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Autore: EuphemiaMorrigan    08/09/2023    1 recensioni
GinTaka | Canonvers | Post!Finale
(OS al di fuori della raccolta, seppur facente parte del medesimo universo)
Era bello vederlo girovagare in mezzo alla sala imbandita, bisticciare con Hijikata e Kondo, scambiare consigli su come tormentare – uccidere – i loro fidanzati con Okita, brindare assieme a Katsura e Sakamoto; aveva notato anche come, negli ultimi mesi, Kagura si fosse ancor di più affezionata a lui, iniziando a seguirlo ovunque proprio come anni prima faceva con Gintoki stesso.
E s'accorse, nonostante il dolore passato, che non avrebbe mai cambiato una virgola della sua vita.
Ma quando si hanno amici pazzi e con dei mezzi pericolosi a disposizione non è mai una buona idea abbassare la guardia.
Genere: Comico, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gintoki Sakata, Hiraga Gengai, Kagura, Shinpachi Shimura, Takasugi Shinsuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I vecchi inventori dovrebbero andare in pensione invece di costruire macchine del tempo.

 

Gintoki sapeva non avrebbe dovuto mangiare quell'ultimo pasticcino alla crema e frutti di bosco, ma era un debole, un dannato destinato al girone dei golosi, e quella delizia rimasta lì tutta sola, su di un tavolino imbandito a festa, assaltato fino a qualche minuto prima da uno sciame di imbecilli vestiti da damerini, lo aveva chiamato come la più torbida delle tentazioni.
Di conseguenza gli era venuto un gran mal di pancia.
Il mese scorso il medico gli aveva ripetuto di non eccedere con i dolci, e lui ci aveva provato con determinazione, però la buona volontà di ascoltarlo era andata perduta già dopo un giorno di astinenza da zuccheri. Non era colpa sua, quello era il suo tallone d'Achille, la sua personale kriptonite.
Massaggiò lo stomaco con la mano e guardò gli altri invitati ballare e brindare rumorosi; Hijikata piangeva commosso fra le braccia di Kondo da almeno un'ora, Okita invece gli scattava foto compromettenti per ricattarlo in futuro. Yamazaki e Shinpachi, da brave spalle comiche, se ne stavano appartati insieme alle ragazze di Yoshiwara ed iniziato a giocare a poker, dalle urla stavano perdendo.
Curioso si chiese con quali soldi, dato che lui non stipendiava il quattrocchi da mesi.
Kyuubei e Katsura invece discutevano su chi di loro era il travestito migliore, e se Gintoki fosse stato costretto a scegliere avrebbe optato decisamente per Saigou invece di quei pazzi.
Nel frattempo Shinsuke, da quel che aveva notato, s'era dileguato assieme ad Elizabeth e Sacchan; aveva questa stramba predisposizione ad affezionarsi ai personaggi secondari che faticava ancora a comprendere, magari si erano messi a contare tutti i ghigni che Takasugi aveva fatto nelle sigle senza apparire mezza volta in quell'arco narrativo.
《Su ragazzi, è quasi il momento della torta!》 batté le mani Otae, richiamando l'attenzione di tutti.
Gintoki, qualche ora prima della cerimonia, s'era azzardato a chiederle se pensavano di servire una torta alla banana al pranzo di nozze e quel mostro, di tutta risposta, aveva provato a decapitarlo con un calcio rotante, quindi evitò accuratamente di avvicinarsi di nuovo alla sposa gorilla mentre teneva un coltello in mano. O avrebbe affettato Ginsan invece del dolce.
In più doveva proprio correre in bagno.
Quando vi entrò la prima cosa che udì furono dei tormentati gemiti di dolore provenire da quello accanto, che per disgrazia riconobbe subito.
《Ohi, Zenzou, quante volte ti ho detto di portarti dietro la crema per le emorroidi》.
《Stai zitto, scopino per il cesso!》 mugolò a fatica, 《Piuttosto lanciami la carta igienica》.
《E poi io come mi pulisco, cretino?》.
《Usa il kimono!》 rantolò sofferente 《Dio, sta per scoppiarmi il culo!》.
《Che pena》 borbottò fra sé, deciso a lasciarlo annegare nei suoi stessi escrementi. In un atto di clemenza però, quando finì ed uscì, lanciò il rotolo rimasto oltre la porta chiusa.
《Tieni, ricorda di spargere in giro la voce che yorozuya Ginsan è molto generoso》.
《Graz-》 non finì la frase che sbraitò, 《Ma sono due veli! Cosa ci faccio con due veli?!》.
Gintoki lo ignorò e si allontanò fischiettando. Magari poteva cercare un posticino tranquillo in cui schiacciare un pisolino; odiava i matrimoni, erano chiassosi, duravano un'eternità e la gente probabilmente si sposava solo per i regali di nozze. La quale poteva essere un'idea interessante a dire il vero, aveva visto belle cianfrusaglie fra i pacchetti destinati ai coniugi gorilla...
《Assolutamente no》.
Rischiò di mordersi la lingua quando Shinsuke gli sussurrò all'orecchio. Lo aveva preso di spalle, sbucato dal nulla.
《Da quando ti sei messo a fare il ninja? E poi di che parli?!》.
《So cosa sta macchinando il tuo cervellino da idiota》 poggiò il gomito sulla sua spalla e gli soffiò del fumo in faccia, 《Non inscenerò un finto matrimonio per farti regalare una fornitura a vita di latte alla fragola》.
Gintoki prima tossicchiò, intossicato, poi domandò con occhi brillanti: 《Davvero fanno anche le forniture a vita?》.
《Imbecille》 scosse il capo, rassegnato.
《E comunque,》 se lo tolse di dosso con uno strattone non troppo forte, 《chi ti ha detto lo avrei chiesto a te, nano?》.
《Nessuno sposerebbe un vecchio buono a nulla, a chi altri potresti chiederlo?》.
《Ah!》 rise denigratorio, con un piede picchettò una delle assi del pavimento 《Sacchan lo farebbe!》.
《Ginsan, finalmente!》 strillò la ragazza, sbucando fuori proprio da lì sotto, 《Erano anni che aspettavo questo momento, mi sono anche comprata il vestito la prima volta che ci siamo incontrati!》. Posò una mano all'altezza del cuore, con le lacrime agli occhi.
《Visto? È stato facil-》.
