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Autore: Fiore di Giada    29/12/2023    0 recensioni
https://www.youtube.com/watch?v=DPZXV_Bbeqg
Basata su questo disegno e partecipante alla challenge 500themes_ita col prompt "Una canzone di un dolce perdono". Non c'è nessuna canzone, ma il tema del perdono esiste.
Durante una guerra, una combattente trova tra i morti il corpo di un suo amico, cacciato dalla sua patria per un furto sacrilego non commesso.
Riusciranno a chiarirsi?
Genere: Guerra, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un cielo greve, nero, incombeva sul campo di battaglia, ingombro di corpi di guerrieri morti, dilaniati da orrende ferite, da cui sgorgavano sangue e visceri.
Decine di corvi aleggiavano sui corpi straziati, emettendo urla lugubri, mentre un vento gelido spirava da occidente.
Con passo lento, quasi da ubriaca, Alexandra Tales si incamminò.
Di tanto in tanto, lei si fermava, si irrigidiva e la sua mano correva ai pugnali, legati alla cintura. Era stata una battaglia terribile, che aveva distrutto decine di migliaia di vite.
L'esercito di Cauman aveva vinto la battaglia contro gli invasori di Emed.
Sospirò e si passò una mano tra i lunghi capelli bianchi, mentre le lacrime cadevano sulle sue guance, sporche di sangue. C'erano altri sopravvissuti, ne era sicura, ma, in quel momento, tutto le pareva privo di senso.
Strinse i pugni in uno spasimo di frustrazione. In quanto primogenita, era stata consacrata alla guerra.
Ma, davanti a quel carnaio, tutti gli ideali di gloria si dissolvevano, come statue di sabbia lambite dall'acqua marina.
Un debole lamento interruppe il corso dei suoi pensieri.
Di scatto, la giovane abbassò  il capo e sgranò gli occhi. No, non poteva credere a quello che vedeva.
− Zuriel? − mormorò.
Ai suoi piedi, giaceva un giovane uomo di alta statura e di corporatura atletica, vestito d'un farsetto nero, pantaloni marroni e stivali neri.
I capelli castani, scarmigliati e macchiati di sangue, coprivano il suo sguardo e diverse frecce trafiggevano spalle, petto, braccia e gambe.
Di schianto, la giovane si lasciò cadere sulla terra, cinse con la mano la testa del guerriero agonizzante e lo sollevò un poco. 
Sentendo quel tocco, lui si irrigidì, come un pezzo di marmo, e, a stento, trattenne un gemito.
Con un gesto delicato, Alexandra scostò i capelli dal suo viso. Quel guerriero, tanto valoroso quanto sfortunato, non meritava di soffrire.
Scosse la testa, mentre le lacrime scendevano sul suo viso. Ma chi meritava una simile pena?
A fatica, lui aprì gli occhi, d'un grigio cupo, e fissò le iridi ambrate della guerriera.
− Tu… Che… Che cosa vuoi da uno come? Sei nobile, te lo sei dimenticato? − domandò, irritato. Lui era stato condannato ad una lenta agonia, per avere rubato alcune gemme nel tempio della dea Althea.
Alexandra strinse le labbra. No, non era stato lui.
Lo avevano coinvolto in una storia di rivalsa stupida.
− Desidero scusarmi con te. Anche se questo non ripagherà il dolore che ti ho inflitto. − mormorò lei, triste. Un  tempo, lei aveva amato Zuriel. 
Ma non aveva avuto fiducia nella sua onestà e aveva posto la fiducia nei suoi accusatori.
Le lacrime velarono i suoi occhi e caddero sul suo viso. Aveva creduto alle parole della sua amica Daira…
Con la sua bellezza da ninfa, aveva condannato degli innocenti.
Zuriel sbarrò gli occhi, stupito. Perché la fiera Alexandra piangeva?
− Ti prego… Non c'è bisogno di una simile scena melodrammatica… −sussurrò, il tono apparentemente irritato. Alexandra Tales non era mai stata incline a sentimentalismi.
Con un dito, la giovane gli sfiorò le labbra, umide di sangue.
− E' vero, ma non me ne andrò. Non posso salvarti, ma posso accompagnarti. − replicò, il tono apparentemente pacato. Non aveva senso domandargli perdono.
 
 
 
Chiusa nella sua stanza, attendeva, il cuore rigonfio d'ira e camminava avanti e indietro.
Il rumore dei suoi stivali echeggiava nell'ambiente, come un lugubre scricchiolio..
Si era fermata e aveva cercato di imporre la calma a se stessa. Come aveva potuto Daira ingannarla?
Si era passata una mano tra i capelli. Per colpa delle parole di lei e del suo amico Namiel, Zuriel era stato condannato per sacrilegio.
Settanta frustate gli erano state inflitte ed era stato condannato all'esilio nel Deserto dei Nove Inferni, al confine settentrionale col regno di Emed.
Un brivido aveva attraversato la schiena della guerriera. Quel luogo, pur essendo enorme, sembrava piccolo.
Tanti e sempre diversi pericoli si avvicendavano, senza alcun riposo.
Valorosi e valorose, nel pieno delle loro forze, erano periti o avevano perduto la ragione.
Come avrebbe potuto un ferito Zuriel sopportare le insidie di quell'inferno?

