Capitolo 1: Quegli occhi troppo blu...
Era una bellissima giornata di tarda primavera del
1912 in una bella città rurale del New England. Gli alberi di pesco, con i loro
ampi fogliami, erano oramai sfiorenti e le api e le farfalle avevano
abbandonato deluse i regali bouquet naturali alla ricerca di amori più terreni
e frugali. Ma mai avrebbero potuto immaginare che fuggire dall'amore per i
fiori morenti, li avrebbe accompagnati ad una vita più lunga e a qualcosa di
ancora più prezioso che stava nascendo: i frutti che avrebbero nutrito l'anima e
il cuore dei cittadini di quella comunità. Ma forse dovremmo discendere dai
rami nodosi dei peschi e guardare cosa essi stanno adombrando, un piccolo ed
elegante caffè di città, dove la nostra storia inizia. Il cielo era terso e il
sole, brillante ma non ancora rovente, colpiva le fronde della passeggiata del
centro commerciale della città, dove boutique, locasi chic e club di lusso
incorniciavano una pavimentazione in granito riccamente decorata dove,
accostati ai bordi, spiccavano dei vasi di pietra ricolmi di fiori che
invitavano api e farfalle a suggerne i delicati nettari. Lungo le mura di
alcuni edifici era possibile vedere gruppi di uomini, di donne e più raramente
gruppi misti intenti ad affiggere diversi manifesti politici: altri, un po'
vecchi e rovinati erano già stati affissi sui pali della luce o sui muri
spogli; spiccavano i più disparati argomenti, ma quelli più comuni erano
manifesti femministi per il diritto al voto, manifesti contro le politiche
espansionistiche degli Stati Uniti e la segregazione razziale che tra le tante
cose separava le attività commerciali dei neri e degli immigrati non bianchi,
tenuti segregati in zone oltre lo sguardo dei passanti. Era invero un periodo
ricco di conflitti e di grandi discussioni sui temi sociali e geopolitici che
lì, nella terra dei liberi così come in Europa avrebbero cambiato per sempre il
mondo.
Ma
c'era chi in tutto questo non trovava un grande coinvolgimento, e si trattava
di una ragazza appena ventitreenne di nome Mary Delgarno, seduta ad un elegante
caffè e intenta a sorseggiare una tazza di tè mentre osservava distrattamente i
passanti. Era una giovane donna, dai lunghi capelli corvini raccolti in uno
chignon dal quale cadevano dei boccoli, mentre dei ciuffi ondulati in stile
Marcel ne incorniciavano il volto. Mary aveva un viso spigoloso, ma che
nell'insieme risultava affascinante e armonioso. Caratterialmente potremmo
descriverla come una ragazza di buona famiglia, cordiale ma riservata, come ci
si dovrebbe aspettare alle signorine per bene di quell'epoca. Sedeva composta,
mentre i sui occhi lanciavano sguardi timidi sulle coppiette per bene che
camminavano lungo la bella passeggiata alberata e ogni tanto si lasciava
fuggire un vibrante sospiro
-
Guardali, tutti felici e contenti, senza alcun pensiero nella testa se non
l'amore che fiorisce, tranne me, sembrerebbe - disse fra se e se.
-
Mary, io sono qui se hai bisogno - una voce limpida e un po' nasale riportò
Mary alla realtà dalla quale si era allontanata, così tanto che aveva ignorato
la presenza di Lorelay, la sua amica di infanzia, che era proprio lì davanti a
lei. Una biondina minuta con un delicato vestito bianco con una fantasia
floreale, che la guardava con un sorriso un po' divertito e costernato.
-
Oh Lorelay, sono in età da marito e non ho conosciuto nessuno che non fosse
quell'acciuga di Thaddeus Fitzroy III con quei capelli schiacciati in testa
così tanto da farli sembrare disegnati. Per non parlare poi che si fa il bagno
nella colonia oh Signore, si sente da un miglio di distanza. Tremendo.
-
Mary! Non essere così crudele con il povero Thaddeus, lo sai che gli piaci! Ti
ricordi com'è stato carino alla festa di compleanno del defunto Dominique? - la
incalzò Lorelay.
