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Autore: Lizzyyy02    23/09/2023    0 recensioni
«Ricordi le vecchie storie e leggende del nostro popolo che ti ho raccontato? Beh…ce n’è una che ti ho sempre tenuto nascosta. Centinaia di anni fa, il Clan delle Streghe Hwītan, era affiancato da un altro Clan. Le creature più vicine di tutte alla Luna. Erano i nostri servitori. Quando però salì al potere il tredicesimo Capoclan, si rivoltò contro il nostro popolo, uccidendone la maggior parte. Da allora, nonostante la Luna a legarci, siamo nemici mortali» Sua Nonna concluse quel racconto, lo sguardo carico di serietà, come quando lanciava un incantesimo, o lodava la loro Luna.
«Ealdemoder» La chiamò, nella loro lingua «perché non me lo hai mai detto?» Chiese, la curiosità a divorarla.
Sua Nonna alzò un braccio, ad accarezzarle i capelli «Perché sono pericolosi per noi, Lȳtele. Da quel giorno, sono i nostri nemici più mortali. Sono creature molto antiche, potenti»
«Di che Clan si tratta?» Chiese ancora. Si sentiva attirata profondamente da quella storia, senza capirne il motivo. Sua Nonna la guardò intensamente, sembrava non volesse rivelarglielo ma che, per qualche ragione, dovesse. «È il Clan dei Lupi Bianchi. I Wulphwīt»
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza correva a perdifiato per le strade della sua tribù. I corti capelli castani si sollevavano ad ogni passo rapido e respiri accelerati lasciavano le sue labbra. Non appena giunse in prossimità della tenda più grande e bella del villaggio, si fermò a riprendere fiato. Il cuore continuava a batterle feroce nel petto anche quando il ritmo della respirazione tornò regolare. Una piccola folla si era radunata davanti alla tenda. Se ne stavano tutti immobili, le espressioni preoccupate sui volti contratti. Uraraka avanzò e, non appena la videro, si scostarono per lasciarla passare. Sentiva le mani tremare, l’ansia pesava sul petto più di un macigno. In mezzo a quel piccolo gruppo -che non dubitava si sarebbe allargato non appena la voce si fosse sparsa per il villaggio- i suoi occhi furono calamitati da una chioma ribelle verde brillante. Cercò i suoi occhi di smeraldo, e questi la ricambiarono, lanciandosi uno sguardo d’intesa. Uraraka compì l’ultimo passo che la separava dall’entrata, accompagnata dagli occhi di tutti i presenti fino all’ultimo, poi si fece cadere una parte della pesante tenda ocra che fungeva da entrata dietro le spalle, scomparendo alla vista.
Non appena la vide, circondata da due serve che se ne stavano prendendo cura, Ochaco sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
«Nonna» Sussurrò a fior di labbra, avvicinandosi a lei.
«Lȳtele» Mormorò lei nella loro antica lingua «ti aspettavo» Ochaco si inginocchiò al suo capezzale con le lacrime a pungerle ancora gli occhi. Sua nonna era la Abbod del loro villaggio di Streghe Hwītan. Era la persona più importante di tutte: colei che li guidava, li curava, che faceva i rituali di Luna bianca. Tutto ciò che conosceva, lo aveva imparato grazie a lei. Ultimamente le ricordava molto spesso del fatto che sarebbe diventata sua succeditrice, che avrebbe dovuto guidare il popolo.
«Mia Lȳtele, un giorno guiderai il Clan, devi essere pronta»
Lei si era stretta nelle spalle «Non sarò mai come te» Aveva sussurrato timidamente.
«Sarai anche più grande, bambina. L’ho visto»
Sua nonna aveva infatti continue visioni. Alcune addirittura mentre continuava a parlare come nulla fosse, altre la facevano cadere in stato catatonico per giorni. Questa volta però era stato molto peggio. Poco fa, Uraraka si trovava nella sua tenda, un libro di incantesimi antichi tra le mani, quando Agakure era accorsa dentro trafelata, spiegandole con voce sconvolta che la Abbod stava avendo un attacco epilettico, gridando di dolore come un’ossessa.
