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Autore: Tomoe_Akatsuki    30/11/2023    0 recensioni
[Strong Girl Nam-soon]
Quella richiesta è la dimostrazione che in realtà Ryu Shi-oh è un bambino che desidera, brama l'affetto di qualcuno; che è un bambino spaventato, deluso dalle persone intorno a lui.
A Nam-soon si forma un groppo in gola, perché sa quali possono essere le conseguenze di quella promessa. E giura a sé stessa che farà in modo che Shi-oh non debba più subirle.
Perché in fondo, è un'inguaribile sognatrice.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oh, my God, I feel it in the air
Telephone wires above are  sizzlin ' like a snare
Honey, I'm on fire, I feel it everywhere
Nothin' scares me anymore
[Summertime sadness|Lana de Rey]

Forse se ne rende conto troppo tardi che ciò che ha pensato, fin da quando ha messo piede in Corea ed è stata trascinata per caso nel mezzo di un caso di droga, è sbagliato.

Perché gli occhi con cui la guarda Ryu Shi-oh, mentre gli sistema con un gesto gentile e un lieve sorriso - così raro quando ci sono altri, sempre presente quando sono solo loro due - una ciocca di capelli dietro l'orecchio, non sono gli occhi di chi mente.
Così puri, limpidi, carici di premura per lei, nonostante appartengano a qualcuno che è in grado di uccidere in un battito di ciglia, a cui non importa nulla degli altri, ma solo dei suoi interessi - del suo sogno, come lo chiama lui.

In fondo, anche Ryu Shi-oh è umano. E come ogni essere umano, ha bisogno di qualcuno al suo fianco, su cui possa contare sempre.
Per questo, è solo naturale che ponga la sua fiducia in lei, un passo alla volta, con esitazione, perché ha paura. Paura di essere tradito, paura di essere abbandonato - di nuovo.
E Gang Nam-soon prova una morsa allo stomaco mentre ricambia quello sguardo così carico, perché comprende.
Comprende che la bugia che si sta raccontando non è più una scusa sufficiente per ciò che sta facendo, non dopo che Ryu Shi-oh si è aperto a lei, mostrandole i pezzi di lui che custodisce con cura, condividendo con lei il suo sogno.
Comprende che il modo in cui si sta comportando non è alla fine tanto diverso da quello di quelli che vuole fermare - certo, non è immersa in traffici illegali, ma il modo in cui tratta gli altri è lo stesso. Basandosi sull'inganno, mutando a seconda del profitto che si vuole ottenere.

Se ne rende conto in quel momento, in piedi davanti alla via che porta all'appartamento di Hee-sik, in piedi di fronte all'uomo che ha designato da sé come suo nemico.
E prova disgusto per sé stessa. Per ciò che è diventata, per come sta portando avanti il suo ideale di bene.
«Tsegtseg?»

La voce di Ryu Shi-oh la riporta con i piedi a terra. Incrocia il suo sguardo, e ne legge una sfumatura di preoccupazione, mentre le studia il volto, alla ricerca di ciò che l'ha portata da un'altra parte, lontana da lui.
La morsa allo stomaco si fa più forte, e Nam-soon vorrebbe potergli dire la verità, perché sente di dover essere onesta con lui - almeno questo, glielo deve.
Ma invece sbatte un paio di volte le palpebre, e gli sorride.
«Non è niente, sono solo un po' stanca.»
Shi-oh sorride a sua volta, rivelando quelle fossette ai lati delle labbra che gli danno un'aria gentile e premurosa, che normalmente non ha.
«Allora dovresti riposarti, Tsegtseg.»
Lei annuisce, poi solleva la mano all'altezza del volto e lo saluta. Lui ricambia il gesto senza smettere di sorridere.
Mentre cammina via, si volta indietro due, tre volte, sentendo quello sguardo emblematico e pungente su di lei, e ogni volta Shi-oh è lì, a sorriderle e a salutarla.
Sale in macchina solo quando lei scompare alla sua vista.

~

Nam-soon non si stupisce quando sua madre va contro le regole che ha imposto lei stessa, radunando tutta la famiglia in un unico posto, al tavolo di famiglia.
  In fondo, la può capire. La scoperta di dove vengono consegnate le lepri di mare è un'ottima notizia, e il suo improvviso trasferimento a Busan potrebbe sembrare sospettoso, se è lei da sola. Ma portandosi dietro ex marito, figli, fratello e madre, potrebbe sembrare più un ritiro strategico per la propria sicurezza personale, anche se non molto una mossa da Geum-joo, una donna che salta direttamente dentro il caos, se non è lei la causa stessa.

La prima sorpresa arriva dalla nonna, Joon-gan, che dice che non verrà - in un certo senso, l'avevano previsto che avrebbe preferito rimanere con Jun-hee, soprattutto dopo la comparsa di suo marito. Per cui, nessuno ne rimane particolarmente colpito.

La seconda sorpresa arriva da Nam-soon stessa - e questa volta, prende tutti in contropiede.
«Anch'io rimango qui.» dice, posando le mani sul tavolo in un gesto per ottenere l'attenzione dei presenti, che accolgono le sue parole con il silenzio.
«E perché, Nam-soon?» chiede sua madre, con quegli occhi grandi che fa quando qualcosa la coglie di sorpresa e la confonde - quando qualcosa non va secondo i suoi piani. E il fatto che sua figlia, la principale parte del suo piano improvvisamente venga a mancare, è decisamente un problema.
Nam-soon si volta verso di lei, ignorando per il momento gli altri nella stanza.
«C'è bisogno che qualcuno tenga d'occhio da vicino Ryu Shi-oh. Ho la sensazione che abbia in mente qualcosa, OmmaQualcosa contro di te. E io sono l'unica che può scoprirlo.» spiega, con tono serio come raramente ha, guardando sua madre negli occhi.