Mary
la guardò un po' sottecchi inclinando la testa con un espressione esasperata -
alla festa di compleanno di Dominique, io sono stata assediata da Thaddeus,
dove costui ha iniziato a bersagliarmi con una raffica di domande, tra le quali
alcune decisamente impertinenti e senza connessione alcuna l'una con l'altra,
per poi finirmi con un discorso sugli indici di crescita della Federal Reserve.
E le occhiate che ti mandavo sorridente erano chiaramente richieste di
soccorso!
-
Oh mi dispiace Mary di non aver capito, però si dice che metterà le mani sulla
sontuosa eredità paterna, dovrebbe possedere diverse terre nell'entroterra
europeo!
-
Ma io non voglio cose o terre, voglio incontrare l'amore quello così
all'improvviso, inaspettato, come quello dei miei libri!
C'era
qualcosa di un po' bimbesco e capriccioso nel suo tono, Lorelay la guardava
sognare ad occhi aperti - Mary sei proprio un incorreggibile sognatrice!
Lei
sospirò di nuovo mentre tornava alla realtà, una realtà che le stava di anno in
anno sempre più stretta e il peso del tempo si iniziava a far sentire, poiché
se non si fosse accontentata, avrebbe ben presto superato l'età per maritare e
sarebbe diventata una zitella, che sarebbe ingrigita nella solitudine, additata
da tutti e derisa e di certo Mary non voleva questo! Mary voleva poter essere
come tutte le altre e godere della bella società senza sentire la gente
spettegolarle alle spalle.
-
Saranno circa le due e anche se il sole è ancora alto avevo promesso a mio
padre che avrei approfittato della nostra uscita per andare a fare alcune
compere, sai vorrei tornare prima del tramonto.. - disse Mary riponendo la
tazzina di porcellana sul vassoio con delicate fantasie floreali
-
Accidenti sono già le due! - Esclamò Lorelay. - Avevo promesso a mia madre che
l'avrei aiutata a fare i preparativi per la cena di oggi! Allora io scappo
Mary! Noi ci rivediamo domani alla messa!
Mary
fece in tempo a farle appena un saluto accennato che Lorelay era già scomparsa
oltre l'angolo. Sospirò un po' divertita dal comportamento della sua amica e si
avviò al negozio di alimentari per fare alcune commissioni, che furono
abbastanza rapide ed uscì dal negozio con due piccoli cestelli avviandosi verso
il parco centrale dal quale sarebbe poi giunta a casa.
Lungo
il viale che tagliava il parco comunale erano stati piantanti dei rovi di more
e purtroppo Mary passò troppo vicino uno di questi, finendo impigliata con la
gonna del bel tailleur da passeggio turchese che le aveva confezionato il padre
per il suo ventitreesimo compleanno
-
Oh povera me! - se si fosse mossa anche solo per posare i cestelli, l'abito si
sarebbe rovinato e di certo Mary non avrebbe voluto addolorare il padre con una
tale delusione. Cercò un modo di disincagliarsi, ma non avrebbe potuto fare
nulla senza fare un disastro. Si guardò intorno e ovviamente nessuno era lì per
poterla aiutare
-
Ho entrambe le mani occupate accidenti! - esclamò sommessamente Mary mentre
guardava alle sue spalle il vestito incagliato cercando di pensare ad una
soluzione e nel fare, finì per pungersi - ahi, ci mancava, no? -
-
Signorina siete in difficoltà, posso permettermi di aiutarvi?
Mary
si girò sorpresa per guardare il suo soccorritore e il suo cuore perse un colpo
quasi sussultando. Ecco che davanti ai suoi occhi apparve un bellissimo
giovane, slanciato, dal fisico da pugile e degli occhi troppo blu "da dove
è sbucato fuori, no c'era nessuno qui" pensò. Vestiva una blusa blu scuro
a tre pezzi, stretta così da delineare la sua corporatura scolpita e reggeva
sul suo petto una bombetta, così lasciando una ciocca dei suoi capelli biondo
cenere, tenuti ordinatamente all'indietro, cadere su quel volto a diamante così
simmetrico. Mentre la guardava, in attesa di una risposta che tardava ad
arrivare, abbozzò un lieve sorriso e si chinò leggermente su di lei dalla sua
statuaria presenza
-
Io - Mary faticava a trovare le parole - si, come vedete sono impigliata -
disse con un filo di voce mentre manteneva il contatto visivo con il giovane
uomo. Il suo cuore stava battendo sempre più velocemente e quel bustino che le
stringeva il petto di certo non la aiutava a respirare meglio o a calmarsi
"era il caldo? O la paura di rovinare il vestito?" si chiedeva, ma non
era né l'uno, né l'altro, perché Mary si stava ingannando semplicemente per la
paura e l'emozione.
