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Autore: Placebogirl_Black Stones    08/12/2023    2 recensioni
Con quelle parole pronunciate a poca distanza dal suo orecchio, lo spadaccino gli lanciò l’ultima, sottile sfida di quella conversazione e poi abbandonò la stanza senza nemmeno salutare, così com’era entrato. Era un indomabile spirito libero consapevole della sua forza, che non si lasciava schiacciare e comandare da nessuno. Ma non era questo, tuttavia, a dargli fastidio. Ciò che lo aveva fatto infuriare più di tutto era la consapevolezza che Mihawk ci aveva visto lungo, dando voce a quella che era la sua più intima e terrificante paura. Ogni volta che guardava Luffy negli occhi, ogni volta che lo sentiva parlare, ogni volta che guardava il suo sorriso a trentadue denti non poteva fare a meno di rivedere colui che un tempo era stato il suo nemico numero uno, un nemico che però aveva rispettato e stimato fino alla morte, tanto da accettare di prendersi cura di suo figlio. Quel suo scapestrato nipote era la perfetta copia di Roger, ancora più di quanto non lo fosse mai stato Ace.
* Ispirato dal live action di Netflix *
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Drakul Mihawk, Kobi, Monkey D. Garp
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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QUELLO CHE UN NONNO NON DICE
 
 
Mentre camminava a passo svelto in preda al nervosismo, seguito dal suo ormai fedele cadetto dai capelli rosa, ripensò alla breve conversazione che aveva avuto con lo spadaccino qualche giorno prima.
 
- Cosa posso fare per te, Viceammiraglio?-
- Ho una missione da assegnarti che si addice al tuo specifico talento-
- Chi è il bersaglio?-
- Un giovane parvenu di nome Luffy che si definisce un pirata-
- Dove mi dirigo?-
- Mare Orientale, alle Summers. E Mihawk…portamelo vivo. Costi quel che costi-
 
L’imput che gli aveva dato era stato chiaro e diretto ed era certo che Mihawk, l’uomo dagli occhi falco, lo avesse colto senza dubbi nonostante la confusione di sottofondo. Attraverso quel lumacofono aveva sentito grida, spari, gemiti di dolore e il suono di una grossa lama che trafiggeva la carne di diversi uomini: chiaramente Mihawk stava dando prova della sua abilità e del nome che portava. La freddezza con cui gli aveva detto “sto solo ammazzando il tempo”, riferendosi alla strage in corso, non lo aveva turbato più di tanto: era pur sempre un pirata ed era uno dei più forti in circolazione, pretendere che avesse un cuore era fuori discussione. Occhi di falco era una minaccia anche per la Marina, per questo avevo scelto di tenerselo come alleato piuttosto che come nemico.
Spalancò la porta del suo ufficio senza troppi complimenti, mentre Kobi si fermò sulla soglia senza proferire parola. Seduto alla sua scrivania trovò lo spadaccino con il suo inseparabile cappello piumato, che si era spaparanzato sulla sedia e aveva appoggiato le gambe incrociate sulla scrivania. Disprezzo, totale mancanza di rispetto verso le autorità, atteggiamento provocatorio, spavalderia: Mihawk aveva decisamente tutto ciò che non poteva mancare ad un pirata con una grossa taglia la cui fama lo precedeva. Avrebbe tanto voluto piantargli un pugno su quel bel faccino, ma si impose di trattenersi. In fin dei conti era lì per un lavoro che lui stesso gli aveva assegnato.
 
- Mihawk…sei stato molto gentile ad annunciarti- lo salutò con velata ironia.
- Credevo che questa conversazione dovesse rimanere privata- rispose lo spadaccino, lanciando un’occhiata a Kobi.
 
Non poteva dargli torto, dopotutto c’erano questioni delicate in ballo che era meglio non mettere in piazza. Si fidava di quel giovane ragazzino che aveva tutte le carte in regola per diventare un grande Marine, ma certi dettagli preferiva tenerli per sé. Ammettere di essere il nonno di colui che stava andando in giro ad affermare che sarebbe diventato il re dei pirati non era certo motivo di orgoglio per un Viceammiraglio della Marina militare.
 
- Cadetto sei congedato- gli disse, senza nemmeno voltarsi a guardarlo e continuando a fissare lo spadaccino negli occhi.
- Sì signore- rispose Kobi, obbedendo all’ordine e chiudendosi la porta alle spalle.
 
Rimasto solo con Mihawk, il suo nervosismo aumentò. Da uno come lui ci si poteva aspettare di tutto, anche che lo attaccasse senza motivo per il puro piacere di farlo. Ma non era tanto questo a renderlo ansioso quando l’impazienza di sapere se il compito che gli aveva affidato era stato portato a termine.
 