 
Era entrata nella sua stanza, avvolta in un lungo abito viola.
I lunghi capelli rossi scendevano sulle spalle e incorniciavano un viso dai lineamenti delicati, su cui risaltavano gli occhi grigioverdi, dal taglio allungato..
A stento, aveva trattenuto un gemito di disgusto. Namiel, divorato dal rimorso, si era suicidato.
Accecato dall'amore, aveva assecondato le parole di Daira, che aveva accusato Zuriel di oltraggio.
Loro avevano rubato le gemme e lo avevano incastrato.
E ora osava atteggiarsi a donna in lutto per la morte di una persona cara?
 
 
− Piantala con questa sceneggiata, Daira. Non offendere la mia intelligenza. − aveva detto, irritata. Si era servita dell'amore di Namiel per lei.
No, non meritava nessuna compassione.
− Ti sei svegliata col piede sbagliato? − aveva replicato, il tono irritato.
Aveva fissato i propri occhi nei suoi.
Alexandra aveva sorriso, divertita. Daira credeva di potere sottomettere lei, con quello sguardo iracondo?
Si era dimenticata delle sue capacità guerriere?
− Io ho trovato il corpo di Namiel… Era ancora vivo e, tra le lacrime, mi ha rivelato la verità. − aveva proseguito, dura, implacabile.
Daira aveva incrociato le braccia sul petto e i bracciali, che portava ai polsi, avevano riempito la stanza d'un chiaro tintinnio.
− Come osi parlare così? − le aveva urlato.
Per alcuni istanti, aveva taciuto, compiaciuta. Daira era sicura di se stessa e quel tono isterico indicava la sua insicurezza.
Presto, l'avrebbe smascherata.
− Mancavano quattro fiori di corallo rosso dal tesoro del tempio. Questo me lo ha detto Namiel. E tu sai bene che i doni dei fedeli agli dei sono segreti. Devo aggiungere altro? − aveva dichiarato.
Daira aveva provato a parlare, ma aveva taciuto e si era torta le mani.
Un effimero senso di godimento aveva invaso il suo cuore.  Aveva strappato la maschera eterea da quella manipolatrice.
L'aveva spezzata, distrutta, annientata.
Ed era inebriata da tale risultato.
Aveva scosso la testa. Che senso aveva una tale vittoria?
Zuriel era morto.
E nemmeno la morte di Daira avrebbe dato riposo al suo spirito amareggiato.
 
La giovane serrò le labbra e irrigidì il viso in una espressione seria, mentre le lacrime continuavano a bagnare le sue guance. No, Zuriel non meritava lo spettacolo indegno del suo rimorso.
Il moribondo guerriero sbarrò gli occhi, esterefatto. Lei aveva mutato atteggiamento.
La sua sofferenza si era cristallizzata in una dignitosa malinconia.
A fatica, alzò il braccio e posò la mano sull'avambraccio di lei. 
A quel tocco, Alexandra si irrigidì e lo guardò.
− Che… Che cosa c'è? − chiese.
Un mezzo sorriso sollevò le labbra di lui. Quel pudore rivelava la verità.
Lei si era vergognata del suo sconforto e aveva cercato di darsi un contegno.
− Non… Non affliggerti… Essere ingannati non è una colpa, ma un errore… E tu hai riconosciuto il tuo… − mormorò, il tono sereno. Quel peso, che, per anni, aveva oppresso il suo cuore, si era allontanato.
Lei, che, per anni, era stata una sorella, aveva cercato di porre rimedio al suo errore.
La sua ferrea onestà non era stata alterata.
Con un cenno del capo, lei annuì e un amaro sorriso sollevò le sue labbra. La verità, pur a prezzo doloroso, aveva liberato i cuori dalle tenebre.
Sollevò ancora un poco il capo di lui e lo appoggiò contro il suo petto.
Zuriel chiuse gli occhi, come se le palpebre fossero diventate di piombo. Gli era mancato quell'abbraccio, anche se aveva cercato di negarlo.
− Grazie… − sussurrò.
Poco dopo, il suo respiro si attenuò, fin quasi a spegnersi, e il suo corpo si irrigidì nella morte.
Alexandra, con delicatezza, appoggiò il corpo di Zuriel sul terreno.
Un corvo, quasi sentisse l'odore del sangue, si avvicinò.
Lei, d'istinto, afferrò un pugnale e lo lanciò.
L'arma, con un tonfo, si piantò nella carne dell'animale, che cadde.
Prese in braccio il corpo del guerriero e si alzò in piedi.
Per un istante, lasciò spaziare lo sguardo sui corpi privi di vita. Loro avevano accolto un innocente. 
Meritavano rispetto, per la loro intelligenza.
− I corvi non vi oltraggeranno a lungo. E tu, amico mio, riposerai nella tua terra. − mormorò e si allontanò verso il suo accampamento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L'immagine è questa: beonger-blood
   
 
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