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Autore: VaLeRiNa    18/09/2009    1 recensioni
Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction ~ Ho dovuto impostare "Altri cantanti" perchè non vi era la voce girugamesh. Esatto questa è una fanfiction su di loro, più che altro incentrata su Satoshi e una ragazza. Ho tentato di entrare nei pensieri di entrambi, ogni capitolo infatti è dedicato in modo alternato ai loro pensieri.
Ci sono ferite che non guariscono, per le quali non esiste il perdono.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luce del sole che tramontava all’orizzonte brillava sull’acqua del canale. Quante volte eravamo rimasti seduti a guardare questo spettacolo naturale?
Quante volte il mio cuore aveva sobbalzato alle sue parole? Le uniche, che riuscivano ad abbattere il muro che avevo innalzato intorno a me fino a penetrare nell’anima.
Tanti, troppi ricordi legati a questo posto…
Appoggiai la mano sul prato. Questa volta non incontrò la sua, quello spazio vuoto accanto a me era come quello che ora invadeva il mio cuore.
Mi mancava da morire il suono della sua voce… quella che mi sussurrava nell’orecchio che andava tutto bene, quella che canticchiava in continuazione in ogni momento, la stessa che mi aveva incantata fin dal primo istante.
Presi l’I-pod e lasciai che quella stessa voce mi entrasse di nuovo in testa
Non mi bastava più...quando si permette a qualcuno di diventarti indispensabile, il vuoto che lascia la sua assenza può essere riempito soltanto dalla stessa persona. Per me, non solo la sua voce, anche la sua presenza era divenuta essenziale
“Maledizione” picchiai i pugni a terra e lasciai che le lacrime scorressero senza vergogna.
Mi aveva detto tante volte di non piangere, di sorridere sempre perché i sorrisi donano forza. Il problema era che ciò che mi rendeva forte era il suo sorriso, lasciava che dal mio volto scomparisse ogni taccia di tristezza perfino nei momenti peggiori.

Mi manchi.

Guardai gli ultimi raggi scomparire dietro ai palazzi sfuocati dalle lacrime.
Avrei dovuto prenderne coscienza fin dall’inizio: non sarebbe tornato.
Era questo che significavano le sue parole.


“Dobbiamo trovare le nostre strade” disse Satoshi
“Non capisco…”
“Non voglio diventare un ostacolo per te, o tu per me”
La ragazza indietreggiò scuotendo il capo, ma lui non la stava guardando, aveva lo sguardo fisso a terra.
“Sono consapevole di essere un egoista. Non voglio ferirti, per questo credo sia meglio così…”
“Credi che così non mi stai ferendo?”
Alzò il capo e fissò i suoi occhi in quelli di lei. Non lo aveva mai visto piangere, non mostrava mai le sue lacrime, ma in quel momento aveva il viso rigato da umide gocce d’acqua salata.
“Sai, io credo…che tu abbia soltanto paura di fidarti di me…” mormorò la ragazza.
Non ebbe risposta.
Si voltò e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Scivolò a terra abbandonandosi al dolore, senza trattenere neanche i singhiozzi.


Rimasi lì finché le ultime luci non lasciarono posto alle ombre.
Mi alzai e mi diressi verso casa.
Camminavo con calma, lasciando che la fitta al cuore si facesse più lieve. Le luci lungo la via si erano accese, tutte tranne quella di fronte a casa mia, che come al solito lampeggiava.
Decisi di controllare la posta, anche se ormai non speravo più in qualcosa, era diventata soltanto un’abitudine. Solo varie riviste e foglietti pubblicitari, come sempre...
Buttai tutto nel cestino, ma prima che potessi girarmi una lettera catturò la mia attenzione. Come avevo potuto non notarla?
La sfilai dalle cartacce col cuore che batteva a mille.
Non era segnato né il mio indirizzo né il mittente.
Sul retro della busta vi era scritto

Owari wa chikai keredo daijyoubu ai seteru kimi wo

Mi voltai e lo cercai disperatamente, ma la strada era deserta.
Cercai di aprire la busta nonostante il tremolio delle mani non accennasse a diminuire, c’era un foglietto in cartoncino rigido: un biglietto per un concerto. Il loro concerto.

Perché? Perché mi fai questo?


Lasciai cadere la busta a terra dalla quale scivolò fuori un altro foglio, lo raccolsi e lessi quelle poche righe che aveva scritto.

Mi sono reso conto che avevi ragione. Non ho scelto la via migliore, soltanto quella più semplice.
Voglio ricominciare come quel giorno in cui ti conobbi…
Perdonami.

 Satoshi.

Non avrei mai voluto ripetere tutto quello avevo passato in quel mese, e nonostante fino a quel momento mi fossi ripromessa di non tornare indietro, quelle poche parole avevano distrutto tutti i miei propositi.
Ferire, essere feriti. Spesso decidiamo di agire in modo che questo non accada, e ciò molte volte provoca il doppio della sofferenza. Possiamo illuderci che sia la via migliore, che questo dolore non sia nulla in confronto a quello che potremmo provare, ma in fondo sappiamo che non è così.
E’ meglio soffrire maggiormente per un dato periodo per poi essere pienamente felici, o arrendersi e abituarsi pian piano al dolore rimanendo in quello stato di falso benessere?
In fondo abbiamo tutti paura di soffrire, pensiamo di non essere abbastanza forti da affrontare ciò che non conosciamo: il futuro.
Sapevo ciò che volevo in quel momento. Rimisi i due fogli nella busta ed entrai in casa.

  
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