In realtà, quello che le ha detto è una mezza verità.
Perché tutti sanno che Ryu Shi-oh vuole sbarazzarsi di Geum-joo, dopo che ha avuto il coraggio di ingannarlo quando lui ha avuto pietà e non le ha dato il colpo di grazia, e ora gli sta mettendo i bastoni tra le ruote, denunciandolo pubblicamente e andando in onda seppur le sia stato proibito.
Nam-soon non ha bisogno di molte conferme al riguardo, perché le basta vedere lo sguardo di Shi-oh farsi omicida quando sente il nome di sua madre. Ma è pur sempre sua madre, e l'istinto le dice che deve proteggerla - quello che ha detto in fondo è una verità, seppur mezza.
Perché ciò che tace è che ha iniziato a dubitare di lei, del modo in cui sta conducendo arbitrariamente delle indagini separate, usando ciò che viene scoperto da altri, e di come influenzi l'opinione altrui.
Lei stessa, sua figlia, ne è la prova. Per questo vuole starsene lontano, e poter ragionare con la sua testa - non è Geum-joo che si ritrova a passare il tempo con Ryu Shi-oh, ma lei, Nam-soon. È lei quella con il diritto di giudicarlo, non sua madre. Eppure, le ha imposto le sue idee, i suoi modi di fare e agire, portandoli dove sono adesso.
  Una debole situazione di equilibrio, che potrebbe spezzarsi da un momento all'altro, che ha retto fino ad adesso, solo perché Shi-oh non ha scoperto che Tsegtseg, la donna di cui si fida, non è Tsegtseg, ma Gang Nam-soon, la figlia della donna che detesta di più al momento.
Non vuole immaginare il putiferio che si scatenerebbe se questo succedesse - ma ha la sensazione che succederà di lì a breve, perché tutto quanto sta iniziando a crepare. L'illusione non regge più.

Geum-joo la guarda come se sapesse che le sta nascondendo qualcosa - in fondo, si conosce il sangue del proprio sangue, seppur abbiano passato più di dieci anni lontane. Ma la sua espressione indagatrice muta in un grande sorriso di comprensione.
«Capisco. Mi occuperò io da sola delle lepri di mare, allora.»
Nam-soon annuisce, sentendo un groppo alla gola.
Ha mentito a sua madre, ma l'ha fatto per una buona causa. È questo che conta.

~

Quando Shi-oh la chiama con il telefono di Lee Myung-hee, capisce che ha compreso la verità troppo tardi.
Lo capisce dal tono della sua voce, dalla sua freddezza e da come pronuncia il suo nome - Tsegtseg aveva sempre una sfumatura di affetto quando era lui a pronunciarlo, mentre Nam-soon è più una pugnalata nella schiena ad ogni sillaba.

Ryu Shi-oh sa.
Sa che lei non è l'innocente e sorridente Tsegtseg - o almeno, non lo è più -, ma la figlia perduta e ritrovata della donna che lo sta lentamente rovinando.
Sa che l'ha usato per tutto questo tempo, ingannandolo e traendolo.
E per questo, avrà la sua vendetta, senza pietà. Ucciderà chiunque osi mettersi in mezzo.
Nam-soon lo sa. Ucciderà anche lei.
Soprattutto lei.

Per questo, quando Ryu Shi-oh chiude la telefonata, lei afferra il cappotto e corre.
Corre, perché spera che ci sia ancora una possibilità, perché vuole rimediare a ciò che ha fatto - dandosi della stupida per non essersene accorta prima, accecata da come le cose stavano andando troppo bene.

~

Quando entra in ufficio - perché è l'unico posto che le è venuto in mente dove poteva essere Shi-oh a quell'ora, ed è un po' come chiudere il cerchio, perché è lì che è iniziato tutto. La sua missione, la sua corruzione - lo sguardo che la accoglie non ha niente a che fare con quello gentile e premuroso che le ha fatto dubitare ciò che stava facendo.
è freddo, carico di odio per lei, con una sfumatura di delusione.
Ha già visto uno sguardo simile da lui, in passato. Ed ogni volta, era rivolto a sua madre, Geum-joo - la prima volta, quando dal nulla si è messa a parlare di Pavel e Paul, quando il loro doveva essere un semplice incontro per conoscersi. La seconda, quando ha scoperto che la donna che pensava di aver mandato all'ospedale e in questo averla quietata per un po', era in realtà viva e vegeta, nuovamente a intralciarlo con i suoi piani.
  Rispetto ai precedenti, questo al suo interno ha più dolore di quello che pensava.

Fa male. Più male del previsto. Le stringe il petto all'altezza del cuore, senza saperne il perché.
Si blocca giusto un passo dopo l'uscio, perché oltre non riesce andare. Alza lo sguardo su Shi-oh, in piedi dietro la scrivania, che la fissa.
Lo guarda a sua volta, e la stretta al petto si fa maggiore.

Azzarda un passo avanti, perché quella situazione di stallo non può portare a niente. Per cui osa muoversi, lentamente, come se il pavimento su cui poggia i piedi sia in realtà una lastra sottile di ghiaccio e possa frantumarsi da un momento all'altro.
  La mascella di Shi-oh si indurisce al suo movimento, ma lui non si muove.
Allora lei tenta un altro passo, un altro, un altro ancora, e un altro, arrivando davanti a lui, solo la scrivania a dividerli. Lui non si muove, i suoi occhi fissi su di lei, a controllare ogni suo singolo movimento.
Da così vicino, Nam-soon può vedere quanto in realtà sia teso. Le mani strette a pugno, la mascella stretta, ogni muscolo contratto, come un animale pronto a saltare, ma che deve aspettare il momento giusto. Come se stesse frenare un forte istinto omicida, perché nonostante la sua rabbia, sa che deve trattenersi.

Nam-soon vorrebbe dire qualcosa. Spiegargli, scusarsi, chiedere il suo perdono. Ma le parole non ne vogliono sapere di uscire, incastrate nella gola, doloranti insieme al petto.
Tutto ciò che riesce a fare è ricambiare quello sguardo freddo e insensibile con uno che cerca di mostrare il suo tumulto interiore, di come si sente in colpa per quello che è successo.

«Tsegtseg.»
Il modo dolce in cui viene pronunciato il suo nome mongolo le fa venire la pelle d'oca, e per un attimo gli sembra che i lineamenti di Shi-oh si rilassino. Ma è una frazione di secondo, e svanisce in un battito di ciglia.
«No, dovrei dire Gang Nam-soon.»
Al contrario, il suo nome coreano è un coltello che apre in due la carne, squarciandola per tutta la sua lunghezza, freddo e inospitale come la Siberia.