A quanto pare, non era successo niente, ringraziando la Luna «Nonna, è stata una visione ad agitarti in quel modo?» Chiese lei, ancora inginocchiata a fianco al letto. La Sciamana chiuse gli occhi striati di rughe di saggezza, una smorfia le attraversò il volto. Riaprì gli occhi, annuendo grave.
«Una visone del male, mia piccola. Ho visto un vento nero, che sgretola tutto al suo passaggio. La Morte è vicina e io non sono abbastanza forte per fermarla»
Ochaco sentì un brivido di freddo attraversarla tutta. Il terrore iniziò a impossessarsi di lei.
«Non tremare, bambina. Nella mia visione, ti ho visto combatterlo, tenergli testa, ma non eri sola» Uraraka aggrottò le sopracciglia, L’Abbod continuò «Ricordi le vecchie storie e leggende del nostro popolo che ti ho raccontato? Beh…ce n’è una che ti ho sempre tenuto nascosta. Centinaia di anni fa, il Clan delle Streghe Hwītan, era affiancato da un altro Clan. Le creature più vicine di tutte alla Luna. Erano i nostri servitori. Quando però salì al potere il tredicesimo Capoclan, si rivoltò contro il nostro popolo, uccidendone la maggior parte. Da allora, nonostante la Luna a legarci, siamo nemici mortali» Sua Nonna concluse quel racconto, lo sguardo carico di serietà, come quando lanciava un incantesimo, o lodava la loro Luna.
«Ealdemoder» La chiamò, nella loro lingua «perché non me lo hai mai detto?» Chiese, la curiosità a divorarla.
Sua Nonna alzò un braccio, ad accarezzarle i capelli «Perché sono pericolosi per noi, Lȳtele. Da quel giorno, sono i nostri nemici più mortali. Sono creature molto antiche, potenti»
«Di che Clan si tratta?» Chiese ancora. Si sentiva attirata profondamente da quella storia, senza capirne il motivo. Sua Nonna la guardò intensamente, sembrava non volesse rivelarglielo ma che, per qualche ragione, dovesse. «È il Clan dei Lupi Bianchi. I Wulphwīt»
Uraraka tacque per un momento, quel nome non voleva dire niente per lei, eppure le si era mosso qualcosa, dentro. Diede fiato alla bocca, ponendo la domanda più importante in quel momento «Nonna, perché mi hai raccontato questa storia?»
«Perché ti ho visto combattere insieme a uno di loro» Fece, grave. Uraraka rabbrividì, non seppe nemmeno lei per cosa. La sua Ealdemoder chiuse gli occhi, l’espressione preoccupata ma dura «È l’ultima cosa che avrei voluto, ma l’unica» Iniziò «Dovrai trovare il Clan dei Lupi Bianchi…e chiedere il loro aiuto. Solo così il Male potrà essere sconfitto»
«Ma Nonna, non ci concederanno mai il loro aiuto» Ribatté lei. Da quel poco che aveva potuto capire, scorreva un odio viscerale tra i loro popoli.
«Lo avrei detto anche io, bambina…prima della mia visione. Sarà diverso perché ci sarai tu»
Uraraka abbassò lo sguardo «Non credo di essere in grad…» La donna la bloccò, alzandole la testa «Lȳtele, tu sei una strega della tribù Hwītan, mia degna erede e futura Abbod. Hai uno spirito forte ma soprattutto un’anima pura, e un cuore grande quanto la Luna» Disse, con tono fermo. La ragazza si sentì come riempire di energia, di speranza «Se c’è qualcuno che può riuscirci, quella sei tu».
Uraraka si trovava seduta nel suo posto preferito, ad ammirare il cielo farsi sempre più grigio. La Luna si sarebbe alzata presto. Continuava a perdersi nei propri pensieri, rimuginando sul discorso avuto con sua Nonna solo poco fa.
Come avrebbe fatto a guadagnare la fiducia di un Clan legato al suo da un odio centenario? Le visioni di sua Nonna non sbagliavano mai, ma in questa ci doveva certamente essere un errore.
