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Autore: Laura_Ruetta    16/11/2023    2 recensioni
Questa fan-fiction è incentrata sul personaggio di Loki.
L'ho scritta per varie ragioni a me care.
Loki è il mio personaggio dell'MCU preferito.
Penso sia un personaggio molto ineressante, profondo e complicato, molto ambiguo e instabile. Ma soprattutto molto sottovalutato, perfino dalla Marvel stessa.
Vi farò provare in prima persona tutte le sue emozioni e sensazioni dall'incoronazione del fratello fino alla sua tragica morte.
Vi invito a leggerla solo se riuscite ad immedesimarvi in lui, perché Loki è un personaggio che va capito nel profondo della sua sfera interiore.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Diario di LOKI 
ANIMA ROTTA 
Nelle segrete di Ásgarðr

"Il dolore ci rende Cattivi."

"Alcune sofferenze sono capaci di romperti l'anima e farti cadere nelle tenebre più profonde.
A me è successo, invece a voi com'è andata?"

Dopo aver discusso con quei quattro insulsi e pretenziosi "amichetti" di Thor, ho abbandonato la sala. 
Scesi nelle Segrete di Válaskjálf, ad ogni passo elegante e risoluto, il mio mantello smeraldino ondeggiava dietro di me. Ero già stravolto dalla cacciata di mio fratello da Ásgarðr, volevo solo trovare un po' di tranquillità, ma c'era qualcos'altro che me lo impediva, qualcosa di più sconvolgente e terrificante. 
Mi fermai e osservai la mia mano sinistra: quella che avevo visto tingersi di uno spaventevole blu mirtillo. Al solo pensiero rabbrividii, capovolsi il palmo e mi accorsi che involontariamente mi ero procurato dei lievi lividi rosati. Mi sentivo stanco, nervoso e molto turbato, ma soprattutto avevo paura che in me si nascondesse qualcosa di sbagliato

Giunsi davanti allo "Scrigno degli Antichi Inverni": ero tremendamente attirato dal quel tesoro azzurro che brillava di una luce glaciale. In esso erano celate tutte le risposte ai miei dubbi più profondi. Dovevo sapere se l'episodio successo a Jǫtunheimr era solo un brutto scherzo creato da quelle orribili creature dell'oscurità. 

Ansimante e pervaso dall'agitazione, timoroso che potesse succedermi qualcosa di malevolo, trovai un briciolo di coraggio. Feci un passo in avanti, con il fiato sospeso lo afferrai con forza tra le mani affusolate e presi a fissarlo con irrefrenabile bramosia. Al suo interno percepì un'impetuosa energia fredda che implorava di essere liberata. Lo sollevai dal suo posto, non distogliendo mai lo sguardo.

«Fermo!» Una voce perentoria e severa ruppe il silenzio. Era mio padre, Odino. Mi aveva scoperto. I suoi due corvi, Huginn e Muninn, avevano ancora una volta fatto la spia. Odino, Re degli Dèi veniva sempre a conoscenza di tutto di quello che succedeva nei Nove Regni. Nessuno mai riusciva a scamparla sotto la vista del suo unico occhio azzurro. 

Rimasi lì, immobile, ossessionato sempre di più dalle vibrazioni che emanava quell'oggetto luminescente. Qualcosa sentii mutare. Venni colto da un brivido, una strana sensazione si insinuò dentro di me. Il mio corpo divenne freddo, le mie vene si raggelarono e il mio cuore si trasformò in ghiaccio. Poi accadde di nuovo: la mia pelle si colorò ancora di quel disgustoso colore blu. 

«Sono maledetto?» Provai a domandargli, schietto. Mi sembrava una supposizione abbastanza ragionevole. 

«No», disse con quel suo fastidioso tono pacato.

Adagiai lo scrigno al suo posto con cautela. Nella mia mente molte incertezze iniziarono a vorticare furiose, creando un senso di vertigine e confusione. Avevo quasi paura. "Cosa c'è in me che non va?"

«Che cosa sono?» Gli chiesi allora, già piuttosto scosso. Una sensazione di panico e terrore scaturì dal mio cuore. Adesso avevo veramente paura, ma cercai di mantenere comunque la calma, almeno per quello che potevo.

