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Autore: La Fra    15/01/2024    0 recensioni
1972, Los Angeles. La senatrice repubblicana Erzebet Bathory ha vinto le elezioni o, almeno, questo è quello che tutti credono. Il giovane Rick Belmont dovrà superare i traumi del suo passato per gettare luce sui segreti e i misteri di una città spietata. Ad aiutarlo, nuove e vecchie conoscenze. (Moder AU / Castlevania: Nocturne)
L'idea per questo AU è nata per caso. A dire il vero, da un errore di battitura in un articolo che parlava della serie "Castlevania: Nocturne" secondo il quale la Rivoluzione Francese si sarebbe svolta nel 1972
Genere: Commedia, Satirico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«Non mi sento a mio agio con tutti quegli uomini che entrano ed escono da casa.»

«Rick, continuiamo dopo il discorso.»

«Io non ho niente in contrario, ognuno si guadagna da vivere come vuole, ma...»

«Sta' zitto un attimo, non riesco a sentire cosa dicono in TV.»

«Ma mi piacerebbe svegliarmi e andare a pisciare senza trovare ogni volta un tizio diverso seduto sul cesso.»

Annette alzò il volume della televisione al massimo.

Sullo schermo era apparsa una tabella con i dati aggiornati: affluenza alle urne, statistiche e previsioni.

«Cazzo...» Il cartone gli scivolò dalle ginocchia sul divano. «Riesci a capire cosa dicono?»

«Era quello che stavo provando a fare.»

«Non agitarti.» Richter addentò una fetta di pizza e accavallò le gambe per dimostrare di avere tutto sotto controllo. «Devono ancora fare gli ultimi conteggi.»

Ma la TV volle contraddirlo. «... un esito già scritto che vede una vittoria inaspettata quanto schiacciante per la senatrice repubblicana Erzsébet Bathory, sarà la prima-»

Annette mise il muto. «No, no, no... non doveva andare così.» Si prese la testa fra le mani.

«Sta calma, alla TV vogliono rendere le cose più entusiasmanti di quanto non siano davvero,» continuò Richter, sprofondando nel divano che ormai aveva la sua sagoma, «ti tengono sulle spine per aumentare gli ascolti, ma la realtà è diversa e, all'ultimo, ci sarà il colpo di scena e i risultati si ribaltano.»

Annette piegò la testa su un lato, alcune ciocche nere le andarono davanti agli occhi e gli anelli dorati tintinnarono. Aveva le palpebre pesanti e un broncio che non prometteva nulla di buono. «Questo non è un film, Rick. È finita, ormai. Di questo passo, torneremo alla segregazione. Faccio prima a ritornarmene sulla mia isola e tanti cari saluti.»

«Non essere così negativa. Repubblicani, democratici...» Richter prese un altro morso di pizza, «alla fine, sono tutti uguali.»

La gola gli si strinse e ingoiò il boccone a fatica. Il sesto senso gli stava suggerendo di aver detto qualcosa di sbagliato.

«Senti, magari le cose funzionano così per voi Europei, ma non qui e, soprattutto, non per la gente come me.» Annette indicò la senatrice, alla televisione, mentre si faceva strada tra la folla, contornata dalla sua scorta. «Quella stronza è circondata da poliziotti che non vedono l'ora di usare i manganelli su di noi. Il loro sport preferito è renderci la vita un inferno e, se lei vince, si sentiranno legittimati.»

«Quindi è questo il problema, ce l'hai con le forze armate.» Richter incrociò le mani sulla nuca. «Guarda che anche questo è pregiudizio: nella polizia di Los Angeles non sono tutti stronzi, ci sono anche tipi a posto. Conosco un federale, non è nero, ma nemmeno bianco, non so da dove venga esattamente, da qualche parte tra l'India e l'Egitto, da quelle parti. A volte mi passava delle informazioni e lui, ti assicuro, non sta dalla parte di Bathory ed è...» Richter strizzò gli occhi alla televisione, «proprio lì, con lei. Cazzo.»