Vorrebbe pronunciare il nome di Ryu Shi-oh, come ha fatto da diverso tempo a questa parte con un sorriso e un tono forse un po' canzonatorio, ma che in risposta otteneva quello che trova il più sincero dei sorrisi - fa male, fa male, fa male. Quelle sillabe le grattano in gola, e può quasi sentire il gusto ferroso del sangue, talmente la sua immaginazione sta viaggiando.
  Tace, perché si è resa conto di dove finirà quest'incontro - lo sa da quando ha messo piede nella stanza, solo che non l'ha ammesso a sé stessa, mentendosi per l'ennesima volta -.
Il corpo di uno dei due scomposto a terra, la pozza di sangue che lentamente si spande attorno ad esso. Ma lei sta sperando con tutta sé stessa che non finirà così.
  Perché in fondo, è un'inguaribile sognatrice.

«Lascia che ti chieda questo.»
Gli occhi che la guardano non sono più così freddi come quando è entrata, ma l'odio è ancora presente. Sembra quasi che dipenda tutto dalla risposta che Nam-soon darà - e improvvisamente, un brivido le scende lungo la schiena, sentendosi sospesa su un filo appeso nel vuoto.
«Era tutta una bugia?»

La speranza, quella che l'aveva spinta a correre, a ritrovarsi in quell'ufficio, in quella situazione, cola bollente in lei, riempiendo ogni incavo ed ogni poro, sciogliendo tutti gli ammassamenti di sentimenti negativi che si sono accumulati in lei. Perché ha avuto senso essere insistenti, in una situazione data praticamente per spacciata.
Perché gli basta una parola per ricompensare la persistenza avuta dalla speranza.
  «No,» dice con voce roca, dovuta alla tensione provata fino ad un attimo prima, all'improvviso sollievo che la sta pervadendo. «Non è stata una bugia.»
Questa volta le parole vengono fuori più chiare, mentre guarda Ryu Shi-oh negli occhi, con lo sguardo più sincero che abbia mai avuto per lui.

Vede come i suoi occhi si dilatano alle sue parole, la tensione che per un attimo scompare, e come subito dopo si assottiglino, rompendo il contatto visivo insieme ad una risata vuota, priva di sentimento.
«Stai mentendo.» dice Ryu Shi-oh, tornando a guardarla con lo stesso sguardo fisso e gelido, l'ombra di un sorriso falso sulle sue labbra, mentre le mani appoggiate sul tavolo si chiudono a pugno.
«No.» è la risposta monosillabica e secca di Nam-soon, con una traccia di frattura al suo interno, mentre poggia i palmi aperti sulla scrivania, sporgendosi in avanti verso di lui.

No, non può dubitare di lei - si ripete, pur sapendo che ne ha il pieno diritto. Ma vuole essere ceca un'ennesima volta alla verità.
«Non sto mentendo.» ripete, a vuoto, continuando a fissarlo, dato che le parole non collaborano nell'esprimere ciò che prova.
  Sa che gli occhi sono onesti, con quelli non si può mentire - è grazie ad essi se ha colto il lato sconosciuto di Shi-oh, dimostrando quanto più umano sia rispetto a quello che si pensa - per cui si concentra solo su quelli.
Lascia che tutto scorri attraverso loro. Comprensione, speranza, rabbia verso sé stessa, delusione. Tutto quanto, anche ciò che non è strettamente collegato a Shi-oh, perché è l'unico modo che le viene in mente per fare in modo che lui si fidi di lei nuovamente. Facendo ciò che non aveva fatto precedentemente, ed era stato l'errore principale: aprirsi con lui, come lui aveva fatto con lei.

Le pupille di Shi-oh assorbono quelle informazioni spostandosi da un occhio all'altro, da destra a sinistra e viceversa, in maniera prima lenta, poi più veloce, mentre lo sguardo si assottiglia, alla ricerca dell'inganno successivo.
Ma da parte di Nam-Soon non c'è nessun inganno. Solo onestà, terribile e vera onestà.

«Ryu Shi-oh.» riesce finalmente ad articolare, rompendo quel momento di silenzio teso.
Shi-oh ferma il movimento irrequieto dei suoi occhi, mentre questi si assottigliano ulteriormente - ha bisogno della conferma a parole di ciò che ha visto, si accorge Nam-soon.
E lo farà, perché desidera ardentemente che lui si fidi di lei - è una necessità che si lamenta dentro di lei, gemendo incessantemente.