《M-ma non posso》 lo interruppe lei, con voce straziata. 《Non posso rubare il fidanzato ad un amico, Ginsan! Sarebbe un disonore troppo grande, non puoi chiedermelo! Ah, come vorrei, ma no, non posso farlo! Però... però se uccidessimo Takasugi-kun, allora-》.
《Sarutobi,》 la chiamò Shinsuke, perfettamente rilassato, 《sicura di voler rinunciare così facilmente ai privilegi della mia amicizia?》.
La kunoichi divenne bianca in volto, 《No! Non potrei mai rinunciare alle mutande smesse di Ginsan!》.
《Di quali mutande state parlando?!》. Ecco dove spariva tutta la sua biancheria.
Takasugi si limitò a scrollare le spalle, 《Paga bene》.
Gintoki cercò senza successo di allontanarsi da quei due, poteva chiaramente intuire che Shinsuke ancora lo stesse seguendo, divertito e un po' brillo a causa di tutto il liquore trangugiato assieme a quella stalker e alla papera aliena.
《Ho un'idea: prova con Otose, lei è vedova》.
Scioccato si voltò verso di lui, continuando a camminare all'indietro, 《Chi mai sposerebbe quella vecchia strega?》.
《Oh, Gintoki, questa vecchia strega fa molto più sesso di te》 gli rispose proprio Otose, alle sue spalle. Evidentemente quello stronzo l'aveva fatto apposta a nominarla.
《Non mettermi in testa queste orrende immagini mentali, voglio dormire la notte!》 inveì contro di lei, disgustato.
La donna fece come se non avesse mai parlato, 《Ultimamente ho riallacciato i rapporti con Jirochou, è un diavolo fra le lenzuola》.
《Basta! Non mi interessa di come si accoppiano i babbuini!》.
Takasugi si sostenne al tavolo degli stuzzichini, stava per morire dal ridere.
《E sai,》 continuò Otose, servendosi da bere, 《ha proprio un grosso c-》.
《Stai zitta!》 urlò, tappandosi le orecchie 《È peggio di quando scopri i tuoi genitori fare sesso in cucina mentre sei agli allenamenti di calcio! Su quel tavolo ci mangio, dannazione!》.
《In effetti lo abbiamo fatto anche sul bancone del locale》.
Impallidì, dopodiché lanciò uno sguardo affilato a Shinsuke, che rischiava di soffocare, 《La vuoi smettere tu di ridere, sadico bastardo!》.
La risata rauca della vecchia si unì a quella profonda del compagno, dando il colpo di grazia ai suoi già fragili nervi e per poco non si strappò tutti i capelli dalla testa.
Nonostante la sfuriata, però, Gintoki faticava a mantenere l'espressione scocciata, lo percepiva dagli angoli della bocca che provavano con insistenza a sollevarsi e dalla tremenda voglia di baciare Shinsuke davanti a tutti. La soddisfazione e il sollievo provati a vederlo così integrato assieme agli altri, come se ne avesse sempre fatto parte, riusciva a fargli dimenticare persino gli sfottò a cui lo sottoponevano costantemente.
Era bello vederlo girovagare in mezzo alla sala imbandita, bisticciare con Hijikata e Kondo, scambiare consigli su come tormentare – uccidere – i loro fidanzati con Okita, brindare assieme a Katsura e Sakamoto; aveva notato anche come, negli ultimi mesi, Kagura si fosse ancor di più affezionata a lui, iniziando a seguirlo ovunque proprio come anni prima faceva con Gintoki stesso.
E s'accorse, nonostante il dolore passato, che non avrebbe mai cambiato una virgola della sua vita.
Ma quando si hanno amici pazzi e con dei mezzi pericolosi a disposizione non è mai una buona idea abbassare la guardia. Per questo, nel momento in cui Gengai varcò la porta trafelato e ansioso, Gintoki comprese che per i tuttofare di Edo ci sarebbe stato l'ennesimo lavoro logorante e non pagato da affrontare.
L'anziano inventore infatti corse verso di lui, 《Ginsan! Per fortuna sei qui!》.
《È il mio giorno libero, vecchio》 disse, mentre si grattava la testa.
《Lo so, sono molto felice per te e il tuo compagno, ancora tanti auguri, ma abbiamo un gravissimo problema!》.
《Abbiamo?》. Il plurale non prometteva nulla di buono.
《Gengai-san, cosa succede?》 domandò Shinpachi, attirato dalla confusione li aveva raggiunti. Dopo, un po' in imbarazzo, lo corresse, 《Comunque questo è il matrimonio di mia sorella, ti avevamo mandato l'invito》.
《Oh, Ginsan, non sapevo avessi lasciato Takasugi-san per una femmina di gorilla》.
《Chi sarebbe il gorilla?!》 gridò Otae agitando i pugni, che colpirono in faccia Kondo mentre cercava di fermarla.
《Vuoi proprio farti ammazzare, vecchio pazzo》 sbuffò Gintoki, una mano in faccia per la disperazione, 《Sono Otae e quello scemo della Shinsengumi che si sono sposati》.
《Non insultarlo, Ginchan! Neanche tu sapevi di chi era il matrimonio fino a stamattina, e lui è scusato perché ha l'alzheimer》 lo rimproverò Kagura, intanto accarezzava la schiena di Shinpachi per calmarlo dopo aver visto la sorella quasi ammazzare il suo neo marito.
《Lascia perdere, ha qualche forma di demenza pure Gintoki》 disse Shinsuke.
《Seh, seh》 borbottò, infilandosi un dito nel naso. Ovviamente in un secondo s'erano riuniti tutti e quattro, era proprio impossibile liberarsi dei mocciosi e di quel nano sadico.
Fu proprio Brontolo a dire la prima cosa sensata: 《Vuoi spiegarci cos'è successo, Gengai, o dobbiamo continuare questo dialogo delirante per molto?》.
L'uomo si rabbuiò e abbassò il tono di voce, 《La faccenda è un po' delicata...》.
《Se devi cambiare il catetere ci pensa Gintoki》.
《Tu sei quello che ha appena detto dovevamo smetterla di delirare!》 sbottò, dandogli una leggera spallata.
Prima potessero cominciare a picchiarsi come facevano di solito, Gengai parlò ancora: 《Per favore seguitemi, non abbiamo molto tempo》.
Gintoki massaggiò il retro del collo mentre s'incamminavano oltre il giardino dell'abitazione degli Shimura; alle volte si chiedeva perché non era ancora andato in pensione e partito per qualche spiaggia tropicale con i soldi, poi ricordava che non aveva accumulato i contributi necessari per farlo e si deprimeva.