Annette si alzò di scatto. «Smetti per un secondo di parlare di te e ascolti quello che ti dico?» Si mise di fronte alla televisione. «Per te, le elezioni sono solo una scusa per vedere la TV, mangiare schifezze e scroccare un posto dove dormire.» Spinse centro del petto di Richter con la mano aperta, un po' troppo forte. «È il tuo privilegio da bianco a farti credere che i politici siano tutti uguali, Rick, ma se tu riuscissi a scendere dal tuo piedistallo per cinque secondi, forse vedresti come ce la passiamo davvero.»

«Cercavo solo di tirarti su di morale.»

Annette alzò lo sguardo al soffitto e sembrò maledirlo in silenzio. «Quello che voglio dire è che la libertà tu ce l'hai stampata sulla pelle e nessuno te la porterà mai via. Non ti sei dovuto guadagnare nulla di quello che hai. Noi invece abbiamo lottato a lungo e i nostri sforzi non sono serviti a niente.» I volantini che aveva distribuito durante la campagna elettorale erano negli scatoloni impilati dietro al divano.

Per mesi, Annette si era battuta per impedire che la senatrice ottenesse consensi in città e, nel suo piccolo, era stata grande. Richter l'aveva osservata da debita distanza in ogni manifestazione, raduno e protesta, senza però partecipare. Annette era una leader nata ed era vero: per lei la politica era più importante di quanto non lo fosse per Richter. Questo non cambiava però la realtà dei fatti. La democrazia era la cosa più bella del mondo e, a volte, uno schifo. La maggioranza era sempre soddisfatta, ma gli altri (e spesso erano le persone migliori) non potevano far altro che accettare il loro destino.

Annette si mise seduta accanto a lui. Piegò una gamba e si premette le mani sugli occhi. Restò in silenzio così a lungo da rendere tutto... semplicemente, strano.

Richter pensò a una battuta per tirarle su il morale, ma si ricordò quanto lei odiasse quando sdrammatizzava le situazioni tese. Valutò allora se risolvere con il contatto fisico, una mano sulla spalla, un abbraccio... ma la settimana prima, dopo una birra di troppo e qualche tiro, si era preso un pugno dritto in faccia per essersi "avvicinato troppo con aria da maniaco". Non voleva mancarle di rispetto, o cose simili. Aveva solo frainteso i suoi segnali. O se li era semplicemente immaginati. Poi c'era stata quella notte nella quale avevano dormito insieme, proprio su quel divano. Annette si era addormentata mentre vedevano un film, ma Richter non era riuscito a chiudere occhio ed era rimasto a pancia in su a contare i ragni sul soffitto per cercare di farsi passare un'erezione. Annette, a un certo punto, si era stretta a lui su un fianco, aveva alzato il ginocchio e strofinato contro le sue mutande. Lo aveva preso a calci.

Il contatto fisico era da escludere. Non restava che puntare tutto sul suo punto debole.

«Ordiniamo un'altra pizza e continuiamo la serata?»

Annette alzò lo sguardo di scatto. «Mi prendi per il culo? Vuoi festeggiare?»

«Anche se quella stronza vince, non ci può levare l'appetito. E poi non si può protestare a stomaco vuoto.» Richter sfoggiò il suo migliore sorriso. «Patatine fritte e cheddar, la tua preferita.»

Annette sembrò valutare se tirargli un pugno, poi afferrò il bordo del tavolino con le dita dei piedi e gli indicò il telefono con il mento. «Paghi tu?»

Richter si alzò con un vago senso di soddisfazione per essere riuscito in un'impresa impossibile. Inciampò in un cavo dell'amplificatore e sbatté la spalla contro il muro. «Cazzo, dovete trovarvi un posto più grande.»

Quel seminterrato sarebbe stato piccolo anche per una persona sola. Un'unica stanza faceva da soggiorno, studio di registrazione, cucina e sala da pranzo. Oltre un disimpegno, c'erano solo la camera di Annette – Ed dormiva sul divano – e un bagno delle dimensioni di uno sgabuzzino. I muri erano tappezzati di poster e volantini per nascondere la muffa e le incrostazioni. Una soluzione di grande stile che però non aiutava a rendere l'ambiente luminoso. Non c'erano finestre, ad eccezione di una molto stretta che si affacciava direttamente sul marciapiede del quartiere più malconcio di Los Angeles. La piantina sulla mensola si protraeva in cerca di un misero raggio di sole.

«Prendi anche due birre.»