- Allora? Dov’è Luffy?- chiese diretto, andando dritto al punto.
- Al momento io non lo so- rispose il pirata con nonchalance.
- Che significa che non lo sai?-
- Ho deciso di lasciarlo andare-
 
Strinse i pugni mentre una vena nel collo gli si ingrossava nel tentativo di contenere la sua rabbia che stava ribollendo. Sentì la palpebra dell’occhio destro vibrare, era un tic che si presentava spesso in situazioni come quella. Aveva sempre saputo che i pirati erano feccia e Mihawk glielo stava dimostrando apertamente. Non ci si poteva fidare di loro, nemmeno di quelli che avrebbero dovuto essere alleati. Aveva mandato un pirata a dare la caccia a un altro pirata e ciò che aveva ottenuto era un pugno di mosche.
 
- Ti avevo espressamente richiesto di portarlo da me- ribadì.
- Andiamo, Viceammiraglio, io non prendo ordini. Neanche da quelli come te- rispose spavaldo.
 
Stava tirando la corda, quel bastardo dagli occhi di falco. Era giunto il momento di ricordargli la sua posizione e i patti che avevano stretto.
 
- Come membro della Flotta dei Sette sei al servizio del Governo Mondiale, senza la nostra immunità…-
- Continuerei a fare esattamente quello che voglio, né più né meno- lo interruppe - E quello che voglio è vedere cosa ne sarà di quel ragazzo quanto entrerà nella Rotta Maggiore-
- Ah! Io non permetterò che accada!-
- Allora avrai del lavoro da fare, Viceammiraglio, perché quel ragazzo è…interessante-
 
Mihawk concluse il suo discorso e abbassò le gambe dal tavolo, alzandosi in piedi e recuperando la sua fedele lama nera, che per tutto il tempo se n’ere rimasta distesa sulla scrivania. Un’arma temibile quanto il suo proprietario.
 
 - Chi lo sa, forse tuo nipote sarà colui che troverà il One Piece, dopotutto-
 
Con quelle parole pronunciate a poca distanza dal suo orecchio, lo spadaccino gli lanciò l’ultima, sottile sfida di quella conversazione e poi abbandonò la stanza senza nemmeno salutare, così com’era entrato. Era un indomabile spirito libero consapevole della sua forza, che non si lasciava schiacciare e comandare da nessuno. Ma non era questo, tuttavia, a dargli fastidio. Ciò che lo aveva fatto infuriare più di tutto era la consapevolezza che Mihawk ci aveva visto lungo, dando voce a quella che era la sua più intima e terrificante paura. Ogni volta che guardava Luffy negli occhi, ogni volta che lo sentiva parlare, ogni volta che guardava il suo sorriso a trentadue denti non poteva fare a meno di rivedere colui che un tempo era stato il suo nemico numero uno, un nemico che però aveva rispettato e stimato fino alla morte, tanto da accettare di prendersi cura di suo figlio. Quel suo scapestrato nipote era la perfetta copia di Roger, ancora più di quanto non lo fosse mai stato Ace. Entrambi agivano con la stessa ingenuità dei bambini, entrambi avrebbero dato la vita per i proprio compagni, entrambi erano testardi, entrambi amavano vivere in modo spericolato ed erano pronti a tutto pur di inseguire i propri sogni.
Una volta lo aveva ammesso, parlando con Dadan, di non essere mai riuscito ad odiare veramente Roger, nonostante fosse un pirata e lui un vero Marine. Allo stesso modo non riusciva ad odiare Luffy, che era sangue del suo sangue. Eppure non riusciva a tollerare che suo nipote preferisse essere l’erede di Roger anziché il suo. Aveva cercato in tutti i modi di crescerlo con l’intento di farlo diventare un grande Marine, ma lui si era sempre opposto affermando che sarebbe diventato un pirata. Conosceva bene la sua strada, nonostante la giovane età. Luffy poteva definirsi una di quelle persone che vengono al mondo per cambiarlo ed era certo che un giorno avrebbe fatto la differenza, nel bene o nel male, come l’aveva fatta Roger. Aveva paura solo di una cosa: che la sua somiglianza con il re dei pirati fosse tale da portarlo anche a fare la sua stessa fine. Non voleva vedere suo nipote morire giustiziato su un patibolo davanti agli occhi della folla, ma se avesse continuato su quella strada la remota possibilità che ciò accadesse si sarebbe fatta sempre più concreta.
Pervaso da un mix di sentimenti quali rabbia, orgoglio, preoccupazione e altre cose che non riusciva a decifrare lucidamente, si lasciò andare ad una risata isterica mentre metteva a soqquadro il suo stesso ufficio distruggendo la scrivania e l’intero mobilio, facendo volare i fogli di carta come piume al vento.
Si fermò solo quando non rimase più nulla da disintegrare e Kobi riapparve titubante da dietro la porta, rimasta aperta dopo l’uscita di Mihawk. Il giovane cadetto lo guardò intimorito, non sapendo cosa dire di fronte a quello sfacelo.
 
- Stasera cenerò in mensa- gli disse semplicemente, uscendo dalla stanza.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Ho voluto provare a dare vita a quelli che, secondo il mio parere, potevano essere i pensieri di Garp durante quella scena del live action.
I dialoghi sono presi direttamente dal live action.
La scena dove Garp ammette con Dadan di non essere mai riuscito ad odiare Roger è accaduta davvero (capitolo 588 del manga ed episodio 503 dell’anime).
Spero vi possa piacere.
   
 
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