-
Non vi muovete o il vostro bel vestito si rovinerà - rispose il giovane con
tono fermo ma gentile, e prontamente si mosse verso il cespuglio di rovi come
se dovesse andarla a salvare dalle fauci di qualche bestia feroce; si
inginocchiò sulla ghiaia e iniziò ad armeggiare con la parte della gonna che
era rimasta impigliata nel cespuglio, facendo molta attenzione a non rovinarla.
Nel mentre, facendo attenzione a non farsi notare, iniziò ad indagare ogni
centimetro del suo corpo "certo che è veramente alto" pensò quando lo
vide inginocchiarsi, sarà stato alto minimo 6 piedi se non di più e ora che era
chinato poteva ammirare la larghezza delle sue spalle; Mary si lasciò andare a
pensieri zuccherini mentre pensava cosa avrebbe provato ad essere sollevata da
quella forti braccia e non poté non indugiare nel pensiero di immaginarlo
mentre loro...
-
Ecco qui, il vostro vestito è salvo.
Mary
riemerse violentemente dal suo sogno ad occhi aperti, sussultando come se
stesse per inciampare da una ripida scalinata, ma lui parve non farci caso
"che si fosse accorto che lo stavo guardando? Magari con aria immorale e
peccaminosa? Sarebbe stato vergognoso" e arrossì, imbarazzata.
Mary
si ricordava di questo ragazzo, lo aveva visto in diverse occasioni, poiché
aveva un volto molto familiare "deve essere il Norrington Jr.!" pensò
Mary. Ricordava quel bel giovane, una meta ambita da molte signorine di ricca
famiglia, lo aveva visto frequentemente a teatro e in alcuni gala organizzati
dal defunto Generale Dominique Castellano e di sfuggita al suo funerale, mentre
faceva privatamente le condoglianze alla Signora Castellano. E' pur vero che di
lì a tre anni, da quando il padre si era ammalato di una strana e debilitante
polmonite, lo aveva visto sempre più di rado. Certo che a vederlo ora, sembrava
diverso, inizialmente non lo aveva davvero mai notato con particolare
attenzione, ma sembrava decisamente più bello di come se lo ricordava, se fosse
davvero lui.
Mary
riemerse dai suoi ricordi e il giovane uomo parve frenarsi prima di riprendere
a parlare, sembrava essersi reso conto che qualche cosa l'avesse turbata e le
sorrise teneramente.
-
spero non vi siate punta - disse, posando i cestelli che portava con lei sulla
panchina lì vicino e prendendo le sue mani nelle sue per controllare che non ci
fossero tagli. Quando le afferrò le mani, Mary percepì qualcosa che non aveva
mai provato fino ad ora, sentì come un fiume correre dalle sue braccia al suo
petto, "che sensazione particolare" pensò soffermandosi su come
stesse reagendo il suo corpo "e che mani così strane" continuò, al
tatto erano lisce eppure parevano dure, non come le mani di un uomo dedito al
lavoro dei campi, gonfie e scurite dal costante lavoro con la terra e con gli
attrezzi agricoli, ma sembravano come fossero fatte di cuoio. Interruppe il suo
flusso di pensieri e si sentì sciocca a fare tutte quelle elucubrazioni, era
ovvio che non fosse un contadino, bastava guardarlo per rendersene conto, aveva
un viso pulito, un taglio di capelli elegante e molto curato e il colorito del
suo volto non era di certo quello di qualcuno dedito a passare ore e ore sotto
il sole rovente. Mary si sentì stordita, forse dall'avvenenza di questo misterioso
giovane, prima noto, ora sconosciuto, mosso da galanteria così apertamente
genuina verso di lei, una cosa che nessun uomo aveva fatto prima d'ora con quei
modi così cavallereschi. Per la prima volta nella sua vita si sentì davvero una
donna ed era sicura che da quel momento in poi tutti in città lo avrebbero
notato e glielo avrebbero riconosciuto, ma più indugiava in quel tipo di
pensieri più si rendeva conto che degli altri e delle loro opinioni non le
importava nulla, tutto diventava grigio e privo di valore quando il suo sguardo
incrociava quello del giovane uomo. Essendo quasi certa che si trattasse di
Norrington Jr. un ricco ereditiero, la sua mente iniziò di nuovo viaggiare
furiosamente immaginandosi un sontuoso matrimonio, una vita felice e
spensierata, viaggi in Europa o nelle terre esotiche del Sud America, come i
Caraibi di cui aveva visto qualche bellezza solo nei quadri, nei suoi libri o
di cui aveva solo sentito parlare.
