Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: aurtemporis    27/11/2023    5 recensioni
"Avvicinatevi, non temete, avvicinatevi. Ho la possibilità di salvarvi, ma debbo essere rassicurata sulla vostra capacità di mantenere segreto tutto ciò che di straordinario vedrete nei giorni a venire. Ricordate che fra poche ore fa giorno, volete quindi impegnarvi in questo patto? Dovunque fuggiate, sarete legato in eterno al nostro patto." L'Arcano Incantatore
Fine episodio 38 dell'anime, e se André non venisse mai colpito dal soldato? La ff si ispira molto vagamente alla citazione summenzionata.
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si trovavano in un canale fetido ma faceva un po' meno caldo là sotto.

"Amici, la nostra unica speranza è di unirci agli uomini di Bernard, altrimenti ci uccideranno uno a uno" e così, erano rimasti la metà di quanti ne fossero in principio, che già di per sé non era un gran numero, una ventina di ribelli di cui ormai tutti i reggimenti sapevano e a cui davano la caccia come traditori.

"Dai, muoviti André!" disse Alain.

"Muoviti un accidenti" sussurrò Oscar. E nessuno di loro la sentì, chiamò il compagno che le stava di fronte facendogli un cenno con la mano. Non la vide. Ebbe un'altra conferma che ormai non vedeva più niente di niente, era sopravvissuto per miracolo all'ultimo scontro. "André!"

Alain gli fece capire dove si trovava la bionda e lo indirizzò a camminare da quella parte. "Ci sono dei gradini, fermati dopo cinque passi" lo avvisò all'orecchio prima di lasciarlo andare.

André fece esattamente come gli era stato detto. "Mi hai chiamato, Oscar?" 

"Mi hai preso per un'idiota?"

"Eh?" 

Oscar gli mosse una mano davanti al viso, niente, gli scansò i capelli dalla fronte e scoprì entrambi gli occhi, che avevano un'espressione vacante e che volgeva all'indefinito. 

"Che c'è, Oscar?" le prese la mano e sorrise, ma una goccia di sudore gli corse giù per la tempia.

La bionda strinse i denti "Ti devo chiedere scusa"

"Per cosa?" gli arrivò una potente ginocchiata nello stomaco, gli tolse il fiato e lo costrinse in avanti, poi un pugno sul volto gli fece perdere i sensi.

"Comandante!" strillò Alain e un altro paio di loro.

"Mi hai deluso Alain, tu sapevi, come hai potuto nascondermi lo stato in cui si trovava?" si rivolse a lui ma anche agli altri che ascoltavano "Che opinione avete di me?"

"Vedete, comandante, io ero vincolato dalla lealtà verso un amico"

"Ma quale lealtà!" si alzò, un attacco di tosse la interruppe per mezzo minuto buono, si pulì la bocca dal sangue e alzò di nuovo gli occhi "Alain, un comandante è responsabile dei suoi uomini, dal primo all'ultimo" scese i gradini e gli si avvicinò "un comandante non porta un soldato in guerra se non è in grado di combattere" gli piantò un dito sul petto "un comandante degno di questo nome, si assume la responsabilità della vita di ciascuno dei sui uomini, non venirmi a parlare di lealtà" aveva la febbre e si sentiva uno straccio. Ma ringraziò il cielo che erano ancora lì, e André ancora vivo.

"Comandate, io-"

"Sta zitto e ascolta" gli fece cenno con il pollice verso André ancora svenuto "prendilo e portalo via, fuori Parigi, in salvo. Questo è il tuo compito, il mio ultimo ordine per te"

"Ma, comandate! Lui non me lo perdonerà mai!"

