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Autore: Placebogirl_Black Stones    08/01/2024    2 recensioni
C'era una volta, in un piccolo villaggio del Mare Occidentale, un bambino dalla folta capigliatura afro che trascorreva le sue giornate suonando il violino e cantando. Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno quel bambino sarebbe divenuto un pirata di fama mondiale e che il suo nome avrebbe risuonato ovunque, proprio come la sua musica.
Questa è la storia di Brook "il canterino".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brook
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LIFE IS A SONG
 LA STORIA DI BROOK “IL CANTERINO”
 
 
 
All’ombra di un rigoglioso nocciolo, il bambino dalla folta chioma afro suonava il suo violino, una nota dopo l’altra, instancabile. Se ne stava lì gran parte del tempo, ogni giorno, fino a quando le ombre della sera non lo costringevano a tornarsene a casa. Suonava e cantava, sempre con il sorriso sulle labbra, indossando quegli strambi occhiali da sole rotondi che gli conferivano un aspetto troppo maturo per i suoi dieci anni.
La musica era tutto per lui, non sembrava esistere altro nel suo mondo. Qualcuno avrebbe potuto definirlo un ragazzino prodigio, data la sua precoce bravura, ma per molti rappresentava solo una seccatura: tutto il giorno a strimpellare il violino e cantare, una vera tortura per le orecchie.
Il suo nome era Brook, ma la gente ormai lo chiamava “il canterino”.
Brook “il canterino” era nato e fino a quel momento cresciuto in quel piccolo villaggio situato su una altrettanto piccola isola in mezzo al Mare Occidentale. Per il suo settimo compleanno il padre, conscio della sua passione sfrenata, gli aveva regalato un vecchio violino acquistato a metà prezzo e da allora non se n’era più separato. Qualsiasi cosa lo circondasse era per lui fonte di ispirazione, che generava nella sua testa melodie nuove e parole in rima che le accompagnavano. Per Brook la vita era una lunga canzone che andava cantata fino alla fine, con sentimento.
Gli abitanti del villaggio passavano, lo guardavano, qualcuno si fermava ad ascoltarlo e si complimentava, molti altri lo rimproveravano di stare solo perdendo tempo e che avrebbe dovuto andare a scuola, studiare oppure trovarsi un lavoretto. Nei loro cuori non c’era spazio per la musica, perché erano diventati troppo aridi per ospitare un germoglio bisognoso di acqua e cure. Il bambino canterino sperava in cuor suo di poter cambiare tutto ciò, di regalare a tutti la gioia che solo la canzone giusta al momento giusto sapeva far provare, ma col passare degli anni si sarebbe reso conto, con profondo rammarico, che solo chi aveva le orecchie nel cuore poteva comprendere la magia della musica: il resto delle persone avrebbe sempre e solo avuto un unico paio di orecchie ai lati della testa e non avrebbe sentito nient’altro che quello che gli interessava sentire.
Il piccolo Brook aveva anche un grande sogno, che sperava un giorno di poter realizzare: girovagare per il mondo, vedere cosa c’era al di là di quella infinita distesa d’acqua che circondava l’isola e far conoscere a chiunque la sua musica perché potessero farne un balsamo per l’anima. Benché adorasse quel nocciolo sotto il quale si metteva a suonare ogni giorno, non aveva alcuna intenzione di emularlo mettendo le radici in quel posto. Proprio come una melodia, anche lui voleva farsi trasportare dal vento e giungere chissà dove e chissà quando. Forse a causa della sua estremamente giovane età era libero dalle catene, dai pregiudizi e dalle convinzioni di cui si vestivano gli adulti.
Non aveva paura, Brook, di cantare al mondo la sua verità.
Non aveva paura, Brook, del potere che una canzone poteva esercitare sul suo umore, cambiandolo in un secondo.
Non aveva paura, Brook, di vivere la vita.
 
Dopo aver terminato la melodia che stava suonando, osservò l’ambiente che lo circondava, soffermandosi sui dettagli come una farfalla dalle ali bianche che svolazzava nell’erba tinta di un verde brillante, le foglie mosse dalla brezza e il sole caldo che illuminava quella giornata estiva. Inspirò profondamente e sorrise mostrando candidi denti perfetti, per poi rimettersi il violino sulla spalla e intonare una canzone che aveva composto la sera precedente.
 
 
You say life is a dream where we can't say what we mean
Maybe just some roadside scene that we're driving past
There's no telling where we'll be in a day or in a week
And there's no promises of peace or of happiness

Well is this why you cling to every little thing
And pulverize and derange all your senses
Maybe life is a song but you're scared to song along
Until the very ending

 
 
