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Autore: DarkYuna    02/08/2023    1 recensioni
"Gli incubi gozzovigliano con le fisime, infuriano sul loro fuoco e le tormentano nell’eternità immensa per condurle all’insania.
Chiudo gli occhi sfiancata dall’insonnia estrema, rivoltandomi nel letto sfatto in cerca di una pace che non è mai stata mia… e lui è qui."
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Inizio obbligatoriamente la storia col dire che questa non è la sezione giusta, anche se tratta argomenti religiosi, ma non ho trovato la sezione giusta.
Questa storia non è adatta per i fanatici religiosi cristiani che non ammettono altra legge che la loro e quella della chiesa.
Questa storia non è adatta per chi non accetta l'umanità di Dio, né in Gesù o altri ruoli tranne quelli sacri. 
Questa storia tratta tematiche particolari, rigetta la Bibbia come testo sacro e la chiesa come istituzione sacra.
Non accetterò alcuna lamentela a riguardo, dopo questo avvertimento.









1.
 
 
 
 
 
“Quando farete dei due uno,
e quando farete l’interno come l’esterno e
l’esterno come l’interno,
e il sopra come il sotto,
e quando farete di uomo e donna una cosa sola,
così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna,
quando avrete occhi al posto degli occhi,
mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi,
e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno.”
dal Vangelo di Tommaso
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I viaggi dell’anima si avviano sempre con un’abissale putrefazione dell’esistenza e lo smarrimento della mira.
Anche il mio di viaggio inizia così, su un tragitto che è più labirinto, costellato da maschere senza volto, vanità delle passioni, sorrisi contraffatti al sapore di fiele. Io non sono più io, un vuoto abissale è l’unica consuetudine, e alla fine sono crollata.
Buffo che quando cadi, non vi è mai nessuno a rastrellare i pezzi. No, non funziona come nei libri best seller o nei film candidati all’Oscar, questa è la realtà e nessuno viene a salvarti nell’ora più buia, perché quando ti rompi devi raccoglierti da sola in silenzio e provare a rincollarti tra disperazione ed abbandoni.
E mi sono lasciata tutto dietro con il sole come unica guida all’orizzonte e zero aspettative, nello zaino un paio di fallimenti, una manciata di sconfitte, giusto qualche amicizia artefatta, una famiglia allo sfacelo, ed eccomi su questo volo avventato per Gerusalemme: la Terra Santa.
 
 
Una scettica in visita ad un luogo di religione.
 
 
Cosa mi aspettassi sul serio quando ho comprato il biglietto di sola andata non so risolverlo, forse un miracolo? Ritrovare me stessa? Conoscere Dio? Tutte queste cose insieme? Nessuna di loro?
A trent’anni ho una crisi che di solito arriva a cinquanta, ma sono nata vecchia, quindi è come aver vissuto già metà della vita, anche se non davvero, è fluita via tra le dita tra rimpianti e tristezze. Ho l’impressione di essere su questo mondo da più tempo di quel che credo, sono mille le esistenze provate, l’anima è stanca, colma di un mondo ipocrita, praticare il silenzio è l’unica soluzione per sentire davvero.
 
 
I pensieri si avvitano in un vortice confuso di astrazioni disomogenee, scenari di un passato ancora fin troppo presente, parole giuste giunte quando oramai è tardi, e, con un’intensità lancinante desidero rivolgere quesiti e chiacchiere a colui che ci scruta da un paradiso alla quale non mi è permesso accedere, desidero per una volta credere in ciò che gli occhi non possono scorgere, desidero qualcosa di indefinitamente immenso che rammendi lo strappo nelle tenebre del mio essere ed indichi la giusta via. Mi sono persa e non vengo fuori dal labirinto delle ombre.
 
 
Sistemo le cuffie collegate al cellulare, mantengo un volume accettabile per non infastidire gli altri passeggeri del volo internazionale per Israele, incrocio le braccia e chiudo gli occhi, provando a riposare qualche ora prima dell’atterraggio.
 
