiamò Crowley indurendo il tono.

“Mi spieghi cosa sta succedendo?” chiese poi, più gentilmente.

“Non ci riesco. So che devo dirtelo, ma non so come” rispose Aziraphale guardando in terra.

Superò il demone e si diresse verso l’ingresso, le mani che si muovevano per conto loro a causa dell’agitazione. Raggiunta la porta lanciò un’occhiata in strada e afferrò un gancio, pronto a tirare giù la tendina che stava sulla porta. Una mano, che prese la sua, lo bloccò sul posto. Avrebbe riconosciuto quel tocco tra miliardi e, per questo, riuscì a calmarsi leggermente.

Si voltò lentamente, le dita ancora nella presa salda di Crowley, temendo quello che avrebbe visto. Non riuscì, tuttavia, a trattenere un sorriso quando scorse il viso dell’altro. Non c’era traccia di rabbia che potesse rovinare i lineamenti perfetti del demone. Al contrario le sue labbra erano piegate in un sorriso dolce e gentile, pronto ad accogliere quello che sarebbe successo.

“Qualsiasi cosa sia successa possiamo affrontarla insieme, come abbiamo sempre fatto” rassicurò Crowley, le parole quasi una carezza.

Aziraphale fece l’errore di guardare il demone negli occhi che, anche se coperti dalle lenti scure, riusciva a vedere con facilità. Lesse al loro interno tante domande, a cui avrebbe saputo dare una risposta. E l’avrebbe sicuramente fatto, sentiva che avrebbe potuto confessare tutto lì dov’era. Per questo si impose di distogliere lo sguardo e resistette all’urgenza di parlare. Anche se avrebbe dovuto farlo, stava rimandando fin troppo.

“Non questa volta, no” si lasciò sfuggire Aziraphale in un sussurro rassegnato.

Si liberò dalla presa del demone e si allontanò nuovamente da lui, avvicinandosi alla scrivania. Non trattenne un sospiro tremante, appoggiando le mani al legno con la rassegnazione nell’anima. Si mise a sistemare i libri e le penne che erano sul mobile anche se erano già in ordine. Lo stava facendo per tenersi impegnato e per tenere sotto controllo le mani che avevano ormai vita propria.

“Angelo, perché stai piangendo?” chiese Crowley dopo essersi riavvicinato.

“Aziraphale, sto perdendo la pazienza” aggiunse dopo qualche secondo di silenzio.

L’angelo scosse la testa con forza, notando solo ora due lacrime cadute sulla scrivania, a cui se ne aggiunse presto una terza. Le braccia tremavano, per l’agitazione, per l’ansia e per chissà cos’altro. E, improvvisamente, un dolore mai provato prima raggiunse la sua schiena. Si piegò in avanti senza riuscire a fare altro, per un momento senza fiato, sapendo perfettamente cosa stesse succedendo. Stava iniziando a cadere e non poteva più rimandare.

“Aziraphale!” esclamò Crowley, subito al fianco del compagno.

Aziraphale provò ad allontanarsi, ma non aveva abbastanza forze e si lasciò aiutare dal demone. Che portò subito un braccio a circondare i fianchi dell’angelo nel tentativo di tenerlo in piedi. Sentiva l’angelo tremare contro di sé e lo tenne ancora più vicino. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma era già pronto a farla pagare a chiunque stesse causando tutto quello.

“Puoi spiegarmi cosa sta succedendo?” fece quella domanda cercando di essere il più gentile possibile, nascondendo la rabbia e la preoccupazione.

Aziraphale non trattenne un sorriso nonostante sentisse ancora le spalle bruciare. Riusciva a sentire tutte le emozioni di Crowley, eppure non voleva farlo preoccupare a causa della situazione in cui si trovava. Per questo allungò una mano, a fatica, con cui andò a sfiorare le dita del demone. Fu un tocco appena accennato e fin troppo leggero, ma abbastanza da far sì che Crowley decidesse di stringere la mano dell’angelo.

“Crowley” lo chiamò Aziraphale, in un sussurro che conteneva tutto il dolore che aveva provato poco prima.