《Mia sorella si arrabbierà un sacco se non arriviamo in tempo per il taglio della torta》 mugolò Shinpachi, abbattuto.
《Spero me ne mettano via un pezzo, aru》.
《Mi dispiace avervi rovinato i festeggiamenti, ragazzi miei, ma è una questione di vitale importanza》.
Gintoki alzò gli occhi al cielo, 《E quando ti deciderai a spiegarci?》.
《Me ne vergogno, se si scopre in giro...》 disse affranto.
Shinsuke accese di nuovo il kiseru, 《Non importa, tanto ti manderò la fattura per e-mail》.
《Non sappiamo nemmeno che lavoro dobbiamo fare!》.
《La tariffa base è sempre quella》.
Una volta giunti davanti al laboratorio di Gengai, Gintoki lo vide esitare prima di spalancare il portone di ferro. All'interno appariva tutto come al solito, buio e polveroso, soltanto alcune lucine intermittenti, provenienti da un macchinario alquanto bizzarro posto all'angolo più remoto della stanza, illuminavano l'ambiente in modo soffuso.
《Quello cos'è? Un albero di Natale?》 chiese Kagura, facendo qualche passo in avanti.
《Ferma!》 la ammonì l'anziano, 《È proprio quello il problema!》.
《Di che si tratta?》 indagò Shinsuke. Nel frattempo tirava Kagura per la spalla, dato che, invece di indugiare, s'era sporta ancora di più verso il piccolo rettangolo luminoso; una gazza ladra attirata dagli oggetti luccicanti.
Gengai si grattò la barba, 《Come sapete sono appassionato di fotografia》.
《Non lo sapevamo,》 disse Gintoki, 《e neanche ci interessa》.
Lui lo ignorò, 《Adoro i paesaggi incontaminati, la vita contadina, gli scontri del passato, per questo ho progettato una macchina del tempo in grado di trasferirsi in qualsiasi epoca storica, in modo da ampliare la mia collezione!》.
《Di nuovo una macchina del tempo, brutto imbecille! Ma non ti stufi mai?!》.
《Ma questa non trasporta persone, deve solo scattare foto!》.
Shinsuke per poco non lo infilzò con la spada, 《Vai al museo se vuoi vedere delle dannate fotografie di guerra!》.
Kagura intanto era svincolata dalla presa dell'uomo, visto che era impegnato a malmenare il vecchio Gengai. Curiosa, aveva iniziato a frugare nei cassetti della sua scrivania, finché non richiamò l'attenzione di Gintoki e degli altri con disgusto, 《Ma qui ci sono solo foto di donnine nude, aru》.
《Sei un vecchio pervertito》.
《Noi ce ne andiamo》.
《Riferirò a mia sorella che le hai rovinato il matrimonio per nulla!》.
《Spera per te mi abbiano lasciato la torta, aru》.
Dopo aver sputato a terra fecero tutti dietrofront, anche se Gintoki aveva pensato di fregare qualche scatto se proprio doveva essere onesto, ma con Shinsuke così imbufalito non era il caso di rischiare la sorte, o ci avrebbe rimesso molto più che i testicoli.
《Aspettate, vi prego!》 li bloccò, afferrando la manica dei kimono dei due adulti, 《È vero, sono un vecchio pervertito, ma non capite la gravità della cosa》.
Gintoki provò a staccarselo di dosso con un calcio, 《Ti ho detto che i tuttofare sono in ferie oggi!》.
《La macchina del tempo sta per esplodere!》.
《Meglio così, l'avrei comunque distrutta io》 lo minacciò Shinsuke.
Gengai, sempre più agitato, lo afferrò per il colletto della dell'haori, 《Il nucleo del motore è fatto di Altana!》.
A quella frase, il pugno di Shinsuke si fermò a mezz'aria, invece la mascella di Gintoki per poco non cadde a terra.
《Tu sei pazzo! Perché una macchinetta fotografica dovrebbe essere così potente?!》.
《Doveva viaggiare nel tempo!》.
《E non potevi farti bastare le donne di ora?!》.
《Giuro che darò fuoco al tuo maledetto covo con te dentro》.
《Ginsan, Takasugi-san, non credo sia il momento,》 li redarguì Shinpachi con tono preoccupato, 《quella cosa... sta lampeggiando più veloce》.
Kagura puntò l'ombrello verso questa, 《Tranquillo, Pachie! Io sono brava a rompere le cose》.
《Perfetto, ora moriremo di sicuro》 commentò Shinsuke, aveva ripreso a fumare.
Gintoki s'affrettò a mettersi davanti la ragazza, dando le spalle a quell'aggeggio malefico, che ora aveva anche cominciato ad emettere un inquietante fischio. 《Fermati, scema! Non dobbiamo distruggerla, ma ripararla! Ripararla, capito? Oddio, Pachie dimmi che sai qualcosa di meccanica》.
《Non tirarmi in causa solo perché porto gli occhiali!》.
Successe in un attimo, e nemmeno capì bene cosa. Vide Shinsuke cercare di proteggere Gengai e Shinpachi dall'improvvisa esplosione di luce proveniente dalla macchina del tempo, perciò per puro istinto riuscì a sferrare un calcio sullo stomaco di Kagura, spingendola all'indietro prima potesse essere investita dallo scoppio.
Gintoki invece non fu così fortunato, quella volta era sicuro di averci rimesso la pelle, seppur il forte dolore alla schiena lo facesse sentire fin troppo vivo per i suoi gusti.
A fatica si rialzò, e posò la mano sul coccige.
《Maledetto Gengai, per colpa tua non potrò più camminare dritto》 lamentò con rabbia.
Non ottenendo risposta cominciò a guardarsi attorno, invece che al laboratorio del vecchio gli pareva di essere finito in una landa desolata alla Final Fantasy, e più girovagava senza meta, più quel posto non gli sembrava Kabuki-cho
《Ohi, c'è qualcuno?》 provò ancora, senza risultato.
Forse sono stato sbalzato lontano, pensò.
Scartò l'idea quasi immediatamente, per quanto avesse il fisico di un samurai forgiato da battaglie e mille difficoltà, soprattutto quella di non arrivare a fine mese col suo misero stipendio, era impossibile per un umano sopravvivere all'esplosione di una bomba di Altana. Persino per lui.
In più, vicino a Edo, il terreno non era così brullo, né potevano vedersi fuochi in lontananza o avvertire una tremenda e stagnante puzza di sangue. Il cuore saltò un battito quando, con orrore, Gintoki si rese conto di conoscere bene quell'odore.
E gli stendardi dei ribelli Joui poco lontani non lasciarono altri dubbi, quella era la guerra contro gli Amanto.

