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Autore: EuphemiaMorrigan    16/09/2023    1 recensioni
Gintaka | Canonverse | Post!Finale
(Quinta OS della raccolta, è preferibile leggere le precedenti prima)
Gintoki avrebbe voluto voltarsi e guardarlo, sincerarsi dell'assenza di qualsiasi ferita o pallore della morte; abbracciarlo, ascoltare il cuore battere, il fiato caldo contro le guance, la pelle liscia sotto ai palmi, ma qualsiasi movimento pareva impensabile, congelato sul posto quasi avesse paura fosse solo un'altra illusione. Uno spettro.
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gintoki Sakata, Takasugi Shinsuke
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quando non ti piace il canon, cambialo '
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Andare out of character non è così male se riesci a tappare la bocca ad un idiota con la permanente naturale!

 

Il corpo faceva male, ovunque, i tendini delle braccia tiravano in tensione come fossero infiammati e gli sembrava d'esser stato schiacciato al suolo dal peso di mille principi Hata in perizoma. L'orrenda immagine mentale lo disgustò a tal punto che, assieme all'inusuale sensazione di déjà vu in fondo alle viscere, lo costrinse ad aprire gli occhi vermigli. Sopra di sé lo aspettava però soltanto un cielo plumbeo e opprimente.
Gintoki accennò un colpo di tosse, la gola bruciò e allora sfiorò il collo sudaticcio con la punta delle dita, s'accorse in quel momento che stavano tremando. Con uno scatto di reni si rimise in piedi e cominciò a scrutarsi attorno: distinguere forme o persone risultava complicato a causa dei detriti e del polverone sollevato dal vento.
La Yorozuya non era così disordinata, non negli ultimi anni almeno.
《Kagura?! Shinpachi?!》 gridò, colpito poco dopo dall'ennesimo attacco d'asma, di conseguenza costretto a piegare le ginocchia e poggiare le mani su queste.
Pervaso da smarrimento e confusione non capì come fosse finito lì, di nuovo. E soprattutto perché l'aerostazione rasa al suolo durante l'ultima battaglia, e ricostruita pochi anni prima, fosse stata distrutta ancora una volta.
Escluse un nuovo attacco Amanto, altrimenti avrebbe ricordato qualcosa, invece non era in grado di schiarire la mente annebbiata, sicuro d'essersi addormentato a casa propria, nel suo letto, accanto a Shinsuke.
Shinsuke!
Il ricordo lo folgorò.
《Ehi! Takasugi dove ti sei nascosto? Sei sotto un sasso?》 chiamò, mentre afferrava un pugnetto di ghiaia là vicino e ci guardava sotto. Represse una smorfia quando lo colpì una fitta più forte al torace.
Se s'era risvegliato lì come per magia gli altri non potevano essere troppo lontani. La Shinsengumi, gli abitati di Kabuki-cho, tutti dovevano star combattendo proprio in quel momento; seppur il silenzio spettrale che lo circondava aveva già da un poco cominciato a causare a Gintoki un'ansia che difficilmente riusciva a reprimere.
《Dannazione, stupido nano dove ti sei cacciato?!》.
Finse disinvoltura e sforzò un sorriso mentre camminava fra i calcinacci e le rocce scheggiate. Di sicuro Matako e Takechi non avrebbero mai lasciato Takasugi da solo, e nemmeno i loro bambini si sarebbero allontanati da quel culo piatto.
In men che non si dica li avrebbe trovati a bisticciare da qualche parte, e lì capito chi aveva osato disturbare il meritato riposino di yorozuya Ginsan.
Scosse il capo riccio, probabilmente quello era tutto un enorme scherzo del nano malefico, lo aveva minacciato la sera prima che gliela avrebbe fatta pagare per esserci andato troppo pesante a letto. Anche se distruggere di nuovo l'aerostazione per vendicarsi di qualche molestia era un po' drammatico, persino per Shinsuke.
Doveva trovarli al più presto e riportarli tutti a casa.
Fischiò per richiamare Sadaharu, senza ottenere risposta.
Doveva stare con loro.
《Shinpachi, rispondimi!》.
Doveva abbattere il nemico prima che qualcuno potesse farsi davvero male.
《Kagura lo sai che a Ginsan non piace giocare a nascondino, vieni fuori!》.
Doveva tenerli al sicuro.
《Vaffanculo, qualcuno mi sente?! Toshi? Gorilla? Dove cazzo siete?》.
Perché tutto quello che riceveva in risposta era silenzio?
Distratto com'era inciampò su un masso, perse il filo dei suoi pensieri già sregolati quando notò la spada di legno spezzata e macchiata di sangue ai piedi. Toccò il fianco, incerto, la katana sparita o forse mai avuta fin dall'inizio.
