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Autore: pampa98    28/07/2023    0 recensioni
[Storia partecipante alla "To Be Writing Challenge 2023" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce la Penna.]
What-if? Il Re Incolore non ha ucciso Totsuka.
«Re.»
Spalanca gli occhi, scattando a sedere mentre le fiamme continuano a divampare dal suo corpo – ma questa volta non distruggono, svaniscono come sono arrivate, rintanandosi dentro di lui al tocco di una mano calda sulla spalla.
«Hai avuto un altro incubo?»
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kushina Anna, Mikoto Suoh, Tatara Totsuka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La magia del Natale



 

Calore, fumo, grida. Le scintille rosse si mescolano alle esalazioni che salgono dalla terra – dalle macerie di ciò che chiama casa, dai cadaveri di coloro che chiama amici.

Mikoto continua ad arretrare, stringendo i pugni, cercando invano di spegnere il fuoco che divampa dalle sue mani, bruciando loro e tutto ciò che gli sta intorno. Indietreggia finché la sua schiena si scontra con un ostacolo e lui si volta per vedere il sorriso di Totsuka dipinto di sangue, i capelli biondi anneriti e bruciati, e la camicia bianca che lentamente si dissolve in una macchia rossa.

«Re…»

 

«Re.»

Spalanca gli occhi, scattando a sedere mentre le fiamme continuano a divampare dal suo corpo – ma questa volta non distruggono, svaniscono come sono arrivate, rintanandosi dentro di lui al tocco di una mano calda sulla spalla.

«Hai avuto un altro incubo?»

Mikoto sospira e si passa una mano sul viso, rassegnato.

Si volta verso Totsuka e si ritrova davanti a una faccia barbuta con un cappello rosso a punta sulla testa e un giaccone dello stesso colore, che deve aver indossato sopra vari strati di altri abiti per ottenere una tale rotondità.

«Che cazzo hai fatto?» esclama, talmente scioccato da quella visione da – quasi – dimenticare l’incubo da cui è appena emerso.

Il suo vassallo non si scompone. Gli regala il suo miglior sorriso, mentre si mette in piedi e, con voce profonda, si presenta come “Babbo Natale, l’uomo in grado di realizzare i sogni di grandi e piccini” e qualche altra cosa che Mikoto non ha voglia di ascoltare. 

Si alza dal letto e va in bagno, sbattendosi la porta alle spalle in un chiaro monito a Totsuka di non seguirlo là dentro. 

Stringe la mani sul lavandino e china la testa, lasciando andare un lungo sospiro. Non ha ancora perso del tutto il controllo sui suoi poteri, ma sa che è solo questione di tempo prima che il fuoco lo consumi. 

Forse dovrebbe andarsene, allontanarsi da tutti finché può ancora farlo. 

L’Homra sopravviverebbe anche senza di lui, ne è certo.

Apre il rubinetto e si bagna il viso con l’acqua fredda, prima di uscire con l’intenzione di dirigersi a parlare con Kusanagi.

Si blocca sulla soglia del bagno, vedendo Totsuka seduto sul letto intento a giocare con il pom pom sulla sommità del cappello. Ha ancora il giaccone rosso addosso, ma la sua faccia è tornata quella di sempre. La luce che filtra dalla finestra si riflette sul suo orecchino, facendolo brillare.

«Credevo fossi già sceso» dice.

Totsuka solleva lo sguardo verso di lui e gli rivolge il suo solito sorriso, quel sorriso che anche la notte più buia non riuscirebbe a spegnere.

«Non senza di te. Temo che non sia bastato Babbo Natale per farti tornare il buonumore, vero?»

Mikoto sbuffa. «Tu non sei Babbo Natale. Nemmeno esiste quel tizio.»

Totsuka scatta in piedi, portandosi l’indice destro sulle labbra e guardandosi intorno allarmato. 

«Non dire così, Re! Pensa se ti sentissero Anna o gli altri ragazzi!»

