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Autore: Nefertari17    25/12/2023    0 recensioni
Dopo una nuova battaglia Bakugo è rimasto ferito. La sua spalla arriverà per soccorrerlo. Lui si rifiuta di andare in ospedale e dovrà essere la sua spalla ad occuparsi delle cure.
Solo che questo vuole dire essere vicini come non lo sono mai stati.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Cazzo mi ha lasciato davvero un bel regalo il bastardo!”

Bakugo imprecava, visibilmente sofferente reggendosi il fianco con la mano. Il villain con cui aveva combattuto era steso a terra, svenuto e sconfitto, con uno squarcio sul volto che gli avrebbe lasciato una bella cicatrice.

Bakugo diede un'occhiata in giro e la polizia era arrivata per portare via i villain messi fuori gioco dalla sua squadra. La battaglia era durata più di tre ore e i danni al quartiere sarebbero stati un colpo alle casse della Commissione Nazionale degli Eroi. Solo pensare alla faccia che avrebbe fatto il Pennuto gli fece muovere gli angoli della bocca in un sorriso che si trasformò subito in una smorfia di dolore. Si sentiva il viso tirare e sicuramente aveva un occhio gonfio: aveva una visuale leggermente sfocata alla parte sinistra. Un sapore metallico in bocca era il chiaro indizio che l'ultimo pugno che il villain gli aveva sferrato gli aveva spaccato il labbro superiore.

Fortunatamente non c'erano state vittime, i civili erano stati portati in salvo mentre imperversava la battaglia dalla squadra di Faccia Tonda che si era specializzata in azioni di soccorso.

Ovviamente c'era Deku che coordinava le azioni con la polizia. Come sempre non aveva perso tempo a dispensare sorrisi a destra e a manca per tranquillizzare i feriti tra gli eroi. Molti erano quelli che avevano bisogno di cure mediche.

Avevano avuto davvero un gran da fare con quei villain. Bakugo si era spinto al limite pur di neutralizzare il capo della combriccola. Erano mesi che gli stavano dietro e quando la minaccia di un attentato al capo della Commissione si fece reale, aveva radunato i rappresentanti delle varie agenzie del territorio per studiare un piano di attacco. La sua strategia era la solita: anticipare e sorprendere il nemico, senza lasciargli il tempo di reagire. Deku aveva approvato e avevano combattuto fianco fianco come dodici anni prima nella Grande Guerra. I due più grandi eroi del Giappone si erano nuovamente trovati a dover fronteggiare una minaccia al paese e così come allora, avevano sentito il peso della responsabilità dell'eredità lasciata loro da All Might.

Essere adulto aveva cambiato il suo modo di vedere le cose e soprattutto maturato il suo modo di essere, ma si era portato appresso un grande vuoto incolmabile e la rabbia, sua caratteristica primaria, gli ribolliva nelle vene costantemente, una pentola a pressione sempre in funzione.

La stampa stava invadendo le vie principali, odiava i giornalisti: insensibili e invadenti rompipalle che dovevano solo fare notizia. Ancora ricordava quando da ragazzini furono bersagliati dalle domande e costretti a comparire davanti alle telecamere per interviste dopo la vittoria. Spaesati, visibilmente colpiti da quanto accaduto, stremati e feriti avevano dovuto sopportare le facce di quelle nullità, chi li tirava da un parte, chi urlava di voltarsi da un'altra, chi gli sparava sulla faccia le luci dei fari delle telecamere. Avrebbe volentieri spazzato via quella feccia ma non gli era permesso sterminarli una volta per tutte.

Si dileguò, quasi furtivo, approfittando della confusione, non voleva suscitare compassione a nessuno visto che era ferito.

Costeggiò il quartiere lungo un viale periferico deserto grazie all'evacuazione, non avrebbe avuto problemi ad allontanarsi da lì senza essere visto. Indisturbato, mimetizzandosi tra le macerie complice il tramonto che ombreggiava i tratti più nascosti, si allontanò dalla scena della battaglia. Il fianco faceva male e la tuta era impregnata di sudore e sangue. Come tanti spilli conficcati nella carne, sentiva pizzicare il lato destro, la mano che sorreggeva quella parte era intrisa di sangue che zampillava dalla ferita. La tuta squarciata in quel punto lasciava scoperto un bel taglio.