«Sì, capo.» Richter cercò nella tasca della giacca di jeans e contò le monete. I casi erano due: o il gilet era bucato oppure, ultimamente, aveva dovuto rabbonire la sua amica troppe volte.

Il volantino della pizzeria doveva essere lì da qualche parte in mezzo agli altri. Richter sapeva come orientarsi. Individuò quello con la pantera che recitava "un attacco contro uno di noi, è l'attacco contro tutti noi", poi salì fino al poster di John Lennon con lo slogan contro la guerra in Vietnam. A destra, oltre il viso di Jimi Hendrix e sotto all'immagine di un mare azzurro con le palme doveva esserci...

«Ehi, Ed ha un concerto?»

Annette buttò la testa indietro, contro lo schienale del divano. «In un locale sulla Sunset Strip.»

«I Night Creatures stanno spaccando. E guarda come sono conciati.»

«Fidati, non fare domande se non vuoi un discorso filosofico sullo stile e la musica. Vivi e lascia vivere.»

«Vengo a sentirli anche io.»

Annette deglutì nel silenzio. «Devi chiedere a Ed, ha lui i pass.»

Richter sollevò il poster e trovò finalmente il numero della pizzeria. «Senti, va bene se mi fermo qui a dormire stanotte?»

Annette alzò le spalle. «Il pavimento sente la tua mancanza.»

«Almeno lui rispetta il mio spazio personale.»

Annette fece un verso di sdegno. «Maniaco.»

Richter compose il numero sul telefono. «E comunque, non è vero che non mi sono dovuto guadagnare niente da solo,» disse, fra sé e sé. «Lo sai che ho avuto dei momenti di merda anche io.»

Annette sbuffò e rispose solo con uno «scemo.»

«Sei una stronza.»

C'erano delle cose di Annette che Richter non sopportava. Prima: levava le patatine dalla pizza e la lasciava scondita. Seconda: non voleva parlare delle cose che sentiva e provava, belle o brutte che fossero. Terza, e la peggiore: non sapeva chiedere scusa. Quindi, anche quando aveva torto, finiva per avere, in un certo senso, ragione. E Richter si ritrovava a dover fare sempre il primo passo.

Stando a quello che diceva Mary, Richter avrebbe dovuto essere più duro, più uomo. «Le donne distinguono così gli amici da quelli con i quali vanno a letto: sta tutto nel modo nel quale le sai tenere testa e rispondere per le rime. Maggiore è il conflitto, più c'è attrazione.» Ma andare a letto con qualcuno era un conto; essere innamorati della propria migliore amica era tutta un'altra storia. Qual era la linea da non superare? Ce ne erano così tante che Richter si sentiva nel bel mezzo di uno di quegli snodi autostradali. Un passo in qualsiasi direzione gli sarebbe costato caro. Anzi, era cose se si fosse infilato in una rotatoria, di quelle grandi che c'erano a Londra, e stesse continuando a girare e girare in tondo da troppo tempo. Non sarebbe arrivato da nessuna parte. Doveva trovare il coraggio di imboccare l'uscita giusta.

Richter non era un tipo orgoglioso, ma a volte si chiedeva cosa ne sarebbe stato della loro amicizia se lui non avesse fatto da pacere. Se avesse "risposto per le rime" ad Annette, l'esito non sarebbe stato dei migliori e ritrovarsela per strada con le Pantere Nere, una molotov in mano e l'astio causato da un litigio non era una bella prospettiva.

Mangiarono in silenzio, bevvero un paio di birre e fecero qualche tiro. Poi, a circa a tre quarti della pizza, mentre i dati alla TV diventavano sempre più reali, la luce sul pianerottolo si accese e le chiavi tintinnarono nella toppa.

«È già arrivato.» Annette tirò giù i piedi dal tavolino e levò le briciole dai cuscini. «Veloce.» Abbracciò le bottiglie e le trasportò tutte insieme sul bancone della cucina.

Richter ebbe un momento di panico nel quale non riuscì a scegliere a quale dei mille casini che avevano combinato dovesse rimediare per primo. Poi recuperò il cartone della pizza vuoto, i sacchetti di patatine e una lattina di cola. Buttò tutto nel cestino stracolmo sotto al lavabo un istante prima che la porta si aprisse.

