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Autore: hotaru    16/09/2009    4 recensioni
My carillon and me
Were two inseparable strange melodies

“Da piccolo aveva aperto il minuscolo coperchio di velluto che celava il meccanismo, curioso di conoscerne i segreti più reconditi.
Aveva osservato a lungo il moto delicato delle piastrine di metallo: urtavano contro le minuscole punte del rullo girevole, producendo le note di quella continua melodia. Non servivano pile, né elettricità: bastava caricare il meccanismo, girando la chiavetta che si trovava sotto il piedistallo, perché lei continuasse a danzare all’infinito.”
Hinata/Gaara, accenni Kankuro/Ino sulle note di “Carillon” dei Magic Box
Dedicata a eringad
Prima classificata al 90's dance contest indetto da LalyBlackangel e Bambi88 e vincitrice del premio per il miglior uso della canzone
Genere: Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara , Temari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2- Tenebre profonde Tenebre profonde  



Il demone e il carillon 2




Last night I had a dream

Where I was all alone walking on the street
My carillon and me
Were two inseparable strange melodies

[La scorsa notte ho fatto un sogno
In cui ero tutto solo a camminare per la strada
Il mio carillon ed io
Eravamo due strane melodie inseparabili]


- E Kankuro come sta? – domandò Sakura dopo un respiro profondo, tormentandosi gli occhi ancora rossi di pianto.
Temari scosse la testa.
- Non è ancora uscito dalla sua camera. Non vuole mangiare, né parlare con nessuno. Non si perdona soprattutto di non essere andato a trovarla il giorno prima che ne rinvenissero il corpo -.
- Avevano un appuntamento? -.
- No, ma era da quelle parti con Gaara e avrebbe voluto farci un salto. Adesso in casa c’è tanto silenzio che mi sembra di vivere da sola, invece che con due persone -.
- Beh, nel mio caso è tutt’altro che un’impressione -.
Temari si morse la lingua, sentendosi immediatamente in colpa.
- Sakura, mi spiace. Io… -.
- No, non ti preoccupare. Sono io, non tu. È solo che ero talmente abituata a sentirla lamentarsi per ogni singola cosa tranne che per la terra sotto le unghie, che mi sembra strano avere intorno tutto questo silenzio… - la voce di Sakura si incrinò, minacciando seriamente di spezzarsi ancora – Dio, ci conoscevamo da tanto di quel tempo… è stata la mia prima amica. Non ci siamo parlate per anni dopo aver litigato per un ragazzo, ma… ma non è mai sparita. Sapevo che, se avessi avuto bisogno, avrei potuto andare da lei in qualunque momento, malgrado ci fossimo urlate addosso il giorno prima… -.
Temari non si era mai reputata una persona sensibile. Per evitare di offendere senza volerlo, in certe occasioni preferiva rimanere in silenzio e lasciar sfogare chi aveva davanti. Come in quel momento.
- Ad un certo punto è venuta voglia a tutte e due di andarcene di casa, così abbiamo deciso di dividere un appartamento. Ero pronta ad interminabili zuffe quotidiane, invece… invece… -.
Temari fece per allungare una mano verso l’amica, quando questa strinse il pugno e lo batté violentemente sul tavolo.
- Ma giuro… giuro che gliela farò pagare a quel bastardo… chiunque sia… - ringhiò a denti stretti, incurante della presenza di qualcun altro.
- Hai già… scoperto qualcosa? – domandò Temari, grata che perlomeno l’amica stesse riuscendo in qualche modo a reagire. Per suo fratello sarebbe stato molto più difficile, lo sentiva.
- Abbiamo poco, in mano. Pochi elementi, ma molto particolari -.
- Sarebbe a dire? -.
- Ino è stata strangolata, ma ha opposto pochissima resistenza. Come se non avesse avuto nulla da temere, almeno fino al momento in cui si è ritrovata una mano intorno alla gola. Inoltre non c’è… - Sakura deglutì, stringendo gli occhi per evitare che si inumidissero ancora - … non c’è alcuna traccia di violenza sessuale -.
Temari annuì. Sakura lavorava alla scientifica, come medico legale, e sottoporre all’autopsia il corpo dell’amica non doveva essere stato semplice.
Ma all’improvviso le venne in mente una cosa.
- Scusa, ma… non è accaduto lo stesso con la ragazza cinese uccisa al porto? Come si chiamava…? -.
- Liang Ten Ten? Sì, lo strangolamento e lo stupro mancato corrispondono, ma due vittime soltanto sono troppo poche per affermare con certezza che si tratti di omicidi seriali -.
- Quindi… - la voce di Temari suonava inorridita, ma si costrinse a terminare la domanda - … bisogna aspettare la prossima? -.
Sakura si lasciò andare contro lo schienale della sedia, stanca come se quei pochi giorni fossero stati in realtà vent’anni.
- Esattamente -.