"Alain, non farmi ripetere, stai sempre a polemizzare. Non me lo porto appresso a fare da bersaglio. Metterebbe a rischio anche la vita degli altri e lui verrebbe trucidato dal primo tiratore mezza tacca che lo punta, vai!" lo fermò un momento "Prima togliti la divisa e rimuovi la sua, non devono capire che siete soldati, Parigi è presidiata"

Alain fece come le aveva detto, e si caricò André in spalla. "Ma, signore, perché lo fate? Nelle vostre condizioni, venite anche voi"

Oscar si sedette di nuovo sui gradini, aveva l'affanno "Alain, continui a deludermi. Un comandante non abbandona mai i suoi uomini. E poi" si girò a fissarlo e deglutì cercando di alleviare la gola secca "André ha tutta la vita davanti, la mia è dietro le spalle. Adesso vai, e fa attenzione"

Alain le fece il saluto militare e poi si allontanò.

"Torniamo a noi" si rivolse ai soldati "per unirci a Bernard, ci muoveremo con le tenebre e pregate Dio affinché ci faccia arrivare tutti quanti a destinazione"

"Sì, comandante!" replicò un soldato e aveva le lacrime agli occhi.

 

Verso le dieci e mezza, quella stessa sera, i circa venti uomini più il comandante riuscirono a raggiungere Bernard, nella tregua dell'oscurità. Rosalie le offrì da bere, aveva capito che non stava bene, ma non osava dirle niente, era preoccupata. C'era quello sguardo deciso e serio che conosceva bene, non avrebbe cambiato idea per nessuna ragione al mondo. "Madamigella Oscar, riposatevi, per favore" aveva saputo che André era stato portato via perché ferito, ma non conosceva i dettagli.

"Non fare quella faccia, Rosalie, sono esattamente dove devo essere" le sorrise e si spostò. Bernard la chiamò, le parlò della Bastiglia, avevano intenzione di cominciare a far sul serio. 

"Ti vedo pallida Oscar, stai bene?"

"Sono ancora in piedi, e questo basta"

"Non è necessario che ci sia tu in prima fila, possiamo occuparci noi e i tuoi uomini dell'attacco"

"Se deve accadere, accadrà, e se devo buttare il sangue, preferisco farlo in un colpo solo anziché sputarne un po' per volta. Non farmi più discorsi del genere" poggiò una mano sul muretto del vicolo "ora vado a coricarmi, se non ti dispiace"

Trascorse una notte senza sogni, riuscì a dormire, era più serena sapendo che André doveva trovarsi ormai al sicuro, se tutto era andato liscio. E ci sperava di cuore.

 

Il giorno dopo, in una casetta in campagna, André riaprì gli occhi. Era la mattina del 14 luglio. Alain gli stava vicino "Ben svegliato, poltrone!" si finse allegro "Ci è andata bene ieri, abbiamo trovato un passaggio altrimenti saremmo ancora a girovagare per le viuzze dei bassifondi"

"Alain, dove siamo? Dov'è Oscar?" si alzò dal letto e si mise seduto sul bordo, aveva solo oscurità davanti agli occhi.

"André, ieri mi sono beccato una bella ramanzina dal comandante per causa tua. Dovevi sentirla, un comandante non fa questo, un comandante non dice quello… Quindi amico, sta calmo e ascoltami"

"Come sarebbe, ieri?" si toccò i capelli e li strofinò.

"Il comandante ha voluto che ti portassi via, al sicuro. E come darle torto"

"E lei dov'è?"

"È rimasta lì"

"Perché?"

"Che domande fai, la conosci meglio di me"

"Portami da lei!" André si alzò e Alain subito gli prese un braccio per non farlo rovinare a terra.

"Non scherzare, dove vuoi che ti porti in questo stato?" lo fece sedere sul letto "Devi prima imparare a muoverti, ora che sei nella tua nuova situazione"

André si coprì il viso con le mani, le lacrime gli sfuggivano una dopo l'altra. Alain si sedette accanto a lui e gli posò una mano sulla spalla.

