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Autore: EuphemiaMorrigan    21/08/2023    2 recensioni
GinTaka | Canonverse | Post!Finale
"In quel raro momento di quiete, sdraiato a pancia sotto sul divano, gli occhi chiusi e le labbra piegate in una smorfia, si rese conto di quant'era caduto in basso.
Non più leader della Kiheitai, né allievo di Yoshida Shoyo, solo l'ex terrorista mezzo cieco che viveva a scrocco da yorozuya Ginsan. Probabilmente quella era la sua punizione per i crimini commessi."
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gintoki Sakata, Takasugi Shinsuke
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quando non ti piace il canon, cambialo '
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Dormire sul divano fa venire mal di schiena e ascoltare cose che non avresti dovuto sentire.


Shinsuke aveva appena trascorso la giornata più faticosa e frustrante della propria esistenza, ridicolmente molto più estenuante di quando impediva a Takechi di appostarsi davanti agli asili del Paese per le sue “ricerche”; ricordava ancora quella volta che una vecchietta aveva picchiato entrambi col bastone da passeggio, ecco il motivo della sua cervice infiammata!
Abituarsi di nuovo alla personalità fuori dagli schemi di Katsura però era decisamente più complicato di qualsiasi demone centenario lo avesse mai rincorso, in più doveva ancora digerire la presenza di quell'animale domestico, o presunto tale, che l'amico si portava dietro ovunque andasse. Dalla prima volta aveva visto Elizabeth il pensiero di cosa, o chi, si nascondeva sotto quell'enorme pupazzo gigante dalle sembianze di una papera lo tormentava; per questo aveva passato il pomeriggio, invece di ascoltare Katsura inveire contro il pessimo lavoro della nuova – vecchia e riformata – polizia di Stato, a cercare di scorgere qualcosa sotto al costume di quell'abominio. Senza riuscirci.
Alla fine s'era arreso, per quella volta, e dopo aver salutato distrattamente Katsura e Ikumatsu, era tornato alla Yorozuya, siccome da mesi lo avevano costretto a vivere lì. Sotto costante sorveglianza.
L'occhio sano faceva male già da qualche ora, quindi a malincuore si rese conto di aver bisogno di riposo.
Il medico da cui la Shinsengumi lo aveva trascinato per dei controlli approfonditi, in modo d'assicurarsi di non aver a che fare con un nuovo Utsuro, gli aveva spiegato chiaramente quanto il suo corpo fosse stato sottoposto ad uno sforzo eccessivo e traumi tali che difficilmente si sarebbe mai del tutto ripreso dall'ultima battaglia. La sensazione di affaticamento provata in giornate simili era normale, doveva farci l'abitudine.
In pratica gli aveva suggerito, senza troppi giri di parole, di abbandonare per sempre la via della spada.
Shinsuke quel giorno aveva scrollato le spalle e mostrato indifferenza; in fondo mai s'era ritenuto un vero samurai, da tempo aveva lasciato indietro gli insegnamenti di Shoyo per votare l'intera vita ad un'effimera vendetta. Una parte di sé opportunamente celata, però, s'era sentita perduta, perché se non poteva più combattere allora non sapeva cosa farsene di se stesso.
Fortuna volle che quando rientrò la Yorozuya fosse vuota; la confusione e le urla a cui lo sottoponevano ogni giorno non gli davano nemmeno il tempo di pensare. Perciò in quel raro momento di quiete, sdraiato a pancia sotto sul divano, gli occhi chiusi e le labbra piegate in una smorfia, si rese conto di quant'era caduto in basso.
Non più leader della Kiheitai, né allievo di Yoshida Shoyo, solo l'ex terrorista mezzo cieco che viveva a scrocco da yorozuya Ginsan. Probabilmente quella era la sua punizione per i crimini commessi.
Diversi minuti dopo, quando finalmente stava per addormentarsi, sentì la porta d'ingresso aprirsi e i passi sgraziati di Gintoki, seguiti dall'abbaio energico di Sadaharu, avvicinarsi a lui.
Addio pace, benvenuta ennesima discussione delirante.
《Takasugi?》 lo chiamò, pareva un po' sorpreso di trovarlo lì.
Trattenne un sospiro scocciato, stava per alzarsi e borbottare qualche offesa in risposta ma venne bloccato, prima dal peso di una zampa sulla schiena, poi dalla risatina leggera dell'altro uomo che, con voce bassa e pacata, si rivolse all'enorme cane: 《Buono Sadaharu, Shinsuke sta riposando》.