«Sapevo che ti avrei trovata qui» Una voce, a lei ben nota, le fece girare lo sguardo, e incontrare capelli e occhi di smeraldo. Sorrise sghemba.
«Solo tu conosci il mio posto segreto» Rispose.
«Beh, in realtà lo conosce tutto il Clan» Ribatté lui. Doveva ammettere fosse così: in realtà il suo posto segreto, altro non era che la collina rialzata dove avvenivano i rituali in onore della Luna. Da lì, la si poteva ammirare in tutta la sua bellezza e maestosità.
Il suo amico più fidato prese posto accanto a lei «Cosa c’è che non va?» Riusciva subito a capire quando qualcosa la turbava. Gli sorrise sincera, ma così come era nato, il sorriso gli morì sulle labbra «Dovrò affrontare un viaggio pericoloso» Affermò, andando subito al punto. Midorya aggrottò le sopracciglia scure dai riflessi verdognoli come i suoi capelli, e Uraraka gli raccontò tutto: da quando era entrata nella tenda della Abbod fino a quando ne era uscita, stravolta e con mille dubbi. Vide il suo volto dai tratti dolci farsi sempre più preoccupato e sconvolto.
«Non avrai intenzione di andare davvero» Fece lui. Poche volte gli aveva sentito quel tono grave.
«È mio compito…altrimenti…il popolo…»
«Siamo uno dei Clan più forti esistenti e mai esistiti. Abbiamo superato tantissime minacce. Supereremo anche questa»
«Questa è diversa» Fece seria, gli occhi colmi di determinazione. Izuku sbuffò, iniziando a torturare un filo d’erba. Sapeva bene che tentare di convincerla sarebbe stato inutile. Di scatto alzò il volto. «Chiederò all’Abbod di venire con te» Affermò. Uraraka lo guardò scovolta «Non puoi Izuku, devo farlo da sola. Mia nonna ha detto che solo così…»
«Sono uno dei migliori spadaccini della Tribù» Affermò lui convinto. Lo era davvero. Nel loro Clan, solo le donne erano streghe o potevano diventarlo, mentre gli uomini affinavano le arti del combattimento «ti proteggerò» Ochaco sorrise, ma scosse la testa. Posò piano una mano su quella dell’amico «Fidati di me. Anche io ho milioni di incertezze, ma ce la metterò tutta. Supererò qualsiasi limite»
Izuku abbassò gli occhi, non riuscendo più a sostenere quello sguardo «Non è di te che non mi fido» Borbottò «È di quei Lupi…» Uraraka rise di cuore a quell’affermazione, alzando gli occhi al cielo.
Finalmente la Luna era apparsa.
 
Il giorno dopo era tornata da sua Nonna, per fasi spiegare i dettagli del viaggio. Appena gliel’aveva chiesto però, lei le aveva detto qualcosa che l’aveva completamente scioccata «È un viaggio troppo lungo, bambina. Ci vorrebbero molti mesi per raggiungere i loro territori, senza contare che sarai da sola, e mille intemperie potrebbero mettersi sul tuo cammino. E a quel punto sarebbe troppo tardi»
«E allora…come…»
«Dovrò ricorrere ad un incantesimo proibito» La ragazza spalancò gli occhioni nocciola. Gli incantesimi proibiti erano conosciuti solo dall’Abbod, ed erano i più potenti di tutti, così come i più pericolosi.
«Questa malia ti farà apparire subito nei loro territori. Però mi raccomando mia Lȳtele, percepiranno subito la presenza estranea. Dovrai essere pronta» Ochaco annuì con aria decisa.
«Nonna, cosa devo sapere su questo Clan?» Chiese. Voleva sapere cosa avrebbe dovuto affrontare, o meglio…con chi avrebbe dovuto interagire.
«Fanno parte della razza dei Wulph. Ormai sono pochissimi i Clan di questa razza ad essere ancora in vita. Tra questi, i Wulpfhwīt sono i più forti e numerosi. Posseggono due forme, quella umana e quella da lupo. La Luna influenza tutto il loro essere, il loro potere, i loro istinti. Sono più forti durante la Luna crescente e raggiungono il picco durante il plenilunio. Purtroppo, come ben sai, ci troviamo esattamente in quella fase: il plenilunio ci sarà tra una settimana, ma non possiamo fare altrimenti…» Sua Nonna tacque e Uraraka si ritrovò a stringere i pugni «Farò tutto ciò che è necessario» Fece.