"Non fare così, amico, lei ti ama e ti vuole sapere al sicuro. Tu avresti fatto di tutto per proteggerla e lei uguale. Un amore così è raro da trovare" intrecciò le mani dietro la testa "nelle coppie che ho cosciuto io, c'era sempre uno dei due che amava di più, ed era quello che soffriva il doppio se qualcosa andava storto, ma voi siete ben assortiti" si fece una risata e provò a tirarlo su di morale. Alain capì che il giovane André non aveva la minima idea di quello che il biondo comandante stava passando, della malattia e del modo in cui la stava affrontando, da sola. Non glielo avrebbe rivelato.

Trascorse qualche tempo e André si ritrovò da solo, in quella camera. Alain gli aveva detto che era un piccolo rifugio fuori Parigi. Una casetta in mezzo alla campagna. I proprietari erano morti da poco negli scontri in città e al momento era abbandonata. Potevano quindi rimanerci quanto volevano. 

C'era un ragazzino, si chiamava Emil, portava notizie da Parigi una volta al giorno, di pomeriggio o sul tardi in serata. Quel giorno non si fece vivo. 

La mattina seguente, verso mezzodì, Alain mise un piatto di minestra davanti ad André e gli piazzò un cucchiaio in mano. "Datti da fare, è tiepida e l'ho condita con una bella manciata di pepe, come piace a me"

Lo vide incupirsi con quel cucchiaio in mano che stringeva in modo innaturale. Come se volesse stritolarlo nelle mani. Toccò il bicchiere con la birra e lo rovesciò per sbaglio. Gridò. Lanciò il cucchiaio sul tavolo e si alzò, prese a muoversi a tastoni. 

"André, dove vai?"

"Lasciami stare Alain, devi lasciarmi stare" trovò la porta ed uscì. L'altro gli andò dietro senza farsi sentire, ci mancava che finisse in un fosso, così il comandante l'avrebbe ucciso. Lo seguiva con il piatto in mano, da cui beveva la minestra tra un passo e l'altro. Non era male, mancava giusto una punta di sale. Lo vide inciampare, poco dopo imprecare e rialzarsi. 

Quando lo vide sedersi accanto ad un albero lo raggiunse. Gli rimase vicino, senza parlare. E se ne andò un'altra giornata. Più tardi arrivò il ragazzino biondo con i capelli ricci, e urlò di gioia "Abbiamo preso la Bastiglia!!"

"Aspetta un attimo, Emil" Alain si alzò e gli andò vicino, lo fermò che stava saltellando come un pazzo "Quando?"

"Ieri! Oh, signore, dovevate esserci! È stato magnifico, e hanno pure liberato sette prigionieri!" Alain lo portò più vicino a sé "Dimmi delle guardie, quelle ribelli con il comandante biondo"

"Signore, il comandante è stato epico! Purtroppo l'hanno ucciso, ma è morto bene, è stato un vero eroe!"

Alain sentì improvvisamente le orecchie ovattate, era come se qualcuno gliele stesse tappando. Crollò seduto sull'erba e il ragazzino, che non capì quella reazione, si spostò altrove per portare la stessa notizia ai villaggi intorno, compreso il suo. Vomitò. Aveva il cuore che batteva come se avesse corso, si sdraiò sull'erba ad osservare il cielo azzurro e sgombero da nubi. Dopo un poco alzò gli occhi e non vide più André vicino quell'albero. Lo chiamò. Si rimise in piedi e iniziò a cercarlo lì attorno. Urlò il suo nome. Nessuna risposta.

 

André si trascinava con i piedi in un ruscello. Aveva i pantaloni strappati, le ginocchia sbucciate e le mani escoriate, tante le volte che era caduto. Eppure non gli importava. Desiderava solo svanire, magari inghiottito da una voragine. Aveva sentito, l'udito gli si era assai sviluppato da quando non vedeva più. Oscar era morta. Lui che ci faceva ancora lì? Era come un albero senza più radici. Non aveva più ragioni di stare attaccato alla vita. Desiderava lasciarsi andare. Cadde per l'ennesima volta e non si rialzò più. L'acqua gli scorreva intorno e le lacrime che versava si mescolavano ad essa.