**************
 

Camminava a passo lento ed elegante nel suo vestito dal taglio classico reso ancora più particolare dal jabot blu e dai neri mocassini lucidati a dovere, ripercorrendo un’ultima volta quella strada sulla quale aveva transitato per ventinove anni. Nella mano destra stringeva la custodia in cuoio che conteneva il suo fedele e inseparabile violino.
Erano ormai trascorsi molti anni, le stagioni si erano susseguite ciclicamente per diverse lune e Brook “il canterino” era diventato un uomo, pronto a lasciare l’isola a bordo di un convoglio da battaglia (del quale sarebbe stato il capitano) per realizzare il suo sogno. In tutto quel tempo non aveva mai smesso un solo giorno di suonare e cantare, perché farlo avrebbe significato perdere se stesso.
Dietro agli immancabili occhiali scuri, nessuno poteva vedere quelle lacrime che gli bagnavano gli occhi al pensiero di dire addio a quel posto che, fino a quel momento, aveva chiamato casa. Prima di raggiungere il porto e salpare verso mete sconosciute doveva fermarsi ancora sotto a quel nocciolo ormai vecchio e meno rigoglioso di un tempo, ma che per lui restava speciale.
Quando vi si trovò d’innanzi lo contemplò, sorridendo e piangendo in silenzio, per poi andarsi a riparare dal sole sotto le sue fronde. Posò delicatamente la custodia a terra ed estrasse il violino, pronto a chiudere quel concerto che aveva iniziato ventidue anni prima. In gergo musicale lo chiamavano “coda”, il movimento finale che racchiudeva in sé tutto il sentimento evocato fino a quel momento. Si chiese se potesse esistere la canzone perfetta per rappresentare tutto ciò e gli venne in mente solo quella che aveva composto tempo addietro. Aveva aggiustato il testo e l’aveva intitolata “Life is a song”.
Cercando di contenere i singhiozzi, posò i crini dell’archetto sulle corde e iniziò a muoverlo avanti e indietro, riproducendo quell’antica melodia e accompagnandola con le parole.
 
You say life is a dream where we can't say what we mean
Maybe just some roadside scene that we're driving past
There's no telling where we'll be in a day or in a week
And there's no promises of peace or of happiness

Well is this why you cling to every little thing
And pulverize and derange all your senses
Maybe life is a song but you're scared to song along
Until the very ending

Oh, it's time to let go of everything we used to know
Ideas that strengthen who we've been
It's time to cut ties that won't ever free our minds
From the chains and shackles that they're in

 
La cantò tutta, fino all’ultima strofa, per poi scoppiare in un pianto a dirotto ringraziando quell’albero per essere stato innumerevoli volte il suo spettatore silenzioso. Forse un giorno si sarebbe esibito sui palcoscenici più grandi del mondo, davanti a un pubblico così vasto da non riuscire a vederne la fine, ma quel piccolo angolo di mondo sarebbe rimasto per sempre il suo palcoscenico preferito.
Quando i singhiozzi smisero di scuotere il suo esile e lungo corpo, ripose il violino nella custodia, disse addio al nocciolo e se andò senza più voltarsi indietro, perché se lo avesse fatto non sarebbe più riuscito a trovare la forza di andarsene.
 
 
Da quel giorno trascorsero altri sessantun anni nei quali Brook “il canterino” visse mille avventure, conobbe tante persone, fece parte di due ciurme, morì e tornò in vita grazie al potere di un frutto del diavolo che aveva ingerito. In quel lunghissimo arco temporale, il nocciolo a lui così caro smise di produrre frutti, ma la sua chioma restò comunque notevole considerando l’età avanzata. Molti erano convinti che prima o poi si sarebbe seccato, ad altri invece (quelli più sentimentali) piaceva pensare che sarebbe sopravvissuto fino a quando Brook non sarebbe tornato a suonare per lui. Dicevano che era stata tutta quella musica a renderlo così forte e resistente allo scorrere del tempo.  
Quando comparvero i primi manifesti da ricercato di Brook, nel villaggio si iniziò a tramandare di generazione in generazione la leggenda di quel bambino prodigio, del suo violino e dell’albero sotto il quale suonava. I più piccoli credevano che fosse solo un racconto inventato dai grandi per far sembrare quel posto meno anonimo e monotono, ma coloro che avevano conosciuto realmente quel bambino sapevano bene che quella non era solo una semplice leggenda.
Quella era la vera storia di Brook “il canterino”.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Non so se questa storia un po’ particolare e diversa dal solito potrà piacere, ma in ogni caso posso dire di averci messo tanto cuore a scriverla. Brook è un personaggio che io stessa anni fa non calcolavo minimamente o di cui vedevo solo il lato comico o quello tragico; di recente, invece, mi sono ritrovata a voler analizzare anche il suo lato da musicista, quello che lo porta a cantare e suonare di continuo. E ho scoperto che forse, sotto sotto, io e lui abbiamo più cose in comunque di quante credessi.
Questa storia non è solo su Brook, ma c’è dentro anche tanto di me, del mio amore per la musica, del fatto che fin da bambina, non appena sentivo una canzone che mi piaceva, ovunque fossi iniziavo a cantare.
Alcune curiosità sulla storia:
- La canzone che canta Brook (e che è anche il titolo della fanfiction) è “Life is a song” di Patrick Park.
- Il numero nove è ricorrente nella storia perché è il numero che identifica Brook, essendo il nono membro della ciurma.
- Come albero ho scelto proprio il nocciolo perché è legato al numero nove: nove sono infatti gli anni che servono a un nocciolo per iniziare a produrre rigogliosamente i suoi frutti.
 
Grazie a tutti quelli che leggeranno!
   
 
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