Mary
tornò a guardare le sue mani in quelle di lui mentre con i polpastrelli
indagava delicatamente alla ricerca di tagli, risultando però inopportuno. Lei
ritrasse le mani e quel fiume che scorreva si interruppe di colpo, ma non
quella strana magia di quel momento così particolare. Cercò di controllare
l'accendersi del rossore sul suo volto e si rese conto di star tremando
lievemente, certamente, doveva essere perché non era abituata a quel tipo di
attenzioni, cercò quindi di ricomporsi nel migliore dei modi mantenendo quel
ritegno che ci si aspetta da una signorina per bene e, quando finalmente
ritrovò la compostezza, ritrasse le mani su di sé e fece per guardarlo con un
espressione che, nella sua immaginazione, evocasse austerità
-
Vi ringrazio del vostro aiuto, come vedete non sono ferita, ora scusate ma temo
proprio di dover tornare a casa - disse cono tono grave e sistematasi la gonna
per evitare che si gualcisse, fece dunque per andarsene
-
Lasciate che vi accompagni ve ne prego - la fermò lui. Il suo tono era
tagliente eppure suonava così caldo e pastoso, come il canto di uno di quegli
uccelli esotici descritti nei suoi libri sulle bestie che popolano le grandi
lande selvagge.
-
Vi ringrazio mio buon signore per la vostra gentilezza e la vostra offerta, ma
devo declinare. Sapete sono di fretta e devo tornare a casa e poi mio padre,
cosa direbbe se tornassi accompagnata ad uno sconosciuto? - annunciò Mary con
tono rigido e formale, con un po' indecoroso e malcelato piacere nell'aver
ricevuto quella gentile offerta, ma in fin dei conti lui era uno sconosciuto e
dare confidenza a degli uomini conosciuti per strada poteva essere malvisto.
Dunque, ancora una volta fece per andarsene, questa volta con un'andatura più
decisa come se stesse testando se l'uomo fosse davvero interessato a lei o se
tutta la scena precedente fosse stata una semplice cortesia di circostanza
-
Insisto! - disse il giovane uomo ostruendole il cammino facendo un solo passo
in avanti - vi prometto che vi porterò a casa sana e salva e poi non mi vedrete
più, se vorrete.
Al
solo sentirlo dire che non lo avrebbe più rivisto, sentì un gelo dentro di sé
tanto forte da farle perdere il fiato. Finse di riflettere per un attimo e
abbozzò un sorriso felice che però represse quasi subito
-
Sta bene, vi permetto di accompagnarmi, ma devo farvi presente che sono una
donna di buoni costumi, quindi non cercate di fare cose strane o inizierò ad
urlare! - disse con tono imperativo e un po' vezzoso
-
Ve lo prometto! - sorrise abbozzando una risata e mettendo teneramente la
coppola sul cuore e alzando buffamente la mano sinistra a mo di giuramento
Mary
si rabbonì a quel gesto così volutamente goffo che sembrava stonare così tanto
con la sua figura
-
Allora a chi devo porgere il mio ringraziamento?
-
Adam, Adam Norrington, figlio di Salvador Norrington il proprietario della
magione oltre la collina. Potrei chiedere chi ho avuto il piacere di soccorrere
e ora di riaccompagnare?
"Lo
sapevo!" pensò Mary e lasciò cadere la maschera di austerità porgendogli
la mano - mi chiamo Mary Delgarno, figlia del sarto Johnatan Delgarno - lui
afferrò la sua mano e le rispose con un galante baciamano al quale Mary sorrise
a pieno volto e lui contraccambiò.
