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Autore: Winterwings    06/01/2024    1 recensioni
Può la scomparsa di una persona cara cambiare interamente la realtà di chi resta? Emanuela è solo una ragazzina, almeno fino alla morte di sua sorella. Questa terribile perdita la porta non solo a crescere improvvisamente, ma anche a maturare una malsana e pericolosa ossessione: lei deve trovare chi ha ucciso Sarah e fargliela pagare a ogni costo e senza sconti. Con una serie di espedienti e un valido aiuto riesce ad assumere una nuova identità e a inserirsi perfettamente nel mondo fatto di ricchezza e sfarzo che tanto disdegna, non calcolando però un imprevisto... Alessandro. È possibile amare qualcuno che crede di odiare con tutto il cuore? Lo scopre a un carissimo prezzo, lui non è come gli altri, è un uomo con cui riesce finalmente a sentire una parvenza di legame... Ma lei non può assolutamente tralasciare chi è davvero.
***
La presente storia contiene riferimenti a droga, alcolismo, prostituzione e depressione, seppur trattati in maniera leggera. Ogni riferimento a persone realmente esistenti, vive o defunte è puramente casuale.
É possibile trovare la storia anche sulla piattaforma Wattpad.
©️Tutti i diritti sono riservati.
Genere: Dark, Noir, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bryan, 2020

- Tu devi aiutarmi, in un modo o nell'altro devo inserirmi nel suo dannato mondo. A qualunque costo.

Quella frase o, meglio, quell'affermazione, devo essere sincero mi spiazzò e non poco. Non avrei mai e poi mai potuto immaginare che quella frase apparentemente sconnessa avrebbe segnato l'inesorabile inizio di quella follia e anche la sua fine, cambiando per sempre sia la mia che la sua sorte.

- Come?

Dissi aggrottando le sopracciglia e fingendo di non capire. Quel piccolo e insignificante gesto mi causò un breve ma pungente fastidio a causa di una ferita che mi ero procurato recentemente e di cui riportavo un paio di punti proprio al sopracciglio sinistro;

Sul viso di Emanuela non vi era più traccia della graziosa ma acerba ragazzina, al suo posto c'era una bellissima giovane e risoluta oltre che maledettamente astuta, dovevo ammetterlo. Quella sera al Rouge ero rimasto profondamente colpito dai suoi occhi azzurri limpidi e da quel sorrisetto sarcastico e saccente che le adornava il volto, per me era bella, bella da togliere il fiato e da subito avevo avuto modo di sperimentare una sorta di attrazione fatale che mi spingeva sempre più verso di lei, forza che finiva inspiegabilmente per accontentare ogni suo più piccolo capriccio e desiderio. La conoscevo bene ormai, quasi come il palmo della mia mano, specialmente da quando aveva varcato la mia soglia per restare. Aveva solo ventun anni e un carattere tremendamente focoso, eppure, dovevo ammettere che era molto più matura rispetto la sua giovane età. Era rimasta da sola e con le sue sole forze era riuscita a emergere lentamente dal suo personale inferno, la ammiravo per questo, io stesso non c'ero mai completamente riuscito. D'altronde la madre l'aveva lasciata da sola allo sbaraglio mentre il padre... il padre Emanuela neanche aveva idea di chi fosse e già questo la diceva abbastanza lunga;

Da quando si era imbattuta sulla mia strada avevo deciso che sarei stato io a sorreggerla finché ne avesse avuto la necessità, lei aveva bisogno di me e io avevo capito di averne di lei, un disperato e maledetto bisogno. Emanuela non sapeva niente di me, non aveva idea di che cosa mi fossi macchiato in passato, non conosceva e probabilmente mai avrebbe appreso i segreti inconfessabili che nascondevo dentro di me e che percepivo ogni giorno come una costante spada di Damocle. Ero un cattivo ragazzo e lo riconoscevo, per questo avrei dovuto stare lontano da lei in modo da non contaminarla, eppure non ci riuscivo, non riuscivo a fare a meno di lei. Risollevarla dal baratro stava innegabilmente aiutando anche me.

- Hai capito benissimo, non fare il finto tonto.