Abbassa lo sguardo, umettandosi le labbra, cercando le parole adatte. Deve procedere con cautela, perché Shi-oh è un animale ferito, diffidente di chiunque - e soprattutto, di chi l'ha tradito.
«Io...» non ha idea di da dove è meglio iniziare. Per cui, l'inizio di tutto, sembra l'unica soluzione sensata.
«Quando sono arrivata in Corea, sono accadute cose... brutte.» quell'innocenza nel parlare tipica di Tsegtseg rimane - perché è così che Shi-oh la conosce, è anche così che è lei, «Prima sono stata truffata, mi hanno rubato tutti i soldi e il telefono e sono rimasta senza un posto dove stare. Poi hanno distrutto le gher che avevo costruito per me e per due amici senzatetto, con la scusa che eravamo appunto senzatetto.»
Alza lo sguardo dalla superficie del tavolo, dove è stato fin ad adesso, seguendone le linee come se fossero i suoi ricordi. Trova le iridi scure di Shi-oh in attesa che lei vada avanti a parlare, la diffidenza sia sempre presente.
  «Ho capito che la Corea non era lo stato splendido e giusto che avevo pensato fino a quel momento.» c'è il flash di una scena che le passa davanti, spingendola a correggere ciò che ha detto. «Ma sono pur sempre coreana. Qui è la mia famiglia natale, e sono venuta qui apposta per ritrovarla.»
Si morde il labbro inferiore, abbassando di nuovo lo sguardo. Shi-oh rimane silenzioso e immobile, quasi come se non respirasse neanche. La guarda, la fissa, l'analizza - non ripeterà lo stesso errore un'altra volta, soprattutto con la stessa persona.
  «Quando ho ritrovato mia madre, non mi sono soffermata a capire che tipo di persona fosse. Ho solo pensato che era mia madre, che l'avevo finalmente ritrovata. Tutto il resto non aveva importanza.»
Le mani appoggiate sulla scrivania si arricciano, facendo sbiancare la punta delle dita.
«Mia madre non è la donna filantropa che sembra. Le interessano solo i soldi, di cui non ne ha mai abbastanza, e che la sua reputazione sia perfetta, sia come donna d'affari, che come eroina, e che la linea femminile della famiglia continui, in modo da trasmettere la nostra superforza.»
Mentre pronuncia quelle parole, le sente pesare una ad una su di lei.
Sa che è la verità, ma è pur sempre di sua madre che sta parlando.
  «Per mantenere la sua reputazione, e fare ciò che lei considera giusto, ha l'abitudine di manipolare le persone.» mentre parla, allontana le mani dal tavolo e torna in posizione più eretta. Il suo sguardo scivola oltre Shi-oh, non vedendo realmente la finestra con la tapparella semichiusa alle sue spalle.
Tutto ciò che percepisce, sono le sensazioni che l'hanno sovrastata da quando ha compreso la verità - è bruciante, lo sa, ma è la vera verità, non l'ennesima bugia fittizia.
«Ha manipolato mio padre, mio fratello, mio zio. Perfino me, affinché nelle indagini su di te ottenessi le informazioni che voleva lei.»
I suoi occhi tornano a mettere fuoco ciò che è davanti a lei, mentre la sensazione di acido alla bocca dello stomaco la colpisce.
Ryu Shi-oh continua ad osservarla, la postura meno tesa, le mani scivolate verso il bordo della scrivania, in attesa.
Nam-soon prende un respiro profondo.
  «Inizialmente, ho iniziato a lavorare alla Doogo perché Hee-sik aveva bisogno di una mano per un'operazione sotto copertura. Sospettava che l'azienda fosse coinvolte nel traffico di droga, dopo aver trovato una mascherina che dissolta in acqua si trasformava in polvere bianca. Poi, tu hai iniziato ad interessarti a me, alla mia forza.»
Mentre parla, la sua espressione si fa seria. Vuole che Shi-oh si concentri solo sulle parole, nient'altro deve influenzarlo. Perché la verità è quella che lei sta raccontando. Nessun'altra.
«Da quel momento, sei stato il mio obbiettivo. Ottenere la tua fiducia e scoprire tutto sulla droga. Non nego di averti ingannato solo per il mio tornaconto.»
A quelle parole la mascella di Shi-oh, si irrigidisce - ecco la pugnalata che Nam-soon sa di dover dare, ma lo fa molto mal volentieri.
«Questo però solo all'inizio. Inconsciamente ho continuato a crederlo anche successivamente, ma era solo una delle mille scuse che usavo.»
Le sue sopracciglia si curvano verso l'alto, in un'espressione dolorante, mentre piega un poco la testa di lato.
«Ryu Shi-oh.» chiama, e l'uomo davanti a lui la guarda con un'intensità tale da farle venire i brividi, dato che non riesce a leggere mezza emozione dalle sue iridi scure e immobili.
«So di aver sbagliato. So di averti ingannato. Ma perché credevo di star facendo il giusto.»
Allunga una mano attraverso la scrivania, arrivando a sfiorare con la punta delle dita le nocche di Ryu Shi-oh. Lui sembra un attimo sorpreso dal suo gesto, ma non lo dà a vedere, continuando ad osservarla, inerte e imperturbabile.
  «Ora so di aver mentito a me stessa, a te, di aver ingannato chi si fidava di me, di essere stata ingannata a mia volta da chi mi fidavo.»
Il contatto con la sua mano non è più solo un tocco leggero, ma si fa una presa salda, mentre gli sguardi di entrambi si scontrano in mezzo a loro - Nam-soon vuole che lui le creda, necessita che lui lo faccia, perché non sopporterebbe il doverlo combattere, e di conseguenza, ucciderlo.
«Capisco perché ti comporti così, Shi-oh.» il nome assume una sfumatura dolce, più simile alla prima volta che l'ha pronunciato davanti a lui - strappandogli uno dei suoi rari sorrisi - ma con la consapevolezza di molto altro mischiato insieme.

E infine, la vede. Vede la paura nei suoi occhi, la paura di fidarsi di nuovo ed essere tradito per l'ennesima volta. La vede negli occhi dilatati, nel pomo d'Adamo che si muove a vuoto. La sente nella mano che sotto la sua presa si stringe.
Ma lei continua imperterrita.
«Posso aiutarti ad ottenere ciò che vuoi.» articola lentamente, ma sicura.
  Eccola, la scommessa su cui dipende il gioco che ha giocato fino ad adesso. Le carte sono tutte in tavola, l'ultima mossa è di Shi-oh - accettare e perdonare, o rifiutare e continuare a diffidare.
Lui spalanca ulteriormente le palpebre, perché la proposta che ha ricevuto è il motivo iniziale per cui si è interessato a Nam-soon - lei lo sa, senza bisogno di spiegazioni. L'ha capito al test della pressa idraulica, che il suo interesse era in buona parte per la sua forza. Ma dopo, sa che si è spostato su altro, su qualcosa di più personale.
Shi-oh inala profondamente, mentre assume un'espressione più composta.
«Va bene.» dice infine, interrompendo il silenzio creatosi. «Ma se mi inganni di nuovo, sei morta nello stesso istante che lo scopro.»

Nam-soon annuisce, ma non riesce a trattenere un sorriso spontaneo che si forma sulle sue labbra.
è felice che ci sia una seconda possibilità.

~

«Ne sei sicura?»
Hee-sik è in piedi davanti a lei, una mano appoggiata al piano della cucina, e la sta guardando con quel cipiglio preoccupato che tira fuori ogni volta che lei propone qualcosa di pericoloso - o lievemente rischioso, per lui non c'è differenza.
Nam-soon lascia perdere i noodle che aveva intenzione di prepararsi per cena, e si volta verso di lui.
«Sì.» dice, e annuisce.