 
Siento que te conozco hace tiempo,
de otro milenio, de otro cielo.
Dime si me recuerdas aun,
solo con tocar tus manos
puedo revelarte mi alma.
Dime si reconoces mi voz...

 
 
Ascolto la voce femminile cantare di un amore lontano nel tempo riconosciuto al primo sguardo, la nenia mi culla alle porte sfumate dei sogni, discerno il profumo soave e flautato dei frangipani in fiore nelle calde notti d’estate ed una piacevole sensazione di seta voluttuosa sulla pelle accaldata che assorbe i sensi.
<< Sofia. >>, colgo una voce sfocata nella musica sussurrare il mio nome. Sbalzo fuori dallo stato di torpore, spaurita da un banale gioco della fantasia.
 
 
Siento que me desnudas la mente,
cuando me besas en la frente.
Dime si traigo marcas de ayer.
Solo con tocar tus manos
puedo revelarte mi alma.
Dime si reconoces mi voz...

 
 
 
Batto le palpebre per snebbiare la mente piena d’ovatta dal sonno troncato, gli altri passeggeri stanno dormendo, la canzone fluisce dolce. Deglutisco più volte, la gola è riarsa, respiro con affanno nemmeno avessi corso per chilometri, quando il mio campo visivo viene conquistato da un paio di occhi celestiali, intensi, eloquenti, di un azzurro nitido che ricorda il mare cristallino alle prime luci dell’alba.
Ed eccolo il battito di ciglia che mi scosta dal paradiso per mettere a fuoco l’angelo appena disceso, la sincronicità esatta dell’universo si attua con una perfezione miracolistica. Posso quasi avvertire gli ingranaggi che scattano nel cervello e mettono in azione un effetto domino che non potrò più arrestare, neppure se lo volessi davvero. 
 
 
Da qualche parte ho letto, forse su un articolo scientifico o qualcosa del genere, che al cervello occorrono sette secondi per capire se chi hai di fronte possa scatenare pulsioni romantiche o se sia solo uno degli otto miliardi che abita il pianeta terra.
Sette stupefacenti secondi che rendono speciale un perfetto sconosciuto.
Sette secondi che possono essere una condanna a morte.
Sette secondi e non sei più padrona del tuo cuore.
Ecco, a me ne è bastato solo uno per rincoglionirmi del tutto.
Un secondo in cui è racchiusa l’eternità intera.
L’ho solo guardato.
Una volta.
Una soltanto, diamine!
 
 
Ma uno così non passa inosservato nella folla, neanche a volerci provare, uno così spicca su tutti e tutto, resta impresso come un’incisione a sangue nel tessuto cerebrale e da un incendio indomabile non ti salvi. O forse sono io che lo vedo così, lo sto guardando con occhi diversi rispetto a ciò che ero un minuto fa. Già non sono più la stessa persona che ero un secondo fa, cambiamo continuamente ad ogni respiro e nemmeno ce ne rendiamo conto.
È bellissimo o chissà no, il giudizio obiettivo non è più attendibile. Non posso più fidarmi di me stessa; non riesco ad isolare il particolare preciso che seduce, forse i lunghi capelli color castagna d’autunno che ricadono soffici a punte disordinate sulle spalle, l’ingenuità morbida tra i lineamenti da uomo adulto o lo strato scuro di barba.
O forse sono tutti questi particolari mescolati nel caos della mia mente e qualcosa in più. Quel “qualcosa in più” che cerchiamo disperatamente negli altri e che a noi manca.
È diverso, diverso da tutti gli altri, donne ed uomini, chiunque abbia incrociato il mio cammino.
 
