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Autore: Fiore di Giada    30/07/2023    0 recensioni
[Storia collegata a "Oltre il rimorso", "Farewell hero", "Anime a confronto", "La forza di un cuore giovane", "Sarai di nuovo libero"]
Tre anni dopo la guerra contro Morrigan, Kaidan osserva un lago.
Sente su di sé il peso dell'inutilità, per non avere salvato il giovane eroe di Namida, Roran.
Ma il Fato riserva sempre sorprese.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il sole morente incendia il cielo d’oro e vermiglio e i suoi raggi circondano il Monte Solear, come un’immensa aureola fiammeggiante.
Stormi di corvi, simili a nere nubi, velano d’un nero effimero lo splendore del firmamento e riempiono l’aria di richiami lamentosi, funerei.
I raggi dell’astro diurno si riflettono sulla calma superficie del lago Mithun e la colorano di viola, rosso e oro.
Kaidan, seduto sul suo cavallo, osserva. Tre anni dolorosi sono trascorsi dalla sconfitta di Erwen e Morrigan.
Sono riusciti a vincere quell’orribile battaglia.
Ma Roran Laois è morto, consumato dall’orribile maledizione di Morrigan.
Per nove, lunghi giorni ha lottato contro dolori dilanianti, come lame gelide nella carne.
E ha sopportato quel tormento con encomiabile dignità.
− Roran, luce di Namida… Tu hai salvato tante, troppe volte il mio cuore, con la tua generosità… E io… Io non sono riuscito a salvare la tua vita. Mi sono arreso alla maledizione di Morrigan. – sussurra. Quella maga crudele, pur di annientarlo, non ha esitato a servirsi del suo passato, come d’una arma orribile.
La sua mente, di solito ferma, ha spesso tentennato, dinanzi a quelle immagini vane.
L’affetto di Roran gli ha permesso di recuperare la via.
Il disgusto riempie la sua bocca, come bile.  Prima di morire, Roran gli ha chiesto di curare le ferite del suo corpo.
Ma ha senso proseguire un simile cammino?
 
Uno scalpiccio deciso interrompe il corso dei suoi pensieri.
D’istinto, porta la mano alla spada e si gira.
Sospira. Perché Shaban è giunto lì?
Il gigante, a passo rapido e deciso, colma la distanza tra di loro.
Il suo sguardo, attento, vaga sul lago, poi si libra verso il cielo.
Come fai ad essere così calmo?, si chiede Kaidan, stupito. In quel momento, il suo compagno sembra una statua d’ebano, priva di vita.
Come riesce a mantenere una simile calma?
Shaban ha voluto bene a Roran e ha patito la sua orribile morte.
Eppure, sul suo sguardo scorge una malinconica serenità.
Sorride, triste. L’imponente guerriero, in quel momento, appare un asceta.
E lui, Kaidan, invidia quella tranquilla malinconia.
 
− Non sono così calmo come credi. – dichiara Shaban, la voce pacata.
Sono diventato così trasparente?, si chiede Kaidan, ironico. Un tempo, la sua imperturbabilità gli ha procurato il soprannome di Il silenzioso.
Ma l’affetto per Roran e per gli altri ragazzi ha liberato le sue emozioni, a lungo represse.
− Tu pensi che la sua morte dipenda da te. Ma non è così. – dice, ad un tratto, Shaban.
A quelle parole, Kaidan sgrana gli occhi. Il pensiero di Shaban è cambiato.
E non riesce a comprenderne la ragione.
Sentendo su di sé lo sguardo perplesso del compagno, Shaban sospira e si passa una mano tra i capelli.
− Tu sei potente. Ma non sei invincibile. Nessuno può contrastare il Grande Spirito nelle sue decisioni. –  comincia.
Kaidan solleva la testa verso l’alto e fissa lo sguardo su uno stormo di corvi. Quella saggezza amarsiana lo sorprende.
Eppure, perché non hanno esitato a incolparlo?
− Io avevo bisogno di qualcuno su cui sfogare la mai rabbia. Avevo paura di morire.  – comincia il guerriero, lo sguardo fisso sul lago. 
Un debole fremito attraversa il suo corpo e, d’istinto, stringe i pugni. Come ha potuto lasciarsi dominare dall’egoismo?
Il suo dolore, per quanto dilaniante, non è una valida scusa.
− Roran non doveva morire. Quei due bastardi erano stati sconfitti. Lui doveva tornare nella sua patria e riprendere a vivere. Ma così non è stato.. – confessa.
Per un istante, la sua voce trema e le lacrime tremano nei suoi occhi d’onice. 
− Kaidan, puoi scendere da cavallo? – domanda Shaban.
Con un movimento fluido, il mago guerriero salta giù dall’animale e resta immobile, in attesa. Non comprende il senso della domanda del compagno.
Shaban piega in ginocchio e, per alcuni istanti, resta immobile, la testa china sul petto.
Kaidan, sorpreso, arretra d’un passo, mentre il cavallo, sentendo l’indebolimento della presa, nitrisce e scuote la lunga criniera color miele.
Con movimenti secchi, decisi tira le redini.
− Perché? Che senso ha? – domanda, stupito. 
Per alcuni istanti, Shaban tace.
− Ad Amarsia, in caso di colpa grave, si affida alla propria vittima l’esecuzione della pena. Decidi tu quanto sangue puoi togliere dal mio corpo. – proclama, risoluto.
 
Un mezzo sorriso solleva le labbra di Kaidan. Quelle parole lo hanno liberato da una oppressione sul petto.
− Dovrei togliertene tanto, per stupidità. Ma perderei un amico meraviglioso e onesto. – dice.
Si china e appoggia le mani sulle spalle di Shaban.
A quel tocco, l’altro si irrigidisce, come una sbarra di metallo, poi alza la testa e i suoi occhi si riflettono nelle iridi di Kaidan.
Mi perdoni?, si domanda, stupito. Non c’è odio nello sguardo sottile del mago guerriero di Namida.
Il rimpianto vela lo splendore dei suoi occhi verdi.
− No, non ti odio. Hai tanto sbagliato, ma hai tentato di rimediare ai tuoi errori. E io non mi accanirò su di te in una insensata vendetta. – conclude. Forse, la sua vita  può riprendere.
Con un cenno del capo, Shaban annuisce. Non può non ammirare la tempra di Kaidan.
Il suo occhio riesce a vedere la sua anima e a comprendere le sue ragioni.
Non sarò indegno del tuo perdono.,  si dice. Un simile, raro dono merita una valorizzazione attenta.
Non può sprecare parole vuote, non rinforzate dalle azioni.
− Sarò degno del tuo perdono, Kaidan. Te lo prometto, amico mio. −
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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