Il resto del giorno lo dedicarono ai preparativi per il viaggio. Sua Nonna la portò anche al fiume, dove si lavò a lungo, mentre l’Abbod cantava nella loro antica lingua per purificare il suo corpo e la sua anima. Appena uscita dal fiume, le ancelle di sua Nonna la cosparsero di olio profumato. Sua Nonna terminò il canto con una nota prolungata, e poi le sorrise. Ochaco si sentiva calma e piena di energia. Quando tornarono alla tenda, le porse una tracolla piccola «Meglio portare lo stretto necessario, non ti servirà altro».
Uraraka non si trattenne dal chiedere una domanda che le frullava da un po' in testa «Nonna, e se si mostrassero particolarmente ostili? Se…cercassero di uccidermi?» Disse, incerta. Sua Nonna annuì grave «Ho pensato anche io all’eventualità» Detto questo, le mise al collo un ciondolo. Un sottile filo di cuoio duro da cui pendeva un fine e piccolo diamante dai riflessi aranciati «Se dovessi trovarti in pericolo, in una situazione critica e senza via d’uscita, stringi il ciondolo nella mano destra e chiamami. Anche io ne ho uno uguale, vedrò che mi stai chiamando e lancerò l’incantesimo opposto, che ti riporterà indietro»
«Ma…così la visione non si compirà» Ribatté lei.
«Lo so, Lytele. Ma per me tu sei più importante» Disse, lasciandole una leggera carezza «Manca poco al tramonto ormai, dobbiamo andare ora» Le intimò sua Nonna, fattasi improvvisamente più seria.
Uraraka assottigliò lo sguardo. Era pronta. Improvvisamente però spalancò gli occhi. Mancava ancora una cosa.
«Nonna, io devo…»
«Salutare il tuo amico, giusto?» Disse lei, sorridente. Uraraka annuì, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio. «Se desideri, può venire» Fece, facendole alzare la testa, confusa «ad assistere all’incantesimo, intendo» Uraraka si illuminò «Si, per favore»
Come ieri, era di nuovo sulla collina dei rituali. Solo che stavolta, oltre a lei ed Izuku, c’era anche sua Nonna, esattamente di fronte a lei, con gli occhi chiusi, una mano sulla sua fronte e una verso il cielo che si tingeva sempre più di rosso. In realtà sarebbe stato vietato far assistere chiunque non fosse della famiglia dell’Abbod ad un incantesimo proibito, ma sua Nonna avrà dovuto percepire quanto profondamente lei ci tenesse. Si erano abbracciati prima che sua Nonna le dicesse di mettersi immobile di fronte a lei, e ora si lanciavano sguardi carichi di significato.
«Ti prego, stai attenta» Le aveva detto, ancora stretto nell’abbraccio di saluto.
«E tu non preoccuparti troppo» Aveva ribattuto lei, sorridendo.
«Sarà impossibile»
Già. Sapeva bene come era fatto il suo migliore amico. Tendeva a pensare troppo, vagliare qualsiasi possibilità. Ma lei ce l’avrebbe messa tutta per non deluderlo. Per non deludere sua Nonna. Il suo popolo. Dipendeva tutto da lei. Se fosse riuscita a farsi ascoltare.
Improvvisamente l’Abbod, alzò lo sguardo al cielo, gli occhi fattisi di colpo bianchi, vitrei, mentre parlava veloce e sconnessa nella loro antica lingua. Uraraka lanciò un ultimo sguardo a Midorya, per poi guardare sua Nonna. Sentiva che era il momento. Fece una preghiera silenziosa alla sua Luna, chiedendo di aiutarla e proteggerla, poi tutto intorno a lei si fece più sfocato. Si sentiva sempre più leggere inconsistente, finché non si sentì invadere da una luce che coprì tutto intorno a lei. Percepì l’oblio richiamarla a sé e vi si abbandonò. E poi più nulla.
   
 
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