Mikoto inarca un sopracciglio, ma prima di chiedere se davvero pensa che i loro compagni credano ancora a quella stupida leggenda, scuote la testa e decide di lasciar perdere – anche perché teme di ricevere una risposta affermativa.

«Ti va di parlarne, prima di scendere?» aggiunge poi con un sorriso incoraggiante, e Mikoto sa che non stanno più parlando del Natale.

Totsuka possiede l’innata capacità di passare da una chiacchierata frivola a domande esistenziali come se entrambe facessero parte di un’unica conversazione. Serietà e divertimento si mescolano in lui, trovando la perfetta armonia per far sentire a proprio agio chiunque gli stia accanto. 

«Di cosa vuoi parlare?» mormora. Solleva una mano, osservandone il palmo ancora intatto. «È sempre la stessa storia: distruggo tutto ciò che ho intorno a me. Edifici, vegetazione… Persone.»

Stringe il pugno e alcune scintille esplodono nell’aria, minuscola incarnazione della sua rabbia – per un potere che non ha voluto, per un destino da cui non può fuggire.

Le mani di Totsuka si chiudono sulla sua, proteggendola nel loro calore, familiare e sicuro.

«A volte i sogni ci mostrano scorci del nostro futuro» dice, continuando a sorridere, «altre sono la rappresentazione delle nostre paure più profonde.»

«E tu credi che i miei incubi ricadano nella seconda categoria?»

Totsuka annuisce. Gli lascia andare la mano e quando Mikoto apre il pugno, una piccola farfalla rossa si libra tra di loro.

«Te l’ho già detto, Re: i tuoi poteri sono fatti per proteggere. E non mi riferisco solo a ciò che il fuoco può materialmente fare. Tu – ciò che rappresenti – hai reso possibile la creazione di questo posto. Hai dato una casa e una famiglia a chi non ne aveva, hai salvato tutti quei ragazzi dalla distruzione a cui sarebbero andati incontro se non avessero trovato la tua protezione.» Si avvicina a lui, posandogli le mani sulle spalle. «I tuoi poteri vanno al di là delle fiamme che scaturiscono dalle tue mani, ricordatelo sempre.»

Mikoto abbassa lo sguardo, sentendosi sopraffatto da quelle parole. Non aveva mai pensato ai suoi poteri in quei termini. Per lui, erano da sempre una maledizione, destinata a consumarlo lentamente. Non credeva ci fosse altro dietro al fuoco che scatenavano. 

«E comunque» riprende Totsuka, alzando il mento con aria tronfia, «se davvero un giorno dovessi perderne il controllo, hai la fortuna di avere un ottimo domatore di bestie al tuo fianco. Saprò rimetterti in riga in un attimo, come se fossi solo un tenero micetto anzic- Ahi, ahi!»

Mikoto gli lascia andare la testa che aveva preso a stringergli quando lo aveva chiamato “bestia”, ma mentre guarda Totsuka massaggiarsi il capo dolente un sorriso gli affiora alle labbra.

«Ti diverte questo e non Babbo Natale?» esclama il suo vassallo, offeso dalla sua espressione divertita.

«Non mi diverte niente. Pensavo solo a quanto sei strano.»

«Decisamente meglio» sbuffa lui.

Mikoto gli si avvicina, mettendogli due dita sotto il mento per costringerlo ad alzare gli occhi verso di lui. 

«L’Homra esiste grazie a te, Totsuka» gli dice. «Né io né Kusanagi saremmo riusciti a realizzarla. Tu sei il motivo per cui le mie fiamme non si limitano a uccidere. Non dimenticarlo.»

Totsuka sgrana gli occhi, mentre il suo volto si tinge sempre più di rosso. Probabilmente vorrebbe allontanarsi, ma la sua presa glielo impedisce. È raro vederlo così imbarazzato e incapace di trovare le parole per esprimersi: a Mikoto non dispiace.