Avanzò ancora di qualche passo e aguzzò la vista quando, a qualche metro, scorse la sagoma riversa fra le macerie; a prima vista gli sembrò un corpo, qualcuno svenuto, qualcuno dei suoi amici aveva bisogno d'aiuto, qualcuno... qualcuno di cui riconobbe l'haori scuro e dorato all'istante.
A Gintoki mancò il fiato, come se mani invisibili avessero cominciato a stringergli talmente forte la gola da spezzargli il collo e rendere vano ogni suo respiro.
Incespicò in avanti il più velocemente possibile, fino ad inginocchiarsi a terra quando finalmente gli fu vicino; la vista sfocata e una sensazione nauseante alla bocca dello stomaco.
《Takasugi!》 lo sollevò, internamente terrorizzato dal fatto fosse così pesante; scostò i ciuffi scuri dal viso e lo chiamò di nuovo: 《S-shinsuke! Ohi!》.
L'ennesimo colpo di tosse lo costrinse a piegarsi in avanti, verso il viso cinereo del compagno. Nessun respiro sembrava provenire da lui.
Gintoki morse le labbra così forte da farsi sanguinare, le dita affondate nelle spalle rigide intanto che lo scuoteva con folle violenza e ripeteva il suo nome.
《Idiota, non è il momento del riposino di bellezza》.
Tremava. Tanto che per un attimo ebbe l'illusione di percepire un piccolo movimento provenire dall'altro.
《Smettila di scherzare》 mugolò con fiato corto.
《Ti prego Shinsuke, non un'altra volta, me lo avevi promesso》.
Le suppliche e la voce spezzata non valsero a nulla, né il lamento disperato che gli squarciò il petto.
Non poteva essere vero. Erano anni di pace, avevano smesso di combattere, avevano trovato il loro posto, insieme, avevano giurato di invecchiare e morire l'uno accanto all'altro. Non così. Non di nuovo. Non potevano portarglielo via proprio quando finalmente era riuscito a tornare al suo fianco.
《Shinsuke non farmi questo》.
Fu il suo stesso urlo a riportarlo alla realtà.
Gintoki sbarrò gli occhi rossicci nell'oscurità e ansimò al ritrovarsi dinnanzi la parete del soffitto di casa propria; le lenzuola leggere e il sudore freddo appiccicati al corpo disteso, assieme ai tremori che non lo avevano ancora abbandonato mentre, con un profondo respiro, inalava quel tipico odore di tabacco ormai divenuto familiare.
Quante volte aveva sbraitato a Takasugi di non fumare in camera da letto, non lo aveva mai ascoltato. In quel momento ne fu grato.
Ancora scosso e confuso passò la mano sul viso bagnato di lacrime; aveva fatto di nuovo quel sogno, quella volta gli era parso così reale da lasciarlo internamente ancora terrorizzato, come se la sua mente fosse rimasta lì: a pregare un morto di aprire gli occhi.
Come a rallentatore si mise seduto sul letto, nonostante il fischio persistente alle orecchie avvertì limpido il fruscio di coperte accanto a lui.
《Va tutto bene》 rassicurò con voce rauca, i leggeri massaggi di Shisuke sulla schiena curva erano come balsamo per l'anima.
《Non parlare, respira》 lo ammonì.
Gintoki annuì, avrebbe voluto voltarsi e guardarlo, sincerarsi dell'assenza di qualsiasi ferita o pallore della morte; abbracciarlo, ascoltare il cuore battere, il fiato caldo contro le guance, la pelle liscia sotto ai palmi, ma qualsiasi movimento pareva impensabile, congelato sul posto quasi avesse paura fosse solo un'altra illusione. Uno spettro.
La fronte di Takasugi premette fra le sue scapole, braccia forti avvolte al busto.
《Non sono il migliore quando si tratta di consolarti, ma se vuoi parlarmi...》.
Gintoki rise dolcemente a quel tono comprensivo, 《Non devi sforzarti, piccoletto》.
《Imbecille,》 bofonchiò risentito, 《la colpa degli incubi è mia, mi sembra il minimo》.
《Oh, Takasugi, non fare la solita reginetta del dramma, sei anche la causa della maggior parte dei miei sogni erotici》.
Le mani dell'altro vagarono sullo sterno ampio in una lusinga, 《Solo la maggior parte?》.
《L'altra parte ovviamente è dedicata a Ketsu no Ana》.
Lo sentì sbuffare, poi ridere arioso. Era una novità relativamente recente quel suono, la prima volta ne era rimasto talmente sorpreso da arrossire fino alla punta delle orecchie; Gintoki lo amava, avrebbe voluto registrarlo e tenerlo per sempre con sé, solo per lui.