Hee-sik piega la testa di lato, considerando chissà cosa mentre la studia con lo sguardo.
«Fermare Pavel è più rischioso di infiltrarsi alla Doogo, sai.»
«Ma non è anche per questo che ci siamo infiltrati? Per fermare il commercio di droga, e di conseguenza Pavel?» chiede Nam-soon, inclinando a sua volta la testa.
Hee-sik la osserva ancora una manciata di secondi, poi distoglie lo sguardo mentre annuisce e toglie la mano dal piano della cucina.
«Va bene,» le concede alla fine - perché lui è l'unico che riesce a capire sempre cosa lei faccia, perché lo fa. Per questo è stato il primo a cui ha parlato di fermare Pavel con l'aiuto di Ryu Shi-oh. «Ma se la situazione si fa troppo pericolosa, chiamami.» aggiunge alla fine, puntando un dito contro il suo petto con aria di preoccupazione mista ad autorità.

Nam-soon sorride, da zigomo a zigomo, e annuisce con un movimento sicuro del capo - Tsegtseg si palesa in quel gesto, perché in fondo è una parte di lei, lo è stato per più di dieci anni.
«Sì, Gang Hee-sik» dice, storpiando il suo nome come faceva all'inizio.
Nel sentirla lui rotea gli occhi e sbuffa una risata, e decide che la cena di Nam-soon sarà la sua, e le ruba la pentola da sotto al naso correndo via, pur sapendo che lei può prenderlo nel giro di qualche secondo.

~

Parlarne con sua madre non è così facile. Perché vorrebbe dire tirare fuori tutti i sospetti - ormai diventati certezze - che ha nei suoi confronti.
Per cui le lascia un biglietto sul lungo tavolo della sala da pranzo.
Breve, conciso, dice solo che andrà in Russia con Shi-oh per fermare Pavel. E se non torneranno, vuol dire che saranno morti nel tentativo di farlo.
Al fondo, in piccolo lascia scritte delle scuse - perché, per quanto l'abbia manipolata, è pur sempre sua madre.

Può solo immaginarsi la sua reazione quando Geum-joo lo troverà - confusione, rabbia, il tavolo lanciato contro il muro con un urlo. Sua nonna che corre per vedere cos'è successo ancora mezza addormentata, mentre lei ha già tirato fuori il telefono per chiamarla, ma ormai è troppo tardi, perché lei è già in volo per la Russia. Allora come la bufera che è irrompe nella calma dell'ufficio dell'Antidroga, prendendo per la collottola Hee-sik, e sommergendolo di domande. Ma lui manterrà i fatti a ciò che stanno - Omma, vado in Russia con Shi-oh a fermare Pavel.
Non cercarmi.
E a quel punto, forse si renderà conto di ciò che ha fatto. Ma la sua testardaggine le farà ingoiare tutto e continuerà imperterrita la sua strada, carica di rabbia, nuovamente la figlia lontana da lei.

Nam-soon non si sente in colpa.
Sa che quello che ha fatto è brutale, ma serve allo scopo. Se tornerà viva dalla Russia, allora spiegherà tutto a sua madre, e al resto della sua famiglia.
Se non tornerà, beh, non sarà più sua responsabilità - Hee-sik ha detto che se ne occuperà lui, ma nei suoi occhi ha visto quanto gli costasse ammetterlo.

Lancia un'ultima occhiata alla sua città natale. Al suo fianco, Shi-oh si ferma a sua volta, e si gira a guardarla.
Lei sposta il suo sguardo dai palazzi coperti dalla luce del tramonto a lui.
La sta tenendo sott'occhio - dare una seconda possibilità non è mai semplice -, ma a lei va bene lo stesso. Hanno un obbiettivo comune che li tiene assieme, e va bene così. Non chiede altro.
Nam-soon si lascia la città alle spalle - lasciando alle sue spalle più di quello che pensa -, e sale sull'aereo.

~

Ritrovarsi nei luoghi in cui è cresciuto, e da cui era finalmente riuscito a scappare, è doloroso per Shi-oh - nonostante lui taccia, Nam-soon lo capisce, dal silenzio praticamente costante, dai movimenti insicuri e veloci, dallo sguardo allerta, dal corpo sempre teso.
Per questo gli poggia una mano sul braccio. Ha visto quanto sia diventato guardingo e nervoso, e la cosa la sta preoccupando.
Shi-oh si volta di scatto, quasi si fosse dimenticato di lei e fosse pronto a stenderla - quell'espressione gliel'ha vista solo quando era sotto l'effetto della droga. Ma la riconosce, e prende un respiro profondo, mentre silenziosamente scaccia via i ricordi che lo stanno tormentando.

Si sono fermati nel bel mezzo della Piazza Rossa a Mosca. Le persone continuano a camminargli intorno imperturbate, i lavoratori di fretta, i turisti intenti ad ammirare i monumenti e gli edifici ai lati della piazza.
Ma per loro due non esiste altro se non la persona che hanno di fronte. Il rumore rimane chiuso fuori, insieme alla folla. Sembrano pure dimenticarsi dove si trovano - non ci vuole un genio per sapere che stare fermi in uno spazio aperto li rende facili bersagli, seppur la moltitudine intorno a loro.
  «Stai bene?» chiede Nam-soon, sinceramente preoccupata.
La tensione in Shi-oh è aumentata gradualmente e con costanza da quando sono atterrati due giorni prima, e la cosa sembra starlo lentamente logorando - tornare in quei luoghi non è un toccasana, soprattutto se sai di avere qualcuno sulle tue tracce che ti vuole morto.
  Shi-oh la osserva, gli occhi che mostrano cosa in realtà stia passando per la sua testa. Ma è talmente veloce che neanche lei riesce a capirlo, e aggrotta le sopracciglia, ulteriormente preoccupata.
All'improvviso, Shi-oh l'afferra per le spalle e la presa stretta le fa scappare un verso di dolore.
«Tsegtseg,» - non è una novità che la chiami con il suo nome mongolo. Un'abitudine, e allo stesso tempo un rifiuto ad accettare chi è lei veramente - dice, la voce grattata, lo sguardo fisso in quello di lei. Di nuovo quegli occhi dilatati, completamente inespressivi.
«Qualunque cosa accada, devi essere al mio fianco.»