Il fuoco nelle ossa stava lentamente scemando, dandogli la possibilità di rimettersi quantomeno in piedi senza aiuti. Strinse le dita di Crowley tra le sue per farsi forza e si staccò di poco, per testare l’affidabilità delle sue gambe. Fece qualche passo, riabituandosi alla sensazione, e raggiunse il centro dell’atrio. Chiuse gli occhi richiamando le energie e lasciò andare un sospiro tremante.

“Mi dispiace, non sarebbe mai dovuta andare così” si scusò l’angelo, le iridi azzurre che andarono a posarsi sulla figura che non lo perdeva d’occhio.

“In- in che senso? Vuoi spiegarmi cosa dia- cos- insomma che sta succedendo?” chiese il demone, avvicinandosi al compagno, non riuscendo a controllare la preoccupazione nella voce.

“Crowley” lo chiamò ancora Aziraphale, cercando lo sguardo dell’altro.

“Sto cadendo” riuscì a confessare, spostando gli occhi su un punto imprecisato della libreria.

A quelle parole Crowley fece automaticamente un passo indietro, non credendo a quel concetto. Aziraphale, il suo angelo, stava cadendo. Un nodo gli prese la gola e lo stomaco, mentre gli occhi gialli riflettevano la confusione e la paura del momento. Scosse con forza la testa non appena sentì le lacrime salire e chiedere di essere liberate, si impose di non cedere.

“È- è uno scherzo, vero? Non può essere vero, tu non potresti mai cadere” tentò il demone accennando un sorriso.

E quando Aziraphale scosse la testa, in un gesto solo accennato, tutto il mondo gli crollò addosso. Si sentì mancare il fiato e per un momento si dimenticò che a lui non serviva realmente respirare. Era totalmente schiacciato da quella rivelazione, non riusciva nemmeno a muoversi. Provava a imporre dei comandi al suo corpo umano, ma anche i più semplici non venivano eseguiti.

Ovviamente si arrabbiò con sé stesso, perché in quel momento non era in grado di fare niente. Si accorse che l’angelo aveva ricominciato a piangere, dai suoi occhi sgorgavano cascate di lacrime. Crowley sentì il proprio cuore stringersi in una morsa ferrea e dolorosa. E, come spinto da una forza esterna, colmò la poca distanza che li separava e lo strinse in un abbraccio.

Sentì Aziraphale sussultare e rafforzò la stretta, voleva fargli sentire che era lì per lui. Portò una mano tra i riccioli biondi dell’angelo, facendolo così appoggiare al suo petto, mentre l’altra andò a massaggiare la schiena del compagno. E più lo sentiva tremare più lo stringeva a sé ignorando qualsiasi cosa. Sapeva che avrebbe dovuto chiedergli il motivo di quello che sarebbe successo, ma prima sperava di farlo calmare.

Passarono interi minuti stretti l’uno all’altro, in un intreccio che servì a riportare un po’ di tranquillità in quel luogo e nei loro animi. Aziraphale sapeva di non aver finito le lacrime da versare, ma si impose di recuperare un minimo della sua compostezza. Fu lui ad interrompere il contatto e ne percepì subito la mancanza. Provò a sorridere cercando di farsi vedere sicuro, non certo del risultato ottenuto.

“Quindi stai cadendo? Sei sicuro?” chiese Crowley, non riuscendo a bloccare quelle parole.

“Sì, sono sicuro” rispose l’angelo dopo qualche istante di silenzio.

“Ma com’è possibile? Voglio dire, non hai mai perso la fede in Lei, anche nei momenti peggiori non hai mai smesso di credere in quello che Lei faceva” provò a ragionare il demone, iniziando a gesticolare come faceva quando cercava di capire qualcosa.

“Nemmeno l’amore che provi per uno come me, un demone, ti ha fatto cadere” aggiunse accennando un sorriso.

“Caro, l’amore che provo per te credo che non avrebbe mai potuto farmi cadere, in caso contrario sarei già caduto” ammise Aziraphale, negli occhi era presente un amore infinito.

“E allora cosa è stato ad averti fatto… dubitare?” la domanda venne posta cautamente, con una leggera incertezza.

“Ciò che è successo nell’ultimo periodo” rispose l’angelo con uno sbuffo stanco.

“Quindi cosa?” chiese ancora Crowley, la preoccupazione ben presente.

“Gabriel” soffiò Aziraphale guardando in basso.