Finalmente si voltò, afferrò con delicatezza i polsi di Takasugi e, ancora col fantasma di un sorriso sulle labbra, lo spinse contro il materasso. Ora era Gintoki a stringerlo fra le braccia, forse un po' troppo forte ma non sembrava importargli.
《Non devi dire nulla per consolarmi, Shinsuke, rimani in personaggio》.
Lui fece una piccola smorfia, 《Credo di essere andato out of character almeno due righe fa》.
《Oooh, allora potresti dire che ami Ginsan e rimarrai sempre con lui》.
Takasugi si sporse per baciargli una tempia, poi scese fino all'orecchio bollente, 《Amo Ginsan e rimarrò per sempre con lui》 ripeté lento e comprensivo, come raramente s'era mostrato prima a Gintoki.
《Dannato sadico》 borbottò timido e rosso come un pomodoro maturo, poi lo travolse con un altro sorriso, 《Grazie di essere vivo》.
《Non devi ringraziare me, è stato il sensei a...》 sospirò stanco 《lasciamo perdere》.
Gintoki sollevò la sua mano, ne baciò il dorso preferendo non rispondere. Sapeva quanto Takasugi odiasse parlare di ciò ch'era accaduto durante l'ultima battaglia e lo rispettava; alcune cicatrici avevano bisogno di silenzio e tempo per rimarginarsi.
Trascorsero qualche momento così, in pace, tanto che ebbe quasi l'impressione di starsi per riaddormentare, almeno fino a che una nuova domanda non lo ridestò: 《Era così brutto? L'incubo, dico》.
Fece finta di pensarci, puntellò le braccia ai lati della testa di Takasugi per guardarlo meglio in viso e canticchiò allegro: 《Non ne hai idea! Stavo andando al supermercato per fare scorta di latte alla fragola e bam! Mi rendo conto che era finito, ovunque, gli scaffali completamente svuotati neanche avessero annunciato al telegiornale una nuova ondata di Covid》.
Shinsuke si mordicchiò il labbro, indeciso, notò chiaramente il dubbio insinuarsi nell'occhio verde poi, vincendo chissà quale battaglia contro se stesso, lo assecondò: 《Dev'essere stato terribile》.
《Un vero tormento!》 disse Gintoki intanto che annuiva con vigore, 《Mi sono fatto forza, sai che Ginsan è molto coraggioso, e ho vagato alla disperata ricerca per tutti i supermercati di Edo. Credevo di averlo trovato, quando alla fine hanno avuto l'audacia di propormi un'indecenza come alternativa!》.
《Un pasto salutare?》 cercò d'indovinare mentre gli baciava il mento.
《Assolutamente no! Dello schifoso yakult alla fragola!》.
Shinsuke morse quello stesso punto con rabbia, poi mise un broncio infantile, 《Lo yakult è buono》.
《Non è vero, fa schifo》.
《Tu fai schifo!》.
Scoppiarono a ridere entrambi, il cuore di Gintoki si riempì di nuovo di calore e gioia a vedere le piccole scintille di divertimento nell'occhio sano del compagno. Promise ancora una volta a se stesso di non permettere più a nulla di intromettersi fra loro, avrebbe impedito a Shinsuke di abbandonare il suo fianco quella volta.
Lo avrebbe tenuto al sicuro.
《So badare a me stesso》.
Sbatté le palpebre, confuso, 《Ora puoi anche leggere nel pensiero?》.
《No, sei tu che dici cose imbarazzati ad alta voce》.
Oh.
Notò il lieve rossore sulle gote e sorrise un'altra volta, 《Quindi posso tenerti con me?》
《Smettila di citare Casper o ti uccido!》 esclamò Takasugi, tirandogli una ciocca di capelli.
《Non prendertela con me, l'autrice fa sempre le stesse battute perché il suo bagaglio culturale è limitato》.
L'altro strattonò con più forza i capelli argento, 《Immagino che il tuo di bagaglio invece sia grande come quelli permessi da Ryanair》.
《Ahi,》 si lagnò, due lacrime false spuntarono agli angoli delle ciglia, 《dimostro il mio affetto e mi tratti così, sei proprio un personaggio poco sviluppato e vendicativo》.
《E tu sei un coglione》.
《Tsundere》.
Shinsuke sospirò, in un misto d'affetto e rassegnazione, 《Svegliarmi nel cuore della notte mi rende così-》.
《Docile? Carino? Umano? Sicuramente non più alto》.
《Propenso all'omicidio del grosso idiota che mi sta schiacciando le palle!》 lo spintonò, senza troppo successo. 《Togliti, pesi》.
《Ma a Shinsuke-kun di solito non dispiace avermi fra le gambe》 rifletté con il chiaro intento di infastidirlo ancor di più, intanto che gli si spalmava addosso.