-
Delgarno? - disse sorpreso e poi con un cenno della mano mostrò il proprio
abito - questa blusa mi è stata fatta su misura proprio alla sartoria di vostro
padre!
-
Ah! Quindi conoscete mio padre - domandò vivacemente sorpresa Mary
-
Non proprio personalmente, ho avuto solo dei fugaci scambi di parole, mio padre
lo conosce sicuramente di più dato che molti dei suoi abiti sono stati
confezionati proprio alla sartoria di vostro padre. L'ho rivisto di recente
anche se ho avuto solo a che fare solo con una delle sue assistenti, ma era
solo quando la sarta prendeva le misure delle spalle, chiedendomi di mio padre.
Mary
sentì per un attimo un brivido di gelosia dell'assistente, ma che controllò e
represse subito dandosi un contegno
-
Vi farò da cavaliere fino a casa Miss Mary, posso permettermi? - e le porse il
braccio
Mary sorrise - potete Mr. Norrington.
-
Adam andrà benissimo.
La
stradina sterrata che portava dal parco centrale a casa Delgarno, era dentro la
città ma non era molto distante, ci sarebbero voluti solo una decina di minuti
a piedi e quindi per questo, sotto suggerimento di Adam, fecero una piccola
deviazione verso una zona meno edificata e più in aperta campagna. Mary era
sicura che nessuno li avesse visti allontanarsi insieme verso i campi, ma non
le importava in quel momento cosa avrebbe avuto da ridire la gente, perché ora
lei, proprio lei, figlia di un sarto, stava camminava sottobraccio con un uomo
affascinante che la faceva ridere, la faceva sentire importante e che non la
trattava come una bambina, ma come una la donna che era e che finalmente
cominciava a sentirsi. Adam non sembrava affatto come tutti gli altri che le
parlavano o le rispondevano con accondiscendenza mascherata da cortesia, Adam
era diverso, Adam era perfetto, Adam doveva essere l'uomo perfetto.
Questa bella città del New England aveva dei paesaggi suggestivi che le
ricordavano un po' la bellezza dei tipici paesaggi Inglesi a cui si era stata
abituata da bambina: le collinette erbose e ampi campi fioriti che si
accostavano a dei piccoli boschetti che offrivano riparo dal sole e dalla
caldura delle afose giornate estive, dove immaginò di invitarlo a fare un
pic-nic uno di quei giorni, ma non prima che l'avesse invitata a cena!
Fecero
una lunga deviazione che disegnava un arco che usciva dal centro abitato verso
le zone più rurali e boschive e si concludeva con il rientro all'interno della
città in una zona un po' più di periferia, dove era ubicata la casa di Mary e
questo permise loro di conoscersi un po' meglio.
-
Quindi avete vissuto in Europa? E dove ditemi? - le chiese Mary afferrandogli
il braccio
Lui
le sorrise divertito da quel comportamento - Ho vissuto la mia infanzia a
Bruxelles in Belgio per pi trasferirmi a Montpellier in Francia per quasi tutta
l'adolescenza. Mi sono trasferito negli Stati Uniti dove ho studiato Scienze
Agrarie alla Columbia University.
-
Wow! Che vita avventurosa Adam e avete vissuto anche in Francia ! Come vorrei
andarci un giorno!
-
Vi consiglio di andarci, è decisamente diversa dall'Europa o dal New England - disse
con tono assertivo - Però alla fine sono dovuto tornare anche per volontà di
mio padre che voleva che studiassi agraria perché ci teneva particolarmente,
anche se ho sempre preferito la letteratura e la pittura.
-
Anche io! Amo la letteratura! Emily Dickinson mi ha fatto innamorare del New
England con le sue atmosfere fantastiche e Melville con il suo romanzo Moby
Dick che mi ha fatto sempre desiderare di salpare... Beh senza affondare se
fosse possibile.
Lui
rise di gusto a quella genuina e involontaria battuta - Vedo che siete
un'accanita lettrice, potrei permettermi di consigliarvi dei titoli da leggere?
Le
arricciò leggermente le labbra e gli sorrise
-
Certamente! Leggerò sicuramente quello che mi consiglierete.