“Mi stai dicendo che stai cadendo a causa del tuo ex capo?” cercò di capire il demone, ancora una volta sperando di aver capito male.

L’angelo annuì soltanto, temendo di peggiorare la situazione se solo avesse provato a dire qualcosa. Infatti, Crowley non riuscì a fermare gli occhi che scattarono verso il soffitto, trattenendo a stento un ringhio. Iniziò a camminare per la stanza, sibilando con rabbia chissà che cosa, anche se era facilmente intuibile. Si fermò all’improvviso, iniziando a fissare il compagno in cagnesco.

“Spiegami perché” due parole che uscirono più dure di quanto in realtà volesse.

“C-cosa?” chiese l’angelo con uno squittio fin troppo alto.

“Voglio sapere perché stai cadendo a causa di Gabriel” riprovò il demone, non riuscendo ad addolcire il tono.

“La sua caduta mi ha fatto dubitare di lei” ammise Aziraphale a bassa voce.

“Ti sei spaventato” commentò Crowley in tono ironico, senza realmente controllarlo.

“Non mi sono spaventato” Aziraphale riuscì a ribattere alla provocazione, gli occhi leggermente sgranati dalla sorpresa.

“La caduta di un arcangelo, del più vicino a Lei, non sarebbe dovuta rientrare nei piani, ineffabili o meno che siano” spiegò,
ricominciando a torturarsi le mani.

“Questo non lo puoi sapere” sibilò il demone avvicinandosi all’altro di qualche passo.

“Non lo puoi sapere nemmeno tu!” esclamò l’angelo riuscendo a non far tremare la voce, ma con le iridi azzurre nuovamente
piene di lacrime.

“Non te ne è mai importato niente di Gabriel” provò Crowley, cercando di riprendere un po’ di contegno.

“Crowley! Questo non- non è vero” contestò Aziraphale alzando la voce.

“D’accordo, era il tuo capo. E con questo? Se non fosse stato per i rapporti che dovevi consegnare non ci avresti nemmeno provato a mantenere i contatti” il demone cercò di far ragionare il suo compagno, lasciando da parte la rabbia.

“Non capisco dove vuoi arrivare” ammise l’angelo, confuso.

“Non capisci- oh, Inferno! Qualcuno mi aiuti” indirizzò quelle parole al soffitto, non credendo a quello che stava ascoltando.

Si tolse gli occhiali con uno scatto e passò le mani sul volto, lasciando andare un verso frustrato. Prese qualche respiro per provare a calmarsi e fece cadere le braccia lungo il corpo, sembrando incredibilmente stanco. Gli occhi gialli cercarono il contatto diretto con l’azzurro di Aziraphale e si addolcirono appena notando la confusione e la tristezza presenti nelle iridi del compagno. Rimise le lenti scure, nonostante fosse consapevole del fatto che l’angelo avesse notato quel piccolo cambiamento.

“Ok, proviamo in un altro modo” ricominciò Crowley con calma.

“Immagino tu ti ricordi di Gabriel” aggiunse come se fosse la cosa più semplice del mondo.

“Stai iniziando a sottolineare l’ovvio” lo mise al corrente Aziraphale con innocenza.

“Lo so, voglio farla semplice” ammise il demone.

“Ti ricordi in che rapporti eri con Gabriel, mi auguro” continuò, gli occhi fissi sull’altro.

“Beh, non erano certo buoni rapporti” provò l’angelo con un leggero sorriso.

“Non erano- per Satana voleva estinguerti tra le fiamme infernali! Sono pessimi rapporti per quanto mi riguarda” Crowley alzò nuovamente la voce senza riuscire a trattenersi.

“Angelo, ragiona. Quello era un pessimo esempio di arcangelo” tentò ancora una volta, più calmo.

“Era l’arcangelo Gabriel, il più importante, lo sai” contestò Aziraphale sicuro di sé.

“Non puoi aver dimenticato come ti ha trattato” commentò il demone reprimendo un brivido al pensiero.

“Non l’ho fatto” confermò l’angelo senza esitazione.

“Allora perché fai così fatica ad ammettere che non ha bisogno della tua attenzione?” chiese Crowley, un misto di curiosità ed esasperazione nella voce.

“L’ho perdonato” confessò Aziraphale senza mostrare emozioni.