 
Il desiderio acuto di una fede provato pocanzi verso un Dio a me sconosciuto devia di netto in un sentiero che non avevo preventivato, assume le vestigia di un desiderio indecente, un desiderio acuminato che s’accende nel petto e mi trapassa da una parte all’altra del cuore. All’inizio mi disturba, tormenta, diviene ingombrante, occupa tutto il vuoto che ho dentro, ben presto straripa i bordi, si trasforma in un’onda anomala che mi trascina in acque buie nella quale non ero mai stata prima. Vado a fondo, pur restando a galla.
 
 
L’uomo sorride enigmatico come se mi conoscesse, schiude le labbra e non riesco ad udire alcun suono.
 
 
Strappo di getto le cuffie, la musica viene meno.
<< Come scusi? >>, balbetto disordinata, provando a riottenere un briciolo di decenza. Sbavargli addosso è l’ultima delle prerogative per oggi.
 
 
<< Sta bene? Si è svegliata di soprassalto. >>, spiega con un accento strano. Siamo su un volo che parte da Roma, parla italiano, ma non è italiano, ha una pronuncia incerta, le parole escono stentate.
Un fuoco vitale sgorga dalle iridi ardenti, un incanto vincolante incenerisce in esse, forma un nodo d’acciaio che si stringe sul cuore.
 
 
Traggo un profondo respiro, devo attingere ad una forza morale che non immaginavo di possedere per distogliere lo sguardo dal suo.
<< No. Sì beh, credo di aver avuto un incubo o qualcosa del genere. >>.
 
 
<< Spero niente di troppo sconvolgente. >>. La voce è intraprendente, musicale, decisamente maschile anche se mantiene delle note dolci sulle vocali finali. Sorride, ed odo pure i cherubini cantare… ecco che giunge il secondo momento cruciale.
Deve essere composto di luce o di qualcosa di molto vicino all’eliso: sono corrotta dalla sua presenza, intossicata, avvelenata nel profondo. Vaneggio perfino con me stessa.
Cioè, io vaneggio sempre con me stessa, però stasera sto dando il meglio di me.
Guarda con insistenza, non lo fa per mettermi a disagio, sono io che non riesco ad affrontare quegli occhi, è come se riuscisse a leggermi dentro, a mettermi davanti ai miei errori per fare i conti col passato.
 
 
Mi stringo nelle spalle, cerco un appiglio nei dintorni, l’ascendenza è impetuosa, sono costretta ad osservarlo di nuovo.
<< Non più del solito. >>. I miei sogni sono tempestati di continuo da incubi, mostri, demoni, oramai la prassi, anche se stavolta è un altro il motivo per cui mi sono svegliata.
E la percezione di familiarità, in principio mormorata, adesso è un fragore disperato che detona tra le pareti della scatola cranica. È come se io mi fossi già trovata in passato in un momento affine; nel torace il cuore muta battito, esegue un concerto strampalato, una grancassa stonata che pesta prepotente per farsi ascoltare.
 
 
Aggrotto la fronte, tormento le labbra, tentenno sull’insensatezza di ciò che sto per chiedere.
<< Mi scusi se glielo chiedo: ci siamo visti in aeroporto per caso? >>. Fino a questo momento non mi ero accorta neanche della sua presenza accanto a me, ed è alquanto assurdo, un uomo di tale bellezza attira di certo l’attenzione di chiunque.
 
 
Indugia un istante, non abbastanza per farmi dubitare sulla sincerità.
<< No. >>, risponde semplice. << Pensa di conoscermi? >>. Ha l’ombra di un sorriso amichevole sulle labbra morbide, è come se attendesse qualcosa dalla sottoscritta che non arriva.
Gli occhi sono ora di un’intensità straziante, hanno il potere prodigioso di stritolarmi il cuore in una trappola mortale, fatta di denti aguzzi.
 
 
<< Le assicuro che non ci voglio provare. >>. Non ne sarei comunque all’altezza, il mio aspetto fisico non potrebbe equipararsi al suo neppure tra mille anni.
 