 Scese la notte.

L'indomani, André si risvegliò, giaceva su un suolo rigido, tanto da fargli dolere la schiena. Quando aprì gli occhi vide una grotta. Una grotta che sbrilluccicava dalla condensa lungo le pareti e l'ingresso ampio, poco lontano, da cui giungeva un venticello tiepido. Poi si rivolse alla sua destra, c'era un tegamino sul fuoco. E un odore tipo funghi. Come se gli avessero dato uno schiaffo improvviso, si guardò le mani e le vedeva. Stupito si osservò bene, era lui, guardò nell'acqua del brodo che cuoceva. Era proprio lui, scostò i capelli dall'altro occhio e anche quello vedeva chiaramente, come prima di aver avuto quello scontro con il Cavaliere Nero. "Oscar!" gridò con la gioia sul viso, gioia che svanì un istante dopo. Qualcuno gli aveva curato le ginocchia e anche le mani, erano fasciate. Altre lacrime gli sgorgarono fuori, e nascose il viso tra le mani.

"Ragazzo, non vorrai mica passare il tempo a piangere proprio adesso?" udì parlare. Poi vide un piccolo uccello planargli vicino, sembrava un merlo, ma non ne era sicuro, aveva le ali di una tinta blu.

André alzò gli occhi bagnati e vide una donna di piccola taglia, molto in là con gli anni. "Voi, chi siete?"

"Io abito qui, ti basti questo"

"Siete voi che mi avete ridato la vista?"

"Non è corretto, non l'avevi perduta la vista, era solo addormentata. Io ho detto al tuo cervello di ricordarsi che c'erano due occhi ancora funzionanti"

André non comprese, comunque quella donna, forse una strega, l'aveva guarito "Vi devo ringraziare, signora"

"Prego, non c'è di che"

Si alzò in piedi "Dove mi trovo?"

"Non molto lontano da Parigi"

André si sporse un po' fuori la grotta e immaginò che quello là sotto fosse il ruscello che aveva seguito alla cieca. Non si era spostato quasi per niente da dove stava con Alain, già, Alain doveva essere in pensiero. Asciugò altre lacrime. Prese un respiro spezzato dai singulti e si voltò di nuovo verso la donna, inchinò il capo "Vi saluto, mia signora, grazie ancora"

"Io posso salvarla" disse la donna.

André rimase immobile.

"Ma solo a una condizione"

Forse non aveva capito, chi poteva salvare? "Quale condizione? Di chi parlate, signora?"

"Lo sai bene. La condizione è che voi due avrete due vite separate"

"Che vuol dire?"

"Che io posso impedire la scelta bizzarra di suo padre"

"Impossibile, ormai" André guardò in terra, era una scelta compiuta decenni fa. E lei non c'era più.

"Per te, certamente, ma per me, non lo è"

"Spiegatevi, signora, non capisco"

"Non sei tanto sveglio, figliolo" la donna gli offrì una ciotola di zuppa di funghi. Lui la guardò un po' sospettoso "è una normale zuppa" la donna ne assaggiò un sorso dal mestolo "ed è squisita, ma se non ne vuoi" il merlo fischiettò due volte. La donna gliene versò un po' in un guscio di noce, lì a terra.

André era affamato. La prese e la mandò giù direttamente dalla ciotola. Era davvero ottima.

"Come dicevo, posso impedire che il padre la costringa a indossare una divisa e tutto quello che ne è conseguito, posso riavvolgere il filo"

"E come?"

"Non te lo spiego, per due ragioni. Primo, non capiresti, secondo, non è dato che tu lo sappia"

"E perché noi avremmo due vite separate?"

"Perché tu avresti una direzione differente da quella che hai vissuto, tua nonna non arriverebbe mai a lavorare per la famiglia Jarjayes e semplicemente perché Oscar François de Jarjayes non esisterebbe più. Al suo posto ci sarebbe Madeleine Floriane de Jarjayes, hai compreso?"