“Tu cosa?” più che una domanda sembrò un’esclamazione schifata, più alta di un’ottava rispetto al solito.

“Hai capito” disse l’angelo candidamente.

“Come puoi averlo perdonato? Dopo tutto quello che ti ha fatto sei riuscito a perdonarlo?” domandò il demone incredulo.

“Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve” rispose Aziraphale ad occhi chiusi.

“Non ci provare! Non venirmi a fare la morale perché con me non attacca” Crowley mise le mani avanti, indietreggiando di un paio di passi.

“Lo sai che è nella mia natura perdonare” si giustificò l’angelo.

“Oh, no. No, no, no. Non tirare fuori questa storia” negò il demone, mascherando una risata con uno sbuffo.

“Caro, è la-” provò Aziraphale.

“No! Questa cazzata non la voglio sentire!” esclamò Crowley alzando fin troppo la voce.

E si pentì della reazione avuta, accorgendosi dell’espressione del compagno di nuovo sull’orlo del pianto. Percepì il proprio cuore sgretolarsi quando l’ennesima lacrima scivolò da quei pezzi di cielo. Si portò una mano tra i capelli incerto su quello che avrebbe dovuto fare, insicuro riguardo la reazione da avere. Lo aveva ferito, su questo non c’erano dubbi, e non si sentiva degno di consolarlo.

“È inutile Crowley, non puoi più far niente, ormai ho iniziato a cadere” le parole risultarono più tremanti di quello che avrebbe voluto, mentre tratteneva testardamente le altre lacrime.

Aveva cambiato discorso apposta, non voleva pensare alle parole dette dal demone o sarebbe nuovamente crollato. Non poteva permettersi di perdere altro tempo, non quando sentiva che mancava così poco. Ai piani alti avevano mandato un avvertimento ed erano già passati interi minuti da quando aveva sentito il fuoco nelle ossa. Non era successo niente da allora e l’angelo temeva di non poter salutare l’altro come avrebbe voluto.

Allora Crowley sorrise, un sorriso incredulo e consapevole al tempo stesso, con un accenno di dolcezza. Guardava Aziraphale e vedeva un essere ferito, impaurito e sull’orlo del precipizio. Eppure, più lo osservava e più notava la sua forza e il suo coraggio, presenti in quegli occhi che tremavano senza lasciar andare quel mare salato del quale erano pieni. Non aveva paura, il suo angelo guardiano, mentre attendeva con sicurezza la sua punizione.

“Perché devi essere sempre così?” la domanda era ironica, intenzione confermata dal sorriso che ancora persisteva.

“Così c-come?” Aziraphale non riuscì a percepire l’ironia, sfoggiando un’espressione confusa.

“Sempre così tu” rispose il demone, colmando quasi del tutto la loro distanza.

“Caro, credo di non capire” continuò l’angelo senza riuscire a capire quello che l’altro intendesse dire.

“Guardati. Stai andando incontro al processo più doloroso e difficile per un angelo, eppure te ne stai lì come se fosse una passeggiata. Sei l’essere più coraggioso che io abbia mai conosciuto, Aziraphale, e sono felice di aver avuto questa opportunità” spiegò Crowley, sorridendo in una maniera così dolce da sembrare fin troppo sbagliata sul suo volto.

“Ormai ho accettato il mio destino e-” iniziò Aziraphale, venendo bloccato da un dito che si posò delicatamente sulle sue labbra.

“Non dire niente” lo avvertì il demone in un soffio leggero.

“Ma Cro-” protestò l’angelo, ma si dimenticò presto il resto della frase.

Crowley aveva preso il colletto della giacca di Aziraphale e lo aveva tirato verso di sé, facendo in modo che le loro labbra potessero finalmente toccarsi. Aveva sentito l’angelo sussultare a quel gesto improvviso, ma non ci fece caso. Era consapevole che fosse una delle poche cose sensate da fare in quel momento. Non sapeva se sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero visti, anche se sperò di no con tutto il suo essere.

Aziraphale era rimasto stupito dall’irruenza del compagno, anche se sapeva da tempo il suo essere terribilmente impulsivo. Non appena aveva sentito le labbra dell’altro sulle sue si era spaventato, non aveva calcolato quella possibilità. Eppure, la sua mente gli aveva suggerito che avrebbe dovuto ricambiare. E, nel giro di pochi istanti, aveva accettato quel bacio disperato.