Se caricava il meccanismo per un tempo sufficiente e si sedeva sul letto, stringendo le palpebre, gli sembrava che la ballerina del carillon facesse molto più che girare su se stessa.
Ballava. Danzava davvero sull’acqua, felice di essere libera per un’altra notte.
L’artista che l’aveva creata l’aveva colta nel momento appena successivo alla trasformazione: le piume bianche, ancora visibili attorno alle caviglie, avevano lasciato posto agli splendidi capelli corvini che le ondeggiavano attorno al corpo.
Gli occhi così chiari stavano forse riflettendo la luce della luna sull’acqua, mentre le braccia volteggiavano ancora come due esili ali prive di piume.
“Non credere che quando l’avrai trovata ti libererai di me.”
Oh, no. Non avrebbe mai osato pensarlo.
“Ma stare insieme potrebbe essere più piacevole.”
Forse. Magari lei avrebbe capito, visto ciò che aveva passato.
Anche se trasformarsi in un cigno non era nulla. Nulla in confronto alla sua, di maledizione.



Nobody was around
The silence and the gloom were so profound
I started to explore
But you were the only one I was looking for

[Intorno non c’era nessuno
Il silenzio e le tenebre erano così profondi
Iniziai ad esplorare
Ma tu eri l’unica che stessi cercando]


Temari era esasperata. Kankuro parlava ancora a mugugni e borbottii, e al contrario di Gaara passava a letto metà della giornata.
Non aveva detto nulla nemmeno quando la sorella gli aveva comunicato che gli omicidi erano arrivati a tre. Tutti con le stesse modalità, quindi la polizia aveva iniziato le ricerche di quello che era ormai un omicida seriale.
Frustrata dall’atteggiamento del fratello, che sembrava totalmente incapace di reagire, si era ritrovata in camera di Gaara.
Aveva semplicemente voglia di scambiare due parole, anche con qualcuno che risultava conciso quanto un muro, ma non si sarebbe mai aspettata che Gaara potesse avere un tale momento di loquacità.
Non che l’avesse sommersa di chiacchiere- questo mai- ma quando lei l’aveva trovato per l’ennesima volta a rimirare quel vecchio carillon e gli aveva chiesto se ne conoscesse la storia, lui l’aveva guardata con un vago interesse negli occhi.
- Sai che apparteneva alla mamma, non è vero? -.
Il fratello annuì.
- Lei ci teneva moltissimo. Vuoi che te ne parli? -.
Quando Gaara assentì di nuovo, Temari fece per cominciare, ma rimase letteralmente a bocca aperta quando dalle labbra del ragazzo uscì anche un: - Per favore -.
Stava quasi per chiedergli di ripetere, quando si accorse che il fratello era tornato a contemplare la ballerina del carillon, quindi lasciò perdere.
- A me la mamma l’ha raccontato quando avevo cinque anni. Ero piccola, ma me lo ricordo benissimo. Noi abbiamo sempre abitato qui, mentre invece lei veniva da un luogo desertico dove c’era spesso la siccità. Quel posto aveva un certo fascino, specialmente quando la luce del tramonto era tale che la sabbia sembrava fatta d’oro, ma la mancanza di vegetazione si faceva sentire.
Non c’erano laghi né fiumi, nessuno specchio d’acqua in cui potersi riflettere. Pochissima pioggia, niente pozzanghere -.
Se Temari aveva un dono, era quello di riuscire a ricordare alla perfezione le parole che ascoltava, ed essere capace di riportarle come se a parlare fosse la persona da cui le aveva udite.
Perfino lui stava in silenzio.
- Per questo quando in un negozietto vide quel carillon, non ci pensò due volte a comprarlo. Aveva quattordici anni, e ne era rimasta incantata. Forse perché la ballerina sembrava danzare sull’acqua, forse perché riproduceva un balletto che lei adorava -.
- “Il Lago dei Cigni” – disse Gaara.
- Sì – Temari non avrebbe mai pensato che il fratello conoscesse il titolo di un balletto, ma cercò di nascondere lo stupore e andò avanti – Il carillon ne suona la melodia e la statuetta rappresenta la protagonista… -.
- Odette – completò il fratello minore.
- S-sì – confermò Temari, sempre più sbalordita.
Poi continuò:
– Colei che di giorno si trasforma in cigno a causa di un incantesimo, ma in realtà è una splendida principessa – fece una pausa – Figurarsi se non sono tutte splendide principesse… -.
- E alla fine chi prevale? – la interruppe improvvisamente Gaara.
- Come? -.
- Tra il cigno e la principessa, chi ha la meglio? – ripeté pazientemente lui, come se da quella risposta dipendesse la sua stessa vita – L’animale o l’essere umano? -.
Il demone o l’uomo?
- Io… veramente non so come vada la storia – ammise la sorella – Di solito questi balletti russi finiscono sempre in tragedia… -.
“Non farti illusioni, non è che trovandola riuscirai a liberarti di me.”
No, appunto. Non illudersi era il modo migliore di vivere.
- Sì, è così – disse Gaara.
Temari corrugò la fronte. Stava parlando ancora con lei?
Eppure… eppure se lei c’era riuscita, se avesse capito, se fosse rimasta con lui… ?
“Tu credi? Pensi ancora che siamo due entità distinte?”.
Gaara ammutolì di colpo, spalancando gli occhi ingigantiti dalle occhiaie.
“Hai ucciso per me. Perché te l’ho detto io.”
- Gaara? -.
“Ma l’hai fatto anche per te. Per noi. E allora dove comincio io e dov’è che finisci tu?”
Urlò. Più ferocemente di quanto avrebbe mai immaginato, impotente.
“Credi ancora di essere tu l’umano, e io la bestia? Di vedere le cose come sono, e non come te le mostro io?”
Temari fu un lampo nell’aprire il cassetto del comodino e tirare fuori un flaconcino di pillole.
“E se quella che stai vivendo fosse tutta un’illusione?”.
Strinse con un braccio suo fratello all’altezza delle spalle, costringendolo indietro, mentre la mano libera gli alzava piano il mento.
- Avanti, calmati! Se fai così rischio di soffocarti… - implorò, mentre sentiva quel corpo magro tendersi all’inverosimile, fino a rischiare di spezzarsi.
Forse quelle parole funzionarono, perché le urla smisero e Temari riuscì a far inghiottire qualche calmante ad un Gaara sconvolto e ansante, completamente sudato.
Quando Kankuro fece irruzione nella stanza lei lo teneva ancora fra le braccia, la testa bionda appoggiata a quella rossa del fratello.
- Tem… - boccheggiò Kankuro, avvicinandosi al letto.
Fu in quel momento che Temari si accorse di avere il respiro affrettato e il cuore ancora in tumulto. Si era davvero spaventata, questa volta.
- Ha avuto… una crisi – spiegò.
- Una crisi? Dio, quando l’ho sentito mi è venuto un colpo! – a giudicare dalla sua aria stravolta, doveva essere vero.
- Avanti, aiutami a metterlo a letto. Deve riposare -.
Dopo che l’ebbero fatto sdraiare sotto le coperte e furono usciti in corridoio, Temari si appoggiò alla porta chiusa.
- Temari, mi dispiace. Mi rendo conto solo ora di essere stato più un peso che un aiuto, in questi giorni… - cominciò Kankuro.
Ma lei scosse la testa.
- Tranquillo. Non sei stato un peso, ma un essere umano. Non tutti sono dei carri armati come me… -.
Sentì una mano sulla spalla.
- Tu non sei un carro armato -.
- Dici? – avrebbe voluto essere sarcastica, ma non ci riusciva. Ancora un po’ e gli occhi le si sarebbero riempiti di lacrime – Forse hai ragione… non lo sono… -.