 

A Gintoki per poco non si spaccò la testa a metà come un'anguria; un secondo prima stava combattendo contro un esercito di Amanto, quello dopo gli sembrò di essere stato risucchiato dalla centrifuga di una lavatrice. Ricordava di aver calpestato qualcosa di strano conficcato nel terreno, sicuro fosse un tipo di granata aveva già fatto il funerale mentale alla sua gamba destra, invece l'arto era apposto, ancora attaccato al resto del corpo.
Tossì, gli facevano male persino i polmoni.
《Cazzo》 imprecò e cercò di rimettersi in piedi.
Da quando il campo di battaglia è così duro?
《Ginchan, sei vivo!》.
Una voce femminile, fin troppo vicina, gridò il suo nome con sollievo. Gintoki s'irrigidì quando un corpo caldo lo abbracciò e, quella stessa sconosciuta, riprese a piagnucolare al suo orecchio, dandogli nel frattempo forti pugni sulle spalle, 《Sei troppo vecchio per farmi scudo col tuo corpo! Sono una Yato me la sarei cavata, aru》.
Una Yato? Quei bastardi hanno ingaggiato gli Yato!
《Meno male che non è successo nulla di grave》 disse un'altra persona, la voce maschile e pacata, 《Takasugi-san, tu stai bene?》.
Sollevò il viso alla menzione di quel nome, per quanto potesse visto che la ragazza ancora non aveva mollato la presa e continuava a malmenarlo; con gli occhi appannati riuscì a distinguere due figure poco distanti, e il fatto che, incomprensibilmente, non sembrasse più essere all'esterno, ma forse dentro un rifugio.
Che fosse svenuto e lo avessero recuperato?
《Sì, solo un po' stordito》 rispose uno dei due.
La voce era sicuramente quella di Takasugi, malgrado ci fosse qualcosa di diverso in lui.
Gintoki con uno strattone si liberò della sconosciuta e tornò in piedi; controllò la spada fosse ancora nel fodero e ignorò le macchie di sangue sulle mani, tanto non era il suo.
Stava per chiedere spiegazioni, ma di nuovo lei lo anticipò, 《Pachie, Takachan, c'è qualcosa che non va con Ginchan!》.
La vide fare qualche passo indietro, spaventata. Non se ne curò, accadeva spesso ormai; quello che lo impensierì, nel momento in cui riacquistò una vista normale, furono le espressioni terribilmente angosciate sui volti dei due estranei, specchio di quella sconvolta di un Takasugi molto diverso dal compagno d'armi che ricordava.
《Che diavolo è successo?》 domandò, la voce secca e rauca, 《E tu cosa ci fai qui, Takasugi? Non eri con la Kiheitai alla base principale?》.
Non chiese però perché sembrasse invecchiato di vent'anni.
Takasugi mosse le labbra poi le richiuse, tremavano, e la pelle solitamente chiara divenne ancor più pallida; voltò il capo al suo fianco, in direzione di un vecchio che Gintoki non aveva notato fino ad allora, troppo concentrato su altre stranezze.
《Dimmi che non è successo》.
Quel tono ansioso gli fece sgranare gli occhi rossicci.
L'uomo scosse il capo, sembrava dispiaciuto, 《Immagino che il nostro Ginsan sia finito nel passato》.
《Ma è vivo, vero?》 domandò il ragazzo con gli occhiali.
Gintoki si ritrovò ad alzare il braccio, un po' stupito da quel gesto sciocco.
《Non tu!》 strillò la ragazza con le lacrime agli occhi 《Tu sei un impostore, ridacci il nostro Ginchan!》.
Takasugi le posò una mano sulla testa, incredibilmente delicato, 《Stai calma, Kagura, sono sicuro che Gintoki se la caverà》 spostò l'attenzione di nuovo sul vecchio, e aggiunse pericoloso 《Tu vedi di trovare un modo per risolvere questa situazione》.
《Certo, certo, mi metterò subito al lavoro!》 s'affrettò a rispondere.
《Emh, scusate,》 provò ad attirare la loro attenzione, 《potrei capirci qualcosa anch'io?》.
Otto paia di occhi, o meglio sette – da quando Takasugi era mezzo cieco? –, lo fissarono con un intensità tale da metterlo a disagio.
《Ragazzo mio...》 gli si avvicinò il vecchio e provò a lasciargli una pacca sulla spalla.
Gintoki s'allontanò di scatto, come riflesso incondizionato posò la mano sull'elsa della spada; l'altro sollevò entrambe le braccia in un gesto di scuse, dopo sorrise.
《Dimenticavo, sei ancora un animale selvatico》.
《Dammi una spiegazione, non mi interessano le chiacchiere fini a se stesse》.
《Mi chiamo Gengai,》 si presentò cauto, col chiaro intento di calmarlo, 《Sono un inventore e un tuo amico》.
《Io non ti conosco》.
《No, per ora no》 concordò comprensivo, 《In futuro mi conoscerai e scoprirai che mi piace passare il tempo a fare piccoli esperimenti, ma qualcuno sfugge di mano, così tu e la tua famiglia mi aiutate a sistemare le cose, gratis!》.
《Col cavolo che lo facciamo gratis, aru!》.
Gintoki non seguì l'intera discussione che ne derivò, fermo a cercare di digerire quel 'la tua famiglia' che Gengai aveva detto in maniera così naturale e spontanea. Di nuovo studiò il gruppetto di persone che aveva davanti.
L'uomo in kimono era palesemente Takasugi, invecchiato e con qualche acciacco in più magari, ma nessun altro possedeva quell'atteggiamento borioso e quella voce profonda. L'altro tizio, più giovane, invece non l'aveva mai visto, aveva una faccia anonima, e non capiva l'utilità di portarsi appresso una ridicola spada di legno.
《Senti,》 scoccò un'altra occhiata verso la donna dai capelli arancioni, impegnata a prendere ad ombrellate il vecchio. Era carina, ma troppo violenta. 《tu sei la mia ragazza o qualcosa del genere?》.
Calò il gelo. Sembravano essere diventati tutti statue di ghiaccio.
Il primo a riprendersi fu il tizio con gli occhiali, che inveì contro di lui: 《Ma che cazzo dici, deficiente? Come ti è venuto in mente?》.
《È stata lei a strusciarsi addosso》.
La ragazza strillò, terrorizzata si buttò fra le braccia di Takasugi, 《Aiuto, mi fa paura!》.
L'uomo, con sguardo un po' vacuo, le carezzò meccanicamente la schiena.
《Loro sono Kagura e Shinpachi,》 disse in tono stanco, 《i ragazzini che hai cresciuto da quando erano due mocciosi e con cui gestisci l'agenzia tuttofare di Kabuki-cho. Ti stanno sempre appiccicati e li tratti come fossero tuoi figli》.
《Avranno la mia età!》 esclamò, confuso.
《Io ho appena compiuto diciannove anni, aru》 borbottò lei, ancora nascosta contro il torace di Takasugi, non pareva intenzionata a staccarsi.
Shinpachi, così almeno gli aveva detto, sbuffò infastidito: 《Ed io venti》.
Gintoki rischiò il collasso, 《Che strani kink avete? Siete molto più vecchi di me!》.
《Il Gintoki del futuro ha già trentadue anni》 disse serio Takasugi.
Crollò in ginocchio. Non poteva crederci, era finito in un posto orrendo in cui era un dannato trentenne con figli a carico, magari pure brutto e pelato.
《Quindi...》 mormorò, l'anima stava per uscirgli dal corpo, 《sono vecchio》.
In verità, fino a qualche ora prima, avrebbe scommesso tutti i suoi pochi soldi che sarebbe morto durante la guerra, invece lui e Takasugi erano sopravvissuti e, da quel che aveva capito, lavoravano insieme; forse quel damerino viziato non lo disprezzava così tanto come gli dimostrava sul campo di battaglia, o magari con gli anni era lui diventato meno insopportabile.
Trattenne un piccolo sorriso, non era così male.
《Come torno indietro?》 chiese, più serio.
《Ci sto lavorando, moccioso!》 disse Gengai, sventolandogli sotto il naso un cacciavite, 《Ci vorranno come minimo un paio di giorni》.
《Non ho un paio di giorni...》 sussurrò, colpito dall'ansia di non sapere cosa stava accadendo nel tempo da cui proveniva; il viso rivolto al basso e le mani tremanti poggiate sul pavimento polveroso, finalmente abbastanza lucido da capire cosa significava essere lì: aveva abbandonato i suoi compagni.
Non ce l'avrebbero mai fatta senza di lui, senza il demone bianco.
《Stai tranquillo,》 lo rassicurò Takasugi, s'era chinato e gli aveva posato una mano fra i capelli, 《hai un ottimo sostituto》.
Gintoki sbuffò una risata isterica. Qualcuno avrebbe dovuto dire a quell'uomo che non andava affatto bene comportarsi in maniera così gentile con gli adolescenti, perché poi rischiavano di farsi qualche stupida illusione.

 