"No" e come facesse quella donna a sapere tutti i fatti suoi, lo impensieriva parecchio. Ma non era una vecchia come tante, considerato che nel lasso di una notte aveva riguadagnato la vista per mano sua, ebbe paura a stizzirla con altre domande.

"Sei proprio un tonto, figliolo" la donna gli versò un'altra scodella, visto che l'aveva terminata in un attimo. "Se il padre non la farà crescere come un maschio, la bimba avrà un altro nome, un'altra vita e delle sorelle con cui sarà libera di giocare. Crescerà come una bambina e tu non potrai andare da lei per farle da attendente, financo perché la tata non sarà tua nonna"

"Oh… Ho capito, ma come potete tornare indietro nel tempo?"

"Posso"

"Come? Siete una strega?"

"Non è dato che tu lo sappia"

André tornò a sedersi "Ma, se torniamo indietro, che succede a questo presente?"

"Ecco una domanda intelligente. Questo presente scomparirà, come non fosse mai esistito"

"E neppure la rivoluzione ci sarà?"

"Cosa c'entra la rivoluzione? Stiamo parlando della vita di due persone e basta"

"D'accordo. Ma io, mi ricorderò di lei?"

"No"

André chinò la testa e rimase in silenzio. "E… E Oscar sarà felice?"

"Chi può dirlo, avrà una nuova vita"

"Non dovrà combattere nella rivoluzione, giusto?"

"Chi può dirlo, magari vorrà comunque tirare di spada, il carattere quello è, non è che cambi molto che si chiami Oscar o Madeleine. Ma non morirà il 14 luglio del l789. Questo è il patto"

"Accetto"

"Ne sei convinto?"

"Sì, signora" André sorrise sconsolato, non l'avrebbe ricordata né più incontrata ma lei sarebbe comunque rimasta viva. Il merlo saltò sulla spalla della donna.

"Va bene, puoi andare"

"Avete già fatto?"

"Non è dato che tu lo sappia"

"A me sembra rimasto tutto com'era" André si alzò.

"Perché, caro figliolo, tu non sei avvezzo a cogliere certe cose, è tutto già mutato per te. Vai, vai ora"

André le fece un inchino un po' goffo, non sapendo neanche lui come dovesse salutarla. Scese poi nel ruscello, sicuro che seguendo quello nel senso opposto, sperando d'indovinarlo, sarebbe tornato al punto di partenza. Nel luogo che non aveva mai visto, si augurò di riconoscere Alain. 

 

Camminò non molto, poi salì per una collina e trovò davanti una casetta in lontananza dal cui comignolo usciva del fumo. Era ora di pranzo, anche se lui non aveva fame affatto. Chiamò Alain. L'uomo uscì di corsa, andò ad abbracciarlo.

"Dove diavolo eri finito?" Alain lo guardò per vedere se era ferito "Ho temuto per la tua vita!" aveva gli occhi lucidi.

"Volevo stare un po' da solo" gli disse che ora ci vedeva, l'altro rimase sbalordito, sarebbe scoppiato di felicità alla notizia se non fosse che doveva comunicargli cosa era accaduto al comandante. "Non preoccuparti, so già" André chiuse gli occhi e sospirò. Se la donna non l'aveva ingannato, non aveva più da piangere, se non era un egoista, ora doveva solo essere contento. Ma non poté evitare di versare lacrime, ancora, si abbracciò ad Alain e lo strinse forte. 

"Ti amerò per l'eternità Oscar, o comunque ti chiamerai e ovunque sarai" susurrò quella sera, prima di coricarsi.

 

Correva l'anno 1775, di nuovo. 

Il cavallo bianco sfrecciava nelle campagne e una giovane lo cavalcava con i capelli biondi legati in una coda e due occhi azzurri vivaci. 

"Vai più piano!" le strillò un'altra ragazza dietro, poco più grande di lei.