Si trovava sul mio, ormai diventato suo, divano, scalza e con un bicchiere del mio migliore vino bianco in mano. Affondai sulla mia poltrona aspirando una boccata dalla sigaretta che tenevo fra le dita squadrandola dalla testa ai piedi con un sorrisino sarcastico. Ogni volta che la guardavo sembrava ipnotizzarmi e non faticavo a immaginare a quanti altri ragazzi continuasse a fare lo stesso e identico effetto. Quel pensiero ad essere onesti m'infastidiva da matti, ne ero maledettamente geloso, lei era di tempra forte, non aveva certo bisogno di me e l'impressione che anche lei prima o poi avrebbe potuto lasciarmi mi lacerava, anche se mai l'avrei ammesso davvero. Tutti in un modo o nell'altro avevano finito per lasciarmi e io ne conoscevo benissimo il motivo ma lei... lei era una boccata d'aria fresca per me che ero sommerso da tutto quel fumo nero e catrame. Me ne ero lentamente innamorato e ne ero ben a conoscenza.

- Innanzitutto, devi imparare a mantenere la calma, sei troppo impulsiva per i miei gusti ragazzina.

Pronunciai quelle parole per darle fastidio, era divertente. Era istintiva e con una lingua più tagliente del vetro ma l'adoravo, aveva rivoltato totalmente la mia vita e le mie prospettive dandogli finalmente un senso, quel famoso senso che in America non ero mai più riuscito a trovare dopo l'incidente.

- Si chiama carattere, Bryan.

Emisi un sonoro sbuffo... ero in dovere di correggerla, con quel temperamento tutto pepe si sarebbe presto cacciata in grossi guai e no, non potevo permetterlo, non a lei.

- Chiamalo come vuoi, ma se vuoi davvero portare a termine la tua bella idea, il tuo carattere lo devi domare. Le tue emozioni devono restare qui.

Dissi indicando la mia tempia. Era testarda e troppo reazionaria, avrebbe dovuto imparare a ragionare e ad agire con cognizione di causa... dopodiché sarebbe stata un'ammaliatrice pressoché perfetta.

- Non qui.

Terminai il mio breve discorso esortativo poggiando la mia mano aperta sul petto dove anatomicamente era situato il cuore. Roteai poi gli occhi prendendo un'ulteriore boccata di fumo mentre lei mandava giù l'ennesimo sorso di vino dalla quale ormai era completamente assuefatta. Non mi piaceva affatto ma non potevo rimproverarla poiché avevo fatto cose di gran lunga peggiori, non me ne sentivo degno.

- E poi? Queste sono solo semplici nozioni.

Posò una mano affusolata sotto la mandibola assumendo uno sguardo indagatore. Quei grandi occhi azzurri ridotti a piccole fessure mi fecero sorridere, la conoscevo abbastanza da sapere che non mi avrebbe lasciato in pace fin quando non le avessi dato una risposta, per lei esaustiva. A volte mi sembrava una bambina dal carattere esplosivo.

- Ma si può sapere dove vuoi arrivare? Cosa vuoi che ti insegni?

Sbuffai con una punta di fastidio, quel giorno aveva toccato il fondo con le sue allusioni strane e io avrei dovuto bloccarla sul nascere e invece? Invece indovinate un po', l'assecondai;
Mi aveva in pugno e lo sapeva, aveva in qualche modo percepito lo strano effetto che mi faceva la sua vicinanza, la sua vista e perfino il suo profumo mentre io evidentemente non avevo ancora capito proprio nulla.

- Ti ho appena detto che ho bisogno del tuo aiuto.

Alzai un sopracciglio e il fastidio tornò come un acuto monito.

- E io, continuo a ripeterti che non riesco a seguirti.

Finì il contenuto del suo bicchiere, guardandomi ipnoticamente negli occhi e la mia corazza di ghiaccio si sciolse come neve al sole. Bramavo quello sguardo, desideravo averlo solo e soltanto per me e il sapere che alla fine non era così faceva male, male come un pugnale nel petto. Male come un pugnale piantato dritto nel cuore da lei.

- Mi devi portare da lui.

Il mio sguardo si posò sulle sue labbra mentre pronunciava quelle parole. Presi l'ultima boccata dalla mia sigaretta prima di gettarla senza toglierle gli occhi di dosso. Solo Dio era a conoscenza di quanto avrei voluto baciarla...

- Ucciderlo non ti restituirà tua sorella.

Deglutì a fatica scacciando via il pensiero della mia bocca sulla sua in un momento simile e mentre lei abbandonava con nonchalance il suo bicchiere, io per smorzare la tensione che si era creata dentro di me accesi una nuova sigaretta. Continuare a fumare così tanto mi avrebbe portato alla morte certa ma era l'unica valvola di sfogo su cui potevo contare, l'unica cosa che rilassasse le mie membra e calmasse il mio cuore.