Gintoki stava seriamente per mettersi a piangere. La vita, la sua soprattutto, era una serie di ingiustizie mandate da qualche divinità per mero divertimento, o forse perché lo odiavano, altrimenti non si spiegava per quale ragione in quelle situazioni di merda ci finiva sempre lui.
Fendé l'ennesimo Amanto con la sua katana di legno e con un balzo saltò sulla testa del più grosso, abbattendo anche questo con un colpo.
Aveva smesso di rimanere invischiato in certe stronzate anni fa, invece eccolo un'altra volta in guerra, circondato da nemici e da samurai fannulloni che, al contrario di aiutarlo, quando lo videro correre verso di loro a passo di carica erano scappati terrorizzati in ogni direzione.
Quegli stronzi! Avrebbero dovuto sostenerlo, offrirgli una pacca sulla spalla, mentre stava affrontando la crisi di nervi peggiore della propria esistenza e urlava di voler tornare a casa a guardare le repliche della sua soap opera preferita, non indirizzarlo fra le braccia di un gruppo di Amanto così grandi da far impallidire i giganti di Attack on Titan.
In che razza di crossover di bassa lega era finito!
Ne buttò giù altri quarto, giurò a se stesso di picchiare a morte Gengai quando la spada si ruppe proprio mentre stava per dare il colpo di grazia al quinto.
《Gintoki! Ti sei per caso rammollito?》.
Diede un calcio in faccia al gigantesco alieno, dopodiché si voltò in direzione di quel richiamo. Distinse a fatica Katsura, in piedi su una collinetta poco distante, alle spalle il gruppo di uomini di cui era al comando.
Ringhiò frustrato e si rese conto di quanto tutto, da lì a poco, sarebbe diventato complicato e pesante per le sua vecchia schiena ammaccata.
《E va bene! Basta cazzeggiare, pezzi di merda!》 disse, chinandosi per raccogliere un'arma; non ne usava una vera da un po', ma in fondo era come andare in bicicletta.
Ancor prima che l'esercito di Katsura potesse raggiungerlo ne aveva sconfitti più della metà. Era incazzato, stanco, confuso e voleva così tanto tornarsene a casa a mangiare quella stupida torta nuziale ed essere preso per il culo dai suoi amici che quasi sentiva l'adrenalina scorrere nelle vene.
Dannazione, gli mancava persino quel nano bisbetico!
La guerra, i morti, i dannati Amanto davanti a lui, erano fantasmi fastidiosi e, come tali, li avrebbe di nuovo scacciati tutti quanti all'Inferno da cui provenivano.
《Sei più scatenato del solito oggi》 dichiarò Katsura, affiancandolo.
Gintoki neanche lo guardò, 《Qualcuno mi ha rovinato la giornata》.
《Eh?》 rispose, un po' disorientato 《Sono io o sembri un po' diverso?》.
《Lo sono. Ora stai zitto e aiutami》 gli uscì con rabbia, forse troppa.
Durante le fasi finali del combattimento probabilmente il vecchio – non così tanto in quella circostanza – amico s'accorse dell'enorme differenza fra lui e il Gintoki a cui all'epoca era abituato e conosceva bene. Lo notò da come s'era fatto più guardingo nei suoi confronti e dalle occhiate allarmate scambiate con gli altri samurai, per questo non si sorprese della spada che gli pungolò la schiena quando anche l'ultimo Amanto crollò a terra.
《Chi sei?》 domandò Katsura.
《Yorozuya Ginsan》.
Il ragazzo spinse di più la lama fra le scapole e ripeté, 《Chi sei?!》.
《Oh, vaffanculo!》 scoppiò, rapido si girò e afferrò la katana con la mano, la strinse e tirò affinché quel bamboccio non si trovò ad un palmo dal suo naso, 《Sono Gintoki Sakata, un Ginsan molto irritato e molto, troppo, vecchio per affrontare tutte queste cazzate con il sorriso sulle labbra, che appena tornerà nel futuro da cui proviene farà lo scalpo a quel vecchiaccio di merda che ha causato tutto questo casino!》.
Katsura spalancò la bocca, sconvolto. 《C-che? Come? Sei davvero Gintoki?》.
《Quante altre volte me lo chiederai, Zura!》.
Lui fece qualche passo indietro, poi cominciò a guardarsi attorno, 《Dove... E dov'è il nostro Gintoki?!》.
《Ah? Che vuoi che ne sappia io?》.
《Doveva essere qui! Era qui!》.
Gintoki sollevò le spalle, 《Sarà andato a cagare da qualche parte》.
《No!》 passò una mano fra i capelli scompigliati, evitava di guardarlo, 《Alcuni suoi uomini mi hanno riferito che è stato coinvolto in un'esplosione e il suo corpo è come svanito nel nulla! Ecco perché sono corso qui!》 spiegò trafelato, non ricordava un Katsura così emotivo. Erano davvero passati troppi anni.
《Scomparso nel nulla, dici.》 ripeté pensieroso, si grattò il mento e disse, 《Allora puoi stare tranquillo, sarà finito al mio posto》.
《Di quale posto parli?》.
《Alla Yorozuya, nel futuro》 spiegò spicciolo.
Katsura lo guardò come fosse un pazzo, 《Io non-》.
Qualsiasi cosa stesse per dire, il rumore di qualcuno che correva a perdifiato verso di loro li fece scattare in allerta e stroncare la conversazione sul nascere; almeno fino a quando Gintoki non distinse la figura esile e in divisa di un trafelato Takasugi.
《Kotarou!》 gridò mentre s'avvicinava 《Lo hai trovato? Sta bene?》.
Gintoki rimase per un momento colpito da tutta quella genuina preoccupazione, a lui mai mostrata a quell'età.
《Diciamo che...》 iniziò Katsura in imbarazzo; voltava la testa dall'uno all'altro, incredulo di ciò che stava accadendo, 《Ecco, diciamo di sì, l'ho trovato. All'incirca》.
《Ehi, piccoletto! Gintoki Sakata, il tuttofare, non ho biglietti da visita con me, ma se vuoi assumermi sappi che prendo 300 yen all'ora, e niente lavoretti erotici, non offriamo certi servizi》.
Improvvisamente l'ansia, la rabbia e l'insoddisfazione d'essere di nuovo lì, nel luogo che ancora infestava i suoi peggiori incubi, erano scomparse, scacciate dalla sola presenza di Shinsuke.
Il ragazzo impallidì, il viso deformato dal disgusto, 《Chi diavolo è questo vecchio?》.
Gintoki rise rumoroso, forse poteva divertirsi un po' prima di andarsene.

 

Era a dir poco sconvolto. Gintoki non aveva ancora del tutto digerito il fatto di essere misteriosamente piombato in un futuro dove gli erano già spuntati peli bianchi nella parte più intima e preziosa del corpo – tralasciando li avesse da sempre visto il colore dei capelli, la sua era una metafora –, che quei pazzi lo avevano trascinato verso uno squallido appartamento, la sua casa, dove al piano terra un locale a luci rosse per vecchi pervertiti veniva gestito dalla mummia di Tutankhamon.
Evidentemente yorozuya Ginsan se la passava molto male, per vivere in quel modo.
《E questa è la mia stanza!》 raccontò allegra Kagura, non che l'avesse ascoltata in precedenza. La guardò dubbioso mentre apriva le ante dell'armadio a muro e indicava un piccolo giaciglio.
《Mi raccomando, non si entra mai nella stanza di una signora, chibi Ginchan!》 lo minacciò, scura in volto, 《Altrimenti dovrò ucciderti!》. Per essere abbastanza chiara scagliò un pugno nella parete di cartapesta, lasciandoci un buco.
《Quante volte devo dirti di non distruggerci casa》 la riprese Takasugi, intanto che la aiutava a liberare il braccio incastrato.
《Era per fargli capire chi è il capo, aru》.
Gintoki riprese a guardarsi attorno, quel posto era proprio un buco.
《Come facciamo a vivere qua dentro in quattro?》.
《Cinque! Non dimenticare Sadaharu》 lo corresse Shinpachi.
Giusto, gli avevano presentato quella bestia aliena poco prima; all'inizio lo aveva annusato, restio, poi provato a mordergli la testa. Gintoki allora s'era semplicemente difeso, senza fargli nemmeno troppo male vista la stazza dell'animale, eppure tutti lo avevano guardato sconvolti e delusi, soprattutto la Yato.
Era come se si aspettassero si sarebbe lasciato azzannare dal cane.
《Comunque io non dormo spesso qui,》 spiegò il ragazzo con gli occhiali, distogliendo Gintoki da quei pensieri, 《di solito mi fermo a casa di mia sorella, ma visto che ora si è sposata, credo cercherò un posticino tutto per me》 finì, rosso come un pomodoro.
Kagura cominciò a prenderlo a gomitate sul fianco, 《Pachie si è trovato la fidanzata》.
《Ahio! Non è vero!》 la allontanò con uno spintone, 《Voglio solo diventare più indipendente! E poi non posso sempre disturbare Ginsan e Takasugi-san》.
La ragazza cercò di mordergli il braccio, ridacchiando, 《Infatti quando dormi qui devono ospitarti nella loro camera e non possono fare le cosacce!》.
《Kagura, ti pare il caso!》 strillò lui, 《E smettila di mordermi!》.
Gintoki aggrottò la fronte, interdetto. Forse non aveva ben capito ciò che intendeva quella specie di mostro dalle fattezze femminili, e se lo aveva fatto s'aspettava, da un momento all'altro, Takasugi colpirla con un pugno in testa e intimarle un po' di buon senso. Poiché non poteva altro che essere uno scherzo sciocco insinuare che lui e Takasugi, in futuro, potessero mai avere quel tipo di relazione.
Rivolse lo sguardo verso l'uomo, credendo di trovare in questo repulsione e fastidio, qualcosa di familiare a cui aggrapparsi, invece quel che vide furono le gote spolverate di rosa e un misto di rassegnazione e divertimento sul viso rilassato.
《Smettetela voi due》 intervenne, fermando il loro bisticciare, 《Piuttosto aiutatemi a sistemare il futon di Gintoki in salotto》.
《Non dorme con te?》 chiese Kagura, ancora appesa alla schiena di Shinpachi.
《No, lui non è il mio Gintoki》 rispose, dando le spalle ad entrambi senza aggiungere altro.
《Infatti, che domande fai?》. Shinpachi s'aggiustò gli occhiali, 《Ginsan potrebbe essere geloso!》 disse, mentre seguiva Takasugi nell'altra stanza.
《Nah, Ginchan è troppo scemo per essere geloso, aru!》.
Gintoki abbassò gli occhi alle assi di legno del pavimento e smise una volta per tutte di prestare attenzione agli scambi allegri e le discussioni rumorose dei tre inquilini; fu faticoso riuscirci, come se un momento di silenzio non potesse esistere in quella casa.
Eppure non gli avevano spiegato nulla, parlavano e parlavano, buttavano fuori informazioni e aneddoti, aspettandosi quasi dovesse conoscerli e accettarli senza mostrare alcuna lamentela. E ora, come se nulla fosse, gli avevano spiattellato in faccia che quell'uomo, quel Takasugi Shinsuke che per tutta la vita, da quando s'erano conosciuti da bambini, non aveva fatto altro che dirgli quanto lo disprezzava, era suo.
Un amico. Un amante. Un compagno.
Viveva nella sua casa, con i suoi ragazzini e il suo cane.
Lui non è il mio Gintoki”.
《Chibi Ginchan, ma che fai?! Vieni a darci una mano!》.
Giusto. Sorrise e li raggiunse, chissà come mai per un attimo gli era venuto da piangere.