«Sei mio figlio», affermò semplicemente come un qualunque padre. Non ci credevo. C'era qualcosa di più che io ancora non sapevo, qualcosa che forse stava cercando di nascondermi. 

Lentamente mi voltai, curioso di vedere la sua reazione nell'osservarmi nel mio freddo cambiamento. Gli puntai i miei occhi rosso sangue contro, mentre la mia pelle riprendeva di nuovo il suo solito pallore. Mi scrutò dall'altro lato della sala, avvolto nella penombra, illuminato solo in parte dal colore ambrato del focolare. Era lì fermo, calmo e imperturbabile come se il mio sgraziato aspetto non lo toccasse minimamente. Quando invece per me era stata una rivelazione davvero tragica. Mi fece tanto irritare.

«E cosa più di questo?» Lo incalzai. La rabbia iniziava a ribollirmi dentro. 

Iniziai ad avvicinarmi a lui. «Lo scrigno non è stata l'unica cosa che hai portato via da Jǫtunheimr quel giorno, vero?»

Camminai lungo il corridoio e arrivai dinanzi a lui. Immobile sulla scalinata di pietra mi fissava indifferente con il suo unico occhio. Mi fece fremere i nervi d'impazienza. 

«No», sbottò. Ecco la prima menzogna di Odino che mi graffiò l'anima. Ora ero proprio di fronte a lui. «Al termine della battaglia sono andato nel tempio e ho trovato un bambino. Troppo minuto per essere un gigante. Lasciato lì sofferente, solo a morire.» 

Ero un Gigante di Ghiaccio, uno di quei mostri...

Non riuscivo a capire, ero davvero troppo smarrito e sconvolto. Il graffio nella mia anima divenne più netto e profondo. Un rivolo di sangue scese dalla ferita. E poi sentì quelle dannate parole: «Il figlio di Laufey.» La sua seconda bugia, quella che mi fece male al cuore. 

«Il figlio di Laufey.» Ripetei pacato, più a me stesso, come se non riuscissi a realizzarlo, ad accettarlo. 

Lo guardai dritto nell'occhio per capire se era un'altra delle sue fandonie. "Mi stava nascondendo ancora qualcosa, potevo percepirlo."

«Sì», disse sospirando appena. 

Tutto quello che avevo sempre sospettato o ipotizzato come un vano capriccio infantile era in realtà una verità travestita da menzogna

Mi sentii tradito, peggio, ingannato. 

Qualcosa in me cambiò. Una strana sensazione mai provata prima iniziò a rendere pensate il mio cuore. Il mio respiro si fece corto e affannoso. Ad un tratto avvertii un'insolita e profonda fitta di dolore all'interno del petto. Un calore sconosciuto prese a bruciarmi e a irradiarsi per tutto il mio corpo. Dentro di me c'era qualcosa che mi faceva male, male da morire. Male da potermi lasciare anche senza forze. Anche il mio viso si corrugò per la sofferenza inferta. I miei occhi cristallini velati di sfumature smeraldine divennero lucidi. Ormai incapace di sopportare un altro spasmo di dolore e sofferenza così grande. Fu così che ricordai il precedente taglio che già solcava vivido la mia tenera e gracile anima. Si stava pian piano espandendo. La mia anima si stava crepando in sottili e intrinseche venature nere, ognuna era come un chiodo piantato nel mio debole e sensibile spirito

«Perché?!» Esclamai frustrato. «Eri fino alle ginocchia nel sangue degli Jotunn. Perché mi hai preso?» 

Non rispose, si limitò ancora una volta a scrutarmi passivo. 

Mi infervorai ancora di più. Il sangue che colorava le mie lesioni interiori minacciava di scoppiare per la troppa ira che stavo provando verso Odino. Doveva svelarmi la verità una volta per tutte! "Perché mi aveva portato via? Perché mi aveva portato via dalla mia vera famiglia? Come aveva osato compiere un simile gesto? Rapirmi e crescermi come un perfetto asgardiano, come se nulla fosse accaduto?"

«Eri un bambino innocente», pronunciò compassionevole. 

"Bugiardo, non lo hai fatto solo per quello..." Pensai adirato. 