- Lo so benissimo, ma devo farlo comunque. Non ha senso che io continui questa farsa, non ho più nessun altro scopo nella vita se non vendicare mia sorella, non provo più niente, neanche la metà di ciò che ero in grado di provare prima, ogni emozione è fluita via lentamente dal mio corpo dal giorno in cui sono rimasta sola. Sarah non è stata la prima e non sarà neanche l'ultima, umanamente non posso permettere che qualcun altro pianga un famigliare per colpa sua.

Soppesai le sue parole, lo scopo era giusto ma l'intento sbagliatissimo. E poi, da quando era così altruista verso il prossimo?
Se solo si fosse guardata intorno si sarebbe resa conto che io ardevo d'amore per lei e ne avevo di certo abbastanza per entrambi e per affievolire la sua voglia di vendetta e sangue.

- Io sono qui, Emanuela.

Scosse il capo ma sorrise. Avrebbe potuto stringere il pugno e frantumare i resti del mio cuore, eppure le sarei stato comunque accanto fedele come un cagnolino... ero messo molto male e per fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista) ne ero anche consapevole.

- Lo so ma non mi basta.

Un sospiro abbandonò le mie labbra, ovviamente non era abbastanza. L'ebrezza di quel maledetto vino l'aveva portata a esternare le sue malsane idee recluse fino a quel momento in qualche meandro della sua scaltra e contorta mente. Mi riconobbi in un certo senso e sorrisi nel pensare che donna più adatta a me non esisteva su tutta la faccia della terra.

- E cosa vorresti fare sentiamo? Andare a Napoli, poi? Presentarti a casa sua, piantargli una pallottola in fronte e dopo? Non potrà mai funzionare, non così. Non basta conoscere il suo indirizzo e saper sparare, non basta neanche vestirsi bene ed entrare in società. Devi imparare a mascherarti e a proteggerti, devi entrare a far parte di quel genere di quotidianità è vero ma devi soprattutto avere una storia abbastanza convincente da permetterti di agire indisturbata, da ipnotizzarli tutti. Devi giocare con le loro menti e soprattutto, prendilo come un consiglio personale, il menzognero deve avere buona memoria.

- Bryan, non sono parole quelle che voglio da te. Portamici e insegnami.

Mi alzai in piedi, guardandola serio come non mai.

- Non è qualcosa che posso insegnarti io, non del tutto almeno. E poi io devo proteggerti non buttarti direttamente fra le fauci del leone.

Anche lei si alzò raggiungendomi e fermandosi a poco meno di un palmo da me. Il suo sguardo era ferreo come non mai.

- Non ho bisogno della tua protezione, per l'ennesima volta, ho bisogno del tuo aiuto. Fra i due lui non è il leone ma la lepre.

Fu dura, estremamente dura. Tese una mano e io di rimando gliela strinsi.

- Desidero mettere fine alla sua inutile vita e per quanto sia spregiudicato e sbagliato, niente e nessuno potrà farmi cambiare idea, neanche tu. Voglio solo sapere se sei con me o contro di me.

Guardai le nostre mani intrecciate non potendo fare a meno di pensare che stavo per farle commettere uno degli errori più grandi della sua vita. Ci stavo ricadendo, la parte di me che credevo sopita si stava ridestando ancora. Se non fossi stato attendo avrei potuto rovinarla anche se in realtà ci stava pensando egregiamente anche da sola.

- Qui il problema non è essere con te o...

Poggiò il suo affusolato indice sulle mie labbra. Aveva sempre avuto delle splendide mani ma ultimamente aveva iniziato a curarle quasi maniacalmente e quello smalto rosso sangue che indossava non faceva altro che evidenziare quanto la sua personalità stesse pericolosamente cambiando, attraendomi ancora di più a lei che stava diventando la perfetta femme fatale. Una parte di me desiderava farla desistere da quell'idea... ma l'altra parte, quella oscura e celata impazziva dalla voglia di accontentarla. D'altronde un essere come Lorenzo Duca a chi sarebbe mai potuto mancare? Neanche a sua madre probabilmente... e poi, se avevo capito una cosa di Emanuela era che sarebbe stato pressoché impossibile farle cambiare idea. La tentazione era forte e stava avendo la meglio.

- Tu sei pazza lo sai? completamente pazza, ti sei bruciata i tuoi ultimi neuroni a forza di bere.

Sorrise scuotendo il capo davanti alla mia affermazione mentre io da ridere non ci trovavo proprio un bel niente. Le sfiorai la guancia lasciando incontrare i nostri sguardi, in lei riuscivo a leggere solo determinazione in quel momento, nient'altro se non pura e macabra determinazione.

- Bryan, io e te siamo uguali, tu puoi comprendermi, io lo so. Non a caso sei l'unico.