Non lo sapevano con certezza, ma sentivano che quella poteva essere la loro ultima possibilità. Per questo misero in quel gesto tutto l’amore che provavano l’uno per l’altro. Si lasciarono andare completamente alle emozioni che stavano provando. Fu un incontro dolceamaro, non avrebbero voluto che finisse mai e l’angelo fece scappare una goccia di pioggia salata quando si staccarono.

Il pollice del demone era corso a cancellare quel segno, il tocco leggero e appena accennato. Posò poi tutto il palmo sulla guancia di Aziraphale, accarezzando quel viso da cherubino di cui si era innamorato. Lo vide trattenere un singhiozzo, mentre si abbandonava a quelle attenzioni. Aveva imparato con il tempo che apprezzava quei piccoli gesti e non intendeva negarglieli proprio quando ne aveva più bisogno.

“Crowley” lo chiamò l’angelo, con la voce che si era fatta piccola.

“Shh, non c’è bisogno di dire niente” lo fermò Crowley gentile.

“Avrei dovuto dirtelo prima” continuò Aziraphale, facendo di testa sua.

“Forse sì, ma aspettare questo momento sarebbe stato peggio” commentò il demone, senza smettere di accarezzare lo zigomo del compagno.

A quelle parole l’angelo andò a sfiorare la mano libera dell’altro, il tocco insicuro. Crowley accettò quella richiesta e intrecciò le loro dita. A quel gesto le iridi azzurre di Aziraphale tremarono e il demone rafforzò la stretta per tranquillizzarlo. L’angelo ricambiò con un sorriso leggero, in cui la felicità era presente solo se la si sapeva riconoscere bene.

“Non volevo che andasse così, dovevo fare ancora tante cose. Con te” protestò debolmente Aziraphale.

“Lo so, le avrei fatte tutte. Anche le più noiose” ammise Crowley, sorridendo più apertamente.

“Mi dispiace Crowley, ho sbagliato ancora una volta” si scusò l’angelo guardando in terra.

“Non hai sbagliato niente, non provare a darti la colpa” lo avvertì il demone, stringendo maggiormente la mano del compagno.

“Lo dici solo per non farmi sentire peggio” Aziraphale si morse le labbra dopo quelle parole.

“Lo dico perché tu non potresti mai sbagliare niente, sei l’angelo perfetto, migliore tra tutti quelli che ho incontrato” spiegò deciso Crowley.

“Ehi, Dio, mi senti? È questo angelo che stai punendo, il più angelico tra tutti. Spero tu ne sia consapevole” aggiunse, volgendo lo sguardo ancora una volta verso il soffitto.

“Crowley, per favore” provò a fermarlo l’angelo, le guance che si erano tinte di rosa.

Il demone si strinse nelle spalle con un sorriso di scuse, prima di attirare a sé Aziraphale e stringerlo in un abbraccio. Lasciò un bacio tra i ricci biondi e lo sentì sospirare, mentre si lasciava andare in quella stretta sicura e familiare. Crowley avrebbe protetto il suo angelo da tutto, ma sapeva di non poter far niente quella volta. Poteva soltanto fare in modo che l’altro si sentisse bene nonostante tutto.

“Non voglio lasciarti” si fece sentire Aziraphale, la voce attutita dal petto del demone.

“Farò di tutto per trovarti di nuovo” assicurò Crowley senza esitare.

“Come farai?” chiese l’angelo con una punta di insicurezza, allontanandosi di poco per guardare il compagno.

“Ci conosciamo da molti anni, saprò dove cercarti” rispose deciso il demone.

Fu Aziraphale a cercare di nuovo le labbra di Crowley, per un bacio decisamente più dolce e gentile. Un tocco appena accennato, uno sfiorarsi di labbra leggero, ma necessario. Portarono le fronti a contatto, per prolungare il più possibile quel momento che precedeva la separazione. Dopo millenni passati l’uno al fianco dell’altro era difficile accettarlo, ma non potevano fare diversamente.