 
<< Non ho mai pensato che lei ci stesse provando. >>, dice e non sembra vanitoso nell’affermare ciò, pare non vedere il dislivello. È misterioso, educato, paziente, cortese. Non sembra capace di alcuna ostilità, né di azioni riprovevoli. << Possiamo comunque conoscerci ora, c’è molto tempo prima dell’atterraggio. Io sono Yeshua. >>. Tende disponibile la mano affusolata, non mi soffermo troppo sul gesto, che ricambio senza pensarci.
Non è italiano, avevo ragione io, probabile stia tornando a casa dopo un viaggio in Italia.  
La stretta è avvolgente e travolgente, la percezione totalitaria di averlo conficcato negli abissi in ogni cellula che mi compone si propaga ben presto in tutto il corpo.
D’un tratto sono completa.
 
 
<< S-Sofia. >>. Faccio fatica a mantenere la mente lucida, il controllo sulle azioni rallenta, non riesco più a far coincidere il pensiero al corpo, d’un tratto si scollegano.
 
 
<< È la prima volta che si reca a Gerusalemme… Sofia? >>. La leggiadria con cui pronuncia il mio nome riesce a rivoltare i detriti che allignano sul fondo dell’anima, lì dove c’è un bel po’ di merda che si è raccolta nel corso degli anni.
Sono alquanto stupita che sappia la mia destinazione: l’aereo atterra a Tel Aviv. Anche se è risaputo che almeno il 90% degli altri passeggeri andranno a Gerusalemme, quindi ha solo tirato le somme. 
 
 
Annuisco solamente, sto perfino perdendo la facoltà di parola.
 
 
<< È in cerca di Dio? >>.
 
 
Aggrotto la fronte, piego la testa da un lato e rifletto attentamente sulla domanda.
<< Forse. Non ne sono davvero certa. Ho passato tutta la vita a non credere in niente, se non a quello che posso vedere, ma sono qui oggi e non sono più certa che quella percorsa sia la strada giusta: non sono più sicura di niente. Mi sento smarrita, senza inizio e senza fine, persa nel mezzo di un limbo. >>.
 
 
Ascolta attento, è più una chiacchierata tra due persone qualunque, a prescindere da ipocrisie e funzioni, non vuole vendermi un credo, solo parlare.
<< Il seguace più fedele non è colui che crede a chicchessia, ma colui che crede a chi gli prova di esserne degno. Non è forse lei che è in cerca di verità la persona più devota per un Dio che è verità in terra? >>, espone con una saggezza d’altri tempi, le sue parole vanno in porto, colpiscono più di quanto io dia a vedere.
 
 
<< Lei crede in Dio? >>.
 
 
Le sopracciglia  scure si flettono, l’espressione si alleggerisce, una vibrazione positiva s’innalza da lui. Poggia la testa allo schienale, sorride raggiante, mettendo in mostra una chiostra di denti dritti e bianchissimi.
<< Qualcosa del genere. >>.
 
 
<< Ho detto qualcosa di divertente? >>.
 
 
<< È più un pensiero mio. Non ne abbia a male, questa conversazioni mi rammenta un ricordo passato, non è un modo per prenderla in giro. >>.
 
 
Sono già a corto di argomenti, non voglio chiudere così la conversazione e la situazione mi mette a disagio, quindi getto ampie occhiate all’interno dell’aereo e colgo al volo l’idea.
<< Lei è di Gerusalemme? >>.
 
 
Deglutisce. Posso vedere il Pomo d’Adamo che va su e giù due volte. Lo sguardo cambia, socchiude gli occhi, ogni vena d’allegria viene meno.
<< Sono nato a Betlemme, cresciuto nell’infanzia a Nazareth. A Gerusalemme torno per festeggiare la Pasqua ebraica. >>, dice ed è buffo che mi dia tutte quelle informazioni ad una domanda così vaga come la mia.
 
 
Non colgo subito, o forse è il cervello che non vuole fare un collegamento sensato.
<< È nato a Betlemme come… >>, e mi blocco d’improvviso.
 