Cazzo!

Il villain con cui aveva combattuto non si era arreso fino alla fine e l'ultimo affondo che gli aveva riservato era stato una dannata manovra che lo aveva colto di sorpresa e gli aveva lasciato quel bel ricordino. Non voleva andare in ospedale, si rifiutava di farsi compatire dalle varie comparse che sarebbero accorse per vedere le sue condizioni. Doveva proseguire la sua ritirata.

Ma era allo stremo delle forze. Si appoggiò al muro per avere un sostegno per riprendere fiato e alzando gli occhi vide che lei stava arrivando in suo soccorso. La sua spalla non si smentiva mai.

 

Amaya stava combattendo con un villain al centro del quartiere. Aveva uno dei tentacoli del villain attorno al collo, la stava strozzando. Riuscì con il suo quirk a spezzare l'ennesima appendice della sua avversaria, ansimò per riprendere fiato e le indirizzò un nuovo raggio laser. L'avversaria aveva deciso in un ultimo tentativo di bloccarla, di scagliarle contro tutti i suoi tentacoli rimasti e Amaya con un colpo netto li recise tutti.

Priva di attacco, fu facile mettere al tappeto l'avversaria con due colpi ben assestati di karate.

Stava arrivando la polizia e Amaya fece una rapida scansione dell'area circostante per capire l'entità della situazione. Tutti i villain erano a terra, c'erano feriti ovunque tra gli eroi, solo alcuni erano gravi ma la squadra di Uraraka aveva preso in mano la situazione.

Il suo obiettivo principale però era capire dove fosse Bakugo. Quando si erano separati aveva ingaggiato lotta con il capo di quei villain e una semplice occhiata le era bastata per capire che fosse davvero pericoloso. Sapeva che Bakugo non era il tipo che si tirava indietro o si arrendeva tanto facilmente, ma aveva una dannosa propensione all'autodistruzione pur di vincere. Negli ultimi anni lo aveva preso per i capelli varie volte e aveva sempre sbraitato come un pazzo per il semplice fatto che lo avesse portato in ospedale. Era sempre il solito! Non voleva che gli altri lo vedessero debole.

Era il suo capo ma era da qualche tempo che cominciava a sentire per lui un altro tipo di sentimento e più cercava di soffocare più affiorava prepotente soprattutto nelle situazioni in cui lui poteva essere in pericolo.

Erano cinque anni che lavorava nella sua agenzia, appena lui fu pronto ad aprirne una tutta sua, fu scelta come uno dei suoi sidekick. Amaya Mamoto aveva ventisei anni e aveva coltivato l'idea di diventare un'eroina dopo aver visto e letto di quei ragazzini che dodici anni prima avevano salvato il Giappone. Con appena due anni più di lei erano stati capaci di fronteggiare e sconfiggere un nemico che voleva sovvertire l'ordine della società.

E fu proprio lui, Bakugo Katsuki, la sua fonte di ispirazione. Era entrata alla U.A. con il massimo del punteggio e aveva fatto tirocinio nell'agenzia di Endevour all'epoca eroe numero Uno. Si era distinta e si era diplomata con il massimo dei voti dopo aver preso la licenza da eroe professionista. Nei successivi tre anni aveva fatto gavetta in varie agenzie ma la sua missione era arrivare a lavorare a stretto contatto con l'eroe Dynamight che si stava distinguendo tra gli eroi della nuova generazione. E ci riuscì, determinata com'era, era riuscita a piazzarsi tra i primi venti eroi superando anche alcuni di quelli dello stesso anno di Bakugo.

Il suo quirk era duale, aveva ereditato entrambi quelli dei genitori: sapeva volare e aveva la vista a raggi X che potenziata poteva far uscire dagli occhi un raggio laser di estrema potenza che fondeva pareti e oggetti. Inoltre era un'esperta di informatica e le sue doti erano preziose nell'utilizzo di ogni tipo di supporto tecnologico.