Aggrottò le sopracciglia, attento a non farsi notare; era inusuale lo chiamasse per nome, e non esagerava quando affermava che, prima di quel giorno, non glielo aveva mai sentito uscire dalla bocca. Alle volte credeva nemmeno lo conoscesse.
Non è male il modo in cui lo dice, ammise a se stesso.
Shinsuke accantonò subito quei pensieri, come ogni volta che per sbaglio si lasciava trasportare da sensazioni pericolose, in cui mai doveva addentrarsi per il suo stesso bene. Aguzzò quindi i sensi, preoccupato, quando Gintoki gli passò la mano fra i capelli: la muoveva piano, con un po' d'incertezza, pareva ben attento a non svegliarlo. Il respiro caldo così vicino all'orecchio gli fece capire quanto in realtà s'era sporto verso di lui.
Avesse sollevato il capo di scatto gli avrebbe dato una testata dritta fra i denti, l'idea di farlo lo sfiorò per un attimo.
Non riusciva a capire cosa aveva intenzione di fare; probabilmente gli stava attaccando le caccole fra i capelli. Ebbe voglia di estrarre il kunai dalla manica del kimono per accoltellarlo come meritava quando l'altro premette un bacio contro la sua nuca.
Quel piccolo gesto lo congelò sul posto.
《Ti amo》 sussurrò poi Gintoki, con una tranquillità tale da sembrare quella non fosse la prima volta che si lasciava scappare certe parole mentre credeva Shinsuke non potesse udirlo.
Invece lo aveva sentito! Fin troppo bene!
Shinsuke, completamente catatonico, neppure si rese conto di quando l'altro s'era allontanato, né quanto tempo aveva passato a cercare di capire se fosse accaduto davvero oppure era stato solo frutto di qualche sua stramba perversione appena sviluppata.
Fu il rumore della doccia e Gintoki cominciare a fischiettare dal bagno che lo aiutarono a riprendersi, almeno in parte. Sedette sul divano, ancora in stato confusionale, e carezzò il muso di Sadaharu, mentre questo aveva preso a scodinzolare contento di quelle attenzioni.
《Che diavolo è appena successo?》 mormorò, incapace di trovargli un senso. L'idea dello scherzo di pessimo gusto ancora radicata nella testa.
La escluse poco dopo, per quanto scemo Gintoki non era il tipo, non con lui. Perciò doveva essere vero, in un modo contorto che non riusciva a comprendere. Magari quell'idiota era diventato masochista o aveva bevuto troppo, ma il suo alito non puzzava di alcol...
Immerse una mano fra i capelli e chinò il viso verso il pavimento.
Con quale coraggio, dopo tutto quello che gli aveva fatto, quel pazzo s'era innamorato di lui?
Non era possibile. Gintoki lo sopportava a malapena.
Alla fine della guerra erano stati costretti a vivere sotto lo stesso tetto, unicamente perché Isao Kondo lo aveva messo davanti a due scelte: il carcere o rimanere ad Edo, in un posto sicuro e con persone fidate.
Gintoki aveva avuto una crisi isterica e quasi ammazzato il gorilla quando gli si era presentato alla porta assieme a lui.
Da quel momento Takasugi non aveva più potuto lasciare il quartiere di Kabuki-cho, né avere contatti con gli ex membri della Kiheitai; non che questo avesse mai impedito a Takechi e Matako di recapitargli delle missive tramite Kamui, considerando che stranamente lo Yato continuava ad entrare e uscire dalla Terra un po' come voleva.
Comunque Shinsuke era bloccato lì da mesi, lunghi e logoranti mesi di litigi.
In più nemmeno Kagura e Shinpachi all'inizio sembravano d'accordo, ricordava la parete distrutta con un calcio dall'aliena e la discussione violenta fra lei e quel tizio fissato con la maionese che, di tanto in tanto, si presentava lì per ispezionare l'appartamento. E Gintoki appariva sempre esausto quando qualcuno della Shinsengumi bussava alla sua porta.
Quindi Shinsuke era un problema, un impiccio, e con la sua presenza aveva distrutto la quiete familiare e quella casa delle bambole che l'altro s'era faticosamente conquistato.
Quel 'ti amo' era... solo un brutto scherzo.
Tornò composto quando sentì la doccia chiudersi e Gintoki incamminarsi rumorosamente in salone; frizionava i capelli umidi con un asciugamano senza curarsi della scia bagnata che si stava lasciando alle spalle.
《Ohi, Takasugi! Già finito di sbavarmi sui cuscini?》.
《Io non sbavo, coglione》 disse, più irritato del normale e di quanto voleva mostrarsi.
L'altro arcuò un sopracciglio, poi commentò sagace: 《Brontolo si è svegliato male anche oggi》.
