«Sei veramente un pessimo bevitore.» Mihawk
faticava a reggersi in piedi ma non era certo quello messo peggio: Shanks
ciondolava pericolosamente sulla sabbia, affondando a ogni passo. «Non sei
capace neanche di camminare, sei un disastro.» Cercava di dirlo in modo serio,
mantenendo un certo distacco, ma faticava perché la scena era davvero buffa.
Per quanto sarebbe stato facile prendere come bersaglio il suo amico, ne
avrebbe avuto da ridire anche per sé, considerando la fatica che stava vivendo
nel mantenere egli stesso un equilibrio quanto meno decente.
Avevano alzato troppo il gomito, era un dato di fatto, ma la situazione
rasentava il ridicolo: aveva dovuto recuperare il braccio del pirata e
adagiarselo sulle spalle per evitare di vederlo rovinare a terra come un
idiota. Shanks da una parte, la bottiglia di rum dall’altra, e la pazienza che
ormai s’era scordato come fosse fatta.
«Io ti lascio qui.» Mihawk sorrise ironico. «Giuro
che ti abbandono qui, pesi troppo.» E lo
fece cadere a terra, sollevando migliaia di granelli dalla rena. Shanks rise e
lo trascinò giù con lui, facendolo cascare sulla spiaggia, entrambi ricoperti
di sabbia e di risate. Anni, forse almeno un decennio, in cui Occhi di Falco
non rideva, e pure di gusto; nemmeno nelle occasioni più leggere perdeva il
proprio mordente, ma la cosa stava prendendo una piega ancora più assurda.
«Mi…Mihawk, guarda. Guarda il cielo, guarda quanto è
bello.»
«Serio, Shanks? È un cielo, sempre lo stesso cielo.» Ingollò ancora un lungo
sorso, per poi stendersi godendo del solletico dei granellini dorati sulla
nuca. «Era ieri così, è oggi così, domani sarà così.»
Shanks lo imitò, stendendosi a sua volta. Pretese altro alcool con un gesto
tipico della mano, negato dall’altro. Non gli avrebbe ceduto gli ultimi sorsi,
oh no, Shanks se l’era già scolata tutta la sua bottiglia, perché avrebbe
dovuto rinunciare? Il pirata lo sovrastò e lo baciò, succhiandone le labbra in
modo scoordinato.
«Ecco, adesso va meglio.»
Mihawk si sollevò, indeciso se spaccare la bottiglia
e minacciarlo di morte, oppure se ridergli semplicemente in faccia per un gesto
tanto… idiota. Non trovava un altro aggettivo per descrivere la situazione, la
mente era troppo annebbiata dai fumi dell’alcool per riuscire ad avere fantasia
negli insulti. «Non osare di nuovo, potrei…»
«Potresti cosa, Mihawk, approfittarne?» Shanks non
era capace di mantenere un minimo di serietà in quello stato, riusciva solo a
malapena a focalizzarsi su quel tramonto così rosso, così vivace nonostante la
vista annebbiata.
«Bah, non vali nemmeno la mia attenzione.»
«Ci proverò meglio la pross… prossima volta, allora…»
«Cosa?»
La risposta fu il silenzio. L’uomo si voltò verso Shanks vedendo come si fosse
perso nell’osservare qualcosa di indefinito sopra di sé, forse un ricordo, o un
desiderio. Ci provò anche lui, la bottiglia ormai vuota giaceva al suo fianco.
Guardò, osservò le nuvole farsi strada sulle loro teste con lentezza
inesorabile: le sfumature di quel cielo gli riportarono alla mente episodi
condivisi, momenti che credeva di avere seppellito in una memoria sigillata per
forza di cose e per il proprio benessere. Non se ne rese nemmeno conto quando
il suono delle sue lacrime si scontrò con la spiaggia sotto di lui.
«Siamo sentimentali, stasera, eh?» Lo disse ridendo, Shanks, mentre il magone
gli stava schiacciando lo stomaco. «Lo ricordi anche tu, vero?»
«Fatti i cazzi tuoi.»
«Lo sai che è più forte di me.» Le ginocchia di Shanks premettero contro i
fianchi di Mihawk, si era issato su di lui senza
chiedere il permesso, senza aspettare un assenso. Lo baciò di nuovo in modo
profondo, scoordinato, impacciato, fino a che un cazzotto lo raggiunse in
pieno.
«Cosa cazzo fai! Volevo solo lasciarti un bel ricordo, una volta tanto!»
«Ficcandomi la lingua in bocca?»
«Faccio quello che posso, cretino!»