E quando l’aura dell’angelo iniziò a tremare e sussultare si accorsero entrambi che stava per succedere quello che avevano più temuto. Le loro mani si cercarono e si strinsero in un ultimo intreccio. Gli occhi azzurri andarono a cercare quelli gialli coperti dalle lenti, la paura chiaramente presente in entrambi. Il loro tempo era finito e temevano quello che sarebbe successo dopo.

“Crowley” chiamò l’angelo un’ultima volta.

“Ti troverò, te lo prometto” promise il demone, la voce che tremò contro il suo volere.

In pochi istanti una luce accecante riempì la libreria, costringendo Crowley a schermarsi gli occhi con le mani nonostante fossero già coperti. E, così com’era arrivata, la luce svanì. Così il demone rimase da solo nella stanza, il silenzio che improvvisamente era diventato troppo. Si guardò intorno, senza riuscire più a percepire la presenza del suo angelo che sembrava svanito nel nulla.

“Aziraphale” chiamò in un soffio spezzato, prima di crollare in ginocchio sul pavimento.

Era successo davvero, erano venuti a prendersi l’unico essere che lo faceva sentire vivo. Erano sempre stati una costanza l’uno per l’altro, e nessuno avrebbe mai potuto immaginarli separati. Crowley aveva già vissuto una situazione simile, ma Aziraphale era riuscito a tornare da lui. Adesso toccava al demone cercarlo, anche facendo passare tutto l’universo. Doveva trovarlo e riportarlo da lui, in qualsiasi modo.



 
-.-.-.-.-.-



 
La luce bianca e asettica del Paradiso lo costrinse a chiudere gli occhi per qualche istante. Non era più abituato a tutto quel bianco. E quando si fu abituato si accorse di trovarsi in un’enorme stanza che non sembrava avere una fine. Il pavimento si confondeva con le pareti e tutto quell’ordine lo fece rabbrividire, era completamente l’opposto della sua amata libreria.

Si guardò intorno e scorse due figure che si stavano avvicinando a passo lento. Qualche metro e riconobbe Michael e Uriel che, fianco a fianco, lo stavano raggiungendo. Notò il sorriso degli arcangeli, quello finto di circostanza e provò un moto di disgusto unito a parecchia rabbia. Incredibilmente non provava paura e decise di concentrarsi sulle parole di Crowley.
 

Sei l’essere più coraggioso che io abbia mai conosciuto

 
Sorrise a quella definizione e seppe di voler rendere vero quello che il demone pensava di lui. Quindi non si scompose quando gli arcangeli si fermarono di fronte a lui, anzi sostenne il loro sguardo senza alcuna intenzione di mostrarsi debole. Le sue iridi azzurre non tremarono neanche per sbaglio, deciso a far sapere che avevano sempre sbagliato sul suo conto.

“Principato Aziraphale, bentornato in Paradiso” lo accolse Michael con un sorriso che non poteva essere più falso di così.

“Immagino non ci resterò per molto” commentò Aziraphale, stupendosi della fermezza nella sua voce.

“Ma sentiti, a stare con quel demone sei diventato come lui” si lasciò sfuggire Uriel, il disgusto ben presente nella voce.

“Era inevitabile che ci influenzassimo a vicenda” ammise l’angelo come se fosse ovvio.

“Ma non lo rivedrai più dopo la tua caduta” lo avvertì Michael con soddisfazione.

E fu a quelle parole che Aziraphale si ritrovò improvvisamente a terra, schiacciato da un dolore troppo forte da sopportare. Gli occhi gli si riempirono di lacrime senza che potesse farci niente, mentre le ali venivano liberate contro la sua volontà. Era in ginocchio, le mani piantate contro il pavimento cercando di sostenere il peso del fuoco che lo stava bruciando dall’interno. Il fiato sembrava essere sparito, lasciandolo in apnea. Gli occhi erano serrati per contrastare il male che sentiva nell’anima.

“Apri gli occhi, Aziraphale, e guarda dove ti ha portato stare con un demone” le parole di Uriel sembravano arrivare da lontano.

“N-non è colpa sua… se sto… cadendo” riuscì a dire l’angelo, non sapendo dove avesse trovato la forza per ribattere alla
provocazione.

Sentì qualcuno ridere, una risata decisamente poco angelica anche se era consapevole che provenisse dagli arcangeli. E le lacrime ricominciarono a scendere lungo le sue guance, ora pallide e tese dallo sforzo. Le sue braccia tremavano incontrollate, stavano sopportando decisamente troppo. Non sapeva se sarebbe riuscito a resistere alla caduta, ma doveva provarci. Non poteva farsi annientare così.