《Per te è Shinsuke-sama》.
Lo sguardo rossiccio s'addolcì maggiormente, nascose il viso nell'incavo del suo collo per non mostrarsi più vulnerabile di quanto già s'era lasciato andare quella notte.
《Non ho la forza di bisticciare con te ora》.
《E poi ero io quello fuori personaggio》.
《Che posso dirti Shinsuke-sama》 sottolineò ironico, 《forse è il diabete che mi rende dolce》.
《Mai che morissi una buona volta per quello》.
《E poi chi tapperà il buco nel tuo cu-》 ansimò dolorante ad un pugno ben piazzato contro le scapole 《cuore》 corresse con una risatina.
《Non sono un hollow e non faremo questo spinoff solo perché l'autrice ha appena finito di vedere Bleach》.
《Possiamo almeno fare quello di JOJO?》.
《No》.
《Ammazzi la mia creatività, avrei un bellissimo Stand》.
《Sarebbe pieno di merda e puzzerebbe di vecchio》.
《Ora parli come Kagura, comincerai a mangiare alghe kombu?》.
《Le mie papille gustative sono troppo raffinate per quell'immondizia》.
《Dice l'uomo che ogni sera ha la bocca attaccata al mio ca-》.
Takasugi gli posò con forza una mano sulle labbra, 《Niente parolacce è una rating verde》.
《Non siamo mica su Twitter, o hai paura Musk ti tolga la spunta blu?》 lo prese in giro, nel frattempo che gli mordicchiava le dita.
《Non ho Twitter, uso solo Facebook》.
《Ed ero io il vecchio》.
《Devo tenermi in contatto con la Kiheitai》.
《Su Facebook...》.
《Matako mi manda video sui gatti e Takechi i post di Alpha Woman》.
《Dio mio, Takasugi cominceranno a darti del boomer se continui così. Non voglio stare con un vecchio, adesso ti scarico Instagram》.
《Non so usarlo》.
《Sto cercando di salvare la tua immagine pubblica, smettila di renderlo così difficile!》.
Dopo un breve, ma doloroso, pizzicotto al fianco, Gintoki avvertì chiaramente una carezza risalire ai capelli spettinati, per poi trascinare quella stessa coccola verso la mandibola.
Takasugi abbassò piano la palpebra, come un gatto mezzo addormentato.
《Ora va meglio?》.
Lui annuì, e quando cullò ancora la mascella s'appoggiò volentieri al tocco, le braccia non avevano mai liberato la vita di Shinsuke, nonostante gli spintoni e i bisticci. 《Decisamente》.
《Sono passati anni da quella guerra》.
《Lo so》.
《Dovresti smetterla di pensarci, Gintoki》.
《È impossibile》.
Vide Shinsuke inclinare il collo, ancora gli occhi socchiusi e una domanda silenziosa sulla punta della lingua, a cui Gintoki rispose prima ancora potesse porgerla: 《Ho rischiato troppo quel giorno, mi tormenta il pensiero che avrei potuto perderti per sempre》.
《Mmh》 mugolò meditabondo, voltò la testa d'un lato, contro il cuscino, stranamente concentrato al fusuma chiuso. Con le unghie grattò lievemente la cute del compagno, fino a spingerlo a posare la fronte contro la sua spalla, l'altro braccio mollemente adagiato sulla schiena. 《Però non è successo. Quindi smettila di colpevolizzarti o dovrò mettere in atto una nuova vendetta e, sinceramente, mi sono stancato di correrti dietro brandendo la spada》.
Gintoki gli baciò la clavicola scoperta, la mordicchiò e disse: 《Non preoccuparti, Shinsuke, non ti farò più correre, ora puoi camminare al mio fianco》.
《Allora sarà meglio che la prossima volta mi racconterai tutto, senza inventare stupide storielle su quello schifoso latte alla fragola》.
《Sì, capo!》 fece un mezzo saluto militare, e subito dopo sprofondò ancora di più in quell'abbraccio 《Ma non insultare la mia fonte di sostentamento! Ginsan è Ginsan proprio perché beve latte alla fragola!》.
《Mi sono condannato a stare con un idiota》 sospirò affranto.
Gintoki ridacchiò, spensierato, 《Ehi, Shin, ricordi quando ti ho raccontato del funerale dell'uomo del chiosco?》.
《Tu e Vegeta non la finite mai di parlarne》.
《Credo si chiami Toshi》.
《Stessa cosa》.
《Comunque la domanda era un'altra: se io morissi mi riconosceresti dal caz-》.
Il pugno in testa ricevuto prima di concludere quel quesito lo fece svenire per le successive ore della notte, quella volta, finalmente, senza incubi.

   
 
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