Shinsuke distolse lo sguardo, 《Facevi rumore, e potevi vestirti invece di allagare il pavimento》.
《Oh, scusami signorina Rottermeier, ma fino a prova contraria questo è il mio pavimento! Ci faccio quello che voglio, posso anche pisciarci se mi va!》.
Il groppo in gola improvviso lo stupì a tal punto che quasi non la sfiorò con la punta delle dita; stava andando male, era impreparato a quei sentimenti, al vaso di pandora che Gintoki aveva scoperchiato senza neanche rendersene conto.
Lo sguardo dell'altro fisso su di lui era asfissiante, e lo maledì quando gli si sedette vicino come se nulla fosse, intento a cercare qualcosa sopra il tavolino disordinato, probabilmente il telecomando; quando lo trovò accese la televisione sulle previsioni del tempo e accavallò scomposto le gambe.
《Non hai messo neanche le mutande》 sospirò Shinsuke, quello scemo non sapeva proprio comportarsi in maniera civile.
《Che palle! Sono coperto!》.
《Da uno straccio》.
《Tanto i bambini non sono a casa》.
Evitò di ribattere, più che altro concentrato sul braccio mollemente adagiato contro la spalliera del divano, dietro di lui, e sul modo in cui aveva man mano invaso il suo spazio personale. Praticamente quasi appiccandoglisi al fianco.
Forse era una maniera velata per dirgli di lasciarlo solo.
Takasugi trattenne l'ennesimo sospiro e cercò di alzarsi, ma la mano dell'altro premuta contro il ginocchio e gli occhi rossicci puntati addosso lo agitarono nuovamente.
《Che vuoi?》 buttò fuori, sulla difensiva.
《Sei pallido》.
E di chi è la colpa? Si ritrovò a pensare con ironia.
《Ho avuto una giornata pesante》 disse, mostrando indifferenza.
Gintoki accennò un sorriso tenero, 《Passare il tempo con Zura fa questo effetto》.
Senza volerlo Shinsuke si rilassò, appoggiandosi al suo braccio, non aveva più voglia di andarsene, 《A proposito, hai mai visto sotto al costume di Elizabeth?》.
《Mmh? Non credo》 inclinò il collo, non sembrava molto concentrato sul discorso.
《Sei proprio inutile》.
《E tu troppo curioso per il tuo bene》.
《Dico solo che, magari, è una specie di fuggitivo e quello stupido se lo tiene in casa》.
《Come io faccio con te》 dichiarò divertito, poi aggiunse 《Sakamoto mi ha detto che ha un cazzo enorme》.
Shinsuke quasi non si strozzò con la sua stessa saliva; si voltò verso quella faccia da ebete e rispose piccato: 《Non voglio sapere perché Tatsuma ne è a conoscenza, né per quale motivo sembri così interessato ai genitali di una papera》.
《E dai, fa ridere! Pensi che Zura lo sappia?》.
《Ti ho detto che non voglio parlarne!》.
《Come sei pudico, Takachan》.
《Idiota》 ringhiò, poi massaggiò il ponte del naso, per cercare di scacciare il mal di testa.
《L'occhio?》 gli domandò, pareva preoccupato.
《Al solito,》 disse con un sussurro, intanto aveva abbassato la palpebra 《peggiorerà di anno in anno, devo farci l'abitudine》.
《Devi solo evitare sforzi inutili》 affermò, vagamente rigido.
Parlare della sua salute compromessa non gli era mai piaciuto, per questo Shinsuke evitava spesso di lamentarsi davanti a lui. Odiava l'espressione colpevole che faticava a mascherare.
《Peccato, avevo proprio intenzione di rovesciare il governo durante le vacanze estive》.
Per qualche istante calò un anomalo silenzio, forse non era riuscito a far capire l'intento giocoso di quella frase; in effetti Shinsuke non era il tipo da lasciarsi andare a battute o scherzi, non lo era più da tanti anni, doveva aggiungere qualcosa e spiegarsi, ma proprio mentre stava per farlo Gintoki scoppiò in una fragorosa risata. La mano però saldamente stretta alla sua spalla.
《Non credo valga come attività di famiglia》.
Lui nascose un sorriso dietro la manica del kimono, 《Dici che la Shinsengumi non approverebbe i nostri metodi educativi?》.
《Oggi vuoi uccidermi》.
Finse di non capire il significato dietro quelle parole e rispose a tono: 《Era in programma, tempo fa》.
Gintoki inclinò il viso verso di lui, 《Ma ora hai cambiato idea》.
Non sembrava una domanda.
