Era arrivata agitando due bottiglie di birra in una mano, col sorriso sul viso di chi aveva passato una bella giornata. Si era seduta accanto a lui, sul prato che declinava verso la città e gli aveva detto “Già stappate” porgendogli una bottiglia.
“Credevo che fossi andata a dormire” le aveva detto lui accettando con piacere di rinfrescarsi la gola in quella notte torrida.
“Dormo poco. Yattaran la chiama sindrome della terraferma. Ce l’abbiamo un po’ tutti. Tu no?”
Lui aveva sollevato le spalle, regalandole un sorriso. Aveva ragione lei. Il suolo sotto i piedi destabilizzava. Si erano abituati allo spazio ristretto di quella scatoletta a forma di nave pirata e al vuoto dello spazio intorno. Adesso era tutto diverso. “Ti capisco. A volte vivere cosi… questa pace, sapere che domani sarà uguale a oggi e che non stai correndo il rischio di lasciarci la pelle è…”
“Terrificante” aveva concluso lei.
Lui aveva annuito osservandola mentre scrutava le stelle con aria nostalgica. Erano passati solo un paio di mesi da quando l’Arcadia era sparita con a bordo il suo capitano. “Ti manca?” le aveva chiesto. Sarebbe stato naturale. Mancava a tutti loro. Mancavs la sicurezza di sapere chi eri e per cosa combattevi.
“A volte. Ma poi…” si era interrotta e lo aveva guardato. “Non poteva continuare per sempre, no?”
“Quindi metteremo definitivamente radici?”
Lei sembrava sospettosa. Poi si era concessa una risata. “Vuoi mettere radici?”
“Lo sai che ho sempre avuto una cotta per te?” Gliel’aveva buttata lì. Non era mai stato bravo in certe questioni. Meglio la rabbia, la vendetta, le battaglie, no? Ci era voluta quella pace destabilizzante per aprirgli gli occhi.
“Oh, no” aveva risposto lei stendendosi a terra e finendo la sua birra. “Io avevo una cotta per te. Era talmente palese da essere imbarazzante.”
Va bene. E adesso sentiva il cuore che batteva come quello di un povero scemo. E forse lui era un povero scemo.
“E adesso non ce l’hai più?” le aveva dettosentendosi davvero stupido e spaventato.
Che sensazione strana…
Lei aveva riso di nuovo. “Devo sempre pensare a tutto io, vero? Come sempre. Non ti deciderai a baciarmi nemmeno stasera, vero?”
Poi si era tirata su, gli aveva passato un braccio intorno al collo e lo aveva baciato senza lasciargli il tempo di fiatare. Una cosa rapida, diretta, diversa dai baci rubati alle compagne di scuola prima che quel gran macello avesse avuto inizio. Sapeva di adulto, completo. E gli faceva sentire ancora più caldo.
Aveva ripreso fiato quando lei si era allontanata.
“Ok. Risposta chiara.” Stranamente la terra solida ora sembrava ondeggiare come l’Arcadia sotto il fuoco dell’artiglieria nemica.
Solo che lei non era l’artiglieria nemica. E se ne stava lì, in attesa che lui dicesse qualcos’altro. Poi si era rassegnata con un sospiro. “Va bene. Credo che me ne andrò a dormire. Ne parliamo domani.”
Ma lui le aveva afferrato la mano prima che si alzasse. Perché non era bravo con le parole. Ma non credeva che in quel momento servissero. “No, dai” le aveva detto. “Resta qui con me. Solo un altro po’.”