è una promessa che implica molto più di quello che sembra - gliel'aveva già chiesto implicitamente una volta, e lei l'aveva tradito comunque, nonostante conoscesse il potere di quelle parole. E il fatto che ora glielo sta chiedendo di nuovo, la prende in contropiede come un manrovescio ricevuto in faccia.

Quella richiesta è la dimostrazione che in realtà Ryu Shi-oh è un bambino che desidera, brama l'affetto di qualcuno; che è un bambino spaventato, deluso dalle persone intorno a lui.
  A Nam-soon si forma un groppo in gola, perché sa quali possono essere le conseguenze di quella promessa. E giura a sé stessa - prendendo a coppa tra le mani quel viso che è in grado di raccontare più di quello che vuole, e che la sta guardando con disperazione - che farà in modo che Shi-oh non debba più subirle. Soprattutto per colpa sua.

«Non me ne andrò, Shi-oh,» parole che sono la condanna per lei - parole che sono un lenitivo su una ferita bruciante per lui -, che suonano quasi come una preghiera, «mai.»

~

  «Non ho tempo ora, Omma.» è la risposta sbrigativa di Nam-soon, appena vede il numero di sua madre comparire sullo schermo del telefono. Fa un cenno del capo a Shi-oh, ed esce sul piccolo balcone dell'appartamento che hanno affittato.
 «Non voglio parlare del perché sei andata via con quel -» Geum-joo si tronca da sola, e fa un respiro prima di riprendere a parlare  «Ho una proposta.»
 «Se implica tornare in Corea e lasciare qui Shi-oh, la risposta è no.» dice secca Nam-soon, la mano poggiata sulla balaustra che stringe la presa.
Dall'altra parte della linea ci sono diversi secondi di silenzio, in cui le sembra di sentire parole mezze borbottate e mezze morse tra i denti. Poi, un altro respiro - probabilmente Geum-joo si passa nel mentre una mano tra i lunghi capelli rossicci, in un tentativo di rimanere calma.
«No. C'entra Pavel.»
Nam-soon rimane in silenzio, in attesa che sua madre vada avanti a parlare.
 «Ho scoperto chi è il prossimo capo di Pavel.»
Sul fatto che sia stata lei a scoprire chi sia, Nam-soon ha qualche dubbio - qualcun altro l'ha fatto per lei, e molto probabilmente è stata Opulentia. Ma rimane in silenzio, perché non è il momento per mettersi a discutere di questo.
 «Bread Song, il consulente finanziario che sospettavo di frode. In realtà riciclava denaro per  una mia vecchia conoscenza. Ma non è questo il punto. 
 «Nam-soon, Bread Song è Nozh, il futuro capo di Pavel.»

Nam-soon si irrigidisce a quelle parole.
 «Dov'è ora?» chiede.
 «Si è imbarcato per non so dove, sto cercando di scoprirlo. Ma probabilmente sta tornando in Russia. Nam-soon, ascoltami bene.» può avvertire una nota di preoccupazione nella della madre, ma non ci presta molto caso.
  Nozh che sta tornando in Russia, una coincidenza troppo perfetta - c'è qualcosa sotto, qualcosa più grande di quello che pensava.
 «Bread Song - no, Nozh, è un uomo più pericoloso di quello che sembra. L'ho incontrato a Busan, anche lui alla ricerca delle lepri di mare. Dietro a quella faccia da playboy gentleman c'è un uomo di grande astuzia. Devi fare attenzione, Nam-soon.»
 «Farò attenzione, Omma. Non preoccuparti.» chiude la telefonata Nam-soon, senza lasciar possibilità alla madre di continuare la conversazione - accetterà le scuse da parte sua solo dopo che tutta questa vicenda sarà finita. Se le accetterà. 

L'atmosfera calda dell'appartamento la destabilizza un attimo quando rientra, rispetto a quella esterna, la tipica aria invernale fredda russa, ma si riprende in fretta. C'è in ballo qualcosa di decisamente più importante di un cambio di temperatura.
  Shi-oh alza lo sguardo dai fogli che ha in mano - foto, annotazioni prese nei giorni precedenti, durante gli appostamenti per vedere come le cose in Pavel fossero cambiate da quando era stato trasferito in Corea. 
Nam-soon non è brava a nascondere le cose, lo sa, per cui glielo spiattella immediatamente, brutale.
  «Nozh sta tornando in Russia.»
La mascella di Shi-oh si indurisce a quelle parole, perché sa cosa implicano.

~

 Fermare in due un'intera associazione mafiosa non è roba da poco.
è più simile ad un massacro, data la quantità di corpi che si lasciano alle spalle.

È una lenta perdita di umanità, da parte di Nam-soon, perché usa la sua forza per uccidere - è l'ultima bugia che si dice questa, di fare del bene uccidendo. Perché loro sono cattivi, e si meritano quella fine. Ma in fondo sa, che la sua forza la abbandonerà ad un certo punto, perché la sta usando per fare qualcosa di sbagliato.
È stata sua la proposta però, per cui le conseguenze non la preoccupano. Lei sarebbe stata l'arma, data la sua forza innata, e Shi-oh la mente, dato il suo essere stato cresciuto da Pavel, rispettando così una condizione che aveva imposto lei stessa quando avevano stretto il patto - lui non avrebbe più dovuto assumere la droga per essere forte, ci avrebbe pensato lei, per entrambi.

Non che Shi-oh sia un inetto senza. È pur sempre un bambino addestrato nell'arte del combattimento e dell'uccidere fin dalla più tenera età.
Per questo quando fanno irruzione è lui a coprire le spalle a Nam-soon, mentre lei carica a testa bassa.
Una tattica che affinano man mano che prendono controllo delle varie fabbriche di droga, degli avamposti e successivamente luoghi di comando minori di Pavel.
E poi, rimangono a guardare come tutto quanto - persone, attrezzature, edifici - prende fuoco.
Questa è la loro giustizia. Non importa se perdono pezzi di loro stessi nel compierla, perché stanno inseguendo un sogno che gli è stato negato fino ad adesso.