 
Volge il viso nella mia direzione, mi ha condotta proprio dove si era prefissato.
<<… Gesù? Sì, me lo dicono in tanti. Dicono anche che gli somiglio, sarà per via dei capelli lunghi. >>, sghignazza divertito, toccandosi la chioma bruna e confutando ogni ragionevole dubbio.
Stoltamente è le sue mani che cerco, per assodare se ci siano segni di cicatrici, poco dopo mi sento una stupida per aver partorito un concetto così insensato. Se fosse stato davvero Gesù non avrebbe di certo viaggiato in aereo e parlato proprio con me.
Che senso avrebbe?
 
 
<< Il massimo sarebbe se lei fosse un falegname?! >>.
 
 
Trattiene a stenti un sogghigno.
<< Sono un falegname. >>, conferma onesto. Non dubito mai della sua parola, neanche una volta, non v’è spazio nella sua voce per le bugie. << Anche se da un po’ di tempo sto dando più spazio alle mie doti di profeta. >>.
 
 
<< Fa parte di qualche associazione religiosa? >>. Immagino che stia per rifilarmi il suo prodotto alla quale non sono minimamente interessata, mi sento presa in giro, tutta la conversazione è stata costruita per giungere a questo punto. << È un sacerdote? >>. Non dovrebbe andare in giro con l’abito talare o un segno distintivo per far capire che è un prete?
 
 
<< Niente di tutto questo: porto conforto a chi ha bisogno di me. >>.
 
 
<< E viene pagato per questo? >>. Non ho mai sentito di un lavoro simile prima, forse è uno psicologo e non sa spiegarlo nella mia lingua?
 
 
<< L’unica moneta che conosco e con la quale vengo ripagato è l’amore. >>.
 
 
Corrugo la fronte, non sono certa di aver ben compreso.
<< La gente la ripaga facendo l’amore con lei? >>. È il quesito più stupido che potessi porre.
 
 
Ride. Ride di gusto, come se non avesse mai riso così prima di oggi.
<< La gente mi ripaga con la gratitudine. >>.
 
 
<< Con la gratitudine non si mangia. >>.
 
 
<< La gratitudine è il cibo dell’anima. >>, corregge lui sapiente. Non ha l’aria di essere un pazzo, sa con criterio quel che afferma.
 
 
<< E le bollette come le paga? Con l’altro lavoro? >>.
 
 
<< È interessata al mio stile di vita o se è davvero possibile vivere con la gratitudine degli altri? >>, elude sapiente l’interrogatorio.
 
 
Ci penso su un momento, non so darmi una risposta sensata.
<< Non lo so. Lei sembra una brava persona. >>.
 
 
<< Grazie. >>, si frappone, contento di aver ricevuto questo tipo di complimento da chi niente sa di lui.
 
 
<< Ma non ho mai incontrato davvero nessuno che faccia del bene al prossimo senza un tornaconto personale. >>, diffido di chiunque compia gesti caritatevoli privi di un secondo fine. Le persone fanno schifo, l’ho imparato sulla mia pelle. 
 
 
<< Lei invece sembra una persona che ha perso la fede. >>, esprime malinconico.
 
 
<< Le ho detto che non sono certa di credere. >>.
 
 
Scuote il capo, i capelli ad onde si spostano sopra le spalle .
<< Non la fede in un Dio. La fede di un’onestà disinteressata, c’è ancora chi fa del bene perché ha un cuore puro… lei non ne ha mai fatto? >>.
 
 
Ogni volta che ho provato a fare del bene a qualcuno, me ne sono pentita poco dopo.
<< Se dicessi di sì, suonerebbe falso. >>.
 
 
<< Ma io le crederei. >>, dice immantinente, neanche si aspettasse la conferma.
 
 
<< Si fida troppo di chi non conosce. >>.
 
 
Di nuovo il sorriso enigmatico, di chi sa più di quel che dice, ma si frena poiché non è il momento giusto per dare voce alla sincerità.
<< Si tratterà molto a Gerusalemme? >>, distoglie sapiente l’attenzione dall’argomento principale.
 