Lui e Annette si immobilizzarono, fingendo indifferenza. Lei era seduta sul bancone, Richter in piedi in mezzo alla stanza, con le mani nelle tasche strette dei jeans.

Un'ombra simile a quella di un demone si proiettò sul pavimento dell'appartamento. «Che nottataccia,» disse una voce delicata come quella di un angelo. Prima, entrò la chitarra, poi Ed, di schiena, trascinando quello che aveva tutta l'aria di essere un secondo strumento a corde in una custodia rigida. I suoi occhi azzurri sembravano brillare nel buio.

«Cazzo, Ed, che faccia. Hai fumato?» Richter si appoggiò allo sportello per chiuderlo. «Non fraintendere, stai alla grande, gran bello stile.»

La luce della lampadina tremolante illuminò lo sguardo serio di Ed. I capelli cotonati erano tenuti a bada da una fascia dorata sulla fronte. Una camicia scollata con frange sulle braccia lo faceva sembrare un pipistrello. E quei jeans a zampa... non lasciavano molto all'immaginazione. Allargò le narici un paio di volte. «Io non ho fumato,» disse, «ma qualcuno qui dentro lo ha fatto.»

Richter alzò le spalle. «Deve essere l'incenso.»

«Ah, sì!» Annette disegnò dei cerchi con la mano. «L'incenso, ecco cos'è.»

Ed la fulminò con lo sguardo. «Quella è la mia camicia?»

Annette strinse i denti. «La mia roba è a lavare.»

«Per lavarla devi fare il bucato, Annette, non solo lasciare i tuoi vestiti per terra davanti alla lavatrice e sperare si lavino da soli.»

«Beh, di solito funziona,» scherzò lei.

Richter tornò sul divano e provò a cambiare discorso. «Allora, che succede? Perché dici che è stata una nottataccia?»

Ed lasciò cadere la chitarra a terra. «È cretino per caso?» chiese ad Annette, andando al frigorifero per versarsi un bicchiere di latte. «Non guarda la TV?»

«Non si accorgerebbe nemmeno se il sole si oscurasse. Cosa vuoi che siano, per lui, le elezioni? Alla fine, resta sempre un nobile del cazzo.»

«Cosa? Non sono nobile.» Richter la prese sul personale.

«Sei europeo, è la stessa cosa.»

«Vivo in un bordello, non ho nemmeno i soldi per comprare un'altra pizza.»

«Una buona ragione per sbatterti fuori.» Annette tirò fuori la lingua.

Richter fece una smorfia. Non riusciva ad avercela con lei. «Ho sentito del concerto la settimana prossima,» disse. Ed si stava scolando il latte tutto d'un fiato. «Dammi un pass, non me lo voglio perdere.»

Il latte uscì dal naso di Ed, che si voltò verso Annette con un'espressione che Richter non riuscì a decifrare.

«Ehm, non credo sia una buona idea,» disse lei.

Ed strinse le labbra. «Già, non mi sembra proprio il caso.»

«Cosa? Perché?»

«Vedi, come dirlo,» Ed si mise seduto sul divano e Annette gli fece spazio. «Sarà in un locale con gente poco raccomandabile, non il tipo che frequenti tu.»

«Ma io frequento voi.»

Annette si grattò un sopracciglio. «Parliamo di gente che non ama gli sbirri,» aggiunse, più diretta.

Richter si lasciò cadere le mani in grembo. «Lo sai che non sono mai entrato ufficialmente nell'FBI.»

«Però hai il distintivo.»

«Ho fatto qualche settimana di tirocinio e ho mollato.»

«Ma se ne è parlato molto, sai, per via del tuo cognome.» Ed sembrava usare Annette come scudo. «Vedi, la musica non è solo musica, Rick. Quel concerto sarà una protesta contro l'attuale governo. Hai sentito i nostri testi, no?»

Gli sguardi di entrambi si posarono su Richter che, finalmente, comprese quale fosse il punto del discorso. «Io sto dalla vostra parte, ragazzi, non ho votato per Bathory.»

«Lo sappiamo, ma,» Annette si morse il labbro inferiore, «i manifestanti e la gente socialmente attiva che ci sarà lì collegano ancora il tuo cognome a quello che è successo nella comune a Venice Beach.»