Da semplice sidekick divenne in breve tempo un elemento prezioso nella cerchia ristretta della squadra di Bakugo tanto da avere il comando della parte amministrativa dell'agenzia. Aveva anche un ruolo chiave in battaglia perché la sua vista permetteva di scovare i nemici ancor prima di ingaggiare la lotta e fungeva anche da scanner per individuare ferite gravi.

Si alzò in volo, dall'alto aveva una visuale ampia della zona sottostante e il suo sguardo andava alla ricerca disperata di Bakugo, aveva il sentore che fosse ferito ed era sicura che si stava allontanando dalla scena per non essere visto dagli altri. Lo conosceva troppo bene. E infatti lo vide in un vicolo periferico, a qualche isolato dal luogo della battaglia, appoggiato al muro. Dannato testone!

Era difficile per lei ogni volta vederlo conciato come se un tir lo avesse preso in pieno, non ci andava mai leggero, si ostinava ad arrivare sempre fino al limite, come in un gioco al massacro, come se riportando ferite gravi fosse davvero il vincitore. E nell'ultimo anno vederlo sempre sull'orlo di un baratro senza fondo anche nella vita privata la faceva stare male. Non voleva più essere una crocerossina, voleva potergli prendere la mano e guidarlo in una redenzione che lui pensava di non meritare.

Si precipitò da lui, scendendo in picchiata verso la sua posizione.

 

Amaya stava, come sempre, arrivando per raccattare i cocci del suo corpo. Più le diceva che non aveva bisogno di nessuno, più lei si ostinava a correre da lui ogni volta. Quando perdeva conoscenza dopo gli scontri non poteva opporsi alla sua idea di farsi curare in ospedale, ma quando era cosciente battibeccavano fino allo sfinimento sulle modalità di cure che doveva ricevere. E alle volte vinceva lei. Del resto era il suo braccio destro e di lei si fidava.

Lei era riuscita in breve tempo a farsi strada nel suo spazio vitale e lo aveva in qualche modo convinto delle sue qualità e del suo valore. Aveva sempre disprezzato i modi esageratamente gentili, ma lei oltre ad avere un sorriso per tutti era anche testarda, determinata e brutale, soprattutto quando si trattava di lui.

Aveva dovuto ammettere che fosse in gamba e aveva instaurato con lei un rapporto di affidabilità e rispetto. Per lui fu un po' come il rapporto con Kirishima e inizialmente si era meravigliato che fosse riuscito a legare in quel modo anche con una femmina.

E poi era sempre lei quella che lo riprendeva quando faceva una cazzata o lo sosteneva quando si ubriacava dopo una serata. Dalla Grande Guerra aveva sviluppato un dannoso modo di vivere. Il suo era un animo tormentato, il ragazzino di sedici anni che era scampato dalla morte gli ricordava che altri si erano sacrificati per lui e non era degno di essere dov'era. Era come se in lui vivessero due persone: l'eroe Dynamight e Bakugo Katsuki. Il primo intoccabile, ligio al dovere, fiero e immacolato, l'altro un disastro su tutti i fronti. Attaccabrighe, ubriacone, solitario, rancoroso che usava il sesso come sfogo per la rabbia.

Ma Amaya c'era in ogni occasione e tentava di riportarlo sulla retta via, a volte con il suo candore a volte con il pugno duro.

Lei atterrò a due passi da lui e...lo abbracciò. Le sue esili braccia avvolsero il suo corpo con leggerezza per sostenerlo e gli trasmisero anche il suo calore.

“Cavoli, mi hai fatto preoccupare, ti avevo perso dal mio raggio di azione. Appoggiati! Ce la fai a camminare?”

“Certo per chi mi hai preso!”

“Sei conciato male te ne sei accorto?”

“Non rompere, piuttosto ho qualcosa di rotto?”

Amaya si scostò per osservare Bakugo meglio e lo scandagliò con la sua vista per trovare tracce di fratture o altre ferite gravi.

“No niente di rotto. Hai solo un paio di costole incrinate e perdi sangue dal fianco”

“Portami a casa!”

“Devi andare in ospedale”

“No stavolta non voglio che i medici mi mettano le mani addosso. Mi curerai tu”

“Ma Bakugo hai...”

“Ti ho dato un ordine e non voglio ripetermi”.

   
 
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