La ragazza ammutolì in fretta, sotto la sua stretta ferrea. Era più giovane delle altre e non aveva assolutamente nulla del cigno, con quei capelli carota e i grandi occhi scuri. Ma in quel momento non gli importava. Se era come lui, tanto valeva esserlo fino in fondo.
- Moegi! Moegi, si può sapere dove sei finita? -.
Forse quei ragazzi stavano cercando proprio lei. Magari avevano appuntamento a quell’ora per andare da qualche parte, in un bar o in una discoteca.
Si nascose in fretta, mentre ritrovavano fra le urla il corpo dell’amica.
Azzardò un’occhiata solo quando fu sicuro di non essere visto, e per poco non si fece scoprire.
Quegli occhi.
Era lei. Gli occhi erano gli stessi!
Fu tentato di uscire allo scoperto e andare a prenderla, ma si bloccò quando vide che fu la prima a riscuotersi dall’orrore e chiamare la polizia.
Osservandola più attentamente, si rese conto di aver quasi commesso un errore. I gesti, il modo di muoversi e di camminare… mostravano una persona agile e sicura di sé, pronta e decisa.
Assolutamente non delicata. Poco elegante, oltretutto.
Gaara strinse le labbra, mentre dentro lui gorgogliava.
Non era lei, anche se ci andava vicina.
- Fate in fretta, per favore – stava dicendo col telefono premuto sull’orecchio, pallida quasi quanto l’amica morta – Se volete un nome per essere sicuri che non sia uno scherzo, vi do il mio. Mi chiamo Hanabi Hyuuga -.




martufella87: beh, se pensi che la giudice ha definito la mia storia “cattivissima e perfida”… immagina come potrà essere! Mi ha sorpreso che la mia fic ti incuriosisse già dal forum, spero davvero che ti piaccia!
chandelora: ecco il seguito, anche se in fondo l’accenno Hinata/Gaara è minimo; qualcuno potrebbe anche vederlo come qualcosa di diverso… a voi l’interpretazione (quando comparirà Hinata)!
   
 
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