~

L'entrata in scena al quartier generale - un capannone nella periferia di Mosca - di Pavel, non è molto diversa da quella che hanno già usato.
Nam-soon butta giù il portone con un calcio secco, e quello casca all'interno, accartocciato al centro.
Quello che cambia è l'accoglienza che ricevono. 

File di uomini - i rimasti, i sopravvissuti - schierati a semicerchio davanti all'entrata, i fucili puntati contro di loro - una buona dose di punti rossi dei mirini li ricopre quando entrano.
  Ryu Shi-oh non sembra esserne turbato, in piedi con le mani in tasca che osserva la scena davanti a lui, le fondine chiaramente visibile sotto il lungo cappotto nero, che non ondeggia neanche per l'aria fredda proveniente dall'esterno.
Al suo fianco Nam-soon, lascia scorrere lo sguardo sui presenti. Gli occhi con borse scure sotto essi, la pelle più pallida del solito, ma la schiena dritta, il capo leggermente piegato mentre studia la situazione.

Davanti a loro, le file si dividono a metà, mentre un uomo cammina avanti. L'incedere sicuro di sé stesso, un sorriso canzonatorio insieme ad uno sguardo indagatore, si ferma ad un paio di metri da loro, giusto poco più avanti rispetto alla prima fila, ma vicino abbastanza da potersi riparare dietro di essa.

«Anton.»
«Nozh.»

C'è una sfida di sguardi, tra i due ex compagni - Shi-oh le ha raccontato di come fossero stati compagni durante gli allenamenti avendo più meno la stessa età, dimostrando che in realtà non era cambiato poi così tanto da quell'orfano che era quando Pavel l'aveva recuperato dalla strada.

 «Il vecchio è morto.» dice Nozh, spostando il peso sulla gamba destra e infilando le mani in tasca, senza abbandonare il suo sorriso canzonatorio.  «L'ho ucciso io.»
 «Prevedibile.» è la risposta secca di Shi-oh, che non si muove di una virgola - se possibile, l'espressione si è fatta pure più neutrale.
 «Oh andiamo, Anton. Lo volevi pure tu morto.»
 Nella tasca, la mano di Shi-oh si chiude a pugno. Nam-soon lo nota con la coda dell'occhio.
 «Il mio nome è Ryu Shi-oh, non Anton. Non sono più lui.» dice, il tono raschiante.
Nozh - Bread Song - ridacchia.
 «Ma è il nome che ti ha dato Pavel, la tua famiglia. Non puoi rifiutarlo così.» commenta, sporgendo di un poco il labbro inferiore. 

«Tra l'altro, ultimamente non ti sei comportato così bene nei confronti della tua famiglia, Anton.» Nozh gli punta l'indice contro, accusatorio, mentre sposta il suo peso in avanti.  «Ma posso capirlo. Il vecchio era noioso, con tutte le sue regole.» fa una mezza piroetta, mostrando il suo profilo sinistro - la sua teatralità ha del disgustoso, oltre al vomitevole, pensa Nam-soon.
  Shi-oh tace e con lui, Nam-soon - lei è in attesa, del gesto, del momento, per poter attaccare. In fondo, è lì per quello. È un'arma pronta a scattare, un grilletto da abbassare.
 «Per questo, ho una proposta per te Anton.» si volta nuovamente verso di loro, questa volta mortalmente serio.  «Torna in Pavel, e avrai il controllo totale dell'antidoto. Lo produrrai solo tu, lo venderai solo tu.»
Lancia un'occhiata a Nam-soon, come se la vedesse solo adesso per la prima volta.
 «E puoi tenerti la figlia di Hwang Geum-joo.»

A sentire il nome di sua madre, Nam-soon si irrigidisce e assottiglia gli occhi. 
Tirarla in mezzo è la mossa sbagliata.
Non sa se Shi-oh se ne sia accorto, ma dà la risposta che aveva previsto lei -  un «No.» secco, convinto.
  Nozh, li osserva un attimo, le labbra disgiunte, non credendo alla risposta che ha ricevuto - aspettandosene un'altra. Poi, scoppia a ridere.
 «Oh, sei un'idiota, Anton. Hai assaggiato la vita comune e ora non ne puoi più fare a meno? Inguaribile sognatore.» lo sguardo freddo che gli rivolge è privo di qualunque pietà - il loro destino è segnato.
 «Allora morirai.»

Un cenno della mano, celato dal suo sorriso, e il fuoco si apre su di loro.

Nam-soon afferra Shi-oh e lo tira a terra, mentre sfrutta una frattura del portone per creare un riparo improvvisato. I colpi dei fucili rimbalzano sulla superficie metallica, tintinnando. Sono una valanga, ma Nam-soon non vacilla neanche mezzo secondo.
  Scambia un'occhiata con Shi-oh - una di quelle che dicono molto più delle parole. Ma c'è una promessa al fondo - ne parleremo dopo, una volta finito tutto questo.

Nel mentre, è calato il silenzio. I fucili si sono fermati, un'atmosfera di attesa e tensione ha preso il posto dei proiettili.
Un lieve movimento del capo, e Nam-soon si volta, tirando la lastra di metallo contro il nemico.
Ed è il caos.

~

 Le orecchie le fischiano. Le braccia le fanno male, e una gamba ha un'angolatura strana. Ma in qualche modo, Nam-soon riesce ancora a trascinarsi in giro, e a combattere.
Tagli le coprono il volto, in diversi punti i vestiti sono rovinati da proiettili che l'hanno presa di striscio.
Ha le nocche rosse, alcune addirittura già sanguinanti.

Poco più in là, Shi-oh è ricoperto di sangue dalla testa ai piedi, come il tubo di metallo che ha in mano. Anche lui ha segni di proiettili, alcuni che sono riusciti ad assaggiare la sua carne.
Ansima dallo sforzo, ma gli occhi sono reattivi, frenetici nella ricerca del prossimo nemico da abbattere. 