«C-Così sembra che io abbia p-più meriti di quelli reali, Re…» mormora infine, abbozzando un sorriso.

Fa un passo indietro e Mikoto lo lascia andare, spostando la mano ad arruffargli i capelli. Quel ragazzo riesce a scorgere il meglio in ogni persona, eppure tende sempre a svalutare se stesso. Se fosse in grado di trasformare i suoi pensieri in parole, lo costringerebbe a volersi più bene. Ma ciò che gli ha appena detto è il massimo a cui riesce ad arrivare, così si limita a offrirgli un sorriso – più raro dell’imbarazzo di Totsuka – e spera che, per il momento, sia sufficiente.

«Disturbo?» 

Mikoto solleva lo sguardo verso la porta, dalla cui apertura spunta la testolina di Anna. Non l’aveva sentita arrivare, ma le fa comunque cenno di entrare. Lei era ancora più taciturna di lui, nonostante ciò forse sarebbe riuscita a mostrare a Totsuka quanto tutta l’Homra lo stimasse – quanto lui lo stimasse. 

I suoi propositi di chiedere manforte alla bambina, però, vengono meno nell’istante in cui si ritrova faccia a faccia con la barba bianca e il cappello rosso che lo avevano svegliato poco prima. 

«Tatara?» chiede Anna, troppo intelligente per lasciarsi ingannare da quel travestimento.

«Tatara? Chi è Tatara?» esclama Totsuka, facendo la voce grossa. «Mi sa che devi ancora svegliarti per bene, perché io sono solo Babbo Natale.»

Lei sbatte le palpebre, poi schiude le labbra a formare un “Oh”. 

«Sei venuto a portarci i regali?»

«Naturalmente, oh oh oh. Solo ai bambini buoni, però, si intende. Tu sei stata buona, piccola Anna?» aggiunge, chinandosi per raggiungere la sua altezza.

La bambina ci riflette su, poi solleva lo sguardo verso di lui.

«Penso di sì. Tu sei d’accordo, Mikoto?»

Mikoto sbuffa, passandosi una mano tra i capelli. Non ci tiene a farsi coinvolgere in quella sceneggiata, ma i grandi occhi con cui Anna lo fissa lo costringono a mormorare un assenso. 

La bambina gli rivolge un piccolo sorriso di gratitudine, poi sposta lo sguardo tra lui e “Babbo Natale”. Sembra riflettere su qualcosa e la sua corsa verso la porta ne è la conferma.

«Tatara dovrebbe aver lasciato dei biscotti per te, sotto l’albero. Vado a controllare che ci siano ancora.»

Lascia la stanza prima ancora di aver concluso il suo annuncio, invitandoli a raggiungerla al piano di sotto appena saranno pronti.

Totsuka ride, abbassandosi la barba finta.

«Non sono stato abbastanza veloce a coprirmi il volto, temo» dice, tornando a usare la sua voce normale.

«Non l’avresti ingannata comunque. Però se scendi così, magari qualcuno che ti scambia davvero per Babbo Natale lo trovi.»

Totsuka si illumina a quelle parole e gongola soddisfatto che “ha creato proprio un ottimo travestimento”. Mikoto non ha voglia di portare avanti quella conversazione, quindi si limita a ignorarlo e seguire Anna nel bar. 

«Re, aspetta!» lo ferma Totsuka quando è già arrivato sul pianerottolo. 

Mikoto si volta e vede il ragazzo frugare all’interno di un grosso sacco di iuta, che lui non aveva notato fino a quel momento. Totsuka sorride quando le sue mani afferrano l’oggetto cercato e, rimessosi quel pesante sacco sulle spalle, si avvicina a lui e gli porge un pacchetto regalo.

«Buon Natale!»

Mikoto osserva l’oggetto, incerto.

«Smetterai mai di farmi questi regali?» domanda, anche se conosce già la risposta. 

«Non finché avrò vita.»