Perciò mi imputai. Non volevo dargliela vinta.

«No. Mi hai preso per un motivo. Qual era?» Ancora una volta tacque. Non voleva rispondere. 

Tutto quella sofferenza che stavo provando mi stava lentamente distruggendo, era diventata un'agonia straziante, non solo di dolore, ma soprattutto di rabbia. Decisi che era giunto il momento esatto di dimostrargliela, non riuscivo più a reprimerla dentro, si stava prendendo la mia parte benevola. 

«Dimmelo!» Gli urlai contro. Lo implorai adirato e distrutto con le lacrime agli occhi. 

«Pensavo che avremmo potuto unire i nostri regni un giorno. Costituire un'alleanza, creare una pace durevole, attraverso te.»

Respiravo affannosamente sempre più incredulo. «Cosa!?» Riuscì a pronunciare.

«Ma quei piani non hanno più importanza», concluse amareggiato. 

Ecco la terza menzogna, quella più grave, quella più paurosa, quella che la mia anima sapeva già dal giorno in cui ero entrato a far parte del Regno di Ásgarðr. Odino mi ha preso con sé solo per potermi usare per i suoi gloriosi propositi. Per far vedere la sua forza, la sua potenza, la sua grandezza di Re immortale, per dimostrare a tutti che è un Dio buono e compassionevole, che salva gli innocenti in modo da lodarsi per le sue azioni e a sua volta essere lodato, adorato, glorificato dal suo popolo come un vittorioso e coraggioso eroe. Ma in realtà è solo uno sciocco e presuntuoso bugiardo, egoista, narcisista che pensa solo alla sua fama e al bene per sé stesso. Non è degno di essere un Re, non è degno di sedere sul trono dorato di Ásgarðr. 

Una solitaria lacrima scese dalla mia guancia sinistra. «Allora io non sono niente più che un'altra reliquia rubata, relegata qua su fin quando non potrò esserti utile.» 

«Perché deformi le mie parole?» Provò a difendersi, ma io non ci volevo più cascare nelle sue fandonie. 

Mi ha solo trattato come un oggetto e non come un figlio. 

Non gli è mai importato di me. Mi ha sempre tenuto in disparte all'ombra come se fossi qualcosa da temere. 

«Avresti potuto dirmi cos'ero fin dal principio, perché non l'hai fatto!» Sbottai. 

«Tu sei mio figlio. Ho cercato di proteggerti dalla verità», spiegò. Notai in lui un'improvvisa stanchezza. 

«Perché? Perché io sono il mostro da cui i genitori mettono in guardia i propri figli la notte!?» Continuai di nuovo in collera. 

Avevo ragione. Io non sarò mai suo figlio. Io sono un Gigante di Ghiaccio, un mostro, un cattivo dal quale bisogna stare in guardia, perché porta solo guai, morte e distruzione. Perché provengo da una terra ignota e oscura. Dove regna il caos e le forze maligne, dove tutto è imprevedibile, incontrollato e pericoloso. 

«No.» Pronunciò appena. Chiuse l'occhio e si accucciò a terra, come affaticato. Ma non m'importava, ero troppo infuriato e allora infierii ancora. 

«Bene. Ora tutto ha senso, perché hai preferito Thor in tutti questi anni, perché nonostante tu affermi di amarmi non potresti mai accettare che un gigante di ghiaccio salga sul trono di Ásgarðr», sentenziai tutto d'un fiato l'ultima menzogna di Odino: non mi ha mai amato, non mi ha mai accettato perché ero appunto un gigante di ghiaccio. Mi considerava un mostro, un essere spregevole, diverso

Non facevo parte del suo Regno, bensì di quello nemico. Per lui non sarei mai stato all'altezza, né degno di salire sul trono di Ásgarðr, perché non era mio di diritto. Apparteneva al futuro di Thor. Il suo unico vero figlio, la luce del suo orgoglio. Io invece per lui ero nessuno.

Odino tentò di afferrarmi un braccio, ma presto scivolò e si accasciò lungo le scale, chiudendo gli occhi. Lo seguii con lo sguardo, non comprendendo più cosa gli stesse succedendo. In un attimo me lo ritrovai lì davanti, inerme con gli occhi chiusi e con il respiro regolare e pesante. Sembrava essersi addormentato. 