Si concentrò sul sorriso del demone che aveva amato così tanto, nel tentativo di pensare ad altro che non fosse il dolore che sembrava lo stesse spaccando in due. Per qualche momento sembrò funzionare, Aziraphale sentiva quasi come se Crowley fosse al proprio fianco. Cosa che era impossibile, ma riuscì per qualche istante a non sentire il fuoco che lo stava lacerando.

La puzza di bruciato lo raggiunse e non poté che cedere al panico. Le sue ali, le sue meravigliose e morbide piume bianche stavano bruciando, trasformandosi in ali nere come la pece. Era un dolore mai provato prima e si accorse di non aver mai capito per davvero quello che dovevano aver provato i ribelli. Stava provando tutto quello che era successo a Crowley millenni prima e le lacrime scesero con ancora più forza.

“Fa male” si lamentò, non riuscendo a trattenersi, in un gemito spezzato.

Le ossa continuavano a bruciare, mentre le ali ormai erano completamente nere. Aveva perso da tempo il contatto con tutto ciò che lo circondava e non sapeva nemmeno se si trovasse ancora in Paradiso. Gli sembrò di fare uno sforzo enorme nell’aprire gli occhi per capirci qualcosa. Eppure, non riuscì a distinguere molto dell’ambiente attorno a lui, solo che attorno a lui non c’era più tutto quel bianco accecante.

All’improvviso gli sembrò di essere nuovamente in grado di respirare e prese una grossa boccata d’aria come se stesse riemergendo da troppo tempo sott’acqua. Il fuoco sembrò placarsi leggermente e non trattenne un sospiro di sollievo, stremato e dolorante. Allungò un braccio, ma lo ritrasse subito a causa dei muscoli che sembravano essere morsi da bestie invisibili.

Si lasciò cadere su un fianco, raggomitolandosi in posizione fetale. Sperava di poter limitare i danni in quella posizione, certo che avesse bisogno di riposo dopo quello sforzo immenso. La schiena non smetteva di pulsare e di mandare fitte. Aprì gli occhi e li puntò verso l’alto, scorgendo un bellissimo cielo stellato che sembrò calmarlo. Un’ultima lacrima lasciò i suoi occhi, mentre il pensiero andava all’unico essere che sperava di non dimenticare, almeno non completamente.

“Crowley” consegnò quella parola agli astri sopra di lui, affidando con essa una richiesta.

Sperò davvero che Crowley riuscisse a trovarlo. E che lo accettasse anche nelle condizioni in cui era. Fu l’ultima cosa a cui pensò prima di abbandonarsi al sonno, con le stelle sopra di lui a vegliarlo e il cuore innamorato di un essere in cui riponeva tutta la sua fiducia.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 



Angolo autrice
 

Piccola premessa: l’idea per questa shot è nata circa una ventina di giorni fa (per la quale ringrazio ancora una volta Robin e una teoria buttata lì tra le altre per la seconda stagione). Il processo è stato più lungo del previsto perché dovevo processare a livello emotivo quello che stavo scrivendo. Perché non mi sarei mai immaginata di scrivere della possibile caduta di Aziraphale.

In questa shot è presente un’altra teoria riguardante l’imminente seconda stagione, ovvero la caduta di Gabriel (dalla quale poi è scaturito tutto il resto). Che, se guardata adesso non è che mi convinca proprio tanto, ma questa shot non sarebbe esistita senza. E per non farmi mancare niente c’è anche l’headcanon secondo il quale gli angeli caduti perdono la memoria (ecco perché nel gruppo abbiamo pensato che Gabriel stesse cadendo).

E niente, questo è quanto. C’è una piccola idea di un continuo (perché ovviamente si devono ritrovare), ma devo mettere giù bene l’idea.

Mi auguro di non avervi fatto piangere troppo, in caso contrario vi autorizzo a lanciarmi qualsiasi tipo di oggetto addosso. Spero questa shot sia stata di vostro gradimento.

Spero di essere rimasta IC, anche se c’è qualcosa che non mi convince.

Alla prossima

Giulia
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: g21