Richter abbassò lo sguardo. «Già, quel giorno non si può dimenticare, vero?» Strinse i pugni fino a accartocciare la lattina vuota.

Restarono tutti in silenzio, poi Ed sospirò. «Beh, ripensandoci...»

«Potremmo prestarti dei vestiti in modo da farti passare inosservato,» continuò Annette.

Richter si sentì subito più leggero. «Lo fareste?»

«Ma tu dovrai evitare di fare riferimenti al tuo cognome da nobile e al tuo passato da sbirro.»

«Andata, grazie, ragazzi.»

Annette aprì il cartone con il terzo di pizza avanzato. «Dai, Ed, mangia qualcosa, offre il piccolo Lord.»

«Oh, ma ci sono ancora tutte le patatine...» Ed fece un sorriso malinconico. «Sei proprio giù, sorella, vieni qui.»

Annette sembrò sparire nel suo abbraccio e Richter si sentì, tutto d'un tratto, di troppo.

«Ce la caveremo, secondo te?» chiese contro la sua camicia.

«Ma certo, vedrai che non sarà la fine del mondo. Sono solo quattro anni.»

«Se non la rieleggono.»

Ed le diede un bacio sulla fronte e Richter distolse lo sguardo.

Lui sì che ci sapeva fare. Forse, era vero quello che diceva Mary: l'orientamento sessuale era determinante in quel genere di cose.

Richter accese la TV. Fuori, il cielo si stava schiarendo dietro i palazzi e i primi taxi facevano su e giù per la via. Qualche clacson disturbava il sonno dei pochi che erano riusciti a chiudere occhio.

Tutti e tre sospirarono all'unisono.

«Quella stronza alla fine ha vinto.» Annette era arrivata al limite e gli occhi, ora nascosti sotto ai palmi, scintillavano. «E nemmeno di poco.»

Richter rivolse un'occhiata a Ed che, addentando la pizza, gli fece un cenno. Gli stava dicendo di consolarla; di superare quella linea, prendere l'uscita, o qualsiasi cosa fosse.

«Poteva andare peggio, poteva essere un uomo,» iniziò Richter. «Non ti senti rappresentata dalla prima Presidente donna?»

Ed si portò la mano alla fronte.

Annette inspirò, le narici le si dilatarono. «È una donna bianca, non è la stessa cosa!»

«Cercavo solo il lato positivo.»

«Beh, smetti di farlo! La sua campagna si basa su violenza e razzismo e non riesco a credere l'abbiano davvero votata.»

Richter appoggiò un gomito allo schienale del divano. «Avrà truccato le elezioni.»

«Che stronzata.»

«Tutti quelli con i quali abbiamo parlato dicevano che non avrebbero votato per lei. E noi conosciamo un sacco di gente.»

Annette si fece spazio tra lui ed Ed a spallate. «La gente che conosciamo noi non conta un cazzo per loro.»

«Sarà, ma Bathory non è nemmeno un cognome americano, nessun conservatore la voterebbe.» La neo Presidente stava tenendo il suo primo discorso fuori dalla sua residenza, contornata da giornalisti. «Insomma, guardala, è quel genere di persona che torna a casa, si leva gli stivali, accarezza il gatto e poi va nello sgabuzzino dove tiene i cadaveri di tutti i suoi ex mariti.»

Annette girò la testa su un lato. «E fa il bagno in una vasca di sangue.»

Ed alzò le sopracciglia. «Mariti? Secondo me è lesbica.»

Anche Richter inclinò la testa. «Questo spiegherebbe perché la Segretaria di partito le sta sempre attaccata al culo.»

«Una lesbica di destra? Sarebbe un controsenso, come...» Annette prese una patatina e la rigirò fra le dita, «le patatine con la maionese.»

«Ann, lascia che te lo dica: non capisci un cazzo di cibo.»

«Fanculo! Guarda lì, la Segretaria di partito è la peggiore. Dicono sia più razzista e di destra di Bathory.»

Richter strinse gli occhi. «Credevo fosse nera.»

«Già, ci puoi credere?» Quando Tzuentes venne inquadrata, Annette lanciò la patatina contro lo schermo. «Traditrice.»
 

   
 
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