Mi avvicinai e mi piegai dinanzi al suo corpo. 

Impaurito gli accarezzai la mano con un tocco fugace e delicato. 

"Che cosa gli avevo fatto? Era colpa mia ? Ero stato io a ridurlo in quello stato? Sono veramente così orribile e spregevole? E se fossi veramente un mostro?"

«Guardie!» Le chiamai, urlando. Parecchio scosso e turbato. 

Le massicce porte si aprirono e un paio di uomini in divisa fecero irruzione. 

«Guardie, vi prego aiuto!» Le supplicai di nuovo. Subito dopo vidi Odino essere trasportato via dalle Segrete. 

Io rimasi lì solo, circondato dal silenzio. Con gli occhi bagnati di lacrime e le guance arrossate. 

Forse avevo esagerato troppo, forse mi ero spinto fin troppo oltre.

Questa era sempre stata la mia realtà, la mia vita, la mia crudele e triste verità. Nato in un regno che mi aveva rinnegato già dalla nascita per il mio fragile aspetto. Preso e portato via contro la mia volontà da un Dio orgoglioso solo di sé stesso. Cresciuto nell'ombra di mio "fratello" perché non ero asgardiano, ma un Gigante di Ghiaccio. Per loro ero un nemico, un mostro, un cattivo da temere, da tenere lontano e da nascondere. 

Ecco perché tutti si sono sempre comportati in modo strano con me. Fin da bambino hanno sempre tenuto una certa distanza. Alcuni mi guardavano superstiziosi, altri mi ignoravano o sussurravano parole sconosciute alle mie spalle. Anche se non sapevano della mia reale natura, in me hanno saputo benissimo intravedere qualcosa di sinistro e maligno. 

All'improvviso venni invaso da un'intensa sensazione di vuoto interiore. Mi sentii triste. In me sbocciò un grande sentimento di solitudine. Ero sempre stato soloabbandonato, parte di un regno non mio dove forse tutti mi consideravano un mostro.

Ero perso, senza una dimora, senza una famiglia. Non appartenevo a nessun luogo. Ero veramente  nessuno.

Quanto mi sto odiando per questa sfortuna. Io non desidero essere un mostro. Io non voglio essere questo. Voglio essere altro, essere considerato come uno di loro. 

Vorrei tanto che mi accettassero, anche solo per una volta, che mi guardassero con occhi diversi, senza aver alcun timore. 

Non accetto questa ingiustizia, non accetto tutto questo dolore, non posso arrendermi a tutto questo patimento. 

Devo fare qualcosa. Devo dimostrare che posso essere potente quanto loro e degno di possedere un trono tutto mio, perché sono nato anch'io per governare quel Regno di Ghiaccio, di cui Odino mi ha privato. Non lo perdonerò mai per avermi fatto mancare questo mio diritto di nascita. 


 

La rabbia repressa riprende a ribollire nelle mie vene. 
Se non posso avere un mio trono, allora mi prenderò il suo e occuperò il posto che spetta a Thor
Avranno la mia vendetta.
Presto le mie lacrime silenziose rigano il mio viso graziato, mentre sono qui che scrivo le pagine di questo mio diario. 
Mi racchiudo di più in me e dopo un brivido, avverto un'invisibile freccia trapassarmi e bruciarmi il petto. Poi una miriade di spilli mi infilzano e mi pungono. Addolorato mi stringo ancora di più in me stesso. Sento il mio cuore smettere di pulsare e diventare pesante e addormentato come attorcigliato attorno ad un filo spinato che gocciola lacrime di sangue e sofferenza. 
Mi arrendo davanti al male: infine la mia anima si sgretola in mille pezzi e la lascio cadere nel profondo delle tenebre, dove posso trovare tranquillità, conforto e un'oscura pace fatta solo di solitudine.  
Non voglio più tornare indietro. Nessuno mi avrebbe mai più salvato da tutto il doloroso rancore che mi porto dentro. 
Sono solo e senza amore.

"Adesso sapete il perché mi chiamano Loki, il Dio dell'Inganno"

   
 
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