 

Il covo dei ribelli Joui puzzava di palle. La cosa non lo stupì più di tanto, visto ch'erano tutti uomini e la scarsa – spesso nulla – igiene personale della maggior parte di loro; ciò che lo sorprese era Shinsuke, e il fatto che per anni avesse sopportato quell'odore sgradevole.
Probabilmente derivava da lì la mania per la pulizia e il costringerlo a lavarsi ogni mattina, quello era il suo vero trauma di guerra!
Perso in quei pensieri, Gintoki continuò a massaggiare la guancia gonfia. Il pugno inferto dal giovane Takasugi ancora faceva male, ci era andato troppo pesante con un vecchietto, in fondo gli aveva solo detto che non era cresciuto per niente di altezza. Avrebbe dovuto prenderlo come un complimento, da ragazzino era un po' troppo permaloso.
《Perciò la guerra è proprio finita?》 domandò Sakamoto, catturando la sua attenzione.
All'inizio, quando gli avevano spiegato cos'era accaduto, aveva cominciato a ridere così tanto da accasciarsi a terra preda delle convulsioni; dopo qualche calcio da parte di Katsura e Takasugi s'era ripreso, anche se manteneva disegnato in faccia quel fastidioso sorriso.
《Già》 bofonchiò, dolorante.
Katsura lo scrutò, mal celando la curiosità, 《E com'è finita?》.
Gintoki incrociò le braccia dietro la nuca, 《Non vi dirò nulla》.
《Potrebbe aiutarci a capire come sconfiggere gli Amanto e salvare il maestro! È anche nel tuo interesse!》 si lamentò con fervore l'amico.
《Ascolta, Zura》 gli lanciò un'occhiata insofferente, 《Di solito non me ne frega nulla di rovinare il passato o altre stronzate, ma a casa qualcuno potrebbe uccidermi se lo facessi e Ginsan ci tiene alla propria vita》.
E chi lo avrebbe fatto ce l'aveva davanti.
Takasugi se ne stava dritto come un fuso ad osservarlo con astio, gli occhi verdi ridotti a due fessure e le braccia strette contro lo sterno; ridicolmente molto più pericoloso dell'ex terrorista che viveva sotto il suo stesso tetto.
Era palese non si fidasse di lui.
《Emh, Shinchan, ho notato che mi guardi da un po', per caso ho una caccola in faccia? O ti sei innamorato di me? Purtroppo devo rifiutare la tua corte, sono già impegnato!》 ammiccò, divertito al vederlo irrigidirsi ancora di più.
《Mi fai schifo》 sputò fuori.
Gintoki ampliò il sorriso, era proprio adorabile da ragazzino.
《Le bugie hanno le gambe corte, ecco perché sei basso》.
L'ambiente angusto venne di nuovo riempito dalla risata acuta di Sakamoto, 《Lo adoro! Possiamo tenerlo?》.
《Immagino che per un po' ci starà fra i piedi comunque》 gli rispose Katsura, più calmo.
《Lui o l'altro non cambia nulla, sono entrambi degli inutili idioti》 mormorò piccato Takasugi, pareva faticare a trattenere la rabbia.
Gintoki negli anni era diventato un bravo osservatore quando si trattava di Shinsuke, quindi non fu sorpreso al notare le spalle del giovane tremare e gli occhi appannati da un velo d'ansia abbassarsi per qualche attimo. Era angosciato, impaurito, man mano diventa più pallido e perdeva razionalità, scostava di tanto in tanto lo sguardo all'entrata del rifugio, presumibilmente aspettandosi di vedere il Gintoki a lui familiare varcare la soglia.
Dentro di sé provò tenerezza, fosse stato un po' più acuto da adolescente avrebbe notato quanto Shinsuke tenesse a lui all'epoca. C'era da dire che quello stronzo lo nascondeva bene però.
《L'altro idiota tornerà presto》 disse in modo rassicurante, dopo alleggerì il tono e propose: 《Dato che dovrò stare qui per un po' che ne dite di giocare a Othello?》.
Katsura stirò le labbra in maniera impercettibile, 《Perché no》.
《Fantastico! Il primo torneo di Othello dei Joui!》 esclamò entusiasta Sakamoto.
Takasugi rivolse loro la schiena, 《Io non ho tempo da perdere》.
Lasciò la stanza del rifugio in silenzio e a grandi passi, le braccia lunghe contro i fianchi e i pugni chiusi, talmente furioso da impaurire chiunque aveva la sfortuna di incrociare il suo cammino.
Katsura sembrò interdetto, come se volesse seguirlo; alla fine sedette accanto a Gintoki con un tonfo e sospirò: 《Non farci caso, da quando sei sparito... o meglio, da quando l'altro Gintoki è sparito, è un fascio di nervi》.
《E tu vorresti tanto consolarlo!》 lo prese in giro Tatsuma, sventolando le ciglia.
Lui, rosso in faccia, lo rimproverò: 《Che razza di discorsi fai davanti un estraneo!》.
《Ma Kintoki ci conosce benissimo》.
Gintoki chiuse gli occhi, senza rispondere. In quel momento gli tornò alla mente di quando Katsura aveva confessato, fra le risate e l'alcol, la cotta presa per Shinsuke durante la guerra. Era durata un po' ma, aveva aggiunto con una scrollata di spalle, fin dall'inizio era stato consapevole di non avere speranza.
Forse doveva esserne geloso, in realtà il pensiero che, nonostante tutto, alcuni di loro fossero riusciti a comportarsi come dei ragazzini normali, almeno per qualcosa, lo intenerì.
Per un attimo si domandò se il Tatsuma e il Kotarou del futuro avessero ancora gli incubi, se anche loro ricordavano i nomi dei compagni perduti, le sconfitte subite, le lacrime versate in silenzio, e i rimpianti diventati macigni talmente pesanti da schiacciarli al suolo nei giorni peggiori. Chissà se alle volte l'odore del sangue tornava a tormentarli senza motivo come accadeva a lui.
Non se lo chiese di Shinsuke, purtroppo sapeva già la risposta.
《Ti sei addormentato?》 lo richiamò Katsura, distogliendolo da quelle riflessioni.
Sollevò una palpebra, sorpreso di ritrovarsi la faccia seria dell'altro così vicina, 《Che vuoi?》.
《Vorrei chiederti il piacere di andare a controllare Takasugi non si faccia uccidere》.
《È un samurai mica un bambino》 sbadigliò, per nulla in pensiero, in fondo sapeva bene non sarebbe morto. 《Se sei preoccupato vacci tu》.
《Non è in sé,》 disse con un sussurro, 《e io non posso fare niente》.
Gintoki sbuffò, dopodiché tornò in piedi e si sgranchì le gambe. 《La tariffa è 300 yen l'ora, anche per fare da babysitter!》.