Di sottecchi scrutò meglio il faccione rilassato, sembrava sereno, convinto nessuna preoccupazione potesse invadere la bolla appena creata; un'idea folle balenò nella mente di Shinsuke, era incerto e non sapeva se si sentiva pronto, o se meritasse quel finale, eppure complici quelle due parole udite per sbaglio, finì per lasciarsi guidare puramente dall'istinto quando posò un bacio all'angolo della sua bocca.
Fu impagabile vedere Gintoki sbarrare le palpebre, gli occhi diventare vitrei e quasi smettere di respirare. Forse lo aveva ammazzato davvero.
In un lampo lo sguardo rossiccio tornò vigile, lo studiò alla ricerca di risposte a domande che Shinsuke, prima di quel giorno, non aveva mai capito gli stesse rivolgendo. Evidentemente, qualsiasi conferma desiderasse sembrò soddisfarlo, dato che accorciò di nuovo le distanze.
Il loro bacio era goffo, vagamente delicato, al contrario di quel che si aspettava. Le mani di Gintoki gli stringevano i fianchi, mentre lui vagava lungo il torace ampio e ancora umido dalla doccia: era bollente, i polpastrelli carezzarono le cicatrici in rilievo.
A Shinsuke si accapponò la pelle quando venne spinto contro il divano e l'altro, aggirando facilmente la stoffa del kimono, massaggiò le cosce in tensione. Il ritmò lento e inesperto cambiò, tanto da fargli mancare il fiato.
《Aspetta,》 mormorò fra un bacio e l'altro 《sei troppo prepotente》.
Gintoki gli mordicchiò il labbro inferiore, poi lasciò qualche centimetro di spazio per fargli riprendere fiato; non sembrava però per nulla intenzionato a mollare la presa sulla pelle sensibile.
《E tu sei un pessimo baciatore, Takasugi》 lo prese in giro con un sorriso furbo.
《Allora smettila di molestarmi》.
《Nah, non ho niente di meglio da fare》 fischiettò, mentre risaliva verso i suoi glutei.
Quella rispostaccia lo offese, tanto che non fu in grado di trattenersi: 《Certo, come non avevi di meglio da fare quando hai detto di amarmi》.
Il corpo sopra di lui s'irrigidì, preso di sorpresa. Stranamente durò solo qualche secondo, dopodiché Gintoki liberò uno sbuffo compiaciuto, in cui celava un vago imbarazzo, 《Non è mica un segreto, lo faccio da quando eravamo bambini》.
La sincerità nei suoi occhi un po' lo mise in soggezione.
《È un bel po' di tempo》.
《Già,》 affondò i denti su una sua guancia 《solo tu non te n'eri accorto》. Nonostante facesse di tutto per nasconderlo, fu facile per Shinsuke notare la tristezza celata dietro quelle parole.
《Avevo altro a cui pensare》.
Lui gli baciò la palpebra chiusa, 《Evidentemente non era destino》.
《Ora lo è?》.
《Ora sei qui》.
Shinsuke voltò il viso, la solita vocina fastidiosa gli ripeteva di non fidarsi, il suo posto non era accanto a Gintoki, le ferite che s'erano inferti entrambi avrebbero continuato a far male per il resto dei loro giorni se si fossero avvicinati troppo; a fatica la mise a tacere e disse: 《E va bene, facciamolo》.
《Cosa? Sesso?》.
《No, emerito coglione!》 gli tirò con violenza un orecchio, già pentito della sua decisione, 《Rimarrò in questo stupido buco con te, i tuoi ragazzini fastidiosi e quel cane puzzolente》.
Gintoki gli scoccò un altro bacio, irradiava felicità, 《Il mio cane non puzza》.
《Giusto, il tanfo viene da te》.
《Mi sono appena lavato!》 si lagnò, infantile.
《La puzza di vecchio non va via nemmeno dopo venti docce》.
L'altro ridacchiò, mentre sfregava una guancia fra i capelli scuri, 《Perfido nanetto》.
Shinsuke gli scoccò un'occhiataccia, dopo avvolse le spalle larghe in un abbraccio e gli si rannicchiò contro il petto; era comodo e, soprattutto, si sentiva a suo agio, forse avrebbe potuto abituarcisi.
《Ehi, Shinsuke? Dormi?》 lo chiamò dopo qualche minuto.
《Mi piace come pronunci il mio nome》 bofonchiò stanco, non rendendosi conto di averlo detto ad alta voce.
Gintoki gli baciò il capo, 《Immagino mi manderai in bianco anche oggi》.
Lui sorrise, perfettamente rilassato, 《Sì》.

   
 
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