 
<< Non lo so… questo viaggio non era neppure programmato. >>.
 
 
<< Dalle circostanze inattese ne viene sempre fuori il migliore dei viaggi. >>. Riesce ad estrapolare il positivo da ogni frase, deve essere sul serio un valente predicatore.
 
 
<< L’unica cosa che vorrei da questo viaggio è un briciolo di pace, un qualcosa a cui aggrapparmi per continuare a vivere. Cerco una ragione, ecco. La mia vita mi sembra non avere senso, niente mi sembra avere senso… il giorno e la notte passano uguali, ed è sempre lo stesso. Perché vivere? A che pro? Che sto aspettando? Che aspettano tutti? >>.
 
 
<< Vuole sul serio una ragione? >>.  
 
 
<< Ardentemente. >>. E lui sembra il tipo che non chiede altro che di concedere tale ragione.
 
 
<< Quanto è disposta a darmi corda? >>. È sul punto di avanzare una proposta straordinaria, una di quelle che promettono di cambiarti la vita… o distruggertela.
 
 
<< Se non ci sono di mezzo sesso, soldi e sangue, tutta la corda che vuole. >>.
 
 
Tira da un lato l’angolo della bocca, divertito dal linguaggio diretto.
<< Ho come l’impressione che per lei la questione economica abbia una valenza fondamentale in ogni questione. >>.
 
 
<< È perché non ho un becco di un quattrino e non vorrei ritrovarmi in un fossato morta ammazzata per due soldi. >>.
 
 
Offre per la seconda volta la mano, per suggellare un accordo.
<< Mi assecondi per una settimana: una soltanto. Le prometto che se si stancherà di me potrà tornare alla sua ricerca e non la disturberò mai più. Non le venderò nulla, né la convincerò di altra verità se non quella alla quale i suoi occhi saranno testimoni… seguimi Sofia.>>, passa dalla struttura formale a quella più amichevole, abbattendo una prima barriera che separa lui dalla sottoscritta.
 
 
Il raziocino consiglia di non dare credito al primo venuto, potrebbe essere un serial killer squilibrato stupratore, eppure, in cuor mio si agita una voce perentoria, prega vigorosa di prestare fede per una volta, di credere all’uomo seduto al sedile di fianco al mio dagli occhi di paradiso.  
Stringo la mano, per la prima volta sicura della scelta compiuta.
<< Va bene sì… ti seguirò Yeshua. >>.









Note:
Dopo un inizio catastrofico pieno di avvertimenti un po' intimidatori (pardon xD), spero che chi ha iniziato a leggere non si faccia un'opinione negativa a prescindere e che gli dia una mezza possibilità fino all'ultimo.

Per stilare questo scritto mi sono basata sullo Gnosticismo Cristiano.

Nell'andare i capitoli spiegherò nelle note cosa è frutto del mio sacco e cosa è preso dagli scritti esistenti. 

Non saranno molti capitoli comunque, questa storia è presa da un punto di vista religioso gnostico di un argomento in particolare che io ho sviluppato soggettivamente. 

Niente di quello che ho scritto è un caso e tutto ha un perché.

Anche se la storia è completata, la pubblicazione è fissa per un capitolo a settimana, proprio perché non sono tantissimi capitoli e non voglio bruciarmeli tutti insieme. 

La canzone nel capitolo è: Marcas de Ayer di Adriana Mezzadri. 

 

Non accetto insulti, commenti idioti, critiche gratuite senza un vero motivo logico. Non verranno accettate nemmeno le critiche pesanti, con i "non ti offendere", sperando che io non mi offenda. Verranno segnalate al sito e poi cancellate. Se non vi piace, nessuno vi obbliga a leggere e soprattutto a commentare.


La storia può presentare errori ortografici, dato che preferisco non sottoporre le mie storie a nessuna Beta.

 

Un abbraccio.
DarkYuna. 

  
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