 

Gintoki aveva il sonno leggero; abituato sin da bambino a scattare fuori dal letto al minimo rumore, poi da adolescente, sveglio e infreddolito per giorni interi fuori dal rifugio Joui, nei turni di vedetta, oppure l'unico rimasto in piedi in grado di proteggere i feriti sul campo di battaglia. E così aveva perso il conto di quanti anni erano trascorsi dall'ultima volta ch'era riuscito a dormire senza preoccupazioni. Forse solo quando aveva vissuto con Shoyo.
I respiri leggeri provenienti dagli altri inquilini della Yorozuya lo inquietavano, troppo pacifici, c'era qualcosa di angosciante nel non sentire più bombe scoppiare in lontananza, uomini trattenere i singhiozzi e le urla mentre esalavano gli ultimi respiri sofferenti prima di morire. Non c'erano Tatsuma e Kotarou a parlare a bassa voce e tenersi compagnia per combattere l'insonnia e la paura, né Takasugi che nascondeva il viso fra le ginocchia e piangeva in silenzio la perdita dei suoi soldati.
La pace di quel posto lo turbava, perché non era la sua realtà.
Senza far rumore scivolò fuori dal futon, bisognoso d'aria fresca. Voleva osservare il cielo notturno di Edo, simile e allo stesso tempo diverso da quello a cui era abituato.
Con entrambe le braccia s'appoggiò alla ringhiera di legno, lo sguardo perso verso la luna, e si chiese se i suoi compagni avessero incontrato e riconosciuto il se stesso più anziano.
Aveva visto alcune foto, esternamente non appariva molto diverso, eppure in quell'uomo e nel suo sorriso sciocco, non riusciva a riconoscersi.
Minuti dopo la porta d'ingresso si aprì alle sue spalle, non ebbe bisogno neppure di voltarsi per capire chi fosse.
《Sai che sono le quattro di mattina?》.
La voce arrochita dal sonno di Takasugi era carina, non l'aveva mai sentita prima.
《Avevo bisogno di riflettere》.
《Strano, di solito sono i vecchi quelli con più pensieri che li tengono svegli》.
《Forse sono nato già vecchio》 disse con un piccolo sorriso.
Con la coda dell'occhio lo vide avvicinarsi e assumere una posizione simile alla sua, nello sguardo una gentilezza che non gli aveva mai rivolto, 《Non darti troppe arie da uomo vissuto, moccioso》.
《Ehi, io sono il demone bianco, non un moccioso》.
Voleva essere una battuta, ma l'espressione seria e afflitta di Takasugi smorzò la falsa risata nel suo petto.
《Giusto》 sussurrò, sollevando il viso al cielo.
Gintoki assottigliò le labbra, indeciso, poi porse la domanda che dall'inizio di quell'assurda storia lo logorava: 《Quanto ha fatto male?》.
《Cosa?》 replicò, con un cipiglio confuso.
《L'ho capito, forse l'ho sempre saputo, abbiamo fallito》 disse, la voce sottile come un soffio di vento, 《Quindi voglio sapere quanto sarà doloroso per Katsura e... per te》.
《Da giovane eri molto più intelligente》.
Gintoki rise privo d'allegria a quel commento sorpreso, 《Non provare a sviare il discorso》.
Takasugi socchiuse l'occhio, per un momento ebbe l'impressione non volesse rispondergli, poi lentamente, scegliendo le giuste parole, disse: 《Qualsiasi cosa accadrà Kotarou se la caverà abbastanza bene》.
《E tu? Te la sei cavata bene?》.
《Sei proprio un moccioso testardo》 buttò fuori, infastidito.
Gintoki poggiò il viso fra le braccia, 《Mi pare di aver capito di esserlo anche da adulto》.
《Non sai quanto》 confermò, mascherando il tono affettuoso con altre parole, 《Di me ti occuperai a tempo debito, Gintoki》.
Fu un po' come ricevere un pugno, improvvisamente si sentì di nuovo bambino, abbandonato in mezzo ad un campo pieno di cadaveri e avvoltoi.
《Io non voglio...》 perderlo.
《Lo so》.
《Lui è...》 troppo importante per me.
Takasugi gli posò una mano sulla spalla e strinse un po' la presa, 《Sono qui ora, fatti bastare questo. Come ci arriveremo non è qualcosa di cui devi preoccuparti adesso》.
Gintoki soffiò, stanco: 《Non so nemmeno cosa pensare di questo futuro》.
《Se ti fa schifo la casa, prenditela con te stesso》.
Rise di quella battuta, poi lo guardò in viso, 《No, siete tu, quei ragazzi e questa vita. È come quando arrivi alla fine di una maratona e vinci il primo premio, i mesi precedenti li hai passati ad ubriacarti, vomitare sulle scale e frequentare locali a luci rosse, quindi sai di non essertelo meritato. Eppure... eppure lo vuoi tenere, vuoi così tanto quello stupido premio che quasi pensi sia solo un sogno, o forse... finalmente gli Amanto mi hanno catturato e questi sono gli ultimi deliri di un folle in punto di morte》.
《Non lo sei, Gintoki》 rispose con delicatezza.
《Peccato,》 tornò ad affondare il viso fra le braccia, 《alle volte vorrei tanto morire》 confessò, a voce talmente bassa che forse Takasugi non lo aveva neppure udito, ma quando si sentì avvolgere la schiena curva con dolcezza e il peso del suo corpo caldo poggiarsi a questa, capì che invece lo aveva sentito benissimo.

 

Quello di mettersi in mezzo era un vizio che non si sarebbe mai tolto!
Sapeva Shinsuke lo avrebbe preso a calci in culo per tutta Kabuki-cho a vederlo tornare ferito, ma di certo non poteva lasciar crepare la sua controparte più giovane e emo.
Per questo motivo, quando un Amanto con la faccia da cinghiale riuscì a colpire Takasugi ad un fianco con la lancia e farlo inginocchiare a terra, Gintoki non ci pensò un secondo a parare il colpo a lui destinato e poi abbattere in nemico.
Il taglio sulla spalla bruciò per tutto il tempo dello scontro, se doveva essere onesto però quasi non se ne accorse, impegnato a ridere degli insulti con cui lo investiva quel ragazzino ogni volta che se lo ritrovava fra i piedi.
Un po' combattere insieme lo rendeva nostalgico, un po' Gintoki provò pena al ricordo. All'epoca il demone bianco altro non era che un'arma, un mostro la cui sola esistenza incuteva timore a nemici e alleati sul campo di battaglia; triste, abbandonato, pieno di rabbia, aveva sigillato emozioni e sentimenti, nascosti dietro la maschera del samurai coraggioso, dello stratega, del folle sanguinario, mentre sotto di questi marcivano le spoglie di un ragazzo i cui desideri erano soltanto chimere irrealizzabili.
E uno di questi era proprio lì accanto, la mano poggiata su un masso per sostenersi e il respiro pesante, cercava di non mostrarsi debole ai suoi occhi, malgrado fosse sfinito.
Takasugi e quel suo stupido orgoglioso sarebbero rimasti un problema per sempre.
《Ehi, vecchio, stai per metterti a piangere?》 domandò affilato, più concentrato su di lui che sulla ferita all'anca.
Gintoki sorrise, poggiandosi alla roccia dietro di sé, 《La guerra mi fa questo effetto》.
Forse furono gli occhi umidi, oppure la tristezza di quelle parole, ma l'atteggiamento di Takasugi cambiò, come se per la prima volta in sedici anni avesse trovato qualcuno potesse capirlo.
La maniera tenera e innocente in cui lo guardò, per un attimo, riaccese in Gintoki quel sentimento di protezione folle e feroce che, anni prima, lo aveva tormentato giorno e notte. E in realtà, se doveva essere onesto, non era mai scomparso del tutto.
Mutato, più adulto, con meno illusioni fanciullesche, ma era sempre stato lì, in mezzo al petto. A rosicchiargli il cuore.
Perché in verità il demone bianco non aveva mai lasciato quel baratro; all'età di sedici anni si sarebbe fatto ammazzare dagli Amanto pur di mettersi fra loro e Takasugi, a trenta aveva fatto lo stesso con il Tenshouin, e quel giorno di nuovo con vecchi nemici dimenticati. E sapeva, nel profondo, che se solo gli avesse sorriso una volta con quello stesso affetto in passato, non sarebbe mai riuscito ad uccidere il sensei davanti a lui, piuttosto avrebbe offerto la sua testa su una picca pur di non farlo soffrire ancora.
Se solo una volta, a sedici anni, Shinsuke lo avesse guardato con quel calore, Gintoki non sarebbe sopravvissuto un giorno in più dopo Shoyo.
Perché l'anima di Shinsuke era la cosa più preziosa che aveva avuto la fortuna di tenere fra le mani, e quando la distrusse spezzò anche la propria.
《Allora dovresti proprio tornare nel tuo futuro》 sussurrò Takasugi.
《Credo di sì》.
Voleva così tanto tornare a casa.

