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Autore: JeanGenie    26/11/2023    2 recensioni
"Maya si era concessa un altro istante per immaginare e sperare. Avrebbe piantato un grande roseto in quel giardino, un giorno."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Esmeralda, Maya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La donna era arrivata nel primo pomeriggio su un’auto presa a noleggio. Si era fermata a mangiare un boccone in paese, poi si era incamminata a piedi verso i boschi con la sicurezza di un abitante del luogo.

Ma era una straniera. Nonostante i suoi spettacolari capelli biondi, il suo tedesco aveva un forte accento. Indossava un cappotto color panna, un basco rosso, una sciarpa nera. Sembrava una diva uscita da un vecchio film in technicolor. E, sicura di sé, non aveva chiesto indicazioni.

“È troppo bella per essere una di noi” qualcuno aveva mormorato. “Forse è una spia di ‘quelli’…”

“In questo posto sperduto?” aveva detto qualcun altro. “E poi, ‘quelli’ hanno la pelle verde…”

-

Maya aveva le punte delle dita gelate nonostante i guanti di lana. Il suo fiato si condensava nell’aria in piccole nubi che le ricordavano che quella era la stagione sbagliata. Ma era troppo presto perché la neve la cogliesse di sorpresa.

Il sentiero fra i boschi che conduceva alla villa era ricoperto di foglie secche e sterpaglie. 

La scritta “Arcadia” in lettere dorate dominava l’ampio cancello in ferro battuto che costituiva la linea di confine tra il mondo esterno e la proprietà.

Lei ne possedeva le chiavi. Erano grandi, vecchie e pesanti, adatte al grande lucchetto che bloccava la massiccia  catena.

Il cancello si aprì con un cigolio macabro. Maya non si lasciò impressionare. Era a casa. Avanzò verso la silenziosa villa in fondo al parco. Era un edificio neoclassico a tre piani, dalle pareti grigie e dall’ampio porticato.

Lei possedeva anche le chiavi del vecchio portone, di ogni porta, ripostiglio, armadio o cassetto.

Non era più venuta in quel luogo da anni, da quando Harlock aveva detto “La faremo tornare com’era”.

Quella era la dimora della sua famiglia ma Harlock non vi aveva più vissuto da quando era rimasto solo. Le uniche parenti che gli erano rimaste erano due eccentriche cugine dallo stile di vita peculiare. Una delle due non metteva quasi mai piede sul pianeta Terra. Quanto all’altra, era quasi una leggenda e Maya non l'aveva mai incontrata. Anche lei era sola come lo era Harlock. Forse era stato questo a legarli.

Maya aveva esitato davanti al portone imponente. La villa non era messa male. Solo polverosa e stanca. L’Arcadia stava dormendo.

Era venuta in visita ma ora non aveva più voglia di entrare. Non senza di lui.

Una folata di vento sollevò le foglie secche che le danzarono intorno. Forse era un avvertimento di non smarrirsi in inutili speranze. Forse stavano dando il benvenuto a qualcuno.

Maya colse con la coda dell’occhio una pioggia di capelli rossi e una giacca di pelle nera e sorrise. Aveva pensato a lei proprio un attimo prima. E le foglie autunnali avevano lo stesso colore della sua chioma.

“Mi hai seguita?” chiese, mentre l’altra le si accostava.

“Harlock mi ha chiesto di darti un’occhiata quando passavo da queste parti”.

“’Queste parti’ sarebbe una proprietà abbandonata in Germania?” aveva chiesto Maya.

“’Queste parti’ sarebbe ovunque tu sia, Maya. Questo posto…” Emeraldas, viaggiatrice, mercante, apolide e vagabonda aveva sollevato  gli occhi verso la grande dimora.

Se era vero quello che pensava Harlock di lei, se davvero tra loro c’era un legame di sangue attraverso i loro padri, quel posto era anche un po’ suo. Si chiese se Emeraldas stesse pensando la stessa cosa. Lei, Harlock e la leggendaria Maetel erano gli ultimi rimasti di una stirpe di pirati. E di regine, nel caso di Emeraldas.

Ma le premeva chiederle altro. Non c’era tempo per le favole e i sogni.

“Hai notizie di lui? Sai se stanno combattendo ancora oltre l’orbita di Plutone? Da settimane non arrivano notizie.”

Emeraldas aveva distolto gli occhi dalla casa e li aveva posati su di lei, cupi e preoccupati. “Maya, la situazione è grave ma la flotta terrestre è tenace e può contare su uomini come Harlock.”

Lei si era chiesta se a una vagabonda senza dimora come Emeraldas interessasse davvero. Non era mai stata legata alla Terra. Secondo Harlock metà del suo sangue apparteneva a un altro mondo. Però teneva a loro. Forse erano i suoi soli amici.

Faceva freddo e avevano entrambe bisogno di una cioccolata calda o di qualcosa di più forte.

“Harlock ha detto che vorrebbe riaprire la villa. Dice che sarebbe bello sposarci in questo parco.” Maya si era concessa un altro istante per immaginare e sperare. Avrebbe piantato un grande roseto in quel giardino, un giorno.

“Così mi piaci. Quando finirà la guerra organizzeremo un matrimonio magnifico.” Emeraldas le aveva sorriso come non l’aveva mai vista fare.

Lei se lo immaginava quasi.  Il verde del giardino. Le finestre spalancate, l’aria di primavera.

“Puoi fermarti per un po’?” aveva chiesto ad Emeraldas. Aveva bisogno di parlare con qualcuno di cui si fidasse

“Certo. Sono libera, lo sai.”

Libera. Lo era davvero. Maya si voltò e tornò  indietro con Emeraldas al suo fianco. Una cioccolata calda, corretta con del rum. Una fetta di torta.  Le avrebbe fatto bene potersi sfogare. Raccontarle quello che stava facendo. Dirle della sua radio. Del fatto che non credeva che potessero vincere ma lei non aveva intenzione di piegarsi. Ciò che contava era che Harlock tornasse da lei sano e salvo. Tolse una foglia dai capelli di Emeraldas. Si chiese cosa si provasse ad essere come lei. Forte e senza legami. Si chiese anche se avrebbe potuto convincerla ad aiutare i terrestri in quella guerra tragica.

“Che aria seria. Ti preoccupi troppo, Maya.”

Maya le sorrise perché sapeva che Emeraldas stava solo tentando di farle coraggio.

“Stavo pensando alla primavera. Alle foglie verdi. E a quando starai qui con noi. E poi sarò io a volare via con voi. Solo per il piacere di farlo.” Volare via. Assaporare per una volta o forse per sempre quello che spiriti come Emeraldas e Harlock non potevano spiegare con le parole.

Chiuse il cancello. ‘Solo un altro po’’ promise alla vecchia dimora. ‘Aspetta solo un altro po’. Torna a dormire e sogna anche tu come faccio io di una primavera bellissima.’

   
 
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