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Autore: giancarlo    14/12/2023    0 recensioni
Narra di un cane che, vagando in città, scatena il panico collettivo. Gli abitanti, proiettando su di lui paure e ansie, lo trasformano in un mostro immaginario.
Genere: Comico, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Apparve sulla strada principale scendendo dalle colline di Monteferro. Era un cane secco e spelacchiato. Chi lo vedeva per primo non poteva fare a meno di pensare a un mostro gigantesco. Si incamminava, zampettando al centro della strada, con la lingua di fuori e la coda dritta.
Sul percorso del cane, bancarelle si affiancavano ai margini sotto tende colorate, tirate lungo la strada. La gente saliva e scendeva dai marciapiedi angusti, vecchi curvi con le loro borse, giovani sculettanti nei loro jeans, salumieri robusti davanti ai loro banchi, un susseguirsi di facce arcigne, da sparviero. E ogni pochi passi, un caffè, un pub, una sala giochi...
Il cane, secco e spelacchiato, avanzava tra sguardi allucinati, visi segnati dalla paura, abitanti di condominio taciturni, gente casalinga e chiacchierona, vecchi smemorati e giovani pallidi come pali della luce. Con il loro spirito impaurito e i loro modi sottomessi, si misuravano davanti al cane. Non erano eroi o giovani valorosi, pronti a sfidare il mondo, né guerrieri dal fisico imponente, ma semplicemente anime perse, individui oppressi, piegati sotto il peso dell'attesa di un calcio nel sedere.
A uno straniero, capitato per caso in quella strada, molte cose sarebbero sembrate fuori posto. La più strana di tutte: perché tutti quegli sguardi erano rivolti a quel sacco d’ossa? Il cane, forse elettrizzato da quell'atmosfera di terrore collettivo, sentiva di poter divorare l'asfalto a ogni passo. Non era più un cane secco e spelacchiato, si sentiva un drago!
Sopra gli edifici, una striscia di cielo azzurro si stendeva come uno spartiacque. Troppo azzurro rispetto all'oscurità che già avvolgeva la via. Ogni colore brillante era accompagnato da un'ombra triplicata. Ora il cane, sbucando sulla piazza dei quattro canti, vide le fronde degli alberi proiettare ombre irreali. La sua stessa ombra si rifletteva gigantesca sulla facciata di fronte: una testa enorme su un corpo allungato e deforme. Saltò sulle zampe posteriori e la sua ombra crebbe a dismisura. Indietreggiando, quella si gonfiava come una mongolfiera. Con un movimento tipico dei cani, si girò e corse via per la strada del ritorno, tra il fuggi fuggi generale. Dalle mura sembrava precipitare un mostro gigantesco. Era l'inizio della fine dei tempi.
 
   
 
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