Mi rivolse il suo migliore sguardo ammaliatore, aveva vinto;

Fino a quel momento credevo di essere stato un grandissimo stronzo manipolatore ma dovetti amaramente ricredermi, la ragazza che avevo davanti mi aveva di gran lunga battuto in astuzia e tattica risvegliando la mia vera indole criminale. Mi torturai il labbro inferiore deglutendo appena, non l'avrei abbandonata... e se ci fosse caduta dentro allora l'avrei seguita.

- Stai sanguinando.

Disse improvvisamente preoccupata, rivolgendo la sua attenzione al mio sopracciglio al quale probabilmente doveva essere appena saltato qualche punto. Sorrisi come uno stupido: per lei mi ero anche beccato un bel pugno in faccia.

Bryan, 2023

Li maledissi tutti innumerevoli volte, vederla lì trattata come una comune delinquente mi fece ardere di rabbia. Quel processo lo stavamo guardando tutti e anche se desideravo con tutto il cuore essere lì a fianco a lei in quell'aula, non potevo di certo dimenticare ciò che mi aveva confidato e la promessa che avevo dovuto farle, giurando di non mettere mai piede in quel tribunale. Un solo minuscolo sospetto del mio palese coinvolgimento sarebbe stato abbastanza per farmi chiudere in una cella a vita e non potevo permetterlo, lei aveva bisogno di me fuori, solo a queste condizioni, mi aveva detto, avrebbe accettato il patteggiamento che il suo avvocato stava cercando di farle disperatamente ottenere;

Purtroppo per me qualcuno si era messo in mezzo fra noi, sgretolando parte di quel piano e a causa sua, no, non saremo caduti insieme come avevo programmato. Eleonora aveva deciso di consegnarsi spontaneamente tenendo me e lui assolutamente fuori da quella faccenda. Il mio vero e unico problema era che, alla fine della mia sorte non m'importava poi molto... era la sua che avevo dannatamente a cuore. Dovevo restarne fuori e sorvegliare quel figlio di papà, sorvegliarlo affinché non crollasse, la parte più difficile e dolorosa di quel giuramento, quella che feriva a morte il mio orgoglio di uomo. Per un attimo scorsi il volto di Alessandro, colui che avevo imparato a evitare come un morbo e la mia invidia salì a galla, non si staccavano gli occhi di dosso e mentre lei apparentemente imperturbabile rispondeva egregiamente lui sembrava pendere dalle sue labbra.
 

Strinsi la mano in un pugno, lei si era presa tutto di entrambi in egual misura; eppure, aveva finito per scegliere lui, un ragazzo con cui evidentemente la famosa scintilla era scattata, un tipo con cui non aveva mai avuto e mai avrebbe avuto niente in comune. Cosa aveva di diverso dagli altri? Cosa diamine aveva di diverso da me? Strinsi forte e non mi fermai neanche vedendo le mie nocche sbiancare. La voglia di sferrare un pugno al muro era forte ma dovevo trattenermi, non avrebbe risolto il mio problema causandomi invece un fastidio perenne per qualche settimana, l'ennesimo a causa di Emanuela/Eleonora, la mia rovina. Il destino aveva giocato un brutto scherzo a tutti e tre e in un certo senso Eleonora si stava offrendo come un agnello all'altare. La metafora agnello/Eleonora mi fece storcere le labbra, quella donna era tutto fuorché un agnellino innocente.

- Ma come diavolo fa ad essere così impassibile dopo tutti questi inganni? Dopo addirittura un omicidio!

Pronunciò l'avvocato aspro come dall'inizio del processo. Avevo osservato attentamente come gli aveva tenuto testa, caparbia e astuta aveva appena incantato metà aula con i suoi stratagemmi e le sue parole ben calibrate. Nessuno la giustificava, apparentemente era colpevole di tutto ma né la corte né gli avvocati si immaginavano quanto fossero in torto. Dannatamente in torto.

- Non mi pento di nulla, quindi se è una qualche forma di autocommiserazione o pentimento quella che vuole sentir uscire dalle mie labbra, sappia che non otterrà nulla se non il mio silenzio.

Il povero avvocato era ignaro dell'effetto che la sua indignazione aveva su di lei che scaltramente se ne stava nutrendo tramutandola in forza e sicurezza. L'avrebbe portato al punto di strafare, prima o poi avrebbe commesso un errore, un piccolo errore che lei avrebbe trasformato in un grosso vantaggio. Come io stesso le avevo insegnato, i dettagli erano tutto.
Guardai nuovamente Alessandro... se era vero che l'amavo avrei dovuto farmi da parte, ma ormai era risaputo: per i miei trentadue anni, ero un tipo dannatamente egoista.

   
 
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