Sembra quasi un vecchio campo di battaglia, uno di quelli descritti nei libri di storia. Corpi martoriati sparsi per terra, alcuni che emettono ancora versi di agonia. Schizzi di sangue ovunque, sul pavimento, sui muri, sui pilastri, sul soffitto - di quei poveretti che si sono ritrovati lanciati in alto con una forza che gli ha spaccato l'osso del collo.
Viscere e cervella accompagnano il rosso, ormai tendente ad un bordò scuro.
  Quelli ancora vivi, si reggono a malapena in piedi, non osando scappare - chi ha provato si è ritrovato morto dopo neanche dieci passi, falciato vivo da un pezzo del portone - ma neanche osando ingaggiare combattimento con i due esseri che di umano non hanno più niente.

Nozh guarda la scena con gli occhi spalancati, il ritratto del terrore nel suo volto e nel suo corpo immobile. Non respira neanche più.

Quando Nam-soon sposta lo sguardo su di lui - perché non c'è più nessuno abbastanza vivo oltre a loro tre -, emette un verso di terrore pari a quello di un topo in trappola che vede la mano della morte calare su di lui. Ma è paralizzato, e non prova neppure a scappare - non ci riesce, i piedi di cemento che lo tengono incollato lì dov'è.

È questione di un attimo.
Registra un movimento davanti a lui, Ryu Shi-oh che riempie il suo campo visivo, un dolore lancinante al capo, poi più niente.

Il corpo di Nozh cade con una lentezza esasperante a terra, e il rumore che fa risuona per tutto il capannone.
Shi-oh si volta lentamente verso Nam-soon, senza accorgersi del proprio fianco sanguinante. Lei ricambia il suo sguardo, ansimante - la gamba le sta provocando un dolore atroce, fa fatica a rimanere sveglia.

Delle taniche di benzina sembrano essere messe lì apposta.
Le svuotano per tutto il capannone, facendo in modo che tutti i corpi ne fossero ricoperti per bene.
  Davanti all'ingresso, ammirano quel panorama di morte - e dannazione - creato da loro stessi - non c'è nessuna emozione sui loro volti, solo il vuoto totale.
  Shi-oh fa scattare un accendino, la fiamma che brilla davanti ai suoi occhi gettando ombre cupe, e lo getta all'interno, in una pozza di benzina, che prende praticamente subito fuoco.

Rimangono lì, ad osservare le fiamme espandersi, divorare qualunque cosa capiti sul loro percorso, raggiungendo il tetto, avvolgendo pure quello nel loro abbraccio bollente.
  Una consapevolezza si fa strada in Nam-soon e Shi-oh, mentre le fiamme si propagano.
Hanno vinto.
Pavel è stata distrutta.
Ma non provano nessuna felicità per ciò - sanno di essersi condannati a vita, seppur abbiano fatto ciò che ritenevano giusto.

Quando la prima trave cade e le scintille si espandono attorno, principi di incendio negli edifici vicini, quella sorta di tranche in cui sono piombati si interrompe.
Si scambiano un sguardo - trovando ciò che erano già arrivati da soli a concludere, e si voltano, lasciandosi l'incendio alle spalle.
Shi-oh passa un braccio sulle spalle di Nam-soon a sorreggerla, mentre lei si aggrappa alla sua maglia.
E così, zoppicano via.

~

La Grecia non è né la Mongolia, né la Corea - luoghi che Nam-soon ha chiamato casa per tempi diversi -, ma almeno non è la Russia.
Calda, ospitale, il mare all'orizzonte, visibile praticamente da qualunque luogo in cui lei si trovi, l'odore del sale costante nell'aria.
Si sente bene, lì. Bene come non si sentiva da tempo.
Nessuna preoccupazione di morte, nessun lavoro sporco da fare. Solo sole, mare, e tranquillità.

Seduta nella tranquilla veranda davanti casa, tiene una tazza di tè freddo in mano - qualcosa delle sue radici che non riuscirà mai ad eliminare - e si gode la brezza proveniente dal mare davanti a lei. 
  Se può permettersi una vita tranquilla dopo ciò che ha fatto, è solo grazie a sua madre - ed è per questo che l'ha perdonata, per ciò che le ha fatto e le ha fatto fare.
Nonostante abbia perso la sua superforza, è ancora sua figlia. E il legame di sangue è più forte di quel che si pensa. Geum-joo l'ha aiutata a rifugiarsi in Grecia, comprando la casa in cui vive - qualcosa di modesto e semplice, per non attirare l'attenzione - e cancellando le tracce della sua esistenza. Per il mondo, Nam-soon non è mai stata ritrovata, ed è dispersa per le steppe mongole. Tsegtseg invece è una ragazza mongola-coreana, che vive in Grecia per via di un incidente avuto, in cui ha quasi rischiato di perdere la gamba sinistra, e per sua colpa ha bisogno di vivere in un luogo caldo. 

Prende un sorso di tè, e la tenda di perline all'ingresso fa rumore, una mano che la sposta.
Tsegtseg si volta sorridente, e Shi-oh ricambia il sorriso, le fossette che lei trova adorabili ai lati della bocca - da quando sono in Grecia sorride molto di più. Non solo lui, ma anche lei.
I suoi capelli neri sono spettinati, e questo la fa solamente allargare il sorriso, da occhio ad occhio.
Shi-oh si allontana dalla soglia silenzioso, i piedi scalzi sulla pietra, senza smettere di sorridere, e si siede di fianco a lei sull'amaca.

La brezza marina aiuta a rendere sopportabile la giornata calda - ma per entrambi il caldo è sempre meglio del freddo. La Russia ha lasciato profonde cicatrici in entrambi - e Tsegtseg si lascia scivolare vicino a Shi-oh, ritrovandosi spalla contro spalla.
  Non parlano - lo fanno raramente, nei momenti di quiete. Un abitudine forse strana, ma che a loro va bene così. Anche perché è in quei momenti che Shi-oh prende gentilmente il volto di Tsegtseg tra le mani e le lascia un bacio leggero sulle labbra.
Lei sorride - finalmente è, sono felici. Ed è ciò che conta.

   
 
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