 

Il tempo dei saluti era giunto in un lampo, e se da un lato Gintoki si sentiva rassicurato dal fatto Gengai, come aveva promesso, fosse riuscito a riparare in fretta la macchina del tempo, dall'altro lo corrodeva il rimpianto di non aver scoperto quasi nulla sul futuro.
Se ne stava per andare col peso della consapevolezza di aver fallito nel salvataggio di Shoyo, senza però conoscere qual era stato il suo errore, o se esisteva un modo per rimediare, cambiare le cose. Evitare di distruggere l'illusione di successo che ancora incendiava l'anima di Katsura e Takasugi.
Quelle riflessioni accentuarono il mal di testa che lo tormentava da giorni.
S'accorse con sorpresa però che non era feroce quanto il senso di soffocamento provato al notare Kagura e Shinpachi guardarlo commossi e dispiaciuti, quasi non volessero mandarlo via, malgrado non fosse altro che il pallido riflesso del loro amato Ginsan.
《Mi raccomando, ricordati che ci incontreremo e di prendermi un regalino》 disse la ragazza, stringendolo in un forte abbraccio.
Forse gli aveva incrinato qualche costola.
Shinpachi le carezzò il braccio, per convincerla a mollare la presa, poi anche lui si raccomandò: 《Non mangiare troppi dolci, così in futuro non avrai il diabete》.
《Vero! E non bere!》 sorrise acquosa Kagura.
《Paga sempre l'affitto alla signora Otose e non buttare i soldi al Pachinko, almeno puoi darci lo stipendio!》.
《Non iniziare a leggere ******, tanto il finale fa schifo!》.
《Kagura!》.
《Cosa c'è? È vero!》.
《Sì, ma non possiamo dirlo, ora dobbiamo censurarti!》.
Gintoki rise di cuore, malgrado sentisse gli occhi pizzicare e la spada appesa al suo fianco aveva cominciato a pesargli come un macigno, di cui voleva soltanto liberarsi.
《Cercherò di tenerlo a mente》.
Takasugi, seguito dal vecchio Gengai, li raggiunsero all'esterno del laboratorio.
《Avete finito?》 chiese con un cipiglio sul viso, spostando lo sguardo da lui ai ragazzi.
《Scusa, Takachan, volevamo solo-》.
《Niente drammi, Kagura》 la bloccò, un po' rigido.
Quegli stupidi... sembravano così tristi che lo stavano addirittura facendo sentire in colpa!
《Bene,》 urlò e si batté le mani contro le guance, 《è ora di andare! Sarò mancato tantissimo a Takasugi!》 scherzò, cercando di rendere più veritiera possibile quella falsa allegria.
《Come no, da morire》 borbottò, sarcastico, il diretto interessato.
《Come sei perfido, potevi almeno illudermi》.
《Ehm,》 Gengai tossicchiò, attirando l'attenzione di tutti 《credo sia davvero il momento, ragazzo mio》.
Gintoki si rabbuiò, un secondo dopo raddrizzò le spalle e afferrò lo strano dispositivo che il vecchio inventore gli stava porgendo; aveva l'aspetto di un orologio da polso, più pesante e dal quadrante tozzo e in rilievo.
《Cosa dovrei farci?》.
《Per prima cosa non romperlo, è molto delicato》 spiegò, poi sollevò due dita 《La seconda è consegnarlo all'altro Gintoki non appena lo vedrai, al resto penserò io》.
Gintoki annuì in un gesto di comprensione; rivolse un ultimo sguardo ai chiassosi tuttofare di Kabuki-cho e infilò l'orologio al polso, sperava solo viaggiare nel tempo non facesse male come la prima volta, ma forse quello che provava in quel momento era un tipo dolore diverso, quello di qualcuno che faticava a dire addio... E si chiese, se avesse cambiato idea sarebbe potuto restare?
No...
Non era lì il suo posto. Non ancora.
In un attimo tutto scomparve, la città, le persone, persino il cielo, nemmeno il tempo di battere le ciglia e davanti a lui una terra devastata da dolore e morte lo aveva accolto di nuovo fra le sue braccia.
La puzza di sangue, il rumore di ferro delle spade, le urla, le imprecazioni, la casa in cui doveva sopravvivere per chissà ancora quanto tempo non era affatto cambiata in quei pochi giorni, l'aveva aspettato immutata e crudele come ricordava fosse. Deglutì il groppo in gola, asciugò gli occhi e dopo il primo passo sulle ceneri di quella nazione in declino, Gintoki tornò a vestire i panni del demone bianco.
Si permise soltanto un breve attimo di sorpresa quando, in lontananza, vide i suoi tre compagni combattere fra la polvere e le macerie assieme ad un quarto samurai, armato di un bastone di legno, che non appena s'accorse di lui cominciò a corrergli incontro.
《Finalmente la mia corriera è arrivata!》 strillò, con un sorriso folle e raggiante in faccia.
Gintoki sfilò l'orologio dal polso e, un po' perfido, glielo lanciò addosso.
《Criminale, se si rompe ti ammazzo!》 sbraitò l'altro, afferrandolo al volo per un pelo.
Quando gli passò al fianco, mentre bestemmiava insulti contro la voce metallica di Gengai proveniente dall'attrezzo, Gintoki credette non gli avrebbe rivolto uno sguardo, invece lo fece. Per un brevissimo secondo lo guardò.
E negli occhi rossicci di quell'uomo così simile a lui, il demone non vide disgusto al trovarsi davanti lo spettro di un se stesso dimenticato e disprezzato, ma solo una profonda tenerezza.
《A fra qualche anno, ragazzo》.
《A fra qualche anno, vecchio》 rispose con un sorriso, camminando in avanti.

 

La prima cosa che fece Gintoki Sakata quando tornò al laboratorio di Gengai fu strozzare con le sue mani Gengai stesso, o almeno ci provò, sino a che sei paia di braccia non lo strinsero a loro con talmente tanta forza da far sentire di nuovo tutti i suoi pezzi al posto giusto.

   
 
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