"Più piano di così non è divertente!" però rallentò, per permettere alla sorella di raggiungerla. La sorella aveva i cappelli biondi leggermente più scuri, legati in due trecce distinte.

La ragazza con la coda si fermò all'improvviso "Guarda lì, Josephine, cosa vedi?"

"Vedo un carro con tre ruote" replicò l'altra riparando gli occhi dal sole.

"C'è una signora in difficoltà, andiamo!" spinse di nuovo il cavallo.

"E aspetta!" Josephine sbuffò.

 La ragazza con la coda scese di gran fretta, saltò giù per l'esattezza, quando raggiunse una donna anziana che si appoggiava al carro e si sventagliava dal caldo. Era giugno.

"La baronessa Grandier" disse Josephine, lei se ne intendeva di famiglie nobili, le studiava da sempre.

"Mia signora, possiamo aiutarvi?" la ragazza con la coda le si avvicinò.

"Oh, cara, mio nipote è andato a cercare un fabbro" le indicò la ruota non molto grande che se ne stava riversa sull'erba.

"Ma qui attorno non ne troverete, siamo nel mezzo della campagna" la ragazza si tirò su le maniche e fece un cenno alla sorella "aiutami"

Josephine scosse il capo, la tirava sempre in mezzo alle sue trovate, scese da cavallo. Ora doveva pure sostituirsi a un fabbro. Il carro era vecchio e il cavallo che lo tirava non se la passava tanto meglio.

La sorella osservò la ruota "Non è rotta, deve essere scappata dall'asse. Io sollevo e tu la infili"

"Tu sollevi che? Ma l'hai visto quanto è grosso?" la baronessa poi, che viaggiava su un carro come una qualsiasi plebea, faceva storcere la bocca a Josephine. 

"È più leggero di quanto sembra e devo farlo solo per qualche secondo, dai, aiutami, poche storie!" guardò la sorella con ammonizione "Mi raccomando, non mancare il foro, non posso farlo due volte" si posizionò di schiena al carro e afferrò sotto il legname.

Josephine sospirò e spinse a braccia la ruota sul terreno fino a portarla davanti all'asse "Al mio via, pronta?"

La sorella annuì.

"Uno, due, via!" 

Il carro si sollevò di quel tanto necessario a farle infilare la ruota, la sorella lo lasciò immediatamente. "Visto? Non era così pesante"

"Benedetta ragazza, grazie infinite, ve ne intendete di carri?"

"Ne ho visto qualcuno, ogni tanto" rispose la più giovane con un sorriso. Quello era un carretto due posti, con un solo cavallo. 

Videro giungere un giovane con l'affanno. La signora lo guardò con le mani sui fianchi "André! Se non era per queste ragazze! Mi hai lasciato da sola nel nulla!"

"Perdonate, nonna" il giovane si presentò "Barone André René Grandier, grazie per aver fatto compagnia alla nonna" si inchinò, e poi vide la ruota al suo posto "e questa, come ci è tornata lì?"

"Mi hanno aiutato le ragazze!" la nonna risalì sul carro, era esasperata anche dal ritardo.

"Madeleine" la ragazza con la coda si indicò e sorrise, il giovane le baciò la mano e la fissò a lungo. Il tizio le parve un po' imbranato ma non aveva quell'aria snob insopportabile che in troppi nobili aveva già conosciuto. La sorella si presentò con il nome per esteso, quindi si salutarono. Recuperarono i cavalli e ripresero la corsa.

 

Un uccello nero con le ali blu fischiò una volta, sulla spalla della donna. Quest'ultima era sulla cima di un albero e sgranocchiava una pesca. "Lo so, lo so. Gli ho fatto un dono, ma a lui non era dato saperlo" terminata la pesca, gettò il nocciolo e poi, lo spazio intorno a sé si compresse e deformò, in un niente tornò alla sua grotta.

 

Fine

 

   
 
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