Con un sospiro, prende il pacchetto e ne strappa la carta decorata con renne e palle di neve, rivelando una cornice. La foto all’interno ritrae un cielo notturno, costellato da centinaia di piccoli punti rossi. Le luci che avevano visto insieme, la sera prima del compleanno di Anna.  

«Ho pensato che potesse farti piacere avere un ricordo di quel giorno» spiega Totsuka, smuovendo il sacco forse nel tentativo di ridistribuirne meglio il peso. «E, accanto a una notte così bella, anche gli incubi dovrebbe stare lontani.»

«Una foto non può entrare nel mio subconscio» risponde. 

Rientra nella sua stanza, posando la cornice sul comodino, con la foto diretta verso il letto. Non pensa che un’immagine sia in grado di conciliare il sonno, ma sarà comunque l’ultima cosa che vedrà prima di chiudere gli occhi – e Totsuka sarà il suo ultimo pensiero. Forse quello potrebbe essere un deterrente per i suoi incubi.

Quando esce dalla camera, il suo vassallo sta ancora litigando con quel sacco, chiaramente troppo pesante per le sue esili spalle.

«Dallo a me» dice e, senza attendere una risposta, glielo toglie dalle mani. 

«Tranquillo, Re, ce la faccio.»

Mikoto sbuffa. «Non mi sembra proprio.»

«I regali li deve portare Babbo Natale, è la regola!»

«Non ha degli assistenti? Chi ti dice che non lo aiutino loro?»

Si pente di ciò che ha detto nell’istante stesso in cui lascia le sue labbra, ma ormai il danno è fatto. Il volto di Totsuka si illumina in un sorriso a trentadue denti, segno che Mikoto non può più tornare sui suoi passi.

«Hai ragione! Allora così è perfetto, tu sarai il mio… Rudolph! Sì, sai che ci assomigli anche? Però servirebbero le corna da renna e il naso rosso, dovrei avere qualcosa ne- Ahi, piantala!»

«Porto il sacco. Punto» sentenzia Mikoto e solo quando Totsuka conferma di aver capito lascia la presa sulla sua testa.

«Forse non te lo meritavi un regalo…» borbotta infastidito, massaggiandosi il cranio per la seconda volta in pochi minuti. 

Mikoto sbuffa, rendendosi però conto di non averlo ancora ringraziato per il suo gesto, seppur non richiesto. I regali di Totsuka erano sempre belli e genuini, e Kusanagi lo rimproverava ogni volta perché, da quando lo conosceva, non gli aveva mai donato niente. 

Forse è giunto il momento che ricambi, anche con qualcosa di piccolo.

Si avvicina a lui, ancora imbronciato e dolorante, gli solleva il volto e lo bacia. Un tocco veloce, un semplice sfiorarsi di pelle su pelle che è sufficiente a inviare una scarica lungo tutto il suo corpo. Non si aspettava un effetto simile, né che desiderasse prolungare quel contatto finché il suo respiro glielo avrebbe permesso.

Ma la voce di Kusanagi, che li chiama dal piano di sotto, lo costringe ad allontanarsi. E forse è un bene, perché Totsuka è rimasto immobile, a fissarlo con il volto paonazzo. 

Mikoto inarca un sopracciglio.

«Stai bene?» gli chiede.

Il ragazzo sbatte le palpebre, segno che almeno è ancora vivo. Poi sembra riprendere finalmente controllo del suo corpo, anche se non del suo colorito. Rimette su la barba, si sistema il cappello sulla testa e si avvicina a lui tenendo il volto basso. 

Gli prende la mano libera, stringendola in una presa tesa ma decisa.

«D-Dovremmo scendere, ora» dice, continuando a evitare il suo sguardo.

Mikoto inclina la testa, cercando di capire cosa provi – e, nascosto tra la barba, nota un sorriso a dipingergli il volto. 

Sorride a sua volta, e insieme si incamminano per portare la magia